Milan, accelerata al Max: Allegri, i rossoneri ci riprovano. Ma devono correre

L’ex tecnico della Juve, che ha già allenato a Milanello dal 2010 al 2014, è considerato una prima scelta dal nuovo ds Tare. Per questo la società tenta di anticipare la concorrenza

L’identikit combacia in tutto e per tutto: italiano, che conosca le dinamiche del campionato e delle grandi coppe, che abbia un ricco palmares ed esperienza ai vertici, in modo da farsi “garante” della risalita rossonera.

Il Milan vuole ripartire al Max, per cui nessuno meglio di Allegri può guidarlo dalla panchina: Massimiliano da Livorno non solo conosce la Serie A come pochi ma è anche un habitué di Milanello, che ha frequentato dal 2010 al gennaio 2014 nella sua prima avventura da allenatore rossonero. È un vincente, quel che serve al club dopo aver perso la qualificazione alle prossime coppe europee e l’affetto del pubblico di San Siro.

Allegri ha nel suo palmares sei campionati italiani, di cui uno con il Milan e cinque con la Juventus, tre Supercoppe Italiane (una in rossonero, due a Torino) e detiene il record di Coppe Italia, cinque, tutte in bianconero. La novità non è che il nome di Max sia tornato in orbita Milan, ma che i dirigenti di via Aldo Rossi vogliano provare ad accelerare i tempi.

Del resto la concorrenza è forte, ma al momento costretta a uno stop: il Napoli, pronto allo scatto per Max, è in attesa delle riflessioni di Conte. Il Diavolo ne vuole approfittare verificando se ci sono i presupposti per concludere la trattativa in tempi brevi. L’ideale sarebbe entro la fine della settimana, ma lo scenario non è semplice perché ci sono tanti pezzi del puzzle da sistemare. 

Il Milan è nel pieno dei ragionamenti, ma è partito da un presupposto chiaro: la necessità di rifondare la squadra perché torni immediatamente protagonista. Un pensiero che va di pari passo con la candidatura di Allegri, riemersa con forza nelle ultime ore dopo che era stata già analizzata nelle scorse settimane.

Amichevole Leeds-Milan, ora è ufficiale: ecco data, orario e luogo

Ecco il comunicato ufficiale del club rossonero relativo all’amichevole tra Leeds e Milan, in programma per il prossimo pre campionato

AC Milan è lieto di annunciare un’amichevole estiva contro il Leeds United , squadra recentemente promossa in Premier League. La partita si disputerà sabato 9 agosto alle 15.00 (ora locale). Aviva Stadium di Dublino, un impianto all’avanguardia con oltre 50.000 posti situato nel cuore della capitale irlandese.

L’incontro rientra nel programma di preparazione estiva della Prima Squadra maschile e si svolgerà dopo il termine del , Pre-Season Tour 2025, che porterà i rossoneri in giro per la regione Asia-Pacifico (Singapore, Hong Kong e Australia Occidentale) dal 20 luglio al 1° agosto.

La partita è stata ufficialmente presentata oggi durante un evento stampa tenutosi proprio all’Aviva Stadium, alla presenza del , Brand Ambassador di AC Milan Daniele Massaro  e della Legend del Leeds United Gary Kelly , ex terzino della Nazionale irlandese.

Si tratta del primo match di AC Milan in Irlanda dopo cinque anni. L’ultima apparizione dei rossoneri nel Paese risale alla stagione 2020/21, quando affrontarono lo Shamrock Rovers  nei turni preliminari della UEFA Europa League. AC Milan e Leeds United si sono affrontati tre volte in passato: nella fase a gironi di UEFA Champions League 2000/01 e nella storica Finale di Coppa delle Coppe UEFA 1973 a Salonicco.

I biglietti per l’incontro saranno disponibili in pre-sale a partire da oggi, martedì 27 maggio, mentre la vendita libera inizierà giovedì 29 maggio alle ore 10.00 tramite il sito di Ticketmaster.

La Juve va all’assalto di Conte: c’è fiducia, il sì s’avvicina. Spinge anche Chiellini.

I vertici del club bianconero sono pronti ad affondare per l’allenatore del Napoli, che può tornare dopo 11 anni. L’ex difensore è in ascesa in società ed è legato ad Antonio: avrà più poteri

Staccato il biglietto per la Champions, la Signora è pronta a cambiare marcia per una nuova rivoluzione tecnica. Il progetto, nemmeno troppo misterioso, è quello di riportare a “casa” Antonio Conte, l’uomo che nel 2011-12 ha avviato il ciclo dei 9 scudetti consecutivi e che nel 2021, alla guida dell’Inter, lo ha poi stoppato. L’ex capitano, fresco campione d’Italia con il Napoli, è un architetto abituato a costruire in fretta e a vincere subito.

Alla Continassa, dopo la delusione per l’ultimo esperimento (Thiago Motta), vogliono andare sul sicuro. E nessuno più di “mister scudetto” Antonio Conte è considerato garanzia di successo. Qualche contatto c’è già stato nelle scorse settimane, ma adesso la “partita” entrerà nel vivo. Cresce la fiducia negli ambienti bianconeri. Chiellini studia da potenziale Beppe Marotta dei tempi juventini. Giorgio, oltre che amatissimo dai tifosi, gode della stima della proprietà e anche di quella del dt Cristiano Giuntoli.

Il Conte bis in panchina è una idea nata a fine marzo, dopo l’esonero di Thiago Motta, ma nelle ultime settimane è diventato qualcosa di sempre più forte. Il piano è quello di offrire al tecnico salentino un progetto triennale. Igor Tudor, che ha appena trascinato la Juventus nell’Europa che conta, ha capito in tempi non sospetti che il vento stava cambiando. Il biglietto per la Champions League garantisce al croato il rinnovo di contratto automatico, ma non la panchina della Signora per il 2025-26. La società può infatti risolvere l’accordo pagando una penale all’allenatore di Spalato. Ed è quello che farà una volta che i tempi saranno maturi e avrà la certezza di poter celebrare un nuovo matrimonio con l’ex capitano Conte.

Juve, ultimo sprint per la Champions: Tudor punta su Kolo Muani per il match point

Il tecnico vuole il quarto posto anche se sa che non resterà: “Questa squadra vale di più, la mia testa è solo alla partita”

Manca solo l’ultimo step. Igor Tudor lo aveva detto dopo la salvifica vittoria sull’Udinese e lo ripete nella conferenza stampa pre Venezia, l’ultima in campionato per il 2024-25.

Non sappiamo se ci sarà ancora lui al timone della Juventus la prossima stagione — ipotesi improbabile, ai limiti dell’impossibile —, la certezza è che l’ex difensore vuole lasciare la sua Signora nella coppa che più conta, la Champions League. Non importa se il quarto posto non gli garantirà un futuro in bianconero, sebbene il suo contratto preveda il rinnovo automatico fino al 2026 in caso di raggiungimento della qualificazione, conta solo portare a termine la missione per cui è stato chiamato. 

“Sono felice del lavoro svolto finora e voglio completarlo — racconta Tudor —, manca l’ultimo step. Io guardo solo al presente, a come stanno i giocatori, a come aiutarli a battere il Venezia. Tutta la mia vita è nella partita, il resto non conta nulla. Dentro di me c’è un po’ di tutto, ma soprattutto aspettative e concentrazione per fare bene il mio lavoro. Dobbiamo capire dove possiamo far male. Da quando sono arrivato alla Juventus tutte le partite sono state fondamentali e non ne ho viste di sbagliate, anzi non abbiamo sbagliato quasi niente. Sono fiducioso, vedo una squadra che vuole andare a prendersi ciò che si merita e ciò che vale”.

A proposito del valore della rosa, il tecnico è convinto che lascerà un gruppo con ampi margini di crescita: “I numeri non sono mai stati parte del mio modo di pensare, non so se 70 sarebbero pochi o giusti per questa Juventus, però il potenziale della rosa è molto più grande di quello che si può vedere ora”. Tradotto, Igor lascerà al suo successore una buona base da cui ripartire. Se sarà Conte o no lo scopriremo nelle prossime settimane, intanto il tecnico bianconero gli ha reso omaggio per lo scudetto appena conquistato, pur senza mai nominarlo: “Faccio i complimenti al Napoli per il tricolore, in campionato, che è una competizione lunga, vince sempre la squadra che lo ha meritato di più”.

Dembélé-Lautaro a Monaco: in palio la Champions, ma anche il Pallone d’oro.

La lista dei candidati sarà resa nota il 6 agosto. Oltre ai campioni di Psg e Inter vi sono Donnarumma, Kane, Lewandowski e Raphinha. Con Yamal in rampa di lancio

Ousmane Dembelè ha messo su la sua faccia migliore: “Pallone d’Oro? Quando giochi per il Psg c’è altro di più importante che non un premio individuale”. E lo stesso ha fatto Lautaro Martinez: “Prima l’Inter, poi viene il resto”. Scaramanzia, ipocrisia, modestia. Fate voi. Vale tutto quando in palio c’è la gloria. E anche se loro evitano di esporsi, è chiaro che la finale di Champions League di Monaco del 31 maggio tra Psg e Inter sarà decisiva anche per l’assegnazione del trofeo di France Football. Una specie di scontro finale con vista sul Pallone d’Oro. Per Dembelè l’endorsement è arrivato dal cuore della grandeur, dai compagni di squadra (Donnarumma in primis), e siccome Parigi è sempre Parigi statene certi che avrà un peso. Dembélé ha vissuto una stagione eccezionale, ha segnato 33 gol in 42 presenze più 13 assist, ha dimostrato costanza, forza, energia. È stato determinante nei momenti cruciali e con Luis Enrique ha ritrovato un’energia vitale incredibile. Non è da meno il Toro Martinez, capitano coraggioso dell’Inter di Simone Inzaghi. Dalla Copa America alla Serie A, ma soprattutto la sua candidatura passa dai gol in Champions, 9 in 13 partite. 

Il Pallone d’Oro è uno di quei trofei che vivono in equilibrio sulla sorte. Non basta aver vinto, scatenato entusiasmo e fatto gol. Serve l’impresa. E la Champions, quando parli di calcio europeo, è la più grande che ci sia. Il totoPallone d’oro è partito da un pezzo. Stephane Courbis, agente del mercato francese, ha detto la sua: “Donnarumma e Lautaro? Per me non hanno nessuna possibilità. Penso che Dembelé sarà il favorito se vincerà la finale”. Il duello di Monaco apre dunque scorci sul futuro. E sul premio più ambito, che riconosce la grandezza nel football. La lista dei candidati sarà resa nota il 6 agosto. Ma sicuramente dentro ci sono Gigio Donnarumma, tra paradisi e inferni di una stagione che lo ha visto comunque protagonista. Il suo borsino, però, è dietro gli altri due. 

C’è una Juve con Yildiz e una senza. E la prima fa il doppio dei punti

Il bilancio della stagione della stellina turca: con lui in campo dall’inizio la media punti bianconera raddoppia. E se contro il Venezia fa due gol.

Una stagione da 10. Non solo per quel numero che dall’estate scorsa indossa sulla maglia. Con gli assist forniti a Nico Gonzalez e Vlahovic nel 2-0 all’Udinese, Kenan Yildiz ha raggiunto la doppia cifra di partecipazioni ai gol in questa stagione di Serie A: 6 gol e 4 passaggi decisivi. Il più giovane, a 20 anni appena compiuti, di tutto il campionato. 

In questa stagione, Yildiz è stato sempre centrale nella Juve non soltanto simbolicamente, ma anche in campo. Sia con Motta che con Tudor, il turco è stato un titolare quasi inamovibile: 47 presenze (di cui 37 dal 1′) su 50 gare stagionali, con 3.180 minuti giocati su 4.500′. Il numero 10 juventino è il terzo giocatore di movimento più impiegato in quest’annata, alle spalle dei soli “totem” Locatelli e Gatti. E con lui in campo, la Juve cambia radicalmente pelle: se Yildiz gioca dall’inizio i bianconeri ottengono in media 2 punti a partita (74 quelli conquistati in 37 gare), mentre quando non inizia da titolare i punti scendono a 0,92 a gara (12 punti in 13 partite). Meno della metà.

Un dato che è ancora più evidente nella gestione Tudor: quattro vittorie e un pareggio con il turco in campo (2,6 punti di media a gara), due pari e una sconfitta senza (media 0,67). D’altronde, al contrario del suo predecessore, il croato ha messo subito Kenan al centro della sua Juve, venendo ripagato da 2 gol e due assist sempre decisivi per il risultato finale. “Io sono molto contento per questa stagione e voglio migliorare in tutto. Io gioco come sempre anche con questo numero e sono molto contento di averlo”, ha detto il 10 juventino dopo il successo contro i friulani che avvicina i bianconeri a quella qualificazione alla Champions League che può essere spartiacque anche per il suo futuro.

Juve, chiamata d’emergenza: da Costa a Kelly, Tudor si aggrappa ai rinforzi di gennaio

Il tecnico Juve è costretto ad arrangiarsi in difesa e a Venezia affiderà la missione Champions a Veiga e agli innesti invernali.

Un po’ è emergenza e un po’ è un segno del destino, fatto sta che la Juventus domenica proverà a staccare la qualificazione Champions con il trio dei difensori arrivati a gennaio. Al posto di Gleison Bremer (infortunato da ottobre), Federico Gatti (non al meglio dopo la frattura al perone) e Pierre Kalulu (squalificato), toccherà ancora ad Alberto Costa, Renato Veiga e Llyod Kelly. Terzetto inedito, costruito pezzo dopo pezzo da Igor Tudor.

Basti pensare a come ha lavorato con i tre difensori che, fino a non molto tempo fa, erano considerati oggetti misteriosi del mercato invernale. L’ex centrale bianconero, anche per necessità, ha dato fiducia a Veiga, Kelly e nelle ultime uscite a Costa. Con l’Udinese sono arrivati tre punti preziosi e il bis a Venezia varrebbe almeno 60 milioni in più per le casse della Juventus. Ma Tudor per primo – e non da ieri – sa benissimo che nel club c’è anche chi proverà ad affidare la ripartenza della Juventus ad Antonio Conte, ex capitano ed architetto dei primi tre scudetti del ciclo leggendario. 

Dal ritrovato spirito di squadra ai segnali incoraggianti di Alberto Costa, sbarcato a Torino a gennaio tra lo scetticismo generale. Il 21enne portoghese, ingaggiato dal Vitoria Guimaraes per 12,5 milioni più bonus battendo la concorrenza dello Sporting, nelle ultime uscite ha mostrato sprazzi di qualità. Un po’ laterale di centrocampo e in emergenza arretrato nella difesa tre, a dimostrazione della fiducia che il tecnico croato nutre nei suoi confronti. Costa è entrato alla Juventus in punta di piedi e finora ha disputato 313 minuti. Non tantissimi, ma sufficienti per attirare vecchi e nuovi corteggiatori. Se lo Sporting neocampione di Portogallo ha già bussato alla porta della Signora, per Costa si sono fatti avanti anche Benfica, Brighton e Galatasaray.

Real, bentornato Nico Paz! La stellina del Como al Mondiale per club coi Blancos

Dopo lo svincolato Alexander-Arnold dal Liverpool e Huijsen dal Bournemouth, il Madrid piazza il terzo colpo riprendendosi il talento esploso a Como: recompra di 9 milioni

Il Real Madrid continua la sua corsa ai rinforzi, per offrire a Xabi Alonso una rosa più ampia ed equilibrata di quella che ha avuto Carlo Ancelotti in questa stagione. E così dopo Trent Alexander-Arnold, arrivato svincolato da Liverpool (e non ancora annunciato) e Dean Huijsen, prelevato dal Bournemouth per 60 milioni di euro, il terzo nome sulla lista della spesa di Florentino Perez è quello di Nico Paz.

Spesa relativa, e grande qualità in prospettiva. Il centrocampista argentino nato alle Canarie è un canterano della Fabrica, l’anno scorso giocava col Castilla di Raul in terza serie, è cresciuto a Valdebebas e può tornarci, ma per incorporarsi alla prima squadra. La grande stagione nel Como di Cesc Fabregas, con relativo debutto nell’Argentina di Scaloni, non è passata inosservata e dalla Casa Blanca si sono mossi. Il Madrid dal 1° luglio può esercitare la “recompra” di Nico Paz, fissata in 9 milioni di euro, 3 in più del prezzo di cessione al Como. Però i Blancos vogliono che il ragazzo argentino sia a disposizione di Xabi Alonso già nel Mondiale per Club, che inizia a metà giugno. Per questo si sta trattando per accelerare l’operazione, con l’offerta di qualche euro in più per il Como.

E poi sotto con Alvaro Carreras, ennesimo laterale sinistro prodotto dall’inesauribile vivaio spagnolo. Il ragazzo nato in Galizia e passato giovanissimo al Manchester United ha fatto un gran campionato col Benfica ed è considerato l’uomo giusto per rinforzare un settore non propriamente d’eccellenza, col fragile Ferland Mendy e l’incompleto Fran García. Il problema per il Madrid è che il club portoghese, abituato a vendere molto bene, chiede 50 milioni di euro e al Bernabeu vorrebbero spendere molto meno. Trattiva aperta e ben avviata, vediamo chi arriva prima tra Nico Paz e Carreras. Di certo c’è che il piano di rinnovamento del Madrid procede spedito.

Gimenez-Mancini e Beukema-Gabbia: gomitate diverse? La furia dei tifosi rossoneri

I due interventi, praticamente identici, in Roma-Milan e Milan-Bologna sono stati valutati in maniera opposta e si accende la polemica. Anche perché l’arbitro Mazzoleni era in sala Var in entrambe le occasioni.

La partita che ha tristemente certificato l’addio del Milan alle coppe europee della prossima stagione ovviamente ha dato lo spunto ai tifosi per discutere soprattutto di questo. Perché lo sprofondo è davvero notevole. Ma, anche se nessuno ci si vuole davvero appigliare – perché correrebbe il rischio di guardare il dito e non la luna… -, è facilmente riscontrabile parecchio fermento sull’espulsione di Gimenez a Roma in seguito a una gomitata a Mancini. Un rosso che peraltro nessuno contesta, ma un rosso che fa rumore perché è maturato nelle stesse circostanze che quattro giorni prima, in finale di Coppa Italia, erano state valutate dagli arbitri in modo opposto.

Basta andare a rivedersi le immagini: la gomitata di Gimenez a Mancini è praticamente la fotocopia di Beukema su Gabbia. Ieri è stata sanzionata con il cartellino rosso, dopo che il Var ha richiamato Piccinini al monitor. Mercoledì scorso il Var è rimasto in silenzio. Episodi importanti, sia perché erano importanti le partite – entrambe sfide con in palio un posto in Europa, oltre a un trofeo -, sia perché accaduti quando c’era ancora parecchio da giocare: Beukema-Gabbia al minuto numero 43, Gimenez-Mancini al minuto numero 20. Se ci fosse stata uniformità di giudizio, a seconda della linea tenuta, il Bologna avrebbe affrontato mezza finale in inferiorità numerica, oppure il Milan se la sarebbe giocata contro la Roma in undici contro undici.

Conceiçao nel dopogara con i giallorossi ha sottolineato con vigore il disappunto sulla palese differenza nel metro di giudizio e ha ricordato – ma i tifosi ovviamente se n’erano già accorti – che in sala Var sedeva lo stesso arbitro in entrambe le partite. Ovvero Mazzoleni, assistente Var in Coppa Italia e Var ieri. Bizzarro. E quindi il mondo social rossonero è in fermento totale, sul web si rincorrono sempre gli stessi frame: i gomiti di Beukema e Gimenez che colpiscono il petto di Gabbia e Mancini. Movimenti sincroni, dinamiche uguali, effetti opposti. Per i tifosi rossoneri un ulteriore motivo per scagliarsi contro il club, reo ai loro occhi di non avere peso a livello dirigenziale nelle stanze dei palazzi romani.

“Ma sapete quanti anni ha?”. Però c’è Haaland, e Spalletti mette in preallarme Acerbi

Da tempo non era nella lista dell’Italia, e le parole del ct parevano chiudergli le porte. Però Spalletti ci sta pensando.

E se davvero la soluzione per Haaland fosse Acerbi? Spalletti è più che sfiorato dall’idea di richiamare il centrale nerazzurro all’ennesima resurrezione di una vita che di montagne ne ha scalate, altro che Haaland.

Acerbi non gioca in Nazionale da novembre 2023, Ucraina-Italia 0-0, ritorno dello spareggio per Euro 2024. Per la verità il ct lo aveva inserito nella lista della tournée americana di marzo 2024, quando gli azzurri fecero amicizia con Sinner a Miami. Ma il “caso” delle parole a Juan Jesus suggerì di soprassedere. Di recente, a chi gli chiedeva di Acerbi in azzurro, Spalletti ha risposto: “Ma sapete quanti anni ha?”. Sono trentasette. Però era da un po’ che mancava dalle pre-convocazioni e invece è stato inserito prima di Norvegia e Moldova.

Prima di trasformare la pre-convocazione in convocazione ne corre. Intanto, con le nuove regole Fifa, i ct sono obbligati a stilare liste molto ampie in anticipo, per poter convocare i giocatori senza problemi con i club, quindi appaiono spesso nomi di “garanzia” per non avere sorprese. Secondo: in difesa non siamo messi benissimo. Gatti è rientrato da una rottura del perone, Buongiorno spera di essere disponibile all’ultima del Napoli contro il Cagliari (se sarà decisiva), anche Calafiori è tornato da poco. Terzo: ci sono Haaland e Sorloth, la Norvegia ha due degli attaccanti più forti d’Europa. Quarto: Acerbi è stato il centrale titolare, e sempre su ottimi livelli, in Champions oltre che in campionato. E ha fermato Haaland in City-Inter. 

Spalletti, l’Inter e il giocatore faranno valutazioni importanti da qui a fine mese, quando la lista sarà ufficiale. L’Italia titolare in difesa è Di Lorenzo-Bastoni-Calafiori, un reparto tecnicamente indiscutibile ma che ha proposto qualche problema in fase di marcatura. Buongiorno è l’alternativa. Inserire Acerbi sarebbe una svolta tattico-filosofica: giocherebbe centrale e l’intesa con Bastoni potrebbe spingere verso l’uscita di Calafiori che in azzurro, però, è sempre un play supplementare.