Juve, Bremer va di corsa. E punta il Mondiale per club

Il brasiliano ha postato su Instagram i suoi primi giri di campo a sei mesi dall’operazione al ginocchio sinistro. E punta il torneo americano

Un video di 12 secondi, che immortala qualche giro di corsa in campo, dopo mesi trascorsi tra riabilitazione e palestra. E la scelta della colonna sonora (il brano “Free”, del rapper americano Mission) probabilmente non è casuale. Come quella delle tre emoji a didascalia del post su Instagram: un uomo che corre, il fumetto a simboleggiare il sogno e la sveglia a indicare il conto alla rovescia. La missione di Gleison Bremer, dopo il grave infortunio al ginocchio subito a Lipsia lo scorso 2 ottobre, si chiama Mondiale per Club.

“Ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro”, recitava il bollettino medico della Juve l’8 ottobre, dopo l’intervento chirurgico svolto a Lione dal dottor Bertrand Cottet-Sonnery. Da quel momento è iniziata la rincorsa del difensore brasiliano, fatta prima di lavoro in palestra ed elettrostimolazione per non recuperare il tono muscolare e rinforzare l’articolazione, quindi di cyclette, tapis roulant e, infine, nelle ultime settimane, ripetute e corsa sul campo. La parola d’ordine è sempre stata: nessuna forzatura. Tanto che il suo rientro era inizialmente previsto per il ritiro in vista della prossima stagione. Ma il percorso di recupero sta procedendo bene e, nelle ultime settimane, l’ottimismo è cresciuto.

Era stato lo stesso Bremer, d’altronde, a confermare, poco tempo fa, che all’orizzonte ci potesse essere qualche novità positiva. “Sono stati mesi difficili, soprattutto i primi, però ora sta proseguendo tutto bene. Ho già iniziato a correre, manca ancora un po’ però sta andando bene – aveva detto il brasiliano a Sky il 26 marzo -. Mi piacerebbe giocare subito, però dobbiamo rispettare i tempi. Magari per il Mondiale per Club è possibile, ma non da titolare. Penso però che sia meglio non affrettare, perché voglio tornare ed esserci sempre. Voglio evitare che qualcosa non vada bene e io debba tornare al J|Medical. Vado con calma”. 

La Fiorentina si è inceppata: solo 0-0 col Parma. Chivu, punto d’oro in chiave salvezza

De Gea salva nel primo tempo su Bernabè, Kean sbaglia nella ripresa. I viola agguantano la Roma, in attesa del derby. Chivu a +4 sulla zona retrocessione

L’Europa si allontana per la Fiorentina, la salvezza si avvicina per il Parma. Il brutto 0-0 del Franchi decreta questo verdetto. La squadra viola, pur con tutti i big, eccetto l’infortunato Gosens, dimostra di soffrire contro le squadre di bassa classifica e bissa il pari dell’andata contro un Parma che, mattoncino dopo mattoncino, Cristian Chivu sta conducendo alla salvezza.

Dopo il punto strappato all’Inter, gli emiliani ne portano via un altro, preziosissimo a Firenze. Rischiando di fare il colpo grosso perché il colpo di testa di Bernabé dopo 3’ è stato un’occasione enorme. Per fortuna dei viola in porta c’è sempre De Gea. Raffaele Palladino, squalificato e sostituito da Citterio, vede l’Europa allontanarsi perché partite come queste vanno vinte. Forse dovrà appellarsi agli scontri diretti con Roma e Bologna perché con le big è un’altra musica.

Ma se viene chiamata a far la partita la Fiorentina fa fatica, non trova sbocchi spunti, idee. E non bastano le sgasate di Dodò. Stavolta non ha avuto neppure un super Moise Kean che ha fallito la sua opportunità al 9’ della ripresa. Ma il punticino non aiuta anche se muove la classifica. Sarà battaglia a quattro con Roma, Lazio e il Milan che si avvicina. 

Il Parma è fisico, e gioca molto duro, sempre al limite nelle entrate. La Fiorentina non produce gioco, l’unico schema è l’accelerata di Dodò che al 19’ lascia sul posto Valeri. Al 22’ l’unico tiro viola è del solito Mandragora, ma la mira non è azzeccata. La Fiorentina cerca di proporsi ma senza costrutto.

Nuovo contatto Inter-David: la pista è aperta, pronti 50 milioni

L’attaccante canadese è a scadenza: i nerazzurri offrono 5 milioni netti per 5 anni. L’alternativa è Castro, semaforo verde su Luis Henrique: si defila il Bayern.

L’Inter va all’attacco. Perché è quello il reparto in cui saranno fatti gli investimenti più importanti, perché è lì che si metterà mano per allungare il ciclo, perché Inzaghi ha bisogno di altri gol certi. I perché sono potenzialmente infiniti, la lista dei rinforzi è invece ristretta. Dentro c’è sicuramente Santiago Castro del Bologna, come già raccontato dalla Gazzetta: l’argentino ha stregato tutti, non sarà in ogni caso semplice portarlo via al Bologna, molto dipenderà anche da come finirà questa stagione dei rossoblu.

Ma un posto in prima fila, di quella lista, ce l’ha ancora oggi Jonathan David. La notizia è questa: il club nerazzurro non si è sfilato dalla corsa per l’attaccante del Lilla. Tutt’altro. Dieci giorni fa, nelle ore immediatamente precedenti al derby di Coppa Italia, i dirigenti interisti hanno avuto un nuovo contatto con gli uomini legati a David, il cui agente è Nick Mavromaras. È un segnale facilmente interpretabile: non era certo una telefonata di cortesia, al contrario era un contatto molto interessato per capire l’evoluzione della situazione intorno al giocatore in scadenza con il Lilla. 

Ecco, punto primo: la situazione non è cambiata ed è la migliore buona nuova possibile per l’Inter. Perché nessun club si è avvicinato con forza alla richiesta di partenza di David, ovvero un ingaggio da 8 milioni di euro netti e una commissione pesante per il trasferimento (si parla addirittura di due cifre, 10 milioni). Numeri alti, numeri che almeno fin qui hanno fatto dubitare tutti. E sì che su David si sono fiondati in tanti: in Inghilterra l’Arsenal, in Spagna il Barcellona, in Italia oltre all’Inter anche la Juventus ha sondato il terreno. L’Inter non ha mai voluto né potuto entrare in scena di fronte a quelle richieste. Lo dice anche la logica: non è pensabile ingaggiare un giocatore, per quanto considerato ad altezza ThuLa, che guadagni decisamente più di Thuram. Ma, per un motivo o per l’altro, la frenata sul giocatore è stata generale. 

Juve, Napoli, Milan e Premier, tutti pazzi per Comuzzo. Parte l’asta

A gennaio Rocco Commisso disse no a De Laurentiis, i bianconeri puntano sulla contropartita tecnica. E si muovono gli scout di United, Tottenham, Forest e Newcastle

A gennaio erano tutti pazzi per lui. Il Napoli addirittura aveva messo sul piatto 30 milioni di euro più 5 di bonus, ma il no deciso di Rocco Commisso ha chiuso le porte a quella trattativa, spegnendo anche le aspettative delle rivali. A vent’anni Pietro Comuzzo sta vivendo una stagione indimenticabile nella Fiorentina. Difensori così efficaci in giro ce ne sono pochi e il mercato sta preparando le grandi manovre soprattutto per l’estate. In quelle settimane calde, infatti, la scelta drastica del numero uno viola era condizionata anche dalla volontà di Raffaele Palladino, in quel momento alle prese con una fase delicata per la squadra. Ad esempio, il difensore croato Marin Pongracic, acquistato in estate dal Lecce per 15 milioni di euro, non aveva conquistato la fiducia piena del nuovo allenatore. Invece i mesi seguenti hanno fatto tornare il sereno, tanto da indurre l’ex tecnico del Monza a dargli una maglia da titolare. Dunque Comuzzo è meno indispensabile rispetto a qualche tempo fa…

E in vista della riapertura delle liste ecco riproporsi un’altra candidatura importante: quella della Juventus. Dietro l’angolo non si trascurino neanche gli interessamenti di Milan, Inter e Roma. Tutto è in divenire, insomma. Ma è altrettanto chiaro che il prezzo può solo salire. Durante il mercato di riparazione i dirigenti del club toscano avevano tracciato una linea netta, quella di 40 milioni di euro. Nulla di più facile che si possa crescere ancora, considerando possibili contropartite tecniche. Prendiamo proprio il caso della Juventus: nel dialogo per il passaggio di Fagioli a Firenze c’era già stato un tentativo di Giuntoli per uno scambio con il marcatore di San Daniele del Friuli. 

Sampdoria, Mancini a Bogliasco: ha incontrato giocatori e staff

Il tecnico avrà un ruolo da superconsulente esterno per aiutare la “sua” squadra

Alla fine è arrivato. Roberto Mancini è arrivato davanti ai cancelli del Mugnaini in tarda mattinata, sotto la pioggia, sul finire del primo dei due allenamenti fissati per oggi dal tecnico Evani e dal vice Lombardo, per un primo incontro con i giocatori blucerchiati alla presenza dello stato maggiore del club, con il presidente Manfredi in testa. Una visita prevista già da ieri, che serve anche a riportare un po’ di sereno nell’ambiente. Le dichiarazioni social di ieri sera dell’ex c.t. azzurro, che negava un suo coinvolgimento nell’operazione rilancio del club anche con il semplice ruolo di consulente, sembravano essere apertamente in contrasto con quanto dichiarato dal presidente Manfredi poche ore prima davanti alle telecamere. Dove spiegava pubblicamente, invece, il coinvolgimento di Mancini nel progetto, pur senza avere ruoli ufficiali. 

Un fraintendimento, dunque. Roberto Mancini voleva con quel messaggio sul suo profilo ribadire che non ha vincoli con la Samp, sperando di tornare presto ad allenare. Ma, in questo momento, è chiaro invece come il rimpasto tecnico della Samp abbia avuto proprio lui come regista. E, dietro le quinte, il suo lavoro proseguirà anche nelle prossime settimane, in questo aprile caldissimo e decisivo per provare a evitare la retrocessione. L’idea è che Mancini venga a Genova un paio di volte alla settimana, rimanendo in costante contatto con i suoi fedelissimi Lombardo, Evani e Invernizzi. Una super consulenza, insomma, anche se formalmente lui vuole sentirsi libero da ogni impegno.

Nico Gonzalez svolta e seduce la Signora, Conceiçao la perde: cosa farà la Juve sugli esterni

Dall’insediamento di Tudor sulla panchina bianconera, l’argentino è rinato. A differenza del portoghese che potrebbe salutare addirittura prima del Mondiale per Club

Nico Gonzalez sta conquistando la Signora e Francisco Conceiçao rischia sempre più di perderla. Dove finiscono le ragioni di campo, cominciano quelle di mercato. La Juventus spera ancora di recuperare i 33 milioni investiti per l’argentino, ma non è più così sicura di spenderne altrettanti per trasformare l’affitto del portoghese in acquisto. Nel calcio tutto si può ribaltare in fretta, a maggior ragione quando si cambia l’allenatore. Tudor è stato arruolato come traghettatore del post Thiago Motta, ma il croato si è calato nel mondo Juve come quando da giocatore entrava a piedi pari sugli attaccanti avversari. Igor ha cambiato molto in pochi giorni. 

La scossa è stata totale e ha toccato anche diverse gerarchie. L’effetto Tudor ha rigenerato Nico e a farne le spese è stato soprattutto Chico, più defilato già nell’ultimo periodo di Motta. L’ex Fiorentina e il figlio d’arte sono arrivati assieme a Torino a fine agosto, però sono stati protagonisti quasi sempre a fasi alterne. L’ex Porto sulla carta sarebbe dovuto essere l’alternativa dell’ex viola, ma strada facendo un po’ i guai fisici di Nico e un po’ l’esplosione di Francisco hanno capovolto ruoli e aspettative per il futuro. I segnali degli ultimi 180 minuti hanno rimesso in gioco tutto. E adesso quello che sembrava un finale scontato, è tutto da riscrivere. Gonzalez ha messo la freccia e nelle ultime sette curve di campionato conta di staccare ancora di più il connazionale di Cristiano Ronaldo.

Tudor non è Harry Potter, ma con Nico sembra aver usato davvero la bacchetta magica. La trasformazione è stata totale: la zucca dei primi mesi juventini, nelle ultime due giornate è tornata la carrozza ammirata negli anni viola. Igor ha toccato le corde giuste di Gonzalez, sembrato un altro giocatore a prescindere dal ruolo: esterno destro a tutta fascia con il Genoa e trequartista contro la Roma. Quello che non racconta la media voto (5,39 con Thiago Motta; 6,5 con Tudor), è fotografato dal cambio di passo del 27enne sudamericano. È bastata una sosta – e un cambio in panchina – per far tornare la speranza alla Continassa.

Inzaghi, la formazione anti Bayern: Dimarco e Bastoni ci sono, Acerbi su Kane e.

Il difensore ha svolto la rifinitura, l’esterno ha lavorato a parte, ma dovrebbe esserci. Pavard favorito su Bisseck a destra

Il piano anti Bayern comincia dalla B. Alessandro Bastoni sarà titolare all’Allianz. Il centrale azzurro ha recuperato dall’affaticamento rimediato contro il Parma e sarà a disposizione di Inzaghi per la gara d’andata. Stamattina ha svolto la rifinitura ad Appiano insieme al gruppo. Al Tardini era uscito al 45’ e aveva applicato del ghiaccio sul ginocchio, ma nessun allarme. Bastoni sarà titolare a sinistra, con Pavard a destra – favorito su Bisseck – e Acerbi in mezzo, pronto a marcare Kane. Le chiavi della porta saranno di Sommer, protagonista a Parma con un paio di interventi decisivi.

CHI GIOCA A MONACO— L’appunto più importante riguarda Federico Dimarco. L’esterno ha svolto la rifinitura a parte, con un allenamento personalizzato, ma sarà a disposizione per il Bayern. Reduce da tre partite dal 1′ dopo l’infortunio, a Parma ha giocato meno di un’ora. Gestione. In caso di forfait, comunque, è pronto Carlos Augusto, che ha già giocato dall’inizio cinque sfide di Champions (City, Stella Rossa, Young Boys, Bayer Leverkusen e Feyenoord). È l’unico dubbio di Inzaghi, anche se l’azzurro resta favorito per giocare dall’inizio. Il resto della formazione è scritto: Darmian a destra, Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan in mezzo, Lautaro e Thuram davanti. Assenti Taremi, Zielinski e Dumfries.

Errori tecnici, marcature e… Il Milan ha rischiato di prendere gol in 9 modi diversi in 90 minuti

La partita pazza con la Fiorentina è stata un campionario di errori con una costante: Conceiçao rischia sempre troppo. I più coinvolti? Theo, Tomori e Thiaw

Sergio Conceiçao, quando ha saputo che Palladino aveva parlato bene della partita, è inorridito: “A me le partite piene di errori non piacciono”. Ha ragione. Milan-Fiorentina è stata una partita col passepartout: libero accesso all’area di rigore per tutti. Rivederla a distanza di qualche ora fa impressione perché il Milan ha rischiato di prendere gol in almeno 9 modi diversi, tra errori individuali e di squadra. Ecco il campionario.

La Fiorentina segna già al 7’ e il modo ancor offende Conceiçao, che non per caso ha sostituito Musah dopo 23 minuti. Yunus a centrocampo fa un errore tecnico raro: controlla il pallone, fa una finta e finisce per appoggiare il pallone a Mandragora. Il resto arriva a catena: il dribbling di Gudmundsson, Tomori che perde l’uno contro uno e l’autogol di Thiaw che, tra tutto, è quasi il meno.

Troppi giocatori del Milan vanno in difficoltà nell’uno contro uno. Tomori, che pure sarebbe il centrale più reattivo, nell’azione dello 0-1 viene lasciato sul posto da Gudmundsson. E Thiaw, nel secondo tempo, viene sorpassato a velocità doppia da Moise Kean, come per un difensore del Milan non dovrebbe essere possibile. Nasce così la parata più metafisica della serata di Maignan, che alza un braccio e respinge di spalla. Per lui, almeno, era serata sì.

Il Psg ha fatto tredici: Doué stende l’Angers, è scudetto con sei turni d’anticipo

I parigini vincono la Ligue 1 per la tredicesima volta nella loro storia, l’undicesima da quando il club è nelle mani qatarioti 

Era una pura formalità, ma il tredicesimo titolo, l’undicesimo dell’era Qatar, andava prima o poi vidimato. Il Psg l’ha ufficializzato oggi, con sei turni di anticipo, battendo il modesto Angers con una rete di Doué. E adesso la squadra di Luis Enrique può concentrarsi sulla Champions League e la finale di coppa di Francia, ma anche continuare a coltivare l’imbattibilità, da preservare fino a fine campionato, stabilendo un nuovo record in Ligue 1. 

Il primo tempo comunque è di gestione per il Psg che economizza le forze in vista del duello di mercoledì con l’Aston Villa dell’ex Emery. Un paio di dati spiegano una frazione di gioco priva di emozioni ma totalmente di dominio parigino: possesso palla all”84%, con picchi iniziali oltre al 90%; 506 i passaggi realizzati, contro i miseri 91 dell’Angers che non può fare altro che provare a riversarsi verso l’area di Donnarumma sui pochi palloni concessi su qualche errore dei padroni di casa. Ma anche i contropiedi degli ospiti non portano pericoli, perché troppo blandi e improvvisati. Il Psg non fa molto di più, con Dembélé e Barcola in panchina al via, entrati nella ripresa. Tre le occasioni per Ramos su cross di Zaire-Emery (31′), Kavaratshkelia (36′) e Ruiz (39′), ma ogni volta il portoghese di testa non inquadra. Per sbloccarla bisogna allora attendere il 10′ del secondo tempo. Non che il Psg spinga di più, ma stavolta Kvaratskhelia da sinistra invece di crossare a centro area, su Ramos, allunga sul secondo palo dove arriva Doué che al volo di destro tocca in rete. Bastava un pareggio per vincere il campionato. Con una vittoria la festa è sempre più bella.

Vale più di un derby: il Milan a caccia del mini doblete, l’Inter per il triplete

Conceiçao per l’abbinata con la Supercoppa italiana, Inzaghi per eguagliare il 2010. Quarta sfida in stagione, nerazzurri in svantaggio.

Quarto derby stagionale e un altro se ne giocherà, perché parliamo dell’andata delle semifinali di Coppa Italia. Cinque Milan-Inter in stagione sono un’anomalia, un dazio da pagare, per usare la parola del momento. Il Milan ha tutto da perdere perché la Coppa Italia è l’ultimo obiettivo rimasto a Sergio Conceiçao e alla sua orchestra stonata. La coppa vale meno della qualificazione alla Champions, ormai sfumata, ma, abbinata alla Supercoppa italiana vinta in Arabia, darebbe un senso a un’annata che un senso non ce l’ha, per parafrasare Vasco Rossi, cantante interista.

Sarebbe un Doblete, una doppietta in formato mini, laddove, per l’Inter, la Coppa Italia è indispensabile per duplicare il Triplete del 2010, ma, se andasse male nel doppio turno contro il Milan, rimarrebbero lo scudetto, con alte possibilità di successo, e la Champions, con qualche possibilità di vittoria. Simone Inzaghi è uno specialista della Coppa Italia, a neppure 50 anni ne ha vinte tre, una con la Lazio e due con l’Inter. Massimiliano Allegri, primatista del ramo con cinque Coppe Italia, non è lontano. Conceiçao però ha battuto Inzaghi in gennaio a Riad, nella finale di Supercoppa italiana in Arabia, ed è da qui che bisogna partire per capire dove andrà a parare il doppio derby d’aprile.

Nella stagione della grande confusione, il Milan ha vinto due derby e ne ha pareggiato un altro contro la “corazzata Inter”, come da etichetta contiana. A settembre, in campionato, successo per 2-1, con Paulo Fonseca allenatore e con le pressioni alte sulla costruzione dal basso interista come chiave di volta. A gennaio con Sergio Conceiçao fresco di nomina, in Supercoppa, la gran rimonta milanista, da 0-2 a 3-2. Due i fattori: il rilassamento dell’Inter avanti di due gol e l’inserimento di Leao. In Arabia, come in altre occasioni, il portoghese si è alzato dalla panchina e ha spaccato la partita. Le esclusioni motivano Leao, che però stasera è annunciato tra i titolari.