Il bomber ha avuto solo un’occasione (parata da Onana), poi il difensore nerazzurro gli ha preso le misure: contro un cyborg del gol occorreva lucida umanità
Da una parte il centravanti ventiduenne da 52 gol in 52 partite della stagione 2022-23, dall’altra lo stopper trentacinquenne, sopravvissuto a un tumore e alla sua ricomparsa, sbolognato dalla Lazio come un ferrovecchio. È stato un duello commovente e lo diciamo senza retorica, con rispetto della verità. Haaland fa paura per la forza che sprigiona, per l’apertura alare quando salta. E Acerbi si è applicato su Haaland allo stesso modo dell’attore americano con gli androidi, si è servito di un’umanità lucida, ci ha messo il cuore di chi ha giocato un milione di partite e sa che ogni gara va giocata e basta, e che i replicanti non esistono, non ancora.
Haaland ha cominciato male, sperduto. Non trovava la solita connessione con De Bruyne, sembrava scollegato dal corpo squadra. Acerbi lo tallonava con circospezione, non cercava l’anticipo spericolato, difendeva in sicurezza. Haaland si è acceso una prima volta, ma in fuorigioco, poi si è reimmerso nelle gole più oscure, finché, alla metà del primo tempo, De Bruyne è riuscito a pescarlo e ad azionarlo con la palla che tutti conoscono e che si aspettavano, la verticalizzazione precisa e tagliente. Lì si è vista tutta l’età e la fatica di Acerbi, ma Bastoni si è lanciato nella copertura di disturbo, alla maniera del vecchio libero, e il tiro di Haaland non è stato chissà che, Onana l’ha respinto con una mano, quasi con sdegno. È stata l’unica volta del primo tempo in cui Acerbi ha subito il “replicante” e ha rischiato di esserne schiacciato. Intorno al 40’, su una rimessa laterale, Acerbi ha rimarcato il territorio con un anticipo secco di testa, ad urlare: “Io non ho paura”. E no, Acerbi non si è lasciato intimorire, si è incollato a Haaland con l’umiltà del difensore di antico conio, diciamo pure all’italiana, lo stopperone, il “5” che prende il “9”.