Acerbi highlander: a 37 anni è fondamentale nella difesa Inter. E a giugno scade il contratto.

Prima Haaland, poi Lukalu: il centrale, al rientro dopo il problema fisico, contro i grandi attaccanti si rivela insuperabile.

Partiamo dalla fine, dai giudizi. Il primo, Acerbi: “Come un anno fa: Lukaku cancellato. Dominatore assoluto, esalta e si esalta. Il migliore, voto 7,5″. Il secondo, Lukaku: “Altra serata amara. Lo scherno nerazzurro comincia presto, nel riscaldamento. E in campo Acerbi gli mette la museruola. Voto 5”.

Basterebbero le pagelle della Gazzetta relative ad Inter-Napoli di ieri per capire come sia andata la sfida. E non solo quella generale, ma pure la sfida nella sfida. Quella tra Acerbi e Lukaku dentro, davanti e vicino all’area nerazzurra. Quella in cui il belga non ha toccato palla dentro, davanti e vicino all’area nerazzurra. Sul vantaggio di McTominay Lukaku fa la comparsa, l’unica cosa (più o meno) giusta la fa su un regalo di Calhanoglu che gli spalanca le porte per una ripartenza ma non riesce a recapitare a Kvara, chiuso in extremis e tanto per cambiare da un intervento impeccabile di… Acerbi. 

Il centrale dell’Inter, la cui carta d’identità dirà 37 anni fra tre mesi appena, ha ancora una volta dimostrato la sua importanza assoluta nell’Inter. Nonostante l’età avanzi, nonostante la prepotenza di decine di attaccanti in Italia e in Europa, nonostante in questo avvio la squadra di Simone Inzaghi abbia spesso faticato a non concedere gol e occasioni all’avversaria di turno. Acerbi ha ristabilito l’ordine. E lo ha fatto ancora una volta contro l’odiato ex Romelu Lukaku. “Se lo è messo in tasca”, come si legge sui social, espressione diventata abitudine quando la prestazione del difensore è perfetta e quella dell’attaccante nulla o annullata. Inattaccabile: esattamente così è andata ieri. Ma non solo ieri, perché Acerbi, in questa stagione, aveva già annullato anche un certo Haaland, all’esordio in Champions League.

Lautaro, che succede? Poco incisivo, col mal di San Siro e 8 gol meno dell’anno scorso

Buongiorno l’ha cancellato, il confronto rispetto alla stagione passata è impietoso. E all’Inter servono i suoi gol

Lautaro s’è smarrito nella nebbia. Gli interisti che lasciano San Siro si interrogano a voce bassa sul suo rendimento. Cosa sta succedendo all’argentino? I numeri ci dicono che rispetto all’anno scorso è un altro giocatore: a questo punto del campionato aveva già segnato 14 gol in tutte le competizioni. Ora è sei. Cinque in campionato e uno in Champions.

Contro il Napoli è stato limitato dalla marcatura asfissiante di Buongiorno. Il centrale l’ha costretto a giocare soprattutto a centrocampo e a smistare palloni sporchi. Nell’unica occasione avuta, quella nel secondo tempo, ha preferito non calciare subito, controllando la sfera a centro area. Insomma, è un altro Lautaro. Il manifesto la heat map della partita di stasera: il raggio d’azione è stato quasi tutto a centrocampo, con qualche tocco in area di rigore. L’argentino ha smistato solo 13 passaggi e non ha mai calciato nello specchio. A referto è andato soltanto un tiro finito fuori, più un altro respinto dal muro alzato da Conte. La flessione del Toro rispetto all’anno scorso, comunque, resta evidente.

Il primo indizio è San Siro. Col Venezia Lautaro è tornato a segnare in casa dopo 249 giorni. L’ultimo squillo nel fortino l’aveva confezionato il 28 febbraio 2024 contro l’Atalanta. Da lì, una lunga astinenza al Meazza conclusa dopo quasi un anno. Non è finita: la stagione scorsa, a questo punto del campionato, aveva trascinato l’Inter contro Real Sociedad, Salisburgo, Monza, Cagliari, Fiorentina, Bologna, Torino, Roma, Atalanta e Salernitana, segnando quattro gol in soli 35 minuti. Ha chiuso l’anno da capocannoniere e poi è volato in Coppa America, vinta allo stesso modo con cui ha chiuso la Serie A: da top scorer assoluto. Inzaghi l’ha sempre difeso a spada tratta. Per lui Lautaro non si tocca, non si discute, semmai si ama e si protegge, ma il gioco è diverso. Inoltre, se prendiamo i big match, ha punto solo la Roma, rimanendo a secco contro City (in campo solo 24’), Arsenal, Milan, Juve e Napoli. All’Inter servono i suoi gol per continuare a correre.

Lautaro, il Venezia per sfatare il tabù San Siro: l’argentino non segna in casa da 8 mesi

Il digiuno casalingo in Serie A prosegue dal 28 febbraio: l’ultimo gol a San Siro risale alla partita dell’anno scorso contro l’Atalanta

Con il gol segnato all’Empoli ieri, Lautaro Martinez è diventato il miglior marcatore straniero nella storia dell’Inter staccando l’ungherese Nyers. Il Toro è a quota 4 gol in 9 giornate giocate in campionato, ne ha segnato uno in Champions, ha fornito 2 assist in A, è arrivato 7° al Pallone d’oro. Tutte buone notizie, buoni numeri, eppure… c’è un neo. Perché andando nel dettaglio, si nota che Lautaro non fa gol in campionato a San Siro dal 28 febbraio dell’anno scorso: imbucata di Pavard, controllo con il destro e bordata in porta di sinistro che valeva il momentaneo 2-0 sull’Atalanta in una gara condotta in scioltezza e chiusa 4-0.

Un periodo lunghissimo, quasi una vita se si pensa a quanto il Toro sia cruciale per l’Inter con i suoi gol. Eppure, l’argentino – specialmente in questo avvio di stagione – ha vissuto un periodo complicato sotto porta: il primo centro è arrivato solo alla sesta giornata, a Udine, doppietta. Pochi giorni dopo ha rotto la maledizione San Siro ma nell’impegno di Champions League contro la Stella Rossa. Gol a Roma, gol a Empoli. Ad ogni modo sempre (o quasi) decisivo, anche ieri al Castellani, ma il pubblico di San Siro – in Serie A – non esclama il nome “Lautaro” da troppo tempo.

Domenica, con fischio d’inizio previsto per le 20.45, l’Inter ospita a San Siro il Venezia. La squadra di Eusebio Di Francesco si è rilanciata in classifica prima con il pari di Monza e ieri con il ribaltone sull’Udinese al Penzo. Resta da capire poi quanto Simone Inzaghi vorrà ricorrere al turnover, considerando che mercoledì – sempre a San Siro – arriva l’Arsenal in Champions. Ma per Lautaro il Venezia rappresenta in qualche modo un’occasione. Per allontanare le polemiche (lui stesso ha detto “il Pallone d’oro spesso non viene deciso nel modo giusto”) e rompere un digiuno casalingo che ormai dura da troppo tempo. Ma non più tardi di ventiquattr’ore fa ad Empoli il Toro lo ha ribadito ancora una volta, se ce ne fosse bisogno: sa come si fa.

Cosa c’è dietro l’allarme di Inzaghi per la difesa dell’Inter

Tredici reti subite in 9 giornate, più della metà rispetto a quella incassate l’anno scorso in una stagione intera. Contro i bianconeri la conferma

I cinema di Milano hanno già programmato la prossima uscita: “Qualcosa è cambiato, il remake”. Previsto il tutto esaurito. Ma al posto degli occhi spiritati di Jack Nicholson c’è il volto preoccupato di Simone Inzaghi, guida e faro dell’Inter, uno che fino a oggi non aveva mai visto la sua squadra incassare quattro gol in una partita. Metamorfosi. La difesa bunker, un tempo fortino inespugnabile, quest’anno è stata violata più e più volte. L’ultima dalla Juventus.

Il conto dei gol incassati in campionato è salito a 13 in nove partite. La stagione scorsa sono stati solo 22. Sommer aveva tenuto alta la guardia in 19 occasioni, mentre stavolta è a quota tre. Gli errori individuali contro la Juventus impongono domande. La prima: com’è possibile che la storia recente dell’Inter prenda spunto da un romanzo di Louis Stevenson, Dottor Jekyll and Mister Hyde? In Champions non ha incassato neanche un gol. In campionato siamo già a 13. Una differenza netta a livello di attenzione. Dieci squadre infatti hanno incassato meno reti, tra cui Empoli, Udinese, Bologna, Monza, Milan, Fiorentina, Juventus, Lazio. Un passo indietro notevole rispetto all’annata scorsa.

Seconda domanda: come ha fatto un reparto così rodato a compromettere la sua solidità? Il secondo dei quattro gol incassati dall’Inter è il manifesto di questa difficoltà. McKennie si inserisce tra le linee e serve a Vlahovic l’assist dell’1-1. Il tutto senza pressione. De Vrij, uscito in pressing su Cambiaso qualche minuto prima, non chiude la diagonale e se la prende con Bastoni per aver lasciato l’uomo libero. Doppio errore. Il. serbo non è dell’azzurro, bensì dell’olandese, reo di lasciare un vuoto al centro della difesa. Inzaghi in sala stampa è stato vago: “Dobbiamo responsabilizzarci tutti. Ci sono degli errori che si ripetono. Vedi il 4-3 o il 4-4. Bisognava far meglio, ma non parlo di singoli”. Il problema è strutturale.

Casi arbitrali, scippi di mercato, baci rubati: il romanzo proibito di Inter-Juve

La versione milanese di una partita sopra le righe. Da Platini a Vidal, dal caso del mancato rosso a Pjanic allo “smack” di Vidal a Chiellini

oci a San Siro, i soliti sussurri e le solite grida del derby d’Italia. Inter e Juve nemiche odiatissime. Una rivalità che Calciopoli ha reso inconciliabile. Qui mettiamo in fila alcuni Inter-Juve. Una rinfrescata alla memoria della versione milanese di una partita che non avrà mai pace.

Una sequenza storica di Inter-Juve prende forma tra la fine dei 70 e la prima metà degli 80, quando la Serie A è il campionato più bello e più ricco. Inter-Juve 4-0 del novembre 1979, con tripletta di Spillo Altobelli e gol di Muraro. Inter-Juve 4-0 del novembre 1984, con doppietta di Kalle Rummenigge. Poco prima, aprile 1984, Inter-Juve 1-2 con gol di Michel Platini, partita che compare ne “Il ragazzo di campagna”, film cult di Renato Pozzetto. La protagonista femminile è una juventina devota a Platini e trascina in mezzo ai tifosi interisti il “povero” Pozzetto, inseguito poi dagli ultras. Le Roi come soggetto di ulteriore discordia: era stata l’Inter a contattare per prima il fuoriclasse francese nel 1979, ma era stato l’Avvocato Agnelli a convincerlo nella primavera del 1982. Di recente Platini con perfidia ha infilato il pallone nel sette: “L’Inter di oggi è una bella squadra, però gli amici mi dicono che ha tanti debiti”.

Il caso Ronaldo-Iuliano si consuma nel 1998 a Torino, al vecchio Delle Alpi, dunque non appartiene a questa rassegna, riservata agli Inter-Juve d Milano. L’ultimo Inter-Juve prima del grande scandalo si gioca il 12 febbraio 2006 e finisce 2-1 per la Signora. Gol di Ibrahimovic per la Juve, pareggio di Samuel. Poi Del Piero entra al posto di Ibra, segna la rete della vittoria con una gran punizione e mostra la linguaccia in stile Rolling Stones. Del Piero si toglie un sassolone: “Mentirei se dicessi che sono contento di non giocare”.

Inter, elongazione per Zielinski: fuori due settimane. Salta Roma, Young Boys e Juve

Il centrocampista polacco si è fatto male in nazionale. Non prenderà parte alle prossime sfide e sarà valutato giorno per giorno

Inter dovrà fare a meno di Piotr Zielinski per un po’. Il centrocampista polacco, infortunatosi con la nazionale durante la sosta, ha rimediato “un’elongazione ai flessori della coscia destra”. Sarà valutato giorno per giorno, ma di sicuro salterà le prossime sfide contro Roma e Young Boys in programma tra domenica e martedì sera, oltre al Derby d’Italia del 27 ottobre.

Piotr Zielinski fin qui ha giocato sei partite tra campionato e coppe, due in Champions e quattro in Serie A. Senza lo stop di sicuro avrebbe trovato spazio in questo trittico di gare ravvicinate: Roma, Young Boys e ovviamente Juve, il 27 ottobre. Gli esami effettuati stamattina all’Humanitas di Rozzano hanno evidenziato un’elongazione. Barella, invece, è recuperato e sarà disponibile per la Roma. Durante la sosta ne ha approfittato per smaltire l’infortunio. Da capire se giocherà subito dal 1′. Sulla via del recupero definitivo anche Tajon Buchanan, infortunatosi durante la Coppa America giocata con il Canada in estate. 

Lautaro si è ritrovato, Thuram resta il compagno preferito: Inter, è l’ora della vera ThuLa

Ci siamo, manca poco. E c’è un’immagine che lo dimostra: a Udine Lautaro segna il suo secondo gol, Thuram si inginocchia e fa l’esultanza del Toro. È un antipasto, è la voglia di mangiarsi tutto quel che c’è da mangiare. La ThuLa si riaffaccia sul campionato, dopo la panchina iniziale d’Europa. Con un obiettivo: viaggiare veloce, viaggiare coordinati, in definitiva correre e vincere.

Perché fin qui è andata così: Thuram che volava e Lautaro che sputava veleno per un gol che non arrivava. Ora che si è sbloccato l’argentino, il francese si è inceppato. In soldoni: la coppia non ha ancora festeggiato insieme, non c’è ancora stata una partita con tutti e due a segno.

Ed è un inedito, perché la scorsa stagione l’Inter s’era abituata troppo bene con tutti e due. Ma la curva è in crescendo, del resto non c’era miglior momento per aspettarsi una svolta positiva. Ottobre è un mese chiave per Inzaghi, tra campionato e coppe. È un mese che serve per entrare fisicamente nel G8 in Champions League e per dare uno strappo al campionato. Lautaro c’è, in tutti i sensi. Fisicamente è tornato lui: la settimana che dal derby ha portato a Udine gli ha consentito di guadagnare numeri decisivi, che lo staff di Inzaghi ha apprezzato. Il rendimento dell’argentino è schizzato e non solo per il gol. Qualche piccolo segnale fisico, per la verità, s’era intravisto anche durante la serata negativa del derby. Adesso Lautaro sta come non è mai stato dal 22 aprile, il giorno della seconda stella, neppure durante la Coppa America. E, quel che più conta, sta bene con se stesso. Il gesto di lasciare il rigore a Taremi è il segnale di un giocatore che ha “risolto” la questione con il gol e non sente più il peso addosso di una gioia che non arrivava.

Lautaro, la doppietta del ritorno: “Gol importanti per me, ma l’Inter deve crescere”

Il capitano nerazzurro era ancora a secco: “Dopo il derby abbiamo parlato meno e lavorato di più”

Dopo 5 giornate di campionato, leggere il numero zero vicino alla voce “gol segnati” da Lautaro Martinez faceva strano. L’argentino ha vissuto un avvio di stagione complicato, ma pure il tramonto di quella passata non era stato al suo livello: ultimo gol il 10 maggio scorso a Frosinone, da lì in poi, in nerazzurro, il buio. Eppure, di scusanti il Toro ne ha parecchie. Alla fine dello scorso campionato dominato dalla squadra di Inzaghi, Lautaro è partito per gli Stati Uniti, dove con la sua Argentina ha vinto – da protagonista e capocannoniere – la Coppa America. Migliaia di km percorsi, enorme stanchezza fisica e mentale. Ha pagato questo e un conseguente piccolo infortunio muscolare, Martinez, che oggi però è tornato alla grande.

L’avvio difficile di Lautaro è stato anche amplificato dal primo derby sugli ultimi 7 perso dall’Inter. Una gara in cui il Toro ha comunque regalato un assist a Dimarco, ma è ugualmente rimasto a secco. “Dopo il derby abbiamo parlato meno e lavorato di più – ha confessato l’argentino a seguito della vittoria di Udine -, ma credo che in campo si sia visto. Il gol sicuramente è importante per me, è chiaro che un attaccante lo cerchi. Io però faccio sempre il contrario: lavoro per la squadra e se riesco a segnare meglio ancora. Bisogna continuare a lavorare e portare l’Inter sempre più in alto. Ci vuole l’atteggiamento giusto, lavorare di più, restare umili e alzare il livello ogni giorno. Perché l’Inter deve crescere”. Parole come sempre di grande responsabilità, che confermano quanto Lautaro – da capitano – si senta al centro del progetto nerazzurro. Come di enorme responsabilità erano state le immediate dichiarazioni post derby.

Tra Frattesi e Zielinski, così lo sostituirà Inzaghi

Il centrocampista tornerà soltanto dopo la sosta di ottobre. A Udine ci sarà l’altro azzurro, che però quest’anno da subentrato fa fatica.

I guai, si sa, spesso arrivano tutti insieme. E l’Inter non è esente. La conferma è Nicolò Barella: derby perso e infortunio, distrazione al retto femorale della coscia destra che lo terrà fuori poco meno di un mesetto, fino al rientro dalla sosta nazionali, quando il 20 ottobre i nerazzurri andranno all’Olimpico per la gara contro la Roma. Fino ad allora, quindi con Udinese, Stella Rossa e Torino, niente Nicolò.

Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan. Fino a ora, negli anni di Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter, il centrocampo nerazzurro è stato una costante. Sempre loro in campo, con licenza di intervenire dalla panchina per altri. Ma raramente dal 1′ il tecnico piacentino ha rinunciato ai suoi uomini, se non per situazioni di estremo turn-over. Oggi la situazione è ben diversa, perché Barella non c’è e Mkhitaryan (trasferta dell’Etihad contro il City a parte) in questo avvio di stagione è stato tra i peggiori nell’Inter. Soprattutto nel derby. Dalla panchina scalpitano Zielinski e Frattesi, e c’è un dato che incoraggia soprattutto sull’impiego del polacco: a Manchester, nell’unica partita giocata da titolare, l’ex Napoli ha superato brillantemente la prova Champions. Da subentrato, invece, ha spesso faticato: poco apporto contro il Milan, nullo a Monza. Così Zielinski potrebbe far rifiatare Mkhitaryan. Non Barella, perché, per ruolo e posizione in campo, il sostituto naturale di Nicolò è Frattesi. L’ex Sassuolo si è spesso reso decisivo subentrando dalla panchina, con gli inserimenti che lo hanno reso tra i centrocampisti più incisivi della stagione scorsa in rapporto al minutaggio: 1 gol ogni 156′ in campo. Tra cui proprio quello del Bluenergy Stadium della stagione scorsa, che di fatto mise lo scudetto nelle mani dell’Inter.

Allenamenti doppi e turnover: il piano di Inzaghi per far tornare Lautaro al top

L’argentino aumenta i carichi ed è pronto a gestire l’impiego: sono giorni decisivi per salire di forma in vista di Stella Rossa e Torino

Se tra il dire e il fare c’è di mezzo Lautaro, allora c’è da fidarsi. Eccolo qui, allora, il piano dell’Inter e del suo totem: il Toro vuole tornare se stesso nel più breve tempo possibile e per farlo è pronto a tutto. 

A partire ovviamente dagli straordinari ad Appiano. In fondo, questa annata è cominciata così, con una telefonata dall’altre parte del mondo per tendere la mano alla sua Inter in apprensione per un infortunio muscolare di Taremi a pochi giorni dal debutto in campionato. Lautaro, fresco campione di Sudamerica con l’Argentina e con il piede ancora caldo dopo i gol che avevano griffato la coppa (compreso quello decisivo in finale con la Colombia), si era tagliato le vacanze per presentarsi in soccorso di Inzaghi: era il 6 agosto, l’Inter aveva bisogno della sua presenza e lui si è materializzato all’improvviso, come i supereroi dei fumetti.

Due mesi e sei partite dopo, la sola presenza non basta: l’Inter ha bisogno anche dei suoi gol e Lautaro logicamente la pensa allo stesso modo. Sa benissimo che il suo ritardo di condizione – e di conseguenza quello sottoporta – incide sul rendimento di tutto il gruppo, lo ha ammesso dopo il ko con il Milan e per questo ha messo a punto insieme a Inzaghi e allo staff tecnico un programma per recuperare terreno in fretta: le sue sedute aumenteranno, come aumenteranno le ore trascorse alla Pinetina. Tutto il lavoro specifico che l’argentino porterà avanti in questi giorni sarà finalizzato a colmare il gap di condizione. Primo obiettivo, salire di livello già sabato a Udine e rompere il ghiaccio tornando a segnare. Il resto verrà da sé: dopo la trasferta in Friuli, l’Inter tornerà a giocare una gara dopo l’altra fino alla sosta di metà ottobre.