Non solo gli “ex” Pavard e Sommer, mezza squadra ha giocato in Germania: Bayern, l’Inter ti conosce

Tra ex bavaresi e giocatori passati per la Bundesliga, tanti degli attuali protagonisti nerazzurri conoscono bene la squadra di Kompany

Yann Sommer e Benjamin Pavard hanno vissuto a lungo proprio lì, in quell’Allianz Arena dove tra meno di un mese l’Inter si giocherà l’andata dei quarti di finale di Champions League contro il Bayern Monaco. Tanti altri degli attuali protagonisti nerazzurri, invece, il Bayern lo conoscono da avversari: Martinez, Bisseck, Calhanoglu. Poi Mkhitaryan, Arnautovic, Thuram. La lista è lunga. Qualcuno ha colpito, altri sono rimasti colpiti.

Oggi la squadra di Kompany ha rotto col passato ritrovando quella compattezza leggermente persa nelle ultime stagioni, ma il filo che lega i bavaresi all’Inter è ancora forte. Non solo per l’ultimo precedente che riporta i tifosi indietro di quattordici anni (il 3-2 firmato da Pandev all’ultimo secondo degli ottavi nel marzo del 2011), ma anche – appunto – per i membri attuali della rosa di Inzaghi.

Acquistandoli nell’estate del 2023, l’Inter aveva mandato un segnale molto forte. Anzi, due. Perché in una ventina di giorni ad agosto di due anni fa la dirigenza nerazzurra chiuse il doppio colpo: prima Sommer, al termine di un lungo tira e molla con i vertici bavaresi (che alla fine ottennero ciò che volevano), poi Pavard. Una trattativa altrettanto estenuante per uno degli investimenti più pesanti degli ultimi anni in casa Inter. Sommer in Germania ha vinto un solo campionato, più ricco è il palmares di Pavard: 4 Bundesliga, una coppa di Germania, 2 Supercoppe nazionali, poi una Champions, il Mondiale per Club e una Supercoppa Uefa. Ma entrambi hanno conosciuto direttamente mentalità, metodo e storia del Bayern. Ed entrambi, sempre due anni fa, spinsero con forza per approdare a Milano. Chissà che non possa rappresentare un buon presagio, che Yann e “Benji l’interista” non ci avessero visto lungo già tempo fa.

Juve, devi decidere presto su Motta (al di là della Champions)

L’umiliazione contro l’Atalanta, i dissidi con i giocatori, la confusione tattica… Con il Mondiale alle porte la Juve deve esprimersi sul tecnico.

Non è questione di un 4-0 più o meno umiliante, sebbene sconfitte così lascino una cicatrice che non se ne va più. È che il re è definitivamente nudo. Se anche fosse finita con un risultato meno avvilente, contro l’Atalanta si vedrebbe che la Juve ancora una volta non sa cosa fare se ha la palla, e se la palla ce l’hanno gli altri si difende con grinta ma poca strategia e senza personalità. I problemi intravisti a settembre, dopo l’illusoria partenza veloce, sono rimasti gli stessi, anzi si sono radicati, allontanando la soluzione. Pensavamo che il tempo sarebbe stato un alleato di Motta, perché il suo calcio cerebrale è di tempo che ha bisogno. Ma dopo Psv, Empoli e Atalanta, le tre gare fallite che avrebbero dato un senso a tre tornei, il discorso cambia. Insinuando il dubbio che il Motta del Bologna fosse un’allucinazione collettiva. 

Non può essere così: una stagione da Champions come l’ultima non può essere cancellata, ma la vecchia regola per cui le maglie hanno paesi diversi, e quella della Juve è heavy metal, si adatta anche ai tecnici. Dire che non è da Juve licenziare l’allenatore a metà stagione è una frase fuori dal tempo, più che altro non esiste alternativa credibile, altrimenti chissà. Le dinamiche sono diverse: fino agli Anni 90 una stagione si poteva “perdere”, ma oggi è impossibile non calcolare gli effetti sul bilancio, vero regolatore delle scelte. La Juve è in una situazione complicata con il fair play finanziario, da CR7 in poi è in deficit, ha ricapitalizzato più volte ma ora ha bisogno dei milioni Champions. Non qualificarsi per la prossima stagione, dopo aver interrotto questa contro il Psv già sconfitto due volte, sarebbe grave: non potendo spendere, il ridimensionamento tecnico sarebbe inevitabile. 

Cosa fare allora con Motta? Anche un quarto posto — lasciamo stare il quinto, salvo harakiri spagnolo — forse non sarà sufficiente. Non deciderà soltanto la classifica: meglio non dimenticare che Allegri e Sarri sono andati via da campioni. Per la nuova Juve vincere non è più tutto. Questione di rapporti, di essere “da” Juve.

Inoffensiva e piena di errori: i numeri (horror) del tracollo della Juve contro l’Atalanta

La miglior difesa del campionato si è sbriciolata così sotto i colpi del miglior attacco

Due tiri in porta (solo nel compromesso finale), una serie di errori tecnici che hanno originato la metà dei gol avversari (7 giocatori juventini sono andati in doppia cifra di palle perse) e una produzione offensiva praticamente inesistente. In due parole, una pochezza disarmante.

Il risultato di Juve-Atalanta, pur pesantissimo e storico (nessuno aveva mai vinto con 4 gol di scarto all’Allianz Stadium e i bianconeri non uscivano battuti per 0-4 in casa dal 1967), è la fotografia soltanto parziale di quello che si è visto sul campo. Se non ci fosse stato il palo e una miracolosa parata di Di Gregorio al primo minuto di recupero del primo tempo, lo score per la squadra di Gasperini sarebbe stato ancora più ampio. Mentre Carnesecchi non si è quasi nemmeno dovuto sporcare i guanti.

Rispetto a due mesi fa, quando le due squadre si erano affrontate al Gewiss Stadium, i Juve hanno deciso di non lasciare il pallino del gioco agli avversari, ma di provare a fare la partita. Per la Juve, però, che pure veniva da 5 vittorie consecutive, è parso un bruschissimo ritorno alle origini. Sembrava di rivedere le gare di inizio campionato contro Roma, Empoli o Napoli (tutte finite 0-0), quando la squadra di Motta teneva moltissimo il possesso palla, ma non riusciva mai a rendersi pericolosa. La differenza, però, è che stavolta di fronte c’era una squadra spietata. E che la miglior difesa del campionato si è sbriciolata sotto i colpi del miglior attacco. Ma, soprattutto, che la Juve più verticale che Motta ha plasmato da febbraio, ha molto meno equilibrio di un tempo: se prima pareggiava troppe partite (17 nelle prime 30 gare stagionali), questa non conosce mezze misure. Alla fine, dunque, la Juve avrà tenuto quasi il doppio del tempo il pallone rispetto all’Atalanta (63,3% contro 36,7%), ma senza nessuna utilità: appena 2 i tiri in porta contro i 9 degli avversari, divario che diminuisce un po’ nelle dimensioni se si considerano le conclusioni totali (9 juventine contro le 19 atalantine).

Torino, Adams torna al gol e rilancia: “La doppia cifra è il mio obiettivo”

Ottava gioia per lo scozzese: “Sto segnando con continuità, nella squadra sono stati fatti degli innesti importanti”

Otto volte Adams. E fin quasi all’ultimo soffio, fino a quegli ultimi otto sfortunatissimi minuti, l’ottava volta stava per regalare una vittoria ai granata. Il Toro che ritorna da Parma con l’amaro in bocca per un successo sfumato nel finale ritrova il suo attaccante principe. Si era preso una piccolissima pausa, il Che granata, perché non segnava dal 24 gennaio. All’epoca aveva piazzato la doppietta che mise al tappeto il Cagliari. Ieri con una bella botta nel cuore della ripresa è tornato a spalancare il gas proprio lungo la via Emilia, la terra dei motori. Per lui sono otto gol in campionato, bottino al quale va aggiunto il centro in Coppa Italia. La doppia cifra è a un passo, traguardo pregevole per un attaccante al suo primo anno nel calcio italiano.

Mentre parla spunta il sorriso, poi di tanto in tanto il volto si incupisce. “Perché, d’accordo, sono felice per essere tornato a segnare, ma mi dispiace tantissimo che non siamo riusciti a vincere questa partita. Volevamo vincere. Peccato non esserci riusciti”. Prima della partita, ci sono i numeri. Otto gol in campionato nel primo anno “italiano” raccontano tante cose. “Guardate, il mio obiettivo è arrivare in doppia cifra – racconta, mentre accenna un bilancio della sua stagione -: per essere stata la mia prima annata in Italia mi ritengo soddisfatto e sono molto felice. Sto segnando con una certa continuità, questo è molto buono. Però, devo ammettere che la Serie A è più difficile di quanto pensassi: è molto più dura sul piano tattico e difensivo”.

A proposito di numeri, ieri Adams ha timbrato la sua centocinquantesima presenza in carriera tra i cinque principali campionati europei. C’è chi gli fa notare come il suo record di gol in una stagione sia ormai molto vicino, lui risponde: “Non è lontano, devo ancora segnare tanto di più ma mi sto avvicinando”. In realtà, il primato personale di gol in un campionato dista soltanto una rete: il suo record è di nove gol in Premier League con il Southampton nella stagione 2020- 2021.

Roma e Lazio, due vittorie d’oro. E anche il ranking sorride

Bel gioco dei giallorossi, biancocelesti di carattere. Shomurodov e Isaksen super

Il calcio è davvero un mistero straordinario e bellissimo. Perché quasi in contemporanea, alla fine di due storie però molto diverse, Roma e Lazio hanno brindato al successo europeo, mandando al tappeto Athletic Bilbao e Viktoria Plzen. La copertina va a Shomurodov e Isaksen, con le loro prodezze che servono anche in chiave ranking per il calcio italiano. Vale doppio, anzi, la vittoria della Roma, arrivata contro gli spagnoli, che rappresentano il nostro primo avversario a livello internazionale. E se l’acuto è arrivato proprio sul filo di lana, non bisogna assolutamente pensare – nel caso della Roma – a un regalo inaspettato quanto gradito. No, la Roma ha meritato e avrebbe meritato anche molto prima di chiudere il conto, giocando meglio del gruppo di Valverde e creando una serie infinita di occasioni.

Una grande opportunità per Dovbyk, una traversa di Dybala: il primo tempo se n’era andato con il rimpianto di non aver ottenuto il giusto. E la rete dell’altro Williams, il fratello maggiore, aveva il gusto e il sapore di una beffa. Anche perché, dall’altra parte, Celik era riuscito a chiudere ogni spazio al giovane Nico. Confermando la bravura del pilota ad ottenere sempre il massimo da ogni singolo calciatore, anche da quelli meno reclamizzati. La Roma – colpita a freddo – ha confermato di essere squadra, di avere qualità tecniche, di avere quell’orgoglio che le ha trasmesso Ranieri, continuando nella sua partita coraggiosa ed elettrica. È andato vicino al gol Baldanzi, poi ci ha pensato Angelino a rimettere in equilibrio il risultato, continuando a macinare gioco ed occasioni. Ma nulla si sarebbe compiuto senza il tocco magico dell’allenatore, che sa quando sganciare gli uomini dalla panchina, magari sorprendendo allo stesso modo con cui aveva mischiato le carte all’inizio. Già, perché nessuno si aspettava che stessero fuori Koné, Pellegrini, Saelemaekers e in pochi credevano che – sostituiti Dovbyk e Dybala – la scintilla sarebbe scoccata ancora una volta con i cambi. È invece successo. E Shomurodov, spinto dai sessantamila dell’Olimpico, si è avvitato nel suo compasso, per poi disegnare un semicerchio ideale per chiudere il due a uno. 

Inter, difesa regina d’Europa: un gol subito in 9 giornate di Champions, Bastoni il leader

I nerazzurri non avevano mai giocato nove partite nel massimo torneo europeo subendo solamente un gol. Il segreto? Tutti giocano, tutti rendono al massimo

L’Inter ha preso spunto dall’Arte della Guerra, capitolo primo: “Se conosci te stesso e il tuo nemico, allora la vittoria è sicura”. Ai ragazzi di Inzaghi è bastato masticare un pizzico di inglese. Prima di battere il calcio d’inizio hanno fissato la curva del Feyenoord e letto lo striscione srotolato sugli spalti a mo’ di avvertimento: “Cado, mi rialzo, ma non vado al tappeto”. Come l’Inter, planata a Rotterdam senza quattro esterni e con Bastoni a tutta fascia. I ragazzi di Inzaghi, caduti più volte a terra nell’ultimo mese, hanno rialzato in fretta la testa e l’hanno fatto nel loro giardino preferito: l’Europa.

L’Inter ha tenuto la porta inviolata per l’ottava volta in nove partite. È la miglior difesa della Champions con un solo gol subito. Una media invidiabile costruita grazie a una solidità condivisa. Lì dietro, da De Vrij ad Acerbi, da Pavard a Bisseck, da Dimarco a Dumfries via Bastoni, non è passato uno spiffero in tutta Europa. Neanche dal mare del Nord, ieri minaccioso ma innocuo. Il Feyenoord ha provato a mettere in difficoltà la truppa di Inzaghi con la rapidità delle sue punte – Osman, Carranza e Moussa -, ma il ponte lavatoio del fortino nerazzurro è rimasto alzato fino all’ultimo minuto. La seconda squadra meno battuta della Champions è l’Arsenal, che segue la scia con quattro reti subite.

L’Inter non aveva mai giocato nove partite nella grande coppa subendo solamente un gol. Merito di un Bastoni “mondiale” elogiato da Inzaghi, di un Dumfries sempre più ficcante e del tandem De Vrij-Acerbi, i muri alzati a targhe alterne scesi in campo insieme al De Kuip per la prima volta. Ma il migliore è stato Bastoni, schierato esterno a tutta fascia in fase di costruzione e terzino sinistro in fase difensiva. Un doppio ruolo: “Si è messo al servizio della squadra – ha ricordato Inzaghi -. Questo vuol dire avere grande disponibilità, è un top a livello mondiale”. Il faro di una difesa che al tappeto non ci va mai.

Juve e Atalanta, ma contro chi siete uscite? Psv e Bruges prendono 10 gol negli ottavi di Champions

Le due squadre che hanno eliminato dall’Europa la Signora e la Dea sono crollate contro Arsenal (1-7) e Aston Villa (1-3)

Il Bruges che ha eliminato l’Atalanta dalla Champions League ha perso 3-1 l’andata degli ottavi contro l’Aston Villa. Il Psv che ha buttato fuori la Juve dalla stessa competizione ai playoff è stato schiacciato dall’Arsenal che ha vinto 7-1. Due sconfitte pesanti, entrambe subite in casa da parte delle due formazioni che hanno superato appena due settimane fa le squadre di Gasperini e Motta. Questi due risultati dei primi 90 minuti di ottavi di finale di Champions League fanno aumentare ancora di più i rimpianti delle due italiane, out per non aver superato chi ora arranca o capitola sonoramente nella stessa competizione a distanza di 14 giorni dalle rispettive ‘imprese’.

Le inglesi non hanno lasciato niente alle avversarie: dieci gol in totale, appena due subiti e possibilità per Bruges e Psv di passare il turno vicine allo zero. Soprattutto per la squadra di Eindhoven che il 12 marzo in casa dell’Arsenal dovrebbe segnare a sua volta 7 gol, senza prenderne, per festeggiare un passaggio di turno ai quarti di finale. Scenario surreale. E in questo contesto di crollo di belgi e olandesi, Juve e Atalanta davanti alla tv si staranno mangiando le mani, piene di rimpianti perché (almeno) l’obiettivo ottavi contro due squadre modeste era decisamente alla portata. Domani invece sarà il turno delle milanesi, con l’Inter che giocherà a Rotterdam l’andata contro il Feyenoord che ha eliminato il Milan. La squadra olandese si rivelerà un flop dopo i playoff come le colleghe che hanno condannato Juventus e Atalanta? All’Inter, unica italiana ancora in corsa, il compito di non ripetere quanto fatto dai rossoneri due settimane fa.

Così la Juve ha rialzato il muro: Motta ha la miglior difesa d’Italia ed è al top d’Europa

Tra certezze, invenzioni, innesti dal mercato e rientri dagli infortuni, il tecnico bianconero ha ricostruito una retroguardia di ferro. Ma ora c’è lo stress test Atalanta.

Falcidiata, discussa, rivoluzionata (per necessità) a gennaio. Eppure, dopo la 27ª giornata, la Juve è tornata ad essere la miglior difesa del campionato. Ma non solo: è la più “continua” tra le retroguardie dei top 5 campionati europei. Chi l’avrebbe mai detto 5 mesi fa, quando, nella notte di Lipsia, il ginocchio di Gleison Bremer aveva fatto crack, privando Motta del suo leader difensivo? Oppure anche soltanto due mesi e mezzo fa, quando contingenza (il ko di Cabal dopo quello del brasiliano) e scelte (il taglio di Danilo senza avere ancora un sostituto) avevano lasciato il tecnico juventino con i soli Kalulu e Gatti come centrali di ruolo?

Con il 14° clean sheet stagionale ottenuto contro il Verona, i bianconeri sono adesso la formazione che ha subito meno gol in Serie A: 21, uno in meno del Napoli. Era da 13 giornate che non si verificava questa situazione, da quando, cioè, dopo il beffardo pareggio subito da Rebic al 93′ a Lecce, la Juve guidava la classifica della difesa meno battuta del campionato con 7 reti, contro le 9 della squadra di Conte. Erano seguite poi sei partite con almeno un gol al passivo (Bologna, Venezia, Monza, Fiorentina, Torino e Atalanta) che avevano dato la sensazione che il muro visto ad inizio stagione (7 clean sheet nelle prime 8) si fosse sgretolato sotto i colpi della sfortuna e della mancanza di alternative. 

Un mattoncino dopo l’altro, però, tra invenzioni (Weah terzino), innesti dal mercato (prima Renato Veiga, quindi Kelly) certezze (Gatti) e rientri dagli infortuni (Cambiaso), Thiago Motta è stato capace di ricostruire piano piano il suo baluardo, che adesso è tornato a non incassare gol per due partite consecutive di A per la prima volta da inizio novembre (Cagliari e Verona oggi, Udinese e Torino allora). Tanto che, insieme all’Inter, con 5 reti subite in 8 partite, quella juventina è anche la miglior difesa del girone di ritorno. Ma non solo: la Juve adesso guida anche la classifica europea delle partite chiuse senza subire gol in patria: 14, contro le 13 dell’Atletico Madrid. Lo stress test Atalanta (secondo miglior attacco della Serie A con una media di 2,19 gol a partita e di 2,14 in trasferta) sarà il banco di prova definitivo. Intanto, i tifosi bianconeri si godono una certezza ritrovata. E chi l’avrebbe mai detto?

Rischiava 100 frustate: Ronaldo rinuncia alla trasferta in Iran con l’Al Nassr

Il campione portoghese aveva dato un bacio sulla fronte a una fan disabile, gesto considerato adulterio secondo la legge locale. Il club di Pioli aveva chiesto all’Esteghlal di giocare in campo neutro ma.

Stefano Pioli si prepara a giocarsi un dentro o fuori delicato, ma per farlo dovrà fare a meno del suo uomo migliore, Cristiano Ronaldo, rimasto fuori dalla lista dei convocati. Sul fenomeno portoghese è scoppiato un caos mediatico in vista della partita di domani (ore 17 italiane) contro gli iraniani dell’Esteghlal – ex squadra allenata da Stramaccioni nel 2019 -, valida per gli ottavi di finale della Champions asiatica.

Nel novembre 2023, durante un’altra trasferta dell’Al Nassr a Teheran, una folla di tifosi prese d’assalto l’hotel dove alloggiava la squadra araba per aspettare Cristiano all’uscita e soffocarlo di selfie e autografi. Il portoghese riservò pochi secondi a un’artista disabile diventata famosa per la sua pittura con i piedi, Fatemeh Hammami Nasrabadi, abbracciandola e baciandola sulla fronte. Un gesto che, secondo le leggi in vigore in Iran, può essere considerato adulterio, e quindi punito con cento frustate. I social si sono scatenati sul caso, con l’Al Nassr che nella giornata di sabato ha mandato una lettera al club rivale chiedendo lo spostamento della partita in campo neutro, così da evitare che Ronaldo tornasse sul suolo iraniano. Niente da fare, proposta rifiutata. Danno e beffa per Pioli, sbarcato a Teheran senza il suo capitano, che ha preferito rimanere a casa.

A guidare l’attacco dell’Al Nassr ci sarà il nuovo acquisto del mercato di gennaio, Jhon Duran. Il colombiano ha avuto un impatto devastante con quattro gol nelle prime cinque, dunque Pioli si affiderà a lui. Il momento è delicato: le due sconfitte nelle ultime tre di Saudi League hanno spento i sogni di inseguimento dell’Al Nassr alle primissime posizioni. Dopo l’uscita prematura dalla King Cup a ottobre, a Pioli non resta che fare all in sulla Champions asiatica, competizione mai vinta dalla sua squadra.

Inter, quel quarto d’ora da brividi: negli ultimi 15′ persi 9 punti e un trofeo

I nerazzurri hanno incassato 10 gol in campionato dal 75′ in poi, senza contare la Champions e la Supercoppa Italiana

Mettiamola così: l’Inter fa l’Inter per 75 minuti, poi se ne dimentica. Il filo che tiene unite Genova e Napoli ogni tanto si stacca. Nell’ultimo quarto d’ora i nerazzurri iniziano a tirare il fiato: il calo fisico è costato a Inzaghi 9 punti e… un trofeo. I ganci destri di Pulisic e Abraham, arrivati all’80esimo e al 93esimo, hanno stappato all’Inter la quarta Supercoppa dell’era Simone, mentre il sinistro di Billing ha riportato in equilibrio la sfida scudetto.

Inzaghi ha trovato la chiave: “Bisogna essere perfetti e non lo siamo stati. L’azione andava fermata in partenza, il gol del Napoli è stata una conseguenza. Ma quando giochi 40 partite l’anno ci sta subire nei minuti finali”. In realtà sono anche di più. Da agosto a oggi l’Inter ha giocato 39 partite. Da qui a fine campionato ne disputerà di sicuro altre 15 – 11 in campionato, due in Coppa Italia, due in Champions -, senza contare le tre partite della fase a gironi del Mondiale per Club. Se i nerazzurri dovessero arrivare in fondo in tutte le competizioni, invece, il numero delle gare totali dell’annata 2024-25 sarebbe 67. Mai così tante nell’era Inzaghi. Nel 2022-23, stagione della finale di Champions persa col City, sono state 57.

L’Inter ha incassato 9 gol dal 75’ in poi. Solo Parma e Venezia ne hanno subiti di più. Zoom: il primo è stato Messias, in rete al 90’ in Genoa-Inter 2-2, poi è toccato a Dany Mota (81’ Monza-Inter 1-1), Gabbia (89’, Inter-Milan 1-2), Yildiz (82’, Inter-Juve 4-4), Kean (89’, Fiorentina-Inter 3-0) e Billing (87’, Napoli-Inter 1-1). A questi si aggiungono anche le reti ininfluenti di Lucca (83’, Udinese-Inter 2-3), Vlasic (86’, Inter-Torino 3-2), Esposito (86’, Inter-Napoli 3-1) e l’autogol di Darmian in Inter-Parma 3-1 (81’). Il conteggio tocca anche Champions e Supercoppa, dove i graffi di Mukiele (90’), Abraham (93’) e Pulisic (80’) sono costati l’unica sconfitta nella grande coppa e il primo trofeo del’anno. Un problema da limare.