All’esordio al Mondiale contro il Monterrey il nuovo tecnico ha scelto un 3-5-2 di stampo “inzaghiano”. Ma nella ripresa ha stravolto l’attacco
Cristian Chivu l’aveva annunciato qualche giorno fa mentre veniva presentato ufficialmente come nuovo allenatore dell’Inter e pure poche ore prima dell’esordio Mondiale contro il Monterrey: “Più principi e meno moduli: sì, è probabile che si vedranno cose nuove. L’obiettivo è aggiungere qualcosa di diverso”. In prima battuta, nella sfida ai messicani di ieri notte, osservando approccio e piano tattico dei nerazzurri contro Sergio Ramos e compagni sembrava un bluff.
Perché l’Inter si è organizzata sul campo in modo molto simile a come l’avrebbe schierata Simone Inzaghi: solito 3-5-2, cambio naturale con Asllani in regia al posto dell’infortunato Calhanoglu e poi i soliti, per quanto possibile. Spinta sulle corsie esterne e incursioni centrali. Un calcio vicino a quello dell’allenatore ormai dell’Al-Hilal.
La prima, vera novità è però venuta fuori in fase di non possesso, più precisamente quella difensiva su un calcio d’angolo del Monterrey: nessuna marcatura a uomo, sì a quella a zona. Risultato? Gol di testa di Sergio Ramos. Ma ci può pure stare, perché per assimilare concetti comunque molto diversi da un passato recentissimo è chiaro che non bastino tre allenamenti. Però va anche riconosciuto a Chivu di essere entrato nello spogliatoio subito a gamba tesa, cercando di trasmettere alla squadra concetti opposti rispetto a quelli di Inzaghi. I suoi. Un altro esempio è poi la punizione che ha portato al pareggio di Lautaro Martinez: uno schema mai visto, con la palla scodellata morbidissima da Asllani verso il secondo palo, lo “scherzo” di Acerbi che parte consapevolmente in netta posizione di fuorigioco e permette a Carlos Augusto di attaccare la profondità creatasi alle sue spalle per apparecchiare il tap-in del Toro.