Inter, i tempi del caso Frattesi: si deciderà negli ultimi 4 giorni di mercato

I nerazzurri non vogliono impoverire l’organico in vista delle sfide decisive di Champions con Sparta e Monaco. Poi ragioneranno sulla voglia di andar via del centrocampista: il prezzo è fissato, e la Roma.

Prima la Champions, poi si vedrà. Perché una cosa è sicura: l’Inter e Inzaghi non intendono privarsi di nessun giocatore da qui alla fine della prima fase della coppa, e ogni riferimento è puramente voluto. Davide Frattesi, il centrocampista col mal di pancia che vuole lasciare Milano per la Capitale, dovrà aspettare fino al 30 gennaio.

Quel giorno il mini-campionato dei nerazzurri in Champions sarà chiuso da ventiquattr’ore: tra l’Inter e la qualificazione diretta agli ottavi ci sono ancora due partite decisive, la trasferta di mercoledì a Praga e la sfida a San Siro con il Monaco del 29, appunto. E per lo sprint finale Inzaghi avrà bisogno di tutti, specialmente a centrocampo dove l’infortunio di Calhanoglu ha complicato le cose: Frattesi non si muoverà, non fino a quando i giochi in Europa non saranno chiusi. Lo sa lui e lo sa anche la Roma, che con l’Inter si è data appuntamento per fine mese: il silenzio calato negli ultimi giorni sulla vicenda si spiega anche così.

L’eventuale incastro, quindi, andrà trovato in una manciata di giorni – la finestra del mercato invernale chiuderà il 3 febbraio – e non ci sarà molto da trattare perché le regole di ingaggio sono chiare. L’Inter ha fissato un prezzo, 45 milioni cash senza contropartite (l’eventuale passaggio di Cristante in nerazzurro a titolo temporaneo va considerato come un’operazione separata, che permetterebbe all’Inter di riempire il buco in mezzo generato dalla partenza di Frattesi). La Roma non ha ancora presentato un’offerta ufficiale, ma conta sulla volontà del giocatore, che scalpita sempre di più per traslocare.

Inter, la nota lieta è Lautaro: gol ritrovato a San Siro dopo due mesi e mezzo

L’ultima rete in casa dell’argentino al Venezia lo scorso 3 novembre. Con ieri è arrivato a 3 centri nelle ultime 5 gare

L’immagine era sfumata nella memoria, ghiacciata nel -1° di San Siro, poi il ricordo si è sciolto quando il pubblico intirizzito ha rivisto l’esultanza di Lautaro, quella sì piuttosto caliente: vena al collo e urla da guerriero latino. L’argentino non segnava da queste parti da quasi due mesi e mezzo, dall’1-0 con il Venezia del 3 novembre, prima della grande crisi sotto porta: il Toro l’ha interrotta di recente tra il guizzo nella trasferta di Cagliari e la rete nella finale-incubo di Supercoppa contro il Milan. Sommando il tutto, è arrivato a tre centri nelle ultime cinque partite, segno che è ormai tornata la media dei tempi buoni. Il gol di ieri su solito dolcetto mancino di Dimarco, prorompente e in purissimo stile Lautaro, ha riscaldato l’ambiente, ma non abbastanza visto il pareggio nel secondo tempo che complica lo scatto definitivo verso la vetta in classifica. Tra l’altro, in tutto il primo tempo, la Nord muta per protesta (sulla prelazione dei biglietti nelle gare in trasferta) non ha certamente aiutato il piano nerazzurro.

Mai sembrano banali i giorni in cui Lautaro e la sua Inter incrociano il Bologna: i nerazzurri nostalgici ricorderanno per sempre quella volta contro i rossoblù lontano da qui, il fantasma di Radu che volava via dal Dall’Ara con il sogno scudetto 2022, mentre la speranza di una terza Coppa Italia consecutiva è sfumata nella scorsa stagione con un’intemerata di Thiago Motta qui a San Siro. Qualcuno, a rischio di sembrare profano, ieri ha notato pure dell’altro, ben più serio di qualsiasi pallone che rotola. L’ultimo Inter-Bologna prima di questo in Serie A era datato 7 ottobre 2023, giorno del tragico attacco terroristico di Hamas che ha acceso la guerra con Israele, mentre ieri, prima della stessa identica partita finita con identico 2-2, arrivava l’annuncio ufficiale della tregua dopo 15 mesi. Casualità bizzarra che vola molto oltre il calcio e gli eventuali problemi dell’Inter. E poi è soltanto in campo che Lautaro combatte la propria battaglia e una è proprio contro i rossoblù che lo stuzzicano sempre parecchio: è andato a segno in ognuna delle ultime quattro gare giocate al Meazza contro questa squadra in Serie A.

Perché Frattesi vuole andare via dall’Inter? Gioca e segna più dell’anno scorso

Il confronto con la stagione passata parla chiaro: Davide ha messo insieme più minuti e partecipato a più gol. E con gli infortuni di Calhanoglu e Mkhitaryan potrebbero aprirsi ancora più spazi.

Davide Frattesi avrà fatto le sue valutazioni ben approfondite. Ormai la sua volontà sembra chiara: vuole la Roma, nonostante l’Inter continui a puntare su di lui. Una decisione nata dal fatto che il centrocampista vorrebbe più spazio, sentirsi protagonista, diventare titolare. Sassuolo e subito giro di prestiti: Ascoli, Empoli, Monza. Poi l’ottimo biennio in neroverde e il trasferimento all’Inter. Dove, in un anno e mezzo, ha giocato, vinto ed è cresciuto. Alla prima stagione in nerazzurro in Serie A ha messo insieme 32 presenze, con 6 gol e 4 assist. Numeri che aumentano se il discorso si allarga a tutte le competizioni: in totale 42 presenze, 8 centri e 7 passaggi vincenti. Il percorso di crescita del centrocampista è sotto gli occhi di tutti, ma l’intenzione di cambiare aria resta nonostante rispetto alla scorsa stagione, ad oggi, Frattesi abbia trovato anche più spazio rispetto all’anno scorso.

Diciannove giornate di Serie A rappresentano il giro di boa del girone d’andata, e qui siamo arrivati. Anzi, si è già scavallato – nonostante l’Inter sia ancora a quota 18 partite giocate, considerando i recuperi con Bologna (domani) e Fiorentina -. Lecito, per Frattesi, fare un bilancio e un confronto rispetto alla stagione passata. Il “problema”, però, è che i numeri sorridono proprio a lui: nel 2023-24, dopo 19 giornate, Frattesi era stato impiegato 17 volte, di cui solo una da titolare. Il totale fa 337′ in campo, che spalmati sulle presenze diventano una ventina di minuti scarsi a partita. Quest’anno meno presenze (15 su 19), ma 4 da titolare: 613′ giocati, ovvero più di 40′ a gara. Più del doppio rispetto all’anno scorso. E sorridono pure i dati relativi a gol e assist, perché Frattesi l’anno scorso a questo punto della stagione aveva segnato 2 gol, in questa ha già raggiunto 3 centri e 1 assist. Insomma, la volontà di Frattesi sembra fermamente quella di andare alla Roma per giocare di più e diventarne protagonista dato lo scarso impiego all’Inter.

Perché la più forte fa così fatica? Cosa non va nell’Inter

I nerazzurri hanno la squadra migliore, il monte ingaggi più elevato, allenatore e dirigenti top: come mai in certi momenti non rende al meglio

Pochi, pochissimi hanno dubbi in merito alla forza dell’Inter. Non ce n’erano prima che la stagione cominciasse e non ce ne sono neppure adesso, a metà percorso. Se la pesiamo rispetto alle concorrenti italiane, sembra davvero la migliore in ogni componente. L’Inter ha l’organico più forte, perché ha titolari senza eguali (sono quelli che hanno dominato il campionato scorso) e anche le riserve sono di grande qualità, a maggior ragione dopo che in estate sono stati ingaggiati due calciatori quotatissimi come Zielinski e Taremi. Pure l’allenatore è considerato tra i più bravi e spesso abbiamo celebrato la capacità di Inzaghi di far giocare ai nerazzurri un calcio sì efficace, ma anche spettacolare.

E che dire del management, a cominciare dal presidente? Marotta ha conquistato dieci scudetti e non è certo sbagliato ritenerlo – da tempo – il dirigente più preparato del nostro movimento. Quanto alla proprietà, andrà ovviamente valutata nel corso del tempo perché Oaktree ha rilevato la maggioranza delle azioni solo a maggio; nel frattempo possiamo rilevare che il monte ingaggi è diventato il più elevato della Serie A, scavalcando anche la Juve, e questo un significato non può non averlo.

Insomma: l’Inter è la più forte. Eppure non lo dimostra sul campo. Non diciamo questo (solo) perché ha perso la Supercoppa di fronte a un avversario meno quotato, anche se la sconfitta contro il Milan fa malissimo, ma anche perché fatica a dimostrare la sua superiorità nelle altre competizioni. Soprattutto in campionato, dove i nerazzurri hanno perso il derby (un altro), si sono fatti rimontare due gol dalla Juve , non hanno piegato il Napoli. E in Champions hanno perso contro il Leverkusen. Poi è vero che ci sono stati picchi clamorosi (il 4-0 all’Atalanta, il 6-0 alla Lazio) ma quei passaggi a vuoto fanno riflettere. Per carità, non si può sempre vincere e l’Inter è comunque in posizione molto buona sia in campionato che nella classificona di Champions. Ma le incertezze esistono e rispetto alla scorsa stagione la squadra ha fatto un passo indietro come continuità, affidabilità, consistenza. Perché?

Lautaro torna al gol dopo 54 giorni: “Nell’anno nuovo vogliamo vincere tutto”

Il Toro non segnava dalla sfida al Venezia del 3 novembre scorso, nel mezzo 10 partite. Ma Inzaghi lo ha sempre motivato dalla panchina: “Tranquillo, il gol arriva… adesso arriva”

Dieci partite, 54 giorni, praticamente due mesi. Tanto ci è voluto per rivedere Lautaro Martinez esultare per un suo gol. Una maledizione lunghissima, per lui atipica, estenuante. Che oggi, grazie al centro trovato contro il Cagliari, si è finalmente rotta. E a onor del vero, le partite senza gol del Toro sono state 8, considerando che l’argentino aveva saltato la sfida di Verona per infortunio e lo stop dopo un quarto d’ora circa contro la Fiorentina. Sta di fatto che, negli ultimi due mesi, Lautaro non aveva graffiato in campionato, in Champions League e nemmeno in coppa Italia. 

La serata dell’Inter è stata praticamente perfetta: tre gol, tre punti, Atalanta momentaneamente agganciata in testa alla classifica. Eppure, nel primo tempo Lautaro ha rivisto i fantasmi: prima si è divorato il vantaggio ad un metro di distanza da una porta praticamente sguarnita, poi è caduto nelle provocazioni di Yerry Mina che con astuzia e malizia ha cercato di provocare al massimo il Toro. Inzaghi, però, ha sempre creduto nel suo capitano: “Ora il gol arriva, adesso tranquillo che arriva” gli ripeteva dalla panchina nerazzurra. E così è stato: minuto numero 71 sul cronometro, Barella raccoglie una palla sputata fuori dalla difesa rossoblù dopo un corner e la rimette dentro per il Toro, che si allunga e in spaccata regala un gol pesante per l’Inter e pesantissimo per lui stesso. “Sono contento, il gol è importante – ha sottolineato l’argentino dopo la sfida dell’Unipol Domus -. Come dico sempre: deve vincere l’Inter, poi se io segno meglio ancora. Ma era una vittoria importante prima della Supercoppa”. E sul futuro: “Nel 2025 vogliamo vincere tutto. Noi ci alleniamo per questo: portare trofei all’Inter. L’importante è fare sempre quello che chiede il mister e quello che serve alla squadra. Siamo un gruppo straordinario, lottiamo per il compagno fianco a fianco, questo è quello che ci diciamo nello spogliatoio. Dobbiamo continuare così e fare il 2025 come il 2024”. 

Non tira e non segna: Taremi, il grande buco nero di Inzaghi

L’iraniano è tra gli ultimi in Champions per tiri nello specchio e tiri totali, ma è tra i primi per assist attesi. Il paradosso di un bomber da 91 gol a Oporto negli ultimi 4 anni

Mehdi Taremi è intrappolato in un buco nero. Sulle sue spalle c’è uno zaino pieno di titoli, statuette da MVP e gol, tanti gol, più di duecento in una carriera tra club e nazionale. Novantuno di questi realizzati a Oporto in quattro anni. La punta iraniana si sta arrampicando da mesi aggrappandosi a una serie di spuntoni che sbucano dalle pareti, ma quando intravede la luce alla fine del tunnel finisce di nuovo sul fondo. Dov’è finito il bomber che in allenamento segnava sempre? Che fine ha fatto l’attaccante che aveva stregato Inzaghi?

Contro il Bayer Leverkusen non ha mai calciato in porta. Ha toccato il pallone dentro l’area solo una manciata di volte e ha rimediato un 5 in pagella. In Champions è partito titolare in sei partite su sei, ha realizzato un gol su rigore contro la Stella Rossa e poi ha agito soprattutto da rifinitore. Ha giocato due volte insieme a Thuram, altrettante insieme ad Arnautovic e una con Lautaro. Quando ha duettato col francese si è distinto da seconda punta, legando il gioco coi centrocampisti, mentre con gli altri due ha giocato di più da prima punta. A Leverkusen ha toccato 22 palloni, ne ha persi quattro e non ha mai tirato nello specchio. Il manifesto di una partita in cui l’Inter ha fatto fatica a palesarsi dalle parti di Kovar. Le statistiche, comunque, parlano chiaro: Taremi è tra le prime dieci punte di tutta la Champions per assist attesi, ma è tra le ultime per tiri totali per 90 minuti. Per intenderci: il primo è Haaland, con una media di più di 5 tiri a partita e cinque reti. Quella di Taremi è di 1,31, con un solo gol su rigore all’attivo. Se restringiamo il campo ai soli tiri nello specchio la media scende a 0,19. Si sta dimostrando un buon rifinitore, come dimostra la media di 0,90 assist attesi per 90 minuti, ma quando c’è da calciare va in difficoltà.

Italia forza 4: ottavi, Inter vicina. Milan passo avanti. Juve e Atalanta si può fare

A due giornate dalla fine sono ancora tutte in corsa per l’obiettivo più nobile. Bologna, miraggio playoff

Può essere una Champions 4X4. Inter, Milan, Atalanta e Juve, in rigoroso ordine di classifica, sono tutte in corsa per gli ottavi. L’aritmetica non lo nega, il buon senso suggerisce che almeno i playoff siano alla portata. Dovrebbero proprio farsi male le italiane per mancare lo spareggio di febbraio, ma la qualificazione diretta non è esclusa. La classifica di Champions è cortissima: escluse le fuggitive Liverpool (18 punti) e Barcellona (15), dal terzo posto (Arsenal 13) al diciannovesimo (Bruges 10) c’è un mischione ancora enigmatico. Tutte in gioco. 

Discorsi naturalmente da aggiornare a metà gennaio, quando la Champions “lunga” riprenderà dopo lo stop invernale. Due partite ancora, l’ultima mercoledì 29 gennaio in contemporanea, per garantire sportività massima. Sempre in teoria, il Bologna può sperare nell’ultimo posto utile per i playoff: ma serviranno congiunzioni astrali speciali, oltre a due successi. Qualsiasi risultato è comunque utile: da ieri sera l’Italia è tornata seconda nel ranking Uefa stagionale. Il quinto slot in Champions resta l’obiettivo. Inghilterra lontana, abbiamo superato il Portogallo, precediamo anche Spagna e Germania. Ma già da stasera Europa e Conference disegneranno nuovi scenari. 

Il gol di Mukiele ha strozzato in gola al 92’ l’urlo qualificazione. Con un pari a Leverkusen, l’Inter oggi sarebbe a quota 14, terza in solitaria. Invece i punti sono 13, la classifica recita sesto posto, ma è un caos totale. Quello che conta è il percorso non impossibile: si riparte infatti dallo Sparta Praga, che ne ha presi quattro dal Feyenoord e in casa ha già perso contro Brest e Atletico. Un’Inter meno speculativa non avrà problemi. E comunque si chiude a San Siro contro il Monaco picchiato ieri (3-0) dall’Arsenal: il calcio non ha proprietà transitiva, ma l’Inter sembra davvero vicina agli ottavi. 

Lautaro fantasma, Taremi delusione: solo Thuram non basta, l’Inter ha un problema in attacco

L’argentino in Germania è subentrato nella ripresa ma anche non ha inciso, come Arnautovic, l’iraniano sta diventando un caso. E a Leverkusen i nerazzurri non hanno mai tirato in porta

Il dato allarma: zero tiri nello specchio della porta del Leverkusen. All’Inter non accadeva da quasi tre anni. Per risalire all’ultima gara in cui la squadra di Inzaghi non ha mai centrato la porta avversaria bisogna tornare indietro al febbraio del 2022, più precisamente alla sfida – sempre di Champions League – sul campo del Liverpool. Ma in questa stagione il dato potrebbe allarmare di più, perché fra gli attaccanti nerazzurri l’unico davvero determinante fino ad ora è stato Marcus Thuram, nonostante pure lui contro il Leverkusen sia apparso in difficoltà.

Alla Bayarena, chi ha invece confermato di essere una delusione è stato Mehdi Taremi: titolare in 6 partite su 6 in Champions League, l’ex Porto non ha mai trovato la rete su azione (solo un gol, su calcio di rigore, nell’agevole sfida alla Stella Rossa a San Siro) e questa sera ha probabilmente fornito la peggior prestazione da quando veste nerazzurro. Una tendenza confermata anche in campionato, perché l’iraniano – seppur meno impiegato – è a secco anche in Serie A (solo un assist ad agosto contro il Lecce). 

Se la situazione legata ad Arnautovic quasi non sorprende più, nonostante l’austriaco abbia avuto a disposizione solo 5′ o poco più con il Bayer, stupisce invece quella che coinvolge Lautaro Martinez. Contro la squadra di Xabi Alonso, il Toro è subentrato proprio a Thuram a poco meno di mezz’ora dal termine ma ancora una volta non ha inciso. Segnali negativi erano già arrivati nella sfida di campionato contro il Parma di venerdì scorso, in cui l’argentino si è divorato tre palle gol apparentemente molto semplici, ma restando sul capitano nerazzurro il trend negativo si può allargare a tutta la stagione: solo 1 gol in Champions League, solo 5 in una Serie A ormai inoltrata.

Sognando Inzaghi, le stelline dell’Inter si raccontano: “Unione, consigli e piedi per terra”

Topalovic, Cocchi e Zanchetta svelano i segreti dell’annata straordinaria dei nerazzurri Primavera, secondi in campionato e primi in Youth League: “Giocare con questa maglia è un privilegio”

I tre ragazzi prendono posto intorno al tavolino della sala riunioni di Interello come se fossero al campetto. L’inconscio di chi vive di tattica e pallone porta Luka Topalovic a piazzarsi sul centro-destra, Matteo Cocchi a mettersi comodo comodo a sinistra e Mattia Zanchetta a posare al centro con le braccia larghe.

L’Inter Primavera, seconda in campionato e prima in Youth League a punteggio pieno – già qualificata ai sedicesimi – è in un lungo giro di dettagli. Gli occhi di ghiaccio di Zanchetta junior, il figlio del mister che gioca da mediano, quelli azzurro mare di Cocchi, il terzino mancino che sogna una scalata alla Dimarco, e la timidezza di Topalovic, fantasista di talento che divora i video di De Bruyne da mattina a sera. La casa delle giovanili nerazzurre è incastonata tra il rumore delle auto nell’ora di punta, pronte a prendere la tangenziale, e un parco coi colori dell’autunno. Il Konami Youth Development Centre, per tutti Interello, è un cassetto di campi, strutture e gigantografie di campioni dove nascondere i sogni. I tre si presentano con la tuta sociale in una sala riunioni tappezzata da paginate dove spiccano i volti di chi ce l’ha fatta: Pinamonti, Zaniolo, Vanheusden.

Sognano tutti di giocare in Serie A e di vestire la maglia dell’Italia, ma senza perdere di vista il presente. O quel senso di gruppo che ne accomuna speranze e progetti. “Il nostro segreto è l’unione”, afferma Cocchi guardandoti negli occhi. I tre pesano le parole, non si espongono, si lasciano andare quando parlano dei campetti in cui sono cresciuti e tengono la barra dritta quando c’è da sottolineare i risultati: l’Inter Primavera ha vinto cinque partite su cinque e ha il miglior attacco della Youth League con 18 gol.

Xabi Alonso suona la carica: “L’Inter sa fare tutto, ma il mio Bayer vuole gli ottavi”

Il basco, che dall’inizio della scorsa stagione ha perso solo 3 partite su 75, elogia il lavoro di Inzaghi: “I nerazzurri sono vincenti e maturi”

La pancia della BayArena sembra una mostra di fotografia: immagini del titolo 2023 a ogni parete, scene di giubilo e bagni di champagne. In quasi tutte le foto il protagonista è questo 43enne basco, arguto e raffinato, che entra dalla sala stampa con l’aria di chi sta preparando sorprese: Xabi Alonso, eroe dell’ultima Bundesliga vinta, vuole il G8 di Champions col suo Bayer Leverkusen dei miracoli.

Di mezzo, però, incrocia domani l’Inter formato Europa, che non ha preso ancora mezzo gol e da queste parti è temuta come certi altri squadroni del Continente: “È una delle formazioni più grandi che ci siano al momento, sarà una sfida molto importante per noi – ha detto nella conferenza di vigilia lo stesso Xabi Alonso -. Sappiamo chi abbiamo davanti, ma sappiamo anche chi siamo noi e quanto la gente ci spingerà”. Poi, altre parole sulle specificità di questa Inter imprevedibile, soprattutto in Champions: “Ha grande continuità, è molto solida e ha un’idea chiara di cosa bisogna fare in campo per vincere. Sanno dove portare le partite, sanno come prendersele: sarà fantastico giocare contro una squadra tanto matura”.

Il ko con l’Atalanta in finale di Europa League, unica macchiolina nel lenzuolo immacolato della scorsa stagione, poi la vittoria in questa edizione di Champions qui in casa col Milan di Fonseca. Insomma, anche Xabi Alonso ha identificato lì la chiave del successo nerazzurro: “In molti casi l’Inter è coperta nel doppio ruolo in mezzo. Valuto tutti i loro centrocampisti a un livello altissimo, non si tratta solo di essere top player ma di giocare in maniera collettiva e loro lo sanno fare: sanno come pressare alto, sanno giocare corto e lungo, sanno lavorare sulle transizioni e sulle rotazioni, che è una cosa tipica del calcio italiano e bella da studiare”.