C’è una regola sacra nel calcio: il passato conta per il blasone, ma non è garanzia di risultato. Anzi, spesso lo impone tenendo alta l’asticella delle aspettative, ma solo il campo restituisce la realtà delle cose. L’esordio stagionale della Juve Primavera in Youth League è da incubo, per l’atteggiamento prima che per il risultato (5-3). Per l’approccio da dimenticare e per la preoccupante inferiorità mostrata al cospetto del PSG, che pure non ha dovuto strafare per sfaldare i bianconeri. E poco conta se alcuni di questi lo scorso anno sono arrivati in fondo fino a Nyon, uscendo a testa alta in semifinale contro i campioni del Benfica: ogni partita e ogni stagione fanno storia a sé.
Montero, all’esordio nella competizione, propone Yildiz accanto a Turco e tiene Mancini in panchina. Mulazzi e Mbangula hanno il compito di aggredire le corsie per potenziare la fase offensiva, ma i problemi vengono da dietro. Tant’è che i parigini passano subito con Housni, che deve solo depositare a rete per dar merito al gran lavoro svolto da Gharbi e Muntu per mandare in confusione l’intera retroguardia bianconera. La giostra si fa sempre meno piacevole quando Zaire Emery scappa al connazionale Nzouango e va in porta senza fatica: dopo 7 minuti di gioco la Juve è sotto di due reti, il PSG padroneggia contro una squadra in bambola.
Servirebbe un guizzo dei singoli, ma Yildiz appare poco convinto quando innescato da Mulazzi. E allora ci pensa Mbangula ad accorciare sugli sviluppi di una punizione e provare a mettere in archivio il primo quarto d’ora da horror. I bianconeri alzano pian piano il baricentro, aumentano la supremazia territoriale ma, tuttavia, è sulle palle inattive che si rendono maggiormente pericolosi: l’occasione più nitida arriva con un colpo di testa di Huijsen (da segnalare anche un tiro diretto in porta, poco prima, di Doriatotto). Per il PSG diventa sempre troppo facile presentarsi dalle parti di Scaglia, così Housni porta a tre le marcature punendo ancora la linea difensiva.