“In Italia i nostri pesi morti, le star fuggono”: gli argomenti dei francesi per esaltare la Ligue 1

Il mensile So Foot si lancia in un atto d’accusa contro il calcio italiano che parte dalla finale di Champions: “Lì credono che Kean o Retegui siano dei crack, il calcio è una commedia dell’arte. Gli stadi? In Francia gioielli, in Serie A una vergogna”

Un’umiliazione. E una lezione. Il 5-0 del Psg sull’Inter va oltre il campo e si allarga a questioni di politica e reputazione sportiva. Anche se con un sottofondo ironico, il primo vero affondo arriva dal mensile So Foot che stamane pubblica un atto di accusa, contro la Serie A che, con spirito provocatorio, viene definito come “il campionato che sognava di essere la Ligue 1”. E che invece è diventato quello della “commedia dell’arte”, che ti fa credere che Retegui o Kean siano dei fuoriclasse. Dati alla mano, il media francese mette il dito nella piaga nerazzurra, per mettere in discussione tutto il movimento italiano. 

La finale di Champions, scrive come incipit So Foot, è stata una “vergogna intergalattica davanti a milioni di spettatori”. E non fa che confermare “quel che si sapeva già: il calcio francese non ha nulla da invidiare a quello italiano. Anzi, lo domina e lo guarda dall’alto”. So Foot insomma alza la cresta, evidenziando come “la Francia” sia riuscita a fare quello che “l’Italia” fallisce sistematicamente da 15 anni, dall’ultima Champions vinta nel 2010, dall’Inter di Mourinho. “Oggi – scrive So Foot – Mou è diventato un allenatore has been, e la Serie A un campionato che i tifosi non guardano e che le star fuggono”. Da ultimo Kvaratskhelia che ha lasciato il Napoli nonostante fosse in lotta per lo scudetto: “L’Italia non aveva più argomenti per trattenerlo”. Il Psg si. 

E lo stesso vale per i vari Zirkzee, Huijsen, Giroud, Osimehn, Calafiori, Immobile, Aouar, Le Fée, Radonjic, scrive sempre il mensile, ricordando che persino Carboni e Bennacer abbiano preferito rifugiarsi a Marsiglia. Al contrario, in Serie A arrivano giocatori prepensionati, tipo Walker o “delle pippe come Joao Felix”. Insomma, il campionato italiano è talmente “disperato” che arraffa persino i “pesi morti” della Ligue 1, come “Vitinha” del Genoa, pensando che Balotelli possa ancora giocare ad alto livello.

Inter, cosa c’è dietro le parole di Inzaghi? I suoi dubbi, l’offerta araba, il mercato

“Non so se vado al Mondiale per club”: dopo il tracollo con il Psg, il tecnico nerazzurro prende tempo

Il day after richiama titoli di film passati: “Che ne sarà di noi?”. Se lo chiedono i giocatori e se lo chiede Inzaghi, che sabato sera, in una sala stampa gremita, non ha diradato le nubi: “Se andrò negli Stati Uniti? Ora non so rispondere a questa domanda”. Il tutto dopo le parole di Marotta un pugno di minuti prima: “Le nostre valutazioni su Inzaghi non cambiano. Una serata negativa non cancella il resto”. 

Qual è lo scenario? Inter-Psg è stata una Teutoburgo sportiva tutta nerazzurra, la Waterloo di tempi pallonari in cui il generale Inzaghi, fiaccato da cinque schiaffi sul volto, dovrà delineare un futuro a oggi dubbioso. Da un lato c’è il Paradiso dorato dell’Arabia Saudita, l’offerta milionaria di un Al Hilal pronto a mettere sul piatto una cifra irripetibile che nessun altro club potrebbe garantirgli. Dall’altro, comunque possibile, un futuro nerazzurro con eventuale prolungamento. Inzaghi ha un contratto fino al 2026 con un contratto di 6.5 milioni più bonus. La volontà dei piani alti nerazzurri, almeno secondo le parole di Marotta, è quella di sedersi al tavolo e parlare del futuro. Scenario da delineare. 

L’ultimo lato riguarda il mercato. Ieri Inzaghi ha parlato così in sala stampa: “La società ha già preso due giocatori – Sucic e Luis Henrique – e sa che dovrà farne altri. Sono sempre stati con noi”. Quel “sa” si rifà alla consapevolezza di dover investire. L’Inter ha l’età media più alta di tutta la Champions. Ha undici giocatori over 30 di cui due in scadenza di contratto, Correa e Arnautovic. Acerbi va per i 38 anni, Mkhitaryan per i 37, e poi De Vrij, Darmian, Taremi. Alcune delle colonne sono a fine ciclo. Chi arriverà dovrà rimpiazzare dei totem e inserirsi in un contesto di una squadra che ha fatto due finali di Champions in tre anni. I primi due volti li vedremo al Mondiale per Club: Petar Sucic, mezzala di qualità, e Luis Henrique, esterno a tutta fascia. Chissà se a guidarli ci sarà ancora Simone Inzaghi.

L’Inter accelera per Jonathan David: i dettagli dell’offerta. Ma c’è un ostacolo

L’attaccante canadese si libera a parametro zero dal Lilla il prossimo 30 giugno: Marotta e Ausilio hanno già spedito la proposta nerazzurra.

La proposta dell’Inter è lì, sul tavolo di Jonathan David e del suo entourage. La dirigenza nerazzurra monitora da mesi la situazione dell’attaccante canadese, che proprio ieri ha confermato l’addio al Lilla.

Saluterà a parametro zero, senza prolungare il contratto in scadenza il prossimo 30 giugno: “Volevo annunciarvelo io: qui ho passato cinque stagioni magnifiche – ha scritto David sul suo profilo Instagram -, non sempre è stato facile, ma spero di avervi fatto felici con i miei gol, il titolo di campione di Francia e la Supercoppa. Ringrazio tutti: compagni, allenatori, staff tecnici, medici e chiunque ho incontrato qui. Ringrazio voi tifosi che mi siete stati di supporto anche nei momenti difficili. Siete nel mio cuore”.

Dicevamo: storicamente Beppe Marotta osserva con attenzione i parametri zero del calcio italiano e non, e alla lista dei grandi “free agent” conquistati dal presidente nerazzurro potrebbe aggiungersi il nome di Jonathan David. Perché il club la sua proposta al giocatore l’ha già fatta tempo fa e oggi è in attesa di una risposta. Certamente non resterà a guardare a lungo, ma la deadline è ancora distante.

Forte del costo zero per il cartellino, però, David ha una richiesta di ingaggio molto elevata – circa 5 milioni netti a stagione – e la proposta nerazzurra è leggermente inferiore rispetto ad altre piovute sul tavolo del procuratore Nick Mavromaras dell’agenzia Axia Sports Management. L’attaccante è seguito da Napoli, Barcellona, Liverpool, Chelsea, Bayern Monaco, Real Madrid. Insomma, la concorrenza non manca. Ma in questo senso potrebbe rivelarsi decisiva la dimensione raggiunta anche dall’Inter negli ultimi anni, oltre che dallo stesso David: due finali di Champions negli ultimi 3 anni attirerebbero chiunque.

Inter, testa libera e titolari ritrovati: chi torna contro la Lazio

Solamente Lautaro sicuro assente nel prossimo match. Da Thuram a Barella: i big si riprendono il posto.

La prima missione è stata completata. Era quella del “non dobbiamo avere rimpianti”, perfettamente messa in mostra domenica a Torino: Inter praticamente perfetta, sul piano della gestione dell’impegno. Adesso siamo nella fase due. Non solo rimpianti. Qui siamo al “dobbiamo crederci”, che è una sfumatura diversa, un passaggio ulteriore. Tra squadra e dirigenza, ieri, circolava più o meno la stessa battuta. Questa: “Vorrà dire che ci toccherà vincerlo”. Risate a parte, sono sei paroline che rendono bene l’idea di come sia cambiato il mood scudetto, da domenica sera. E il primo a saperlo è Simone Inzaghi, che in carriera da giocatore ha vissuto in prima persona – direttamente o indirettamente – campionati decisi all’ultima giornata, leggi il diluvio di Perugia del 2000 o il 5 maggio 2002.

Quel che non cambia, invece, è l’avvicinamento alla partita di domenica con la Lazio. Perché Inzaghi non ha voluto – giustamente – derogare al piano di concedere 48 ore di puro relax ai suoi giocatori. E così Bastoni, Barella e Correa se ne sono andati a tifare Sinner a Roma, Calhanoglu è volato a Marbella, Lautaro a Ibiza e via così. Adesso no. Adesso tutto il mondo Inter si è sintonizzato su Monaco di Baviera e quel che viene dal campionato è in più. 

Però è giusto crederci. Ed è chiaro che domenica contro la Lazio l’Inter scenderà in campo con una tensione diversa, certamente maggiore. E anche San Siro farà la sua parte. Da domani sarà l’ora della pianificazione, in termini di formazione. Prima di tutto, i quattro infortunati. Inzaghi è stato fin troppo pessimista a Torino: solo Lautaro salterà sicuramente la Lazio, gli altri tre – Pavard, Frattesi e Mkhitaryan – hanno tutti buone chance di recuperare almeno per la panchina.

L’accordo, l’iscrizione a scuola a Milano e poi… Quando Donnarumma era dell’Inter

Il retroscena che lega l’infanzia di Gigio all’Inter: il portiere si stava trasferendo dall’ASD Club Napoli in nerazzurro, poi si inserì il procuratore che lo portò al Milan. Le foto

Gigio Donnarumma all’Inter, con tanto di foto in maglia nerazzurra. Uno scherzo? Una grafica montata ad hoc da qualche programma specializzato in intelligenza artificiale? No, semplicemente la pura verità. Perché quando il portiere del Psg era bambino, prima di trasferirsi dall’ASD Club Napoli al Milan, era stato per qualche giorno “di proprietà” dell’Inter. Il virgolettato è d’obbligo, non essendo arrivate all’epoca firme ufficiali su alcun accordo. Ma era davvero tutto fatto. Tutto “apparecchiato” per la nuova vita di Donnarumma a Milano: la trattativa con il padre, il trasferimento organizzato, cinque giorni trascorsi in città e persino l’iscrizione a scuola. Per risalire alla clamorosa storia Gigio-Inter bisogna fare un balzo all’indietro di una quindicina d’anni circa. 

Donnarumma era il portiere del Club Napoli dove giocava e impressionava da sotto età contro i ragazzini di 2, 3 o anche 4 anni più grandi di lui. Già ai tempi, la differenza fisica non si notava nemmeno: il portiere era grosso almeno quanto gli altri. Parava tutto e… segnava pure, perché ogni tanto gli toccava pure il compito di calciare qualche punizione. In una parola, fin da bambino Donnarumma è sempre stato un predestinato. Le grandi squadre italiane, quelle con le migliori reti di osservatori lungo tutto il territorio, iniziarono così a seguirlo con grande attenzione: Inter, Milan e Juve. Donnarumma fece un paio di provini con i bianconeri e con il Genoa, poi scelse l’Inter. Che andò a visionarlo con attenzione a Napoli e si convinse subito.

Si vedeva da lontano che Gigio aveva qualcosa di diverso, qualcosa in più rispetto agli altri. Lasciarselo scappare non rientrava fra le possibilità. Il club nerazzurro sfruttò gli ottimi rapporti con la scuola calcio napoletana per muoversi in anticipo rispetto alla concorrenza e superarla. Arrivò anche l’accordo con il papà e poi via, dritti verso una nuova vita dopo una visita della dirigenza nerazzurra a casa sua. Fino all’inserimento di Raiola e del cugino Enzo. Mino era il procuratore del fratello maggiore di Donnarumma, Antonio, che era di proprietà del Milan. E si inserì di prepotenza nell’affare tra Gigio e l’Inter. 

“Ricorderò questa serata per tutta la vita”: le lacrime di Sommer, l’uomo che ha fermato Yamal

Il portiere dell’Inter decisivo contro il fenomeno del Barcellona: “Giocatore fortissimo, meno male che quel tiro.

Julio Cesar s’è reincarnato in un ragazzo dagli occhi di ghiaccio nato in un luogo opposto a quello in cui ha vissuto il portierone del Triplete: neve e laghi. Tutt’altra cosa rispetto alle spiagge, ma ciò che conta è che Yann Sommer si è travestito da brasiliano in una notte storica. Ha spento una palla di fuoco coi suoi guantoni blindando la finale dell’Inter.

Al minuto 113 del secondo tempo supplementare ha tolto dall’incrocio un sinistro di Yamal destinato in porta più o meno allo stesso modo e dalla stessa posizione da cui Messi cercò di infilare Julio nel 2010, al Camp Nou, sempre in semifinale di Champions e sempre contro il Barcellona: “È stata una parata speciale – ha raccontato commosso nel post partita – la ricorderò per tutta la vita. Sono felice che quel tiro non sia entrato”. Gli interisti d’Italia avranno concordato felici tra un abbraccio e l’altro, sotto la pioggia, leggendo col sorriso le dichiarazioni del portierone che ha ricordato il mito Julio.

Nel 2010, al Camp Nou, prima della corsa di Mourinho tra gli irrigatori accessi, il brasiliano calò il miracolo su Leo colpendo la sfera con due dita. Sommer ha fermato il diciassettenne blaugrana dai capelli dorati e l’apparecchio ai denti: “Un giocatore fortissimo, ma noi siamo riusciti a rimontare. Quando tante squadre incassano il 3-2 sono stanche, noi no”. Un grazie a San Francesco Acerbi e a San Davide Frattesi. Sommer, invece, ha tenuto alta la guardia a modo suo, affilando i guantoni e impostando il gioco dalle retrovie: 61 palloni toccati – solo Bastoni ne ha giocati di più, 64 -, nove lanci positivi e sette parate. La più importante su Yamal. Come Julio Cesar nel 2010. Chiamatelo sottovalutato. Sommer è uno che dribbla da una vita i riflettori. Nel tempo libero, per migliorarsi, medita e prodiga yoga. “Rilassarsi dopo una partita è fondamentale, bisogna trovare dei momenti di sfogo”. Stasera, quando rientrerà a casa dopo un 4-3 che passerà alla storia, farà un’eccezione. Smartphone, audio ad alto volume, puro relax: e chi se la scorda una notte così.

E se Inter-Barça finisse ai rigori? Ecco chi hanno scelto Inzaghi e Flick per tirarli

Calhanoglu e Lewandowski gli specialisti, ma dopo di loro in lista ci sono.

L’ospite inatteso, stavolta, è un po’ più atteso del solito. Perché è vero che l’Inter di Inzaghi è dovuta passare dalla ghigliottina dei rigori una sola volta in quattro anni (il ko della Champions passata, agli ottavi in casa dell’Atletico Madrid) e che il Barcellona, nel medesimo spicchio di tempo, ha fatto lo stesso (vincendo però, contro il Betis nella semifinale della Supercoppa 2023 a Riad), ma stasera il rischio c’è e bisogna tenersi pronti. Lo ha ricordato lo stesso Inzaghi, che questo Inter-Barça lo ha inquadrato come una finale in casa: “Dopo il 3-3 dell’andata, si potrà solo vincere. Passando magari dai supplementari o dai rigori”. E allora un rapido ripasso su pregi e difetti delle due semifinaliste, e una decina di nomi da segnarsi. 

Per cominciare, gli specialisti: Inter e Barcellona ne vantano due quasi infallibili, Calhanoglu e Lewandowski, e c’è da scommettere che saranno loro a guidare i compagni se la sfida dovesse sbarcare sul dischetto. Anche perché il centravanti del Barça, appena recuperato dall’infortunio che lo aveva fermato all’andata, comincerà dalla panchina: autonomia limitata ma sufficiente per presentarsi di fronte a Sommer con lo stadio ammutolito, se ce ne sarà bisogno. Giusto due numeri per rendere l’idea: su 98 rigori, 88 volte la palla è andata in rete; in blaugrana siamo a 13 centri su 15. Calhanoglu è una macchina: 48 rigori trasformati in carriera, appena 6 errori. In nerazzurro si schizza verso la perfezione: 23 gol su 24 tiri, primo penalty fallito lo scorso novembre contro il Napoli. I rigori calciati fuori dai tempi regolamentari e supplementari non fanno statistica, ma vale la pena ricordare che Calha segnò anche nella nottataccia del Metropolitano, unico interista insieme ad Acerbi. 

Inter, la Champions ti fa ricca: già incassati 115 milioni. Bilancio in attivo e il mercato decolla

In caso di finale l’Inter salirà oltre 130 milioni, senza contare il botteghino. In estate non ci sarà più necessità di cessioni.

C’è un aspetto che non è mai abbastanza sottolineato quando si giudica il lavoro di Simone Inzaghi, aspetto che il tecnico ha tenuto a precisare prima del quarto di finale con il Bayern e anche a Barcellona prima della semifinale di andata: i soldi. Benedetti soldi. Quelli che permetteranno all’Inter di chiudere il prossimo bilancio, al 30 giugno 2025, in attivo: mai accaduto, almeno da quando le strategie calcistiche hanno cominciato a intrecciarsi con quelle finanziarie. Ecco: ai tifosi, giustamente per certi versi, interessa “solo” la bacheca riempita, una proprietà al contrario deve per forza di cose tenere in grande considerazione anche l’aspetto economico. E allora, quando si è passati dal possibile Triplete al rischio di restare a mani vuote, c’è chi ha corso il pericolo di dimenticare questo aspetto. L’Inter ha già guadagnato da questa Champions League 115,17 milioni di euro: mai un club italiano aveva messo in cassaforte tanto dal torneo continentale. Si parla di ricavi escluso il botteghino. Escluso, dunque, l’incasso di cui parliamo nel pezzo a fianco per la partita di domani sera e i 10 milioni di euro guadagnati nel ritorno contro il Bayern. 

E non è mica finita. Perché l’ingresso in finale vale, per la Uefa, altri 18,5 milioni di euro. Vorrebbe dire far salire il totale a quota 133,67 milioni. Si tratta di un numero enorme: per intendersi, poco meno di un terzo dell’intero fatturato dell’Inter dello scorso bilancio, 473 milioni. È così che si costruisce un presente emozionante, con una finale Champions da conquistare. Ma è così anche che si può pianificare un futuro migliore. La stabilità finanziaria è obiettivo ormai raggiunto. Ma questa Inter adesso va anche oltre. Non c’è più la necessità di vendere per finanziare il mercato, se è vero che le ultime sessioni sono sempre state chiuse in pareggio tra entrate e uscite. La società nerazzurra non avrà questo obiettivo da raggiungere la prossima estate. Si potrà pensare una sessione di mercato con investimenti mirati: di fatto, non accadeva dall’ultima estate pre Covid, la prima con Antonio Conte in panchina, quando a Milano sbarcarono – tra gli altri – Lukaku e Barella. 

Milan, si riparte da Pulisic e Leao, garanzia di qualità. Per Jovic rinnovo biennale

Non solo Reijnders: i rossoneri hanno altri punti fermi. Il serbo vorrebbe due anni di contratto

Non solo Tijji, che ormai allarga le braccia ai tifosi dopo i gol con una certa nonchalance: due sere fa lo ha fatto per la quindicesima volta in stagione. Altro grande numero che piace ai tifosi rossoneri: 2030, quello relativo alla scadenza del contratto. Tijjani Reijnders, Tijji per squadra e allenatore, è la prima grande certezza del nuovo Milan. Non la sola: nonostante il cammino accidentato in campionato e Champions, la strada da cui ripartire è ampiamente tracciata. C’è un centrocampista goleador, un esterno di qualità e sostanza (Pulisic, vicino al rinnovo fino al 2029), due giovani difensori centrali e complementari (Thiaw, destro, e il mancino Pavlovic), e poi altri gol: quelli dell’eterno bomber di scorta, Jovic, quelli del futuro (garantiti da Camarda, prima doppietta mercoledì in C) e quelli attesi da Gimenez. Senza scordare Maignan, Theo e Leao: serate come quella del derby possono indicare più chiaramente la direzione da seguire.

La notte del successo sull’Inter ha la firma di Luka Jovic: l’attaccante escluso dalla lista Champions che tiene aperta al Milan la possibilità di rientrare in Europa dalla Coppa Italia. Europa significa anche incassi: e in attesa che Gimenez ripaghi le attese (e le spese), e che si decida sul futuro di Abraham (venti milioni per riscattarlo dalla Roma), si può ricordare che Luka, estate 2023, era arrivato a titolo gratuito. Anche per questo aspetta che il club soddisfi il suo desiderio contrattuale: il Milan ha un’opzione di rinnovo annuale (esercitabile, estate dopo estate, fino al 2028), mentre l’attaccante vorrebbe subito almeno un prolungamento biennale. Per i gol garantiti da 9 di scorta (13 totali), varrebbe la pena. Per l’investimento fatto in inverno, il club insisterà anche su Gimenez: mentre Jovic firmava una doppietta all’Inter, Santi restava in panchina. Appena 7 minuti contro l’Atalanta nell’ultima di campionato. Più confortanti altri dati: oltre ai tre con il Milan, Gimenez ha segnato 65 gol in Olanda e 8 in 11 gare di Champions. Numeri da grande attaccante.

Il bivio dell’anno per Inter e Milan: tattica, uomini e motivazioni del derby di stasera

I nerazzurri si giocano la possibilità di restare in corsa su tre fronti, per i rossoneri c’è in ballo la supremazia cittadina ma anche l’Europa League

Stasera l’Inter gioca per il Triplete e per addolcire l’amarezza della sconfitta di Bologna a Pasqua in campionato. Questo derby è una rottura di scatole, incastrato tra le ansie del campionato – il primato da condividere con il Napoli – e l’andata delle semifinali di Champions contro il Barcellona.

L’Inter è sotto pressione come mai forse lo è stata nel quadriennio con Simone Inzaghi allenatore. Due anni fa, nel 2023, il Napoli stava per vincere lo scudetto a braccia alzate, in solitaria, e l’Inter poteva focalizzarsi sulla Champions, regalarsi una gran finale contro il Manchester City, e vincere la Coppa Italia a parziale compensazione. 

Quest’anno l’Inter vuole tutto – così ha detto Inzaghi – e stasera il tutto potrebbe svanire. La coppa nazionale è indispensabile per il Triplete, anche se ne rappresenta l’anello debole. Oggi l’Inter ha tanto da perdere. Se passerà, avrà fatto il suo dovere. Se verrà eliminata, subirà un contraccolpo, il sogno tripletista svanirà e la botta farà scopa con la caduta di Bologna. Due scivoloni in pochi giorni accrescerebbero dubbi e nervosismi, e lo slogan “tutto o niente” – che Inzaghi non gradisce – non avrebbe più ragione di essere. A quel punto, l’Inter dovrebbe puntare sull’opzione “qualcosa” – scudetto, Champions, Mondiale club – contro l’incubo dello “zero tituli”.

Comunque vada, sarà un insuccesso. La Coppa Italia, nel caso, sanerà poco, regalerà un biglietto di consolazione per l’Europa League, la sorella minore della Champions. La stagione del Milan è stata e resterà semi-fallimentare, l’attuale nono posto in campionato è umiliante. Passi per lo scudetto, per il fatto che la squadra non abbia mai corso per vincerlo, ma è imperdonabile che un club come il Milan resti fuori dalla Champions.