Haaland, che frecciate a Mancini: “Mi toccava il sedere, ma grazie a lui ho segnato due gol…”

L’attaccante del City ha trascinato la sua Norvegia che torna ai Mondiali dopo 25 anni: “A un certo punto gli ho urlato contro. Poi però l’ho ringraziato, mi ha motivato”.

Un ciclone su San Siro: effetto Haaland, al debutto sul prato verde del Meazza. “Non ha toccato palla per un’ora, poi ha spaccato la porta” ha raccontato Gattuso, sconsolato. “È una macchina da gol” dice invece con un ghigno complice il ct della Norvegia, Stale Solbakken. Il Mondiale dovrà fare i conti con lui, Erling il cannibale, l’esordiente più referenziato che la storia del calcio ricordi. 

Dopo aver festeggiato per un’ora la qualificazione, tra campo e spogliatoio, Haaland ha confidato le sue sensazioni alla tv norvegese: “Mi sento orgoglioso per il mio Paese, che non partecipava a un grande torneo da quando io sono in vita”. L’ultima volta era all’Europeo del 2000, quando la Norvegia venne eliminata dalla Slovenia esattamente 30 giorni prima che il drago biondo nascesse: “Ora però prevale più il sollievo, perché sentivo il peso della responsabilità. Sapevo che molto dei destini della nostra squadra dipendeva da me. Adesso posso godermi un po’ la gioia del nostro popolo. E’ un risultato meraviglioso per tutti i norvegesi: dopo la vittoria di San Siro tutte le squadre importanti sanno che siamo imprevedibili e che possiamo fare cose straordinarie”. 

La partita contro l’Italia, prima della doppietta che ha scavato la differenza in un minuto, è stata un insieme di spigoli. Con Gianluca Mancini, che lo ha frenato per 75 minuti, il duello si è rivelato molto ruvido. I due hanno discusso spesso durante il gioco. Haaland sottolinea sarcastico: “Mancini mi è sempre stato addosso, mi toccava spesso il sedere. A un certo punto mi sono stancato e gli ho urlato ‘oh ma che cosa fai?’. Ma poi l’ho ringraziato perché mi ha motivato consentendomi di segnare due gol”. Il conto totale, impressionante, è di 55 reti in 48 partite con la Norvegia, 16 dei quali nelle 8 partite di qualificazioni mondiali. Il campione del Manchester City come al solito gioca d’anticipo e si candida già per il Pallone d’Oro 2026.

“Ma sapete quanti anni ha?”. Però c’è Haaland, e Spalletti mette in preallarme Acerbi

Da tempo non era nella lista dell’Italia, e le parole del ct parevano chiudergli le porte. Però Spalletti ci sta pensando.

E se davvero la soluzione per Haaland fosse Acerbi? Spalletti è più che sfiorato dall’idea di richiamare il centrale nerazzurro all’ennesima resurrezione di una vita che di montagne ne ha scalate, altro che Haaland.

Acerbi non gioca in Nazionale da novembre 2023, Ucraina-Italia 0-0, ritorno dello spareggio per Euro 2024. Per la verità il ct lo aveva inserito nella lista della tournée americana di marzo 2024, quando gli azzurri fecero amicizia con Sinner a Miami. Ma il “caso” delle parole a Juan Jesus suggerì di soprassedere. Di recente, a chi gli chiedeva di Acerbi in azzurro, Spalletti ha risposto: “Ma sapete quanti anni ha?”. Sono trentasette. Però era da un po’ che mancava dalle pre-convocazioni e invece è stato inserito prima di Norvegia e Moldova.

Prima di trasformare la pre-convocazione in convocazione ne corre. Intanto, con le nuove regole Fifa, i ct sono obbligati a stilare liste molto ampie in anticipo, per poter convocare i giocatori senza problemi con i club, quindi appaiono spesso nomi di “garanzia” per non avere sorprese. Secondo: in difesa non siamo messi benissimo. Gatti è rientrato da una rottura del perone, Buongiorno spera di essere disponibile all’ultima del Napoli contro il Cagliari (se sarà decisiva), anche Calafiori è tornato da poco. Terzo: ci sono Haaland e Sorloth, la Norvegia ha due degli attaccanti più forti d’Europa. Quarto: Acerbi è stato il centrale titolare, e sempre su ottimi livelli, in Champions oltre che in campionato. E ha fermato Haaland in City-Inter. 

Spalletti, l’Inter e il giocatore faranno valutazioni importanti da qui a fine mese, quando la lista sarà ufficiale. L’Italia titolare in difesa è Di Lorenzo-Bastoni-Calafiori, un reparto tecnicamente indiscutibile ma che ha proposto qualche problema in fase di marcatura. Buongiorno è l’alternativa. Inserire Acerbi sarebbe una svolta tattico-filosofica: giocherebbe centrale e l’intesa con Bastoni potrebbe spingere verso l’uscita di Calafiori che in azzurro, però, è sempre un play supplementare.

Come Harrison Ford in Blade Runner: così Acerbi ha annullato Haaland

Il bomber ha avuto solo un’occasione (parata da Onana), poi il difensore nerazzurro gli ha preso le misure: contro un cyborg del gol occorreva lucida umanità

Da una parte il centravanti ventiduenne da 52 gol in 52 partite della stagione 2022-23, dall’altra lo stopper trentacinquenne, sopravvissuto a un tumore e alla sua ricomparsa, sbolognato dalla Lazio come un ferrovecchio. È stato un duello commovente e lo diciamo senza retorica, con rispetto della verità. Haaland fa paura per la forza che sprigiona, per l’apertura alare quando salta. E Acerbi si è applicato su Haaland allo stesso modo dell’attore americano con gli androidi, si è servito di un’umanità lucida, ci ha messo il cuore di chi ha giocato un milione di partite e sa che ogni gara va giocata e basta, e che i replicanti non esistono, non ancora.

Haaland ha cominciato male, sperduto. Non trovava la solita connessione con De Bruyne, sembrava scollegato dal corpo squadra. Acerbi lo tallonava con circospezione, non cercava l’anticipo spericolato, difendeva in sicurezza. Haaland si è acceso una prima volta, ma in fuorigioco, poi si è reimmerso nelle gole più oscure, finché, alla metà del primo tempo, De Bruyne è riuscito a pescarlo e ad azionarlo con la palla che tutti conoscono e che si aspettavano, la verticalizzazione precisa e tagliente. Lì si è vista tutta l’età e la fatica di Acerbi, ma Bastoni si è lanciato nella copertura di disturbo, alla maniera del vecchio libero, e il tiro di Haaland non è stato chissà che, Onana l’ha respinto con una mano, quasi con sdegno. È stata l’unica volta del primo tempo in cui Acerbi ha subito il “replicante” e ha rischiato di esserne schiacciato. Intorno al 40’, su una rimessa laterale, Acerbi ha rimarcato il territorio con un anticipo secco di testa, ad urlare: “Io non ho paura”. E no, Acerbi non si è lasciato intimorire, si è incollato a Haaland con l’umiltà del difensore di antico conio, diciamo pure all’italiana, lo stopperone, il “5” che prende il “9”.

Il City riapre la Premier: 3-1 in casa dell’Arsenal e Pep aggancia Arteta

De Bruyne, Grealish e il solito Haaland (26 gol in campionato) lanciano Guardiola. Squadre a 51 punti, ma i Gunners hanno una gara in meno

Scacco matto. Il City torna in vetta alla Premier col 3-1 con cui sbanca l’Emirates prendendosi il primo scontro diretto in campionato con l’Arsenal. Una vittoria diventata pesante nella ripresa, quando dal 72’ all’82’ prima Grealish e poi Haaland hanno reso netta la vittoria della squadra di Guardiola, che ora condivide il primo posto in classifica con i Gunners dopo un lungo inseguimento. Aiutato dalla crescita del City, che fa un altro passo per raggiungere il suo meglio, e dalla brusca frenata dell’Arsenal, un solo punto nelle ultime 3 partite dopo averne fatti 50 nelle prime 19. È come se il peso di un organico non vastissimo avesse improvvisamente trovato la squadra di Arteta.

Il City vince perché tira fuori il meglio dai suoi campioni. De Bruyne sblocca al 24’ con un bel pallonetto e chiude all’82’ servendo l’assist a Haaland, arrivato a quota 26 gol in Premier in stagione e molto più parte della manovra dei campioni rispetto alle ultime partite. Grealish trova il gol del 2-1 coronando una buona prestazione. Come quella di Bernardo Silva, che Guardiola sacrifica inizialmente come terzino sinistro per limitare Saka, ruolo che il portoghese alterna con quello di mediano accanto a Rodri per poi spostarsi come ala destra in attacco nel momento chiave della partita. I colpi dei campioni sono quelli che sono mancati all’Arsenal: Saka ha segnato su rigore il gol del momentaneo 1-1 prima dell’intervallo ma a destra ha fatto fatica (anche per i colpi proibiti di Silva), Martinelli a sinistra sembra il lontano parente di quello che incantava prima del Mondiale. Arteta prima della partita ha perso il fondamentale Partey: davanti alla ripresa ha giocato Jorginho, ma l’azzurro non conosce ancora l’Arsenal così bene per poter dettare i tempi come fa il ghanese. E in attacco l’assenza di Gabriel Jesus diventa ogni partita più pesante. I Gunners non fanno fatica da oggi, ma questo risultato fa ancora più male perché conferma quello che Arteta sospettava, cioè che il City è ancora superiore, e che l’Arsenal in questa fase sta soffrendo tanto, anche la stanchezza accumulata nella prima parte di stagione da un organico più risicato delle rivali. Per riprendersi la vetta (i Gunners hanno giocato una partita meno del City), Arteta dovrà capire in fretta come risolvere i problemi.