La protesta della Germania contro il divieto di indossare la fascia arcobaleno continua a far discutere. L’ultimo a intervenire sulla questione è stato Eden Hazard, capitano del Belgio, che ha espresso la propria opinione in maniera piuttosto netta: “Non mi sento a mio agio a parlarne, perché sono qui per giocare a calcio – le parole dell’attaccante del Real Madrid raccolte da RMC Sport -. Il gesto della Germania? Simbolico sì, ma dopo hanno perso la partita. Avrebbero fatto meglio a non farlo e a vincere piuttosto. Siamo qui per giocare a calcio, non per lanciare un messaggio politico”.
Parole, anche queste, destinate inevitabilmente a suscitare polemica. Quella belga era stata una delle sette federazioni che, in un comunicato congiunto del 21 novembre, aveva annunciato che avrebbe rinunciato a far indossare al proprio capitano la fascia “One Love” con i colori dell’arcobaleno, in sostegno ai diritti LGBTQ+, dopo che la Fifa aveva minacciato sanzioni disciplinari.
Il presidente della Federcalcio tedesca aveva parlato di “chiare minacce” e di “censura”. Poi, subito prima della sconfitta col Giappone, la protesta dei giocatori di Flick: quella mano davanti alla bocca che ha fatto il giro del mondo e non smette di far parlare.
Dopo essere stata, insieme alla Germania, la nazionale leader delle proteste contro i diritti umani negati in Qatar, e aver minacciato di lasciare la Fifa dopo le polemiche sulla fasce da capitano con la scritta ‘One Love’ la federcalcio della Danimarca ha deciso di cambiare strategia e di non affrontare più l’argomento. “Siamo qui per parlare di calcio e della partita di sabato (a Doha contro la Francia, ndr). Sugli altri argomenti ci siamo già espressi ieri”, ha dichiarato il responsabile della comunicazione della federazione, Jakob Hoyer.