Decisiva una rovesciata di Lautaro e un guizzo di Valentin. Sommer e compagni a 4 punti
Lo si sapeva già prima di questo Mondiale per club, a maggior ragione lo si vede in campo: è il torneo dei sudamericani, questo. Delle squadre, certo. Ma pure dei giocatori. Già, perché proprio a due argentini, Lautaro e Valentin Carboni, che l’Inter si è appoggiata per ribaltare e allontanare l’umiliazione di una sconfitta con l’Urawa Red Diamonds, squadra che nella nostra Serie A faticherebbe a salvarsi. Vittoria al minuto 92, perché per i sorrisi bisogna aspettare sempre il recupero. L’Inter non esultava veramente da 46 giorni, dalla rete di Acerbi al 93’ contro il Barcellona: anche qui, come allora, un mancino che segna col piede destro sui titoli di coda. A Seattle, in un clima molto inglese, la soddisfazione è minore, certo, ma serve almeno per sistemare la classifica del gruppo E aspettando l’ultima partita con il River Plate: gli ottavi di finale sono decisamente più vicini.
Meglio così, perché la prestazione aveva lasciato molto a desiderare, almeno sul piano della qualità. Non invece sull’aspetto mentale: l’Inter, dal disastro di Monaco, sembra più giù dal punto di vista fisico che su quello psicologico, perché anche contro l’Urawa – come pure era stato contro il Monterrey – la reazione allo svantaggio c’è stata, la capacità di non arrendersi s’è vista. Confusa, poco lucida, un po’ appesantita, ma pur sempre una voglia che ha un valore tangibile. Tangibile come il gesto tecnico di Lautaro, una girata in pieno secondo tempo che i difensori dell’Urawa non hanno auto neppure il tempo di capire. Come col Monterrey, il capitano ha deciso di lasciare il segno su una partita fin lì condotta male dai suoi compagni. L’Inter, sul piano offensivo, è stata praticamente solo il suo capitano. Al minuto 33’ della ripresa, quando il numero 10 ha pareggiato, i nerazzurri avevano tirato nello specchio una sola volta, nel primo tempo.
Indovinate con chi? Sempre con Lautaro, colpo di testa sulla traversa su assistenza di Asllani. Poi, complice anche la stanchezza dei giapponesi e un buon atteggiamento mentale, Chivu è riuscito a ribaltarla.