Serie A: Juventus-Inter 2-0, Rabiot e Fagioli decidono il derby d’Italia

I bianconeri trionfano con due gol nella ripresa e sorpassano i nerazzurri in classifica

La Juventus batte l’Inter 2-0, si aggiudica il derby d’Italia e sorpassa i nerazzurri in classifica (25 punti contro 24). Dopo un primo tempo equilibrato e con poche emozioni, in cui l’Inter ha le migliori occasioni con Dzeko e Dumfries, la gara si accende nella ripresa. Al 47′ Szczesny si salva in angolo con l’aiuto della traversa su Calhanoglu, poi al 52′ in contropiede Kostic serve Rabiot che apre il piatto e batte Onana. Il Var annulla il raddoppio di Danilo (fallo di mano) al 63′ e Lautaro si fa ipnotizzare dal portiere polacco (74′). Due minuti e Onana manda sul palo il sinistro di Kostic. Il serbo, il migliore in campo, regala a Fagioli l’assist del 2-0 (conclusione deviata da Gosens).

La Juve conquista la quarta vittoria di fila, si conferma impenetrabile in difesa e con ogni probabilità fa fuori l’Inter dal discorso scudetto. La squadra di Inzaghi interrompe una striscia di 4 vittorie di fila, colleziona la quinta sconfitta in campionato e conferma una grande fragilità negli scontri diretti, dove ha rimediato solo sonore batoste. In più la difesa lontano da San Siro si trasforma in un gruviera pieno di buchi, tutti fattori negativi che di fatto tolgono i nerazzurri (precipitati a -11 dal Napoli capolista) dalla corsa per il titolo. Anzi, di questo passo pare davvero complicato persino sperare in un posto nelle prime 4. I bianconeri, al contrario, danno una grande risposta in piena emergenza e ancora una volta mostrano il talento di Fagioli, al secondo gol nel giro di soli 7 giorni. La squadra di Allegri ritrova un grande cinismo (gol di Rabiot al primo tiro in porta) e continua a far punti, anche se il gioco di certo non incanta e il primo comandamento è non prenderle. Da incorniciare la prova di Kostic, autore di due assist (più quello per il gol annullato di Danilo) e di un clamoroso palo. Da festeggiare il ritorno di Chiesa in Serie A dopo 301 giorni. Napoli e Milan paiono di un’altra categoria, ma con la squadra al completo dopo la sosta la Juve può dare fastidio a tutti.

Bunker Juve: solo 7 reti subite. La difesa è la migliore del campionato

Il reparto arretrato bianconero è il meno perforato della serie A. Nonostante la profonda rivoluzione estiva e gli infortuni che non hanno risparmiato il reparto

La miglior difesa è l’attacco. Un proverbio che ha il suo perché, ma non in casa Juve. Dove l’attacco ha realizzato 18 gol e si piazza al sesto posto in A per capacità realizzative, al pari dell’Atalanta, mentre la difesa risulta ad oggi la vera forza della squadra: nessun club di serie A ha finora subito meno gol delle attuali sette reti bianconere.

Il manifesto dell’inossidabile credo di Max Allegri, da sempre sostenitore che le fortune di una squadra dipendano dalla sua imbattibilità difensiva.

Così, in una stagione minata da una raffica di infortuni che non hanno risparmiato il reparto difensivo – da Szczesny a Bremer, passando per De Sciglio – e da risultati globalmente negativi (la capolista Napoli dista 10 punti e la qualificazione agli ottavi di Champions è già un obiettivo mancato), il dato della miglior difesa sembra quasi un paradosso, e spicca nell’opaco panorama stagionale fatto più di delusioni che da momenti di gloria, alimentando autostima e pensieri positivi in direzione dei prossimi impegni stagionali.

Anche perché – altro paradosso – il reparto arretrato bianconero era stato pesantemente ritoccato nel mercato estivo, dopo l’addio di Chiellini e di De Ligt e gli innesti di Gatti e Bremer. Lasciando irrisolto per esaurimento scorte il problema della fascia sinistra, con il rinnovo della fiducia ad Alex Sandro obbligato più da mancanza di alternative che da autentica convinzione. Insomma, a inizio stagione il reparto difensivo sembrava bisognoso quantomeno di un periodo di rodaggio, se non di qualche ulteriore ritocco. E invece ha tenuto, evidentemente anche grazie alla copertura che ha saputo offrirgli il centrocampo.

L’impresa dell’Inter di Stramaccioni: la prima a vincere allo Stadium

Il 3 novembre del 2012 i nerazzurri condannarono la Juve al primo k.o. assoluto nel nuovo impianto, ponendo fine a una striscia positiva di 49 partite

L’Inter che andò a Torino a sfidare quella Juve imbattuta da 49 incontri era una squadra affamata e spinta non solo da una forte motivazione. In quell’Inter c’erano anche dosi massicce di sicurezza e convinzione acquisite giorno dopo giorno, fino ad accumulare un’imbattibilità di otto partite (che sarebbero poi diventate 10 firmando il nuovo primato per un tecnico nerazzurro). Tra i protagonisti di quell’impresa, confezionata grazie a una ripresa coi fiocchi, c’è ancora un “reduce”, vale a dire Handanovic, che quel giorno prese gol (da Vidal) dopo nemmeno 1’. Un inizio da incubo, peraltro viziato da un fuorigioco non segnalato ad Asamoah, a cui però i nerazzurri risposero sfoderando una prova di carattere, merito anche delle mosse di Strama. La sveglia e soprattutto le mosse del tecnico romano mutarono drasticamente le sorti della sfida a favore dei nerazzurri, complice anche la furia del Principe Milito: l’argentino ribaltò il risultato tra il 58’ e il 75’, prima conquistandosi e realizzando un rigore, poi sfruttando un tiro respinto di Guarin (inserito sei minuti prima al posto di Cassano). L’ingresso del colombiano e gli accorgimenti tattici di Strama stravolsero gli equilibri in campo. Poi, una manciata di minuti prima del fischio finale, arrivò anche la zampata di Palacio per suggellare un’impresa che rilanciava prepotentemente le ambizioni nerazzurre in chiave scudetto, con un’Inter seconda proprio dietro ai bianconeri di Antonio Conte. Ma qualcosa andò storto. Qualche sconfitta di troppo (sei nelle successive 14 giornate) e i numerosi infortuni di inizio anno fecero scivolare i nerazzurri fino al 9° posto finale segnando anche il destino di Stramaccioni.

Allegri: “Locatelli e Vlahovic out col Lecce. Chiesa e Pogba? Se va bene torneranno col Verona”

L’allenatore della Juve: “Abbiamo comunque giocatori sufficienti per giocare una partita importante. I giovani? Non posso stravolgere tutto per una partita”. Il centrocampista assente per motivi personali

La Juventus continua a perdere pezzi. Per la ripartenza post eliminazione dalla Champions, Massimiliano Allegri sarà privo anche di Vlahovic e Locatelli: “Dusan ha ancora fastidio e Manuel domani non sarà a Lecce per motivi personali. Saremo in 16 più 3 portieri. Pogba e Chiesa al 99% non ci saranno nemmeno contro l’Inter. Nella migliore delle ipotesi li rivedremo per le ultime due partite prima della sosta contro Verona e Lazio”.

Allegri s’aspetta una reazione immediata dopo Lisbona: “Bisogna avere una reazione, questa rabbia post Champions bisogna portarsela dietro tutto il campionato. Il mio momento più difficile? In campionato siamo un po’ in ritardo, ma abbiamo il tempo per recuperare. Parlare di scudetto serve a poco, adesso pensiamo a rialzarci dalla batosta e alle ultime gare pre sosta. Concentriamoci sul Lecce e basta, pensare all’eventuale Europa League non avrebbe senso. Se serve, domani bisognerà fare anche una partita sporca. In contropiede sono pericolosi”.

Le difficoltà in campo si mischiano a quelle extra campo legate alla chiusura dell’inchiesta “Prisma” condotta dalla Procura di Torino: “Accerchiati? Il presidente ha rasserenato tutti, noi dobbiamo dare risposte sul campo a partire dalla partita contro il Lecce. Non trovo una parola per definire l’uscita dalla Champions, ma nessun alibi. Con i ‘se’ e i ‘ma’ non si va da nessuna parte e quando prendi decisioni non si ha la sfera di cristallo. Ma ci sono squadre che non si sono qualificate in Champions per 8 anni…”.

“In tutte le cose negative, c’è un risvolto positivo – conclude Allegri-. Il settore giovanile sta lavorando bene. Penso a Miretti, Fagioli, Iling, Soulé… Non è che per un giorno e per una partita cambierà tutto, ma magari qualche giovane giocherà contro il Lecce e porterà esuberanza”.

Da Haifa alla Continassa senza passare da casa: come funziona il ritiro Juve

Al J Hotel un’ala dedicata ai bianconeri: è il terzo ritiro della gestione Allegri.La lunga trasferta di Haifa impone tre ore e mezzo di volo, per questo il rientro della Juve a Torino è atteso solo nel pomeriggio all’indomani della disfatta in Israele. È stata una lunga notte dopo la brutta sconfitta col Maccabi, che oltre ad aver compromesso quasi definitivamente il percorso nel girone di Champions ha rimesso con forza allenatore e squadra di fronte alle proprie responsabilità.

Il presidente Andrea Agnelli, nel confermare Max Allegri fino al termine della stagione e allargare l’attenzione sull’intero gruppo squadra, ha fatto riferimento alla vergogna per descrivere il momento. Tradotta nella decisione annunciata poi dal tecnico: “Subito in ritiro, almeno fino al derby, per rispetto della società e dei tifosi”.

Il termine della clausura non è stato definito. A quelle 80-90 persone cui ha fatto riferimento il presidente della Juve nel duro post match di Haifa l’obiettivo di farlo durare meno possibile, un po’ come nella passata stagione: dopo la sconfitta di Verona arrivò immediata la risposta in Champions contro lo Zenit, così Allegri decise di alleggerire la settimana di ritiro alla Continassa. Qui la formazione bianconera ha davvero tutto ciò che serve per ritrovarsi: al J Hotel, cui si accede direttamente dai campi d’allenamento, i giocatori hanno una camera personale per tutto l’anno con il proprio numero di maglia, in un’intera ala riservata. Insomma, questi giorni si trascorreranno in un certo senso “a casa”, tra sedute, momenti di confronto collettivi e incontri individuali con l’allenatore.

Di Maria, tre regali che riaccendono la Juve: “Dare assist mi rende più felice del gol”

Argentino da record, c’è lui dietro tutte le reti al Maccabi Haifa: “Due partite di fila segnando tanto, è la mentalità che ci mancava”

Angel ha acceso la luce: la doppietta di Rabiot fa notizia ma i tre assist di Di Maria dietro a ognuno dei gol della Juve, e almeno altri due o tre che sono rimasti nei piedi dei compagni, danno un’aria completamente diversa alla squadra di Allegri: “A livello personale sono contento ma non fa la differenza, l’importante è aver aiutato la squadra a vincere. Grazie anche alla mentalità che ci ha portato alla seconda partita di fila da tre gol segnati e che ci mancava – ha detto a Sky a fine partita l’argentino, palesando una mentalità offensiva che spesso si dice manchi alla Juve -. La vittoria è la cosa più importante per il lavoro di squadra che c’è dietro e per come abbiamo lottato per cambiare il risultato”.

Da quando è in Champions League, ormai quindici stagioni, nessuno ha dato più assist dei 35 confezionati da Angel Di Maria, al pari col compagno di nazionale Messi. Ma i tre sfornati contro il Maccabi Haifa sono un evento straordinario anche per lui: ci era riuscito solo una volta nel 2019 contro il Bruge, riferiscono le rilevazioni Opta, che nelle 20 stagioni da quando registra il dato non ha mai visto nessun altro bianconero riuscirci. Di certo da allora nessuno ci è mai riuscito alla veneranda età del Fideo, 34 anni e 233 giorni. “Io cerco di fare il mio lavoro, e dare assist è quello che mi rende felice – spiega l’argentino -: ho sempre detto che per me è più importante che far gol, mi dà piacere poter servire i miei compagni e renderli felici. Oggi abbiamo creato tante opportunità, dobbiamo lavorare per poter segnare di più , creare più opportunità e finalizzare quelle che creiamo”.

Juve, Allegri in discussione: spunta l’idea Montero

La sconfitta col Monza ha indebolito la posizione dell’allenatore: per Arrivabene il cambio di guida tecnica sarebbe una follia, ma nel caso spunta una soluzione interna.

Maurizio Arrivabene ha associato alla “follia” l’idea di un esonero di Max Allegri a questo punto della stagione. Ma certo né lui né i tifosi avrebbero immaginato un crollo della Juve così evidente a Monza, in un contesto quasi ideale per riscattare la brutta serata di Champions contro il Benfica. L’ultima sconfitta (la prima in Serie A, la terza stagionale) allontana la squadra dalla vetta (di 7 punti) e – dopo sette partite – regge in negativo (-1) il confronto con il campionato scorso, in cui la falsa partenza finì per pesare nella corsa scudetto. Tutto ciò indebolisce ulteriormente la posizione del tecnico.

Le ultime riflessioni sulla condizione fisica della squadra, che dura a certi ritmi non più di venti minuti a partita e poi crolla, oltre ad aver contato già numerosi infortuni muscolari (undici, in due mesi), consegnano una maggiore centralità nella gestione a Giovanni Andreini, un ex collaboratore di Roberto Donadoni che è stato ingaggiato dal club la scorsa estate per supervisionare il lavoro atletico e dell’intero settore performance. Max Allegri per adesso non è in discussione, ma non è più intoccabile. Il tema esonero, insomma, resta sullo sfondo e potenzialmente attuale in assenza di una svolta che possa rimettere la Juve in corsa su tutti i fronti. Certo, sostenere un allontanamento dell’allenatore significherebbe affrontare un’altra spesa non prevista, in una fase in cui la Juve sta cercando di far quadrare i conti e rendere più sostenibile il proprio progetto.

La soluzione interna, che porta dritta al nome di Paolo Montero, resterebbe insomma la più realistica ma anche credibile. Per il suo senso di appartenenza al club (aspetto che pare stia venendo a mancare un po’ troppo – alla squadra – nelle ultime settimane) e, di conseguenza, per come lo accoglierebbero i tifosi in questo momento di crisi. L’ambiente Juve in questo momento vuole riconoscersi, ha fame di quella identità che l’ha sempre contraddistinta di fronte alle difficoltà. L’ex difensore, ora alla guida della formazione Primavera, viene riconosciuto come uno degli uomini Juve più rappresentativi del Dna bianconero. Ma resta pur sempre un’ipotesi d’emergenza, da attuare eventualmente più avanti: significherebbe, insomma, non trovare più soluzioni ai problemi, e aver compromesso ulteriormente la stagione.

Perché sul rigore è andato Bonucci e non Vlahovic? La spiegazione di Allegri

Il tecnico bianconero ha spiegato nel dopo partita la scelta che ha destato perplessità tra i tifosi. Intanto l’attaccante serbo resta a quota 4 ed è fermo da tre match, Psg compreso

Quando al 93′ Bonucci si è avvicinato al dischetto del rigore in molti hanno espresso stupore: ma come, perché non tira Vlahovic? L’attaccante serbo è un buon tiratore dai calci piazzati, è un “calciante”, per citare Allegri, anzi tre dei suoi attuali quattro gol sono arrivati da calci da fermo. Nel dettaglio, il suo primo gol stagionale, quello del 2-0 col Sassuolo, Dv9 l’ha realizzato su rigore, ed è stato il suo primo penalty in maglia bianconera. Poi ci sono state le punizioni vincenti con Roma e Spezia, quindi i digiuni con Fiorentina (gara in cui non è sceso in campo), Psg e appunto Salernitana.

Nel dopo partita Allegri non ha speso molte parole sulla sua decisione di far calciare il rigore a Bonucci: “Perché è stato un rigore importante e in questo caso è meglio che lo faccia Bonucci”, ha spiegato l’allenatore della Juve. Poche parole, che non fanno molta chiarezza. Il fischio di Marcenaro è arrivato al minuto 91′, sul 2-1 a favore della squadra di Nicola, e fra un controllo e l’altro i due minuti di attesa hanno reso ancor più elettrico il momento. Un uomo dell’esperienza di Bonucci evidentemente nella testa di Allegri dava migliori garanzie di un giovane, in un momento tanto teso. Oppure nella sua scelta può aver inciso l’aver visto un Vlahovic in palla durante il match, ma anche un po’ nervoso, dopo che il gol non era arrivato nonostante vari tentativi. Sia come sia, è poi andata come tutti hanno visto: Sepe ha respinto il tiro di Bonucci dal dischetto, e poi è stato bravo il capitano a ribadire in rete con un tap in tutt’altro che facile.

Paredes-Juventus, il centrocampista non convocato dal Psg: ma ancora non c’è accordo

Non c’è ancora accordo tra i due club per il centrocampista classe 1994: i francesi vogliono l’obbligo di riscatto (facilmente raggiungibile), mentre i bianconeri insistono per il prestito con diritto. Apertura anche al prestito con obbligo, ma solo a condizioni di difficile realizzazione. Galtier non lo convoca per il Tolosa: “Ha la testa alla Juve

Regalare a Max Allegri un nuovo centrocampista capace di dare ordine, palleggio e geometrie al centrocampo della Juventus. Profilo che i bianconeri hanno da tempo individuato in Leandro Paredes del Paris Saint-Germain, obiettivo primario da qui a fine calciomercato. Se l’argentino ex Roma ha già dato il suo ok al ritorno in Italia, tra i due club si continua a trattare per cercare di raggiungere un’intesa che ancora non c’è. Il nodo è legato alla formula dell’operazione: il Paris Saint-Germain è pronto sì a privarsi del suo centrocampista ma in prestito con obbligo di riscatto (a condizioni facilmente raggiungibili), mentre i bianconeri insistono per il prestito con diritto di riscatto o al massimo sono pronti ad accettare un obbligo di riscatto ma difficilmente raggiungile. Paredes, intanto, non è stato convocato per la gara di campionato contro il Tolosa e i motivi li spiega l’allenatore del Psg Galtier in conferenza stampa: “Leandro non sarà della partita, ha trovato l’accordo con la Juve. La testa è altrove anche se è ancora un giocatore del Psg”.

Trattativa a oltranza dunque tra Juventus e Paris Saint-Germain, che lavorano per cercare l’intesa sulle condizioni dell’obbligo. Per quanto riguarda la cifre si ragiona sui 15 milioni per il riscatto e ulteriori 5 milioni di bonus. Nelle ultime ore anche l’Arsenal (dopo due infortuni a centrocampo) si è informato su Paredes, ma il centrocampista argentino vuole rispettare l’impegno presto con la Juventus e inoltre anche Psg ha dato priorità al trasferimento alla Juve. Si cerca dunque faticosamente l’intesa, con le parti che continuano a trattare senza sosta.

Movimenti in entrata ma anche in uscita nel centrocampo bianconero. Se è ormai fatta per il trasferimento di Rovella in prestito secco al Monza e Fagioli ha diverse richieste sempre in prestito, tra i possibili partenti c’è anche Arthur. Sul brasiliano il club che ha mostrato maggiore interesse è lo Sporting Lisbona, anche se nelle ultime ore è da registrare un timido sondaggio anche dai francesi del Nizza.

Posso giocare con un’altra punta, lo faccio anche con Lewandowski

L’attaccante polacco: “La Juve è uno dei più grandi al mondo, questo è un momento speciale della mia vita. Ora voglio giocare, fare tanti gol ed essere felice”

Arek Milik è stato bianconero in pectore almeno per un paio di estati e con allenatori diversi, ma poi non se ne è mai fatto niente. Si vede che la Juventus era nel suo destino, perché quando ormai nessuno ci credeva più, forse nemmeno lui, e Memphis Depay sembrava il candidato designato per rinforzare l’attacco della Signora, ecco che con una trattativa-lampo la punta polacca si è ritrovata a Torino nell’ultima settimana di mercato. “Questo è un momento molto speciale per me – racconta -. Da sempre era il mio obiettivo giocare qui, in uno dei club più grandi al mondo. Adesso che l’ho raggiunto voglio dare qualcosa di speciale a questa squadra, fare tanti gol ed essere felice”.

Gol è la parola che ripete più spesso, sa che la Juventus ha già il suo bomber, Dusan Vlahovic, ma che ha bisogno anche del suo aiuto sotto porta per cercare di riportare a Torino lo scudetto. Arek sorride mentre mostra la maglia numero 14 (omaggio all’idolo Thierry Henry, che alla Juve non ha lasciato grandi tracce però) e stringe le mani di Federico Cherubini, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene, tutti e tre schierati in prima fila durante la conferenza stampa di presentazione. “Ho fatto solo due-tre allenamenti con la squadra, so che posso giocare anche con le due punte perché lo facevo spesso con Lewandowski in nazionale, intanto mi preoccupo solo di fare di tutto per farmi vedere in allenamento e stare bene, poi deciderà il mister dove e come farmi giocare. È vero, sono stato molte volte vicino alla Juventus, se non sbaglio è successo due-tre anni fa, ma io non guardo al passato, sono contento di questa scelta e spero di fare tanti gol per questo club”.