Il portoghese si è acceso due volte e ha illuminato San Siro contro lo Slavia. Suo il cross per Giroud nel primo tempo, sua la sgasata in occasione della rete di Pulisic.
Se manca il sorriso, che è il suo marchio di fabbrica e un’intera filosofia di vita, allora la faccenda è seria. Rafa Leao osserva il pallone che entra nella porta ceca per la quarta volta – la più importante – e rimane impassibile. Una maschera più o meno imperturbabile, anche quando tutti i suoi compagni si lasciano andare a una festa liberatoria. Perché mancavano cinque minuti al novantesimo e un conto è presentarsi nella bolgia dell’Eden Arena con due gol di vantaggio, un altro è farlo con uno. Forse Rafa in quel momento ha riavvolto il nastro di una partita balorda, ha ripercorso un match dove nessuno – no, nemmeno lui – ha brillato particolarmente, e magari in quegli attimi si è chiesto il motivo. Le basi per fare bene – cioè, per fare meglio – d’altra parte c’erano tutte. Successo vitale sulla Lazio in campionato, sei giorni di stacco, infermeria vuota. E allora, perché questo Milan è così discontinuo e imprevedibile, nel bene e nel male?
Sono quelle situazioni in cui se decidi di tirare, devi essere sicuro di andare in buca. S’è fatto perdonare dopo e d’altra parte l’azione del quarto gol contiene la parolina magica che aveva sillabato Pioli in vigilia: qualità. Quella con cui ha pietrificato Vlcek e quella con cui ha superato Stanek in uscita disperata. In fondo Pioli non si deve arrabbiare se Leao quest’anno viene definito uomo di coppa: per gli obiettivi che si è dato il Milan, va benissimo così.