Pogba-Juve, addio imminente: ecco quanto risparmieranno i bianconeri

L’ufficialità della separazione dal francese potrebbe arrivare già nella sosta per le nazionali. Il suo ruolo in rosa è già stato preso da Khephren Thuram.

Il passaggio del testimone c’è già stato, ma nel giro di qualche giorno arriverà anche l’ufficialità. Finisce una Juventus alla francese e ne comincia un’altra.

Paul Pogba out e Khephren Thuram in. Mentre il figlio d’arte, rallentato nel decollo estivo da un infortunio, si sta prendendo la Signora a suon di prestazioni, il Polpo s’appresta a salutarla del tutto. Se Thiago Motta sta puntando con decisione sui cavalli del motore di Thuram, sempre più decisivo con le sue avanzate palla al piede, i legali del club e quelli di Pogba stanno limando gli ultimi dettagli del divorzio. 

L’annuncio dell’addio di Paul è dato per imminente: la fumata bianca potrebbe arrivare entro la fine della sosta per le nazionali. Divorzio anticipato – il contratto dell’ex Manchester United scade nel 2026 – ma reso inevitabile dalla vicenda doping dell’ultimo anno. Il Tas di Losanna ha ridotto la squalifica di Pogba da 4 anni a 18 mesi. E così Paul, sospeso dall’11 settembre 2023 dopo la positività ai metaboliti del testosterone riscontrata nei controlli del 20 agosto (dopo Udinese-Juve), a marzo potrà tornare in campo. “Sono pronto a rinunciare a dei soldi per giocare ancora con la Juventus”, aveva annunciato lo scorso mese il centrocampista. Paul ha bussato, ma il club non ha aperto. “Abbiamo fatto degli investimenti importanti a centrocampo, non c’è posto in rosa”, la replica del dt Cristiano Giuntoli. Botta e risposta accompagnato dalle trattative a oltranza dei rispettivi avvocati. 

Juve, ora servono rinforzi: il tesoretto arriva dalle cessioni di Danilo e Mbangula

Caccia a un difensore per sostituire gli infortunati Bremer e Cabal: piace Skriniar, ma prima bisogna vendere.

Gennaio è ancora lontano, ma alla Juventus sono già proiettati verso il futuro. Gennaio è il mese in cui il club bianconero proverà a rimediare al doppio sgambetto della sfortuna, ovvero gli infortuni di Gleison Bremer e Juan Cabal.

I principali indiziati a lasciare la Signora a stagione in corso sono Danilo e Samuel Mbangula, il capitano ormai ai margini del nuovo progetto, e uno dei giovani emergenti, lanciato da Thiago Motta in Serie A nella prima di campionato, dove oltre a giocare titolare ha anche segnato. Potrebbero essere loro a finanziare gli innesti di Milan Skriniar e David Hancko, i due profili che più intrigano Madama tra i tanti nomi messi nel mirino dall’uomo mercato bianconero in questo periodo.

Partiamo da Danilo: il difensore brasiliano ha un contratto in scadenza nel 2025. La clausola per il rinnovo automatico fino al 2026 al raggiungimento di un certo numero di presenze è stata tolta per volere del giocatore, che sta valutando l’eventualità di andarsene a gennaio. La scintilla tra lui e Thiago Motta non è scoccata, dopo tante partite in panchina quando ha avuto l’opportunità di giocare titolare non è stato particolarmente fortunato e adesso è tornato a essere l’ultima scelta in difesa. Danilo però è capitano del Brasile oltre che della Juventus e non vuole perdere anche la Seleçao. Perciò si sta guardando attorno: valuterà le opportunità che gli si presenteranno, ma difficilmente la Juventus potrà monetizzare dalla sua cessione, essendo a pochi mesi dalla scadenza. Di sicuro però potrà alleggerirsi di un ingaggio da circa 5 milioni di euro netti. Differente il discorso relativo a Mbangula: il ventenne belga può fruttare almeno una decina di milioni in caso di vendita, che in questo momento sarebbero comunque un aiuto per le casse bianconere. Da definire anche la questione di Arthur, attualmente fuori rosa ma ancora di proprietà della Juventus: a gennaio Giuntoli proverà a piazzarlo in Brasile, anche in questo caso più per risparmiare l’ingaggio (circa 5 milioni) che per incassare soldi dalla cessione. 

Juve, come Giuntoli può prendere Skriniar a gennaio: “Serve voglia di mettersi in discussione”

Si cercano sostituti per Bremer e Cabal, ma solo in prestito per questioni di bilancio. L’ex Inter al Psg non gioca e potrebbe rilanciarsi

Quando Cristiano Giuntoli dice che la Juve sta cercando “un giocatore che abbia voglia di mettersi in discussione”, per mettere a posto la difesa, probabilmente non fa soltanto un riferimento al campo. Sembra un messaggio velato a Milan Skriniar o a qualcuno che, come lui, deve valutare l’ipotesi di un trasferimento a Torino a gennaio, senza troppe garanzie per il futuro. Alla Continassa, infatti, dopo l’infortunio di Bremer ipotizzano un’operazione a bassa incidenza sui conti: l’intenzione della dirigenza è quella di andare su un prestito, senza impegno alcuno per il futuro. Tradotto nel concreto: se Skriniar volesse sfruttare l’opportunità di tornare protagonista in Italia, riportando il suo minutaggio a standard alti, sarebbe ben accetto, ma nessuna promessa oltre fine stagione. 

Per la Juve non è questione di volontà, ma di budget a disposizione. Non essendoci la possibilità di guardare troppo in prospettiva, gli uomini del club stanno optando per una strategia calibrata sul breve termine: così da valutare più avanti le condizioni di Bremer, che dovrebbe tornare arruolabile dalla primavera prossima, e Cabal, l’ultimo in ordine di tempo, e fare considerazioni più libere in sede di mercato estivo. Un difensore la Juve dovrà acquistarlo, ma ci sarà da valutare non solo la posizione di Danilo (ai margini del progetto di Thiago Motta e prossimo alla scadenza del contratto) ma anche Savona che sta crescendo perché potrebbe dare in futuro garanzie sul proprio rendimento anche da centrale. Insomma, la soluzione temporanea per il club è la più funzionale per ridurre i margini di errore sulla rosa. 

Acerbi highlander: a 37 anni è fondamentale nella difesa Inter. E a giugno scade il contratto.

Prima Haaland, poi Lukalu: il centrale, al rientro dopo il problema fisico, contro i grandi attaccanti si rivela insuperabile.

Partiamo dalla fine, dai giudizi. Il primo, Acerbi: “Come un anno fa: Lukaku cancellato. Dominatore assoluto, esalta e si esalta. Il migliore, voto 7,5″. Il secondo, Lukaku: “Altra serata amara. Lo scherno nerazzurro comincia presto, nel riscaldamento. E in campo Acerbi gli mette la museruola. Voto 5”.

Basterebbero le pagelle della Gazzetta relative ad Inter-Napoli di ieri per capire come sia andata la sfida. E non solo quella generale, ma pure la sfida nella sfida. Quella tra Acerbi e Lukaku dentro, davanti e vicino all’area nerazzurra. Quella in cui il belga non ha toccato palla dentro, davanti e vicino all’area nerazzurra. Sul vantaggio di McTominay Lukaku fa la comparsa, l’unica cosa (più o meno) giusta la fa su un regalo di Calhanoglu che gli spalanca le porte per una ripartenza ma non riesce a recapitare a Kvara, chiuso in extremis e tanto per cambiare da un intervento impeccabile di… Acerbi. 

Il centrale dell’Inter, la cui carta d’identità dirà 37 anni fra tre mesi appena, ha ancora una volta dimostrato la sua importanza assoluta nell’Inter. Nonostante l’età avanzi, nonostante la prepotenza di decine di attaccanti in Italia e in Europa, nonostante in questo avvio la squadra di Simone Inzaghi abbia spesso faticato a non concedere gol e occasioni all’avversaria di turno. Acerbi ha ristabilito l’ordine. E lo ha fatto ancora una volta contro l’odiato ex Romelu Lukaku. “Se lo è messo in tasca”, come si legge sui social, espressione diventata abitudine quando la prestazione del difensore è perfetta e quella dell’attaccante nulla o annullata. Inattaccabile: esattamente così è andata ieri. Ma non solo ieri, perché Acerbi, in questa stagione, aveva già annullato anche un certo Haaland, all’esordio in Champions League.

Lautaro, che succede? Poco incisivo, col mal di San Siro e 8 gol meno dell’anno scorso

Buongiorno l’ha cancellato, il confronto rispetto alla stagione passata è impietoso. E all’Inter servono i suoi gol

Lautaro s’è smarrito nella nebbia. Gli interisti che lasciano San Siro si interrogano a voce bassa sul suo rendimento. Cosa sta succedendo all’argentino? I numeri ci dicono che rispetto all’anno scorso è un altro giocatore: a questo punto del campionato aveva già segnato 14 gol in tutte le competizioni. Ora è sei. Cinque in campionato e uno in Champions.

Contro il Napoli è stato limitato dalla marcatura asfissiante di Buongiorno. Il centrale l’ha costretto a giocare soprattutto a centrocampo e a smistare palloni sporchi. Nell’unica occasione avuta, quella nel secondo tempo, ha preferito non calciare subito, controllando la sfera a centro area. Insomma, è un altro Lautaro. Il manifesto la heat map della partita di stasera: il raggio d’azione è stato quasi tutto a centrocampo, con qualche tocco in area di rigore. L’argentino ha smistato solo 13 passaggi e non ha mai calciato nello specchio. A referto è andato soltanto un tiro finito fuori, più un altro respinto dal muro alzato da Conte. La flessione del Toro rispetto all’anno scorso, comunque, resta evidente.

Il primo indizio è San Siro. Col Venezia Lautaro è tornato a segnare in casa dopo 249 giorni. L’ultimo squillo nel fortino l’aveva confezionato il 28 febbraio 2024 contro l’Atalanta. Da lì, una lunga astinenza al Meazza conclusa dopo quasi un anno. Non è finita: la stagione scorsa, a questo punto del campionato, aveva trascinato l’Inter contro Real Sociedad, Salisburgo, Monza, Cagliari, Fiorentina, Bologna, Torino, Roma, Atalanta e Salernitana, segnando quattro gol in soli 35 minuti. Ha chiuso l’anno da capocannoniere e poi è volato in Coppa America, vinta allo stesso modo con cui ha chiuso la Serie A: da top scorer assoluto. Inzaghi l’ha sempre difeso a spada tratta. Per lui Lautaro non si tocca, non si discute, semmai si ama e si protegge, ma il gioco è diverso. Inoltre, se prendiamo i big match, ha punto solo la Roma, rimanendo a secco contro City (in campo solo 24’), Arsenal, Milan, Juve e Napoli. All’Inter servono i suoi gol per continuare a correre.

Leao e quell’abbraccio con Fonseca: fine della turbolenza? E Rafa ora studia da numero 9.

Al momento della sostituzione a Cagliari, tecnico e giocatore si sono dedicati un momento affettuoso dopo tutti i malumori. E Rafa Leao, intanto, sta diventando sempre più un uomo d’area

Sarebbe bello – e utile – se funzionassero bene insieme nello stesso momento. Come a Madrid, insomma. Invece, a volte, Leao e il Milan si dissociano. Ci sono partite in cui la squadra gira e Rafa ciondola, altre nelle quali il portoghese ha una marcia in più e il Diavolo annaspa. Come a Cagliari, già. In questo caso però, nonostante il Milan sia tornato a casa con sensazioni di sconforto rispetto alla festa del Bernabeu, il momento di Leao è qualcosa che va oltre il semplice voto in pagella. È qualcosa che merita contestualizzare perché il momento, insomma, era parecchio delicato.

Due indizi non fanno ancora una prova, però ci si avvicinano. E aver visto il 10 rossonero dapprima trascinare il Diavolo in Spagna, e poi mettere a referto una doppietta in Sardegna genera buone sensazioni dopo le forti turbolenze delle ultime settimane. Non sappiamo se il metodo gestionale di Fonseca – più bastone che carota – alla fine pagherà realmente, ma intanto Rafa ha dato segnali importanti. Anche perché la continuità non è mai stata il suo forte. E chissà, magari lo scorrere del tempo farà capire a Leao che il suo allenatore sta cercando di farlo uscire dalla comfort zone, pungendolo come nessuno in passato ha mai fatto. Su queste basi, allora, diventa particolarmente importante la cartolina spedita da Cagliari al momento della sostituzione, a una manciata di minuti dal novantesimo. Quando Rafa è uscito dal campo è passato dal suo allenatore, si sono stretti la mano e si sono abbracciati. Sensazioni per gli osservatori esterni? E’ parso un abbraccio spontaneo, non a favore di telecamera. D’altra parte uno era contento per aver messo a segno una doppietta, l’altro perché Rafa era andato bene e la squadra in quel momento stava vincendo.

Il boom del “soldato” Comuzzo: si è preso la Fiorentina, ora si prende anche l’azzurro

Palladino gli ha dato spazio e lui ha ricambiato annullando fior di attaccanti. In viola è ormai un intoccabile, nelle gerarchie di Coverciano ha fatto il… salto triplo: chi è il volto nuovo dell’Italia

Un triplo salto che ha il sapore dell’impresa da vero fenomeno. In meno di un mese Pietro Comuzzo è passato dalla Nazionale Under 20 alla Maggiore, transitando a metà ottobre dall’Under 21 di Nunziata per l’impegno contro l’Irlanda. Dalle parti del Centro Tecnico di Coverciano le varie rappresentative si “strappano” con soddisfazione la convocazione del difensore centrale della Fiorentina che ha un rendimento altissimo nel club ed è diventato un punto fermo di Raffaele Palladino.

Adesso è il commissario tecnico Luciano Spalletti a portarlo ancor più sotto i riflettori, chiamandolo per le sfide di Nations League contro Belgio e Francia. Un orgoglio per il giocatore e per la società di Rocco Commisso.

Il classe 2005, titolare inamovibile della linea arretrata viola, ha stupito per esperienza, forza, determinazione e lettura del gioco nonostante la giovane età. Un 19enne che in campo sembra un trentenne. Lo chiamano il “soldato” e in stagione spiccano le sue prove con il Milan, ma anche contro Dovbyk della Roma, una prestazione che gli è valsa l’incoronazione definitiva di Raffaele Palladino: “E un grande difensore, ha annullato il suo avversario”. A Firenze Comuzzo ha stravolto tutte le gerarchie e toglierlo dall’undici titolare in campionato sembra quasi impossibile per i compagni, da Martinez Quarta a Pongracic. La società già lo scorso gennaio aveva dichiarato di voler puntare sul quel ragazzo del settore giovanile, dopo aver ceduto Yerry Mina al Cagliari, ma dal mercato invernale fino alla fine della stagione in campionato Vincenzo Italiano, che ha avuto il grande merito di farlo esordire fra i “grandi”, gli aveva tuttavia concesso soltanto 17 minuti con il Frosinone e 19 con il Sassuolo. È stato l’allenatore attuale e dargli continuità e a farlo esplodere.

Juve, l’assemblea approva il bilancio: -199 milioni. Applausi per il “debuttante” Chiellini

L’a.d. Scanavino: “Si giocano tante partite, Giorgio darà il suo contributo non solo per la Juve ma per tutto il calcio italiano. Sponsor di maglia? Siamo in trattative, accordo entro la fine della stagione”

All’assemblea dei soci all’Allianz Stadium ha fatto il suo debutto, nelle vesti di dirigente, Giorgio Chiellini, seduto in prima fila accanto a Giuntoli e Calvo. Quando l’a.d. della Juventus, Maurizio Scanavino, ha fatto il suo nome, gli azionisti hanno tributato all’ex difensore un caloroso applauso di benvenuto. Chiellini si occuperà inizialmente delle relazioni istituzionali del club bianconero a livello nazionale e internazionale. 

Scanavino ha lasciato intendere che la Juve intende recitare un ruolo attivo sui diversi tavoli, dalla Fifa all’Uefa alla Figc alla Lega, soprattutto in una fase cruciale come questa, per via dell’affollamento dei calendari. “Le tematiche di politica calcistica sono sempre più significative. Si giocano tante partite, c’è un tema di numerosità delle competizioni, di ricavi legati alle stesse, di diritti dei calciatori. Da qui tutta una serie di tavoli in cui noi saremo presenti. Giorgio darà il suo contributo non solo per la Juve ma per tutto il calcio italiano”, ha detto l’amministratore delegato.

All’inizio dell’assemblea, il presidente Gianluca Ferrero ha detto: “Sono qui da quasi 2 anni e ho scoperto una realtà che da esterno non conoscevo. La Juve è molto più della prima squadra, ne ha 22 di squadre, 650 atleti, 75 academy in giro per il mondo. E può contare su oltre 180 milioni di follower sui social, siamo il primo brand in Italia in assoluto”.

L’assemblea ha approvato il bilancio 2023-24 che ha chiuso con una perdita di 199 milioni, determinata per circa 130 milioni dalla mancata partecipazione alle coppe europee e da oneri non ricorrenti (indennizzo Ronaldo, esonero Allegri). “Senza questi fattori il risultato sarebbe stato negativo per circa 70 milioni, a conferma del sostanziale trend in miglioramento del risultato economico”, ha dichiarato Scanavino. Modificato lo statuto per introdurre la possibilità che gli interventi assembleari e l’esercizio del diritto di voto avvengano esclusivamente tramite il rappresentante designato. Per protesta, un gruppo di piccoli azionisti ha disertato le operazioni di voto.

Il traguardo di Vlahovic: 50 gol come Tevez. E ora punta Vialli

L’attaccante salva ancora la Juventus, punta Gianluca a 53 reti e vince la sfida diretta con l’obiettivo di mercato David. Poi esce arrabbiato

Si alza la temperatura e sale in cattedra Dusan Vlahovic. A Lilla come a Lipsia, è sempre il serbo l’uomo in più della Signora nelle trasferte di Champions. Dalla doppietta in Germania alla rete pesantissima di ieri sera in Francia. Un rigore che salva la Juventus da una nuova sconfitta europea e che proietta DV9 sempre più nella storia del club. Vlahovic ha segnato il suo 9o gol stagionale – terzo in Coppa – ma soprattutto ha raggiunto cifra tonda: 50 reti da quando nel gennaio 2022 è sbarcato sul pianeta Juve.

Alla fine, un po’ per la partita in bilico e il risultato e un po’ per la sostituzione all’ora di gioco, Vlahovic è rientrato in panchina apparentemente stizzito, probabilmente perché non si aspettava di essere cambiato così presto.

Si entra nella storia con i gol e i trofei, per dirla alla David Trezeguet (miglior bomber straniero di tutti i tempi della Juventus con 171 reti), e Dusan gradino dopo gradino sta risalendo la classifica. Quello di Lilla è un timbro che entra nei libri bianconeri. Vlahovic ha raggiunto a quota 50 gol Carlitos Tevez, tuttora amatissimo dai tifosi juventini. Eguagliato un attaccante, si punta a quello successivo.

Adesso DV9 metterà nel mirino un certo Gianluca Vialli, davanti a lui di appena tre marcature (53). L’aggancio all’ex capitano sarà questione di (poco) tempo, ma per diventare indimenticabile come lui servirà molto di più. Questione di leadership, aspetto nel quale il serbo è migliorato parecchio, ma anche di successi. Vialli è salito sul tetto d’Europa con la Juventus 1996, da capitano. Vlahovic ha lo stesso sogno e farà di tutto per realizzarlo: proprio per questo il suo agente non ha chiuso la porta ai dirigenti bianconeri sui discorsi legati al rinnovo (contratto in scadenza nel 2026).

C’è l’Arsenal, ma Inzaghi pensa al Napoli: dentro Taremi, fuori Thuram, Dimarco, Mkhitaryan e

Chiara l’intenzione del tecnico nerazzurro: la testa è già rivolta alla sfida di campionato contro Conte. Domani (quasi) tutti i big a riposo

Il quarto d’ora di allenamento aperto ai media in vista di Inter-Arsenal si apre con il solito rito. Marcus Thuram “spacca” i palloni a centrocampo come se fossero le palline del biliardo e dà inizio al torello. Ormai è un portafortuna. Ad Appiano Inzaghi ha tutta la squadra a disposizione. Manca solo Carlos Augusto, alle prese con un’elongazione muscolare rimediata contro lo Young Boys. Rientrerà dopo la sosta. Il resto della rosa si allena. Asllani compreso. L’albanese è rimasto in panchina contro l’Empoli e ha saltato la sfida col Venezia per problemi fisici. Domani sarà a disposizione. Stesso discorso per Acerbi (90’ in panchina nell’ultima) e Calhanoglu (schierato nel secondo tempo col Venezia).

Clima sereno ad Appiano. La squadra si allena sotto il sole in vista del big match con l’Arsenal. Conferenza di Inzaghi e Darmian prevista alle 15, quella di Arteta alle 19 a San Siro. Qualche dubbio sulla formazione. Tra i pali spazio a Sommer, poi possibile rivoluzione: Bastoni (sceso con una leggera fasciatura sul polpaccio destro), Dimarco, Acerbi, Mkhitaryan e Thuram out. Non sono stati provati tra i titolari. Previsti Pavard, de Vrij e Bisseck in difesa, Dumfries e Darmian sulle fasce, Frattesi, Calhanoglu e Zielinski a centrocampo. Molti cambi. In avanti dovrebbe avere una chance Mehdi Taremi, titolare in tutte e tre le sfide di Champions e provato dall’inizio in allenamento accanto a capitan Lautaro. L’iraniano si gioca il posto con Thuram. Ampio turnover in vista del Napoli.