Non tira e non segna: Taremi, il grande buco nero di Inzaghi

L’iraniano è tra gli ultimi in Champions per tiri nello specchio e tiri totali, ma è tra i primi per assist attesi. Il paradosso di un bomber da 91 gol a Oporto negli ultimi 4 anni

Mehdi Taremi è intrappolato in un buco nero. Sulle sue spalle c’è uno zaino pieno di titoli, statuette da MVP e gol, tanti gol, più di duecento in una carriera tra club e nazionale. Novantuno di questi realizzati a Oporto in quattro anni. La punta iraniana si sta arrampicando da mesi aggrappandosi a una serie di spuntoni che sbucano dalle pareti, ma quando intravede la luce alla fine del tunnel finisce di nuovo sul fondo. Dov’è finito il bomber che in allenamento segnava sempre? Che fine ha fatto l’attaccante che aveva stregato Inzaghi?

Contro il Bayer Leverkusen non ha mai calciato in porta. Ha toccato il pallone dentro l’area solo una manciata di volte e ha rimediato un 5 in pagella. In Champions è partito titolare in sei partite su sei, ha realizzato un gol su rigore contro la Stella Rossa e poi ha agito soprattutto da rifinitore. Ha giocato due volte insieme a Thuram, altrettante insieme ad Arnautovic e una con Lautaro. Quando ha duettato col francese si è distinto da seconda punta, legando il gioco coi centrocampisti, mentre con gli altri due ha giocato di più da prima punta. A Leverkusen ha toccato 22 palloni, ne ha persi quattro e non ha mai tirato nello specchio. Il manifesto di una partita in cui l’Inter ha fatto fatica a palesarsi dalle parti di Kovar. Le statistiche, comunque, parlano chiaro: Taremi è tra le prime dieci punte di tutta la Champions per assist attesi, ma è tra le ultime per tiri totali per 90 minuti. Per intenderci: il primo è Haaland, con una media di più di 5 tiri a partita e cinque reti. Quella di Taremi è di 1,31, con un solo gol su rigore all’attivo. Se restringiamo il campo ai soli tiri nello specchio la media scende a 0,19. Si sta dimostrando un buon rifinitore, come dimostra la media di 0,90 assist attesi per 90 minuti, ma quando c’è da calciare va in difficoltà.

Italia forza 4: ottavi, Inter vicina. Milan passo avanti. Juve e Atalanta si può fare

A due giornate dalla fine sono ancora tutte in corsa per l’obiettivo più nobile. Bologna, miraggio playoff

Può essere una Champions 4X4. Inter, Milan, Atalanta e Juve, in rigoroso ordine di classifica, sono tutte in corsa per gli ottavi. L’aritmetica non lo nega, il buon senso suggerisce che almeno i playoff siano alla portata. Dovrebbero proprio farsi male le italiane per mancare lo spareggio di febbraio, ma la qualificazione diretta non è esclusa. La classifica di Champions è cortissima: escluse le fuggitive Liverpool (18 punti) e Barcellona (15), dal terzo posto (Arsenal 13) al diciannovesimo (Bruges 10) c’è un mischione ancora enigmatico. Tutte in gioco. 

Discorsi naturalmente da aggiornare a metà gennaio, quando la Champions “lunga” riprenderà dopo lo stop invernale. Due partite ancora, l’ultima mercoledì 29 gennaio in contemporanea, per garantire sportività massima. Sempre in teoria, il Bologna può sperare nell’ultimo posto utile per i playoff: ma serviranno congiunzioni astrali speciali, oltre a due successi. Qualsiasi risultato è comunque utile: da ieri sera l’Italia è tornata seconda nel ranking Uefa stagionale. Il quinto slot in Champions resta l’obiettivo. Inghilterra lontana, abbiamo superato il Portogallo, precediamo anche Spagna e Germania. Ma già da stasera Europa e Conference disegneranno nuovi scenari. 

Il gol di Mukiele ha strozzato in gola al 92’ l’urlo qualificazione. Con un pari a Leverkusen, l’Inter oggi sarebbe a quota 14, terza in solitaria. Invece i punti sono 13, la classifica recita sesto posto, ma è un caos totale. Quello che conta è il percorso non impossibile: si riparte infatti dallo Sparta Praga, che ne ha presi quattro dal Feyenoord e in casa ha già perso contro Brest e Atletico. Un’Inter meno speculativa non avrà problemi. E comunque si chiude a San Siro contro il Monaco picchiato ieri (3-0) dall’Arsenal: il calcio non ha proprietà transitiva, ma l’Inter sembra davvero vicina agli ottavi. 

Lautaro fantasma, Taremi delusione: solo Thuram non basta, l’Inter ha un problema in attacco

L’argentino in Germania è subentrato nella ripresa ma anche non ha inciso, come Arnautovic, l’iraniano sta diventando un caso. E a Leverkusen i nerazzurri non hanno mai tirato in porta

Il dato allarma: zero tiri nello specchio della porta del Leverkusen. All’Inter non accadeva da quasi tre anni. Per risalire all’ultima gara in cui la squadra di Inzaghi non ha mai centrato la porta avversaria bisogna tornare indietro al febbraio del 2022, più precisamente alla sfida – sempre di Champions League – sul campo del Liverpool. Ma in questa stagione il dato potrebbe allarmare di più, perché fra gli attaccanti nerazzurri l’unico davvero determinante fino ad ora è stato Marcus Thuram, nonostante pure lui contro il Leverkusen sia apparso in difficoltà.

Alla Bayarena, chi ha invece confermato di essere una delusione è stato Mehdi Taremi: titolare in 6 partite su 6 in Champions League, l’ex Porto non ha mai trovato la rete su azione (solo un gol, su calcio di rigore, nell’agevole sfida alla Stella Rossa a San Siro) e questa sera ha probabilmente fornito la peggior prestazione da quando veste nerazzurro. Una tendenza confermata anche in campionato, perché l’iraniano – seppur meno impiegato – è a secco anche in Serie A (solo un assist ad agosto contro il Lecce). 

Se la situazione legata ad Arnautovic quasi non sorprende più, nonostante l’austriaco abbia avuto a disposizione solo 5′ o poco più con il Bayer, stupisce invece quella che coinvolge Lautaro Martinez. Contro la squadra di Xabi Alonso, il Toro è subentrato proprio a Thuram a poco meno di mezz’ora dal termine ma ancora una volta non ha inciso. Segnali negativi erano già arrivati nella sfida di campionato contro il Parma di venerdì scorso, in cui l’argentino si è divorato tre palle gol apparentemente molto semplici, ma restando sul capitano nerazzurro il trend negativo si può allargare a tutta la stagione: solo 1 gol in Champions League, solo 5 in una Serie A ormai inoltrata.

Sognando Inzaghi, le stelline dell’Inter si raccontano: “Unione, consigli e piedi per terra”

Topalovic, Cocchi e Zanchetta svelano i segreti dell’annata straordinaria dei nerazzurri Primavera, secondi in campionato e primi in Youth League: “Giocare con questa maglia è un privilegio”

I tre ragazzi prendono posto intorno al tavolino della sala riunioni di Interello come se fossero al campetto. L’inconscio di chi vive di tattica e pallone porta Luka Topalovic a piazzarsi sul centro-destra, Matteo Cocchi a mettersi comodo comodo a sinistra e Mattia Zanchetta a posare al centro con le braccia larghe.

L’Inter Primavera, seconda in campionato e prima in Youth League a punteggio pieno – già qualificata ai sedicesimi – è in un lungo giro di dettagli. Gli occhi di ghiaccio di Zanchetta junior, il figlio del mister che gioca da mediano, quelli azzurro mare di Cocchi, il terzino mancino che sogna una scalata alla Dimarco, e la timidezza di Topalovic, fantasista di talento che divora i video di De Bruyne da mattina a sera. La casa delle giovanili nerazzurre è incastonata tra il rumore delle auto nell’ora di punta, pronte a prendere la tangenziale, e un parco coi colori dell’autunno. Il Konami Youth Development Centre, per tutti Interello, è un cassetto di campi, strutture e gigantografie di campioni dove nascondere i sogni. I tre si presentano con la tuta sociale in una sala riunioni tappezzata da paginate dove spiccano i volti di chi ce l’ha fatta: Pinamonti, Zaniolo, Vanheusden.

Sognano tutti di giocare in Serie A e di vestire la maglia dell’Italia, ma senza perdere di vista il presente. O quel senso di gruppo che ne accomuna speranze e progetti. “Il nostro segreto è l’unione”, afferma Cocchi guardandoti negli occhi. I tre pesano le parole, non si espongono, si lasciano andare quando parlano dei campetti in cui sono cresciuti e tengono la barra dritta quando c’è da sottolineare i risultati: l’Inter Primavera ha vinto cinque partite su cinque e ha il miglior attacco della Youth League con 18 gol.

Xabi Alonso suona la carica: “L’Inter sa fare tutto, ma il mio Bayer vuole gli ottavi”

Il basco, che dall’inizio della scorsa stagione ha perso solo 3 partite su 75, elogia il lavoro di Inzaghi: “I nerazzurri sono vincenti e maturi”

La pancia della BayArena sembra una mostra di fotografia: immagini del titolo 2023 a ogni parete, scene di giubilo e bagni di champagne. In quasi tutte le foto il protagonista è questo 43enne basco, arguto e raffinato, che entra dalla sala stampa con l’aria di chi sta preparando sorprese: Xabi Alonso, eroe dell’ultima Bundesliga vinta, vuole il G8 di Champions col suo Bayer Leverkusen dei miracoli.

Di mezzo, però, incrocia domani l’Inter formato Europa, che non ha preso ancora mezzo gol e da queste parti è temuta come certi altri squadroni del Continente: “È una delle formazioni più grandi che ci siano al momento, sarà una sfida molto importante per noi – ha detto nella conferenza di vigilia lo stesso Xabi Alonso -. Sappiamo chi abbiamo davanti, ma sappiamo anche chi siamo noi e quanto la gente ci spingerà”. Poi, altre parole sulle specificità di questa Inter imprevedibile, soprattutto in Champions: “Ha grande continuità, è molto solida e ha un’idea chiara di cosa bisogna fare in campo per vincere. Sanno dove portare le partite, sanno come prendersele: sarà fantastico giocare contro una squadra tanto matura”.

Il ko con l’Atalanta in finale di Europa League, unica macchiolina nel lenzuolo immacolato della scorsa stagione, poi la vittoria in questa edizione di Champions qui in casa col Milan di Fonseca. Insomma, anche Xabi Alonso ha identificato lì la chiave del successo nerazzurro: “In molti casi l’Inter è coperta nel doppio ruolo in mezzo. Valuto tutti i loro centrocampisti a un livello altissimo, non si tratta solo di essere top player ma di giocare in maniera collettiva e loro lo sanno fare: sanno come pressare alto, sanno giocare corto e lungo, sanno lavorare sulle transizioni e sulle rotazioni, che è una cosa tipica del calcio italiano e bella da studiare”.

Milan, chi al posto di Pulisic contro la Stella Rossa? Fonseca studia soluzioni

l Milan si prepara alla prossima partita di Champions League contro la Stella Rossa. Chi ci sarà al posto di Pulisic? Fonseca studia due o tre soluzioni in vista del match e per un finale di 2024 decisivo per i rossoneri

Come sulle montagne russe: salite e discese, up and down. Sbalzi improvvisi di prestazioni e di umori. L’equilibrio per ora è una chimera. Anche fuori dal campo. Tra le pieghe di vittorie e sconfitte, un arcipelago di asperità da smussare o gestire: il famoso cooling break di Roma, Leao in panca per 4 gare di fila, dirigenti non sempre presenti a Milanello, le polemiche arbitrali e le voci incontrollate e mai chiarite sul futuro della società divise tra Cardinale ed Elliott.

C’è da resettare tutto, al più presto. Perchè il finale del 2024 sarà decisivo. Per la Champions intanto, con la sfida di mercoledì contro la Stella Rossa, grande chance per i rossoneri di candidarsi per un posto tra le prime 8 in classifica, che vorrebbe dire passaggio diretto agli ottavi. E poi per il campionato con la striscia Genoa- Verona-Roma, occasione di risalire una classifica oggi pessima.

Nelle prossime ore si capirà quanto stara fuori Pulisic. Se giorni o se settimane. Pulisic, l’intoccabile di Fonseca. Titolare 5 su 5 in Champions. E sempre presente in campionato. I numeri raccontano del giocatore più decisivo e simbolo di questa squadra: 8 gol, 5 assist, ma soprattutto una capacità unica di adattarsi a differenti compiti richiesti da Fonseca, specie rispetto al passato. Chi al suo posto? Due le soluzioni, forse 3. Loftus trequartista centrale con Musah ancora esterno. Oppure Loftus con Chukwueze. Oppure, ipotesi abbastanza remota, Morata nel ruolo di Pulisic, con Abraham davanti e Musah esterno. Due allenamenti prima della sfida contro la Stella Rossa, che evoca ricordi magici. Ricordi di un Milan vincente e convincente. Era il Milan di Berlusconi e Sacchi.

La ThuLa, Taremi, Correa e… Inter, tutte le coppie di Inzaghi

Fin qui sono stati provati cinque tandem d’attacco diversi. Con Marcus e il Tucu a Verona sono arrivati tre gol e due assist. Tra campionato e coppa Simone è costretto a ruotare.

A San Valentino mancano ancora un paio di mesi, ma Inzaghi ha già la coppia perfetta. Lautaro e Thuram restano i trascinatori, i due fari, l’alfa e l’omega dell’attacco nerazzurro, ma dietro di loro c’è chi scalpita per inserirsi di prepotenza nella stretta di mano tra i due.

Taremi, Arnautovic e Correa sgomitano dietro la Thu-La, ma fin qui hanno segnato un gol a testa. Inzaghi fin qui ha provato cinque tandem d’attacco: Lautaro-Thuram, Thuram-Correa, Taremi-Thuram, Lautaro-Taremi e Taremi-Arnautovic. Quattro tentativi più uno.

Il calendario è fitto. Le partite da qui a fine anno sono tante. La preparazione è stata anche settata per non arrivare scarichi a metà giugno, quando ci sarà il Mondiale per club. Per questo Inzaghi sta cercando di capire la soluzione migliore dietro la ThuLa. Il Toro e Tikus, ovviamente, non si toccano. Giocheranno titolari e Parma e contro la Lazio, ma non in Champions, dove Simone ha provato tre soluzioni diverse: Taremi e Thuram contro il City, Taremi e Arnautovic contro Stella Rossa e Young Boys, Taremi e Lautaro contro Lipsia e Arsenal. L’iraniano ha segnato un gol e servito due assist in cinque partite. Ha giocato soprattutto da rifinitore e legato coi centrocampisti. Al Porto ha segnato 91 gol in quattro anni, ma nonostante un ottimo precampionato fin qui ha siglato una sola rete in 632 minuti stagionali.

Conceiçao, gol e assist. La Juve prepara 30 milioni per riscattarlo

Bianconeri pronti ad anticipare i tempi per assicurarsi l’esterno offensivo portoghese.

Dicembre è il mese di Francisco Conceiçao: il 14, giorno in cui la Juventus affronterà il Venezia all’Allianz Stadium per la sedicesima giornata di Serie A, il funambolico portoghese compirà 22 anni e per la prima volta spegnerà le candeline a Torino, città in cui sembrava dovesse essere solo di passaggio e che invece potrebbe diventare la sua fissa dimora.

Sempre a dicembre, entro la fine del mese e anche del 2024, il suo trasloco in bianconero potrebbe diventare definitivo. In attesa del mercato di gennaio, che si preannuncia scoppiettante, Chico sarà il regalo di Natale per Thiago Motta e per tutti i tifosi della Signora. Cristiano Giuntoli lo ha preso in prestito quest’estate ma ci ha messo poco a capire che era quello giusto e ora non vuole perdere tempo. Perciò il riscatto, che è già stato deciso, avverrà a breve, probabilmente prima dell’inizio del 2025. 

Sarà un’operazione da 30 milioni di euro, a cui andranno aggiunti i 7 (più 3 di bonus) sborsati ad agosto per il prestito oneroso. In totale 40 milioni per un ragazzo promettente e intelligente, che alla Juventus è diventato subito un punto fermo. In realtà l’uomo mercato della Juventus avrebbe già acquistato Conceiçao a titolo definitivo ad agosto se avesse avuto la disponibilità economica per farlo. In quel momento però i 30 milioni della clausola rescissoria erano troppi da poter tirare fuori subito, dopo una campagna acquisti decisamente dispendiosa (più di 100 milioni solo tra Douglas Luiz e Koopmeiners). Così Giuntoli, grazie all’aiuto di Jorge Mendes, agente di Chico ma soprattutto di Cristiano Ronaldo, è riuscito ad ottenere un prestito. Già in estate però Porto e Juventus si erano stretti la mano per un riscatto praticamente scontato entro la fine della stagione. Nel contratto non esiste alcuna clausola, si tratta di un accordo tra gentiluomini, in virtù dei buoni rapporti che ci sono tra i due club e anche grazie alla mediazione (fondamentale) di Mendes. 

Atalanta, Napoli e Inter, una lunga corsa a 3. Lo scudetto sarà affar loro

Le idee di Conte, i gol di Gasp e la solidità di Inzaghi: pregi e difetti delle favorite. Il triangolo, sì, lo dobbiamo considerare

Il triangolo, sì, lo dobbiamo considerare: Napoli, Atalanta e Inter. Vero che Fiorentina, Lazio e Juve sono lì, il Milan ci crede, la strada è lunga, gli scenari possono cambiare, ma, per quanto visto finora, per i valori, per l’esperienza di vertice, le candidature di Conte, Gasperini e Inzaghi appaiono più solide e promettono di resistere nel tempo.

La vittoria sul Torino ha aggiunto credibilità alle ambizioni del Napoli, non solo perché ottenuta nella sofferenza, come usa chi sa arrivare in fondo, e perché si è avuta la conferma che gli dei seguono Conte con simpatia (gol ciccato da Coco). Si è visto qualcosa di nuovo: Di Lorenzo e Olivera mai così accentrati in costruzione. In un’azione esemplare, erano al centro del campo spalla spalla, come due mezz’ali. Si sono scambiati la palla, poi Olivera è andato a raccogliere un cross nell’area granata.

È l’antica lezione guardiolesca del terzino Kimmich che diventa play, già sfruttata da Pioli e altri. È un modo intelligente per ovviare alla partenza di Zielinski e non lasciare solo Lobotka in regia, perché McTominay non è Zielu e resta alto nell’orbita di Lukaku. Non è la mossa in sé che importa, ma il fatto che Conte possa mettere a punto varianti tattiche in settimane di lavoro senza coppe.

La Juve ha cambiato 18 formazioni in 19 partite. E poi il valore della rosa. Conte ricorda spesso lo svantaggio di 41 punti nel torneo scorso. Ma quello era un Napoli dormiente. Bastava risvegliarlo, non rifondarlo, ridargli un’anima, riaccendere entusiasmo ed empatia, anche col popolo. In questo, Antonio è stato bravissimo. Ma 8 giocatori su 11 da scudetto ce li aveva in casa. Thiago Motta no. Se i terzini possono costruire, è perché è arrivato l’ottimo Buongiorno che con Rrahmani accetta serenamente il 2 contro 2. È partito Osimhen che dava più di Lukaku, certo, ma è arrivato McTominay che compensa.

Fonseca: “Maignan e Theo out col Sassuolo”. Leao probabile dal 1′, Fofana-Reijnders non riposano

L’allenatore rossonero sulla sfida contro la formazione di B: “Mike fuori per un intervento ai denti, Hernandez per una contusione a un piede”. La difesa cambia: Sportiello in porta, Terracciano a sinistra. I due centrocampisti ancora dentro dall’inizio. Camarda andrà in panchina.

“Dobbiamo essere ambiziosi. Se vogliamo andare in finale, che deve essere il nostro obiettivo, dobbiamo vincere domani. Il Milan non vince questo trofeo da tanto tempo”. Paulo Fonseca alla vigilia di Milan-Sassuolo di Coppa Italia manda un messaggio chiaro: il Milan vuole prendere sul serio la Coppa Italia. Dovrà farlo giocando gli ottavi di finale senza Mike Maignan e Theo Hernandez. “Maignan non ci sarà per un intervento ai denti – dice Fonseca -. Anche Theo non ci sarà per una contusione al piede. Gli altri sono tutti pronti per giocare. Io metterò in campo una squadra per vincere”.

La gestione certo è complicata. Il Milan giocherà a tre giorni di distanza la partita di Coppa Italia e quella di campionato contro l’Atalanta, una delle prove più complicate della stagione: “Se non gestiamo bene la squadra e i giocatori potremmo avere dei problemi fisici e questo non lo vogliamo. Io ho fiducia in tutti i giocatori, ci sarà qualche cambio, ma sempre con l’obiettivo di vincere la partita. Dobbiamo essere noi a prendere per mano i tifosi e la squadra lo ha fatto nell’ultima partita. Con i tifosi al nostro fianco siamo più forti”. E allora, la difesa cambierà parecchio, con Sportiello e Terracciano al posto dei due assenti. Quindi non Torriani, non Bartesaghi o Jimenez: non sono attesi giovani dall’inizio. In mezzo, Fofana e Reijnders titolari come in 10 delle ultime 11 di campionato: non riposano mai. Davanti a loro, ci sarà Loftus-Cheek da mezzala-trequartista.

In attacco Chukwueze e Abraham sono attesi dall’inizio, Camarda comincerà dalla panchina, ma il grande tema è Rafa Leao. Rafa, dopo la sua altalena di partite dall’inizio e in panchina, dovrebbe essere titolare, anche se resta in sospeso la situazione-Okafor, con Noah che ha saltato la partita di Empoli per influenza.