La società vuole recuperarlo e cerca conforto nell’allenatore. Ma per sabato il ballottaggio con Okafor è aperto
D ue sere fa è stato Noah a fare Leao, e Rafa a fare Okafor: quando il dieci rossonero stava sfilando, sostituito, verso la panchina, ecco il colpo di classe dell’ex attaccante del Salisburgo. Okafor veste la maglia 17 in onore di Leao, che la indossava prima di lui: e Rafa lo ha definito più volte un “fratellino” in onore alla loro grande amicizia.
Quando Noah ha risolto la partita con il Bruges, con l’assist a Reijnders, Leao si è limitato ad alzare le braccia per poi sedersi in panchina. Per il gol (poi annullato) a Camarda tanto valeva rialzarsi e partecipare alla festa, che Rafa ha poi lasciato per primo. Subito negli spogliatoi mentre la squadra festeggiava sul campo e via da San Siro quando la partita era finita da meno di un quarto d’ora. Leao è uscito dallo stadio a testa bassa, zaino in spalla, in mano il beauty case, una maglietta del Bruges e ai piedi degli improbabili ciabattoni neri. Neri come l’umore: Rafa si rende conto di essere in un momento difficile, anche sfortunato. Il caso ha voluto che il Milan svoltasse in Champions un attimo dopo che era stato tirato fuori dal campo. E sì che fino a quel momento non aveva fatto mancare il proprio contributo offensivo. Con gli avversari stanchi però servivano forze fresche: il ragionamento di Fonseca sta tutto qui. Così come quattro giorni prima contro l’Udinese Rafa era rimasto novanta minuti seduto per via dello strano andamento della partita: con il Milan in dieci dalla mezzora c’era bisogno di piedi più allenati alla battaglia. Leao, per indole e per caratteristiche, è più portato per altro.