Tare punta sullo svizzero, ora si tratta col Bayer Leverkusen. Fari anche sul 2002 del Bruges e sul 2003 del Valencia
Granit è il nome più evocativo del mondo. Granito. Solido. Il Milan vuole Granit Xhaka perché è fedele al suo nome: un giocatore che in campo si fa sentire per fisico e personalità. Igli Tare, quando è stato chiamato a costruire il nuovo Milan, ha avuto chiara un’idea: cominciare dalle grandi anime di spogliatoio. Luka Modric è stato il primo nome: un vincente a tutti i livelli, di eleganza classica, Fidia con un pallone da calcio. Granit Xhaka è la sua faccia più dura. Ha la stessa abitudine a frequentare i grandi palcoscenici – Bundesliga, Premier League, ancora Bundesliga – e una grande capacità di stare in campo, guidare la squadra e proteggere la difesa.
Il Milan su Xhaka continua a lavorare, con decisione e ottimismo. Con Granit, c’è feeling. Impossibile che un giocatore così non senta il fascino di un Milan che vuole tornare a vincere e si affida a lui. Il tema ora è convincere il Leverkusen a lasciar partire uno dei suoi leader. Xhaka ha un contratto ancora lungo con i tedeschi, fino al 2028, e non ha un ingaggio vietato a un club come il Milan. La personalità viene dalla famiglia. “Papà è sempre stato un fiero kosovaro”, ha detto Granit al Guardian. Manifestò contro il governo comunista a Belgrado, fu arrestato, diventò un prigioniero politico. Per il figlio la vita è stata più semplice: calcio al centro di tutto, sette stagioni all’Arsenal, il Leverkusen e ora chissà, la Serie A. Per arrivarci, manca l’accordo tra club, che il Milan proverà a trovare presto.