Il capitano nerazzurro è a secco da quattro giornate? Non filtra alcuna preoccupazione: il Toro resta un riferimento per lo spogliatoio, specie per i giovani, in campo lavora per la squadra e domani ritrova la Champions, con cui ha feeling.
Non può esistere un caso, semmai esiste la casualità: che Lautaro non segni da quattro partite di campionato è un’anomalia statistica. È un trend insolito di inefficacia realizzativa. Ma nessuno all’Inter pensa di discutere la centralità del capitano, semplicemente travolgente due settimane fa a Bruxelles in Champions. “È un esempio, è un trascinatore”, ha ricordato Chivu dopo la vittoria di Verona. In effetti, riguardando le immagini dell’autogol amico, Lautaro è il primo a esultare come se fosse stato lui a piazzare il pallone in porta. Si gira subito verso il settore ospiti, urlando senza freni inibitori e arringando i tifosi per condividere la gioia insperata dell’ultimo secondo.
Sono segnali di coinvolgimento totale, di immersione nel ruolo, scevri dalle difficoltà quotidiane che capitano a tutti i calciatori. Lautaro in fondo sta pagando anche lo stress: dal 27 settembre, quando ha superato i problemi alla schiena, ha giocato sempre. Con l’Inter, in Italia e in Europa, e con la nazionale argentina, dall’altra parte del mondo. Più viaggi che allenamenti. È l’unico, insieme a Bastoni, a essere sempre stato scelto nella formazione titolare nelle ultime 8 partite. Gli si può perdonare una flessione nel rendimento senza metterne in discussione il valore e l’abnegazione.
Bisogna solo imparare a conoscere il soggetto: anche lo scorso anno Lautaro cominciò il campionato a ritmi blandi, segnando alla decima giornata un gol in più: con Inzaghi erano 4, con Chivu sono 3. Siamo lì, insomma. E c’è da credere che, nella squadra che produce di più a livello offensivo in Serie A, alla fine del percorso il numero di reti sarà maggiore rispetto al 2024/25, quando il consuntivo contabilizzò 12 palloni vincenti.