Il tecnico ha conquistato il pianeta nerazzurro. È nella lista dei Reds per il dopo Klopp, ma sta bene a Milano e ha voglia di continuare il ciclo in nerazzurro.
Thierry Henry, uno che qualche partita di calcio l’ha giocata e pure vista, l’ha detta proprio così: “Ho seguito Inzaghi per tanto tempo, fin da quando era alla Lazio. La verità è che se incontri l’Inter in una gara di coppa sei nei guai”.
È un complimento enorme e una fotografia che Simone spera tanto di confermare tra una settimana a Madrid. Nell’attesa, si può anche controllare la classifica di campionato ed esaltarsi per un +15 che vuol dire scudetto oltre ogni scaramanzia e paura. E che proietta automaticamente l’allenatore in un’altra dimensione, quella dei più grandi in campo nazionale e dei più ambiti sul mercato in campo europeo.
Non è questione di Red Bull o no, ma di numeri oggettivi e altri che devono essere interpretati. C’è vittoria e vittoria. Qui, ad esempio, non c’è “solo” un tricolore ma anche un campionato dominato, con avversarie che ormai da qualche settimana neppure vedi più negli specchietti retrovisori. Il triangolino numero 20 è la consacrazione di Inzaghi. È il passo successivo alla finale di Champions raggiunta la scorsa stagione che aveva fatto conoscere l’allenatore a livello internazionale. Ora c’è il trofeo, oltre gli applausi. Ora c’è quel successo smarrito due anni fa che è stata l’origine di tutti i mali, pardon, di tutte le critiche. Critiche da cui Inzaghi è uscito alla grande: se non fosse abusato come termine, si potrebbe dire che l’allenatore potrà essere citato in futuro sulle enciclopedie, sotto la voce “resilienza”.