Allegri: “Locatelli e Vlahovic out col Lecce. Chiesa e Pogba? Se va bene torneranno col Verona”

L’allenatore della Juve: “Abbiamo comunque giocatori sufficienti per giocare una partita importante. I giovani? Non posso stravolgere tutto per una partita”. Il centrocampista assente per motivi personali

La Juventus continua a perdere pezzi. Per la ripartenza post eliminazione dalla Champions, Massimiliano Allegri sarà privo anche di Vlahovic e Locatelli: “Dusan ha ancora fastidio e Manuel domani non sarà a Lecce per motivi personali. Saremo in 16 più 3 portieri. Pogba e Chiesa al 99% non ci saranno nemmeno contro l’Inter. Nella migliore delle ipotesi li rivedremo per le ultime due partite prima della sosta contro Verona e Lazio”.

Allegri s’aspetta una reazione immediata dopo Lisbona: “Bisogna avere una reazione, questa rabbia post Champions bisogna portarsela dietro tutto il campionato. Il mio momento più difficile? In campionato siamo un po’ in ritardo, ma abbiamo il tempo per recuperare. Parlare di scudetto serve a poco, adesso pensiamo a rialzarci dalla batosta e alle ultime gare pre sosta. Concentriamoci sul Lecce e basta, pensare all’eventuale Europa League non avrebbe senso. Se serve, domani bisognerà fare anche una partita sporca. In contropiede sono pericolosi”.

Le difficoltà in campo si mischiano a quelle extra campo legate alla chiusura dell’inchiesta “Prisma” condotta dalla Procura di Torino: “Accerchiati? Il presidente ha rasserenato tutti, noi dobbiamo dare risposte sul campo a partire dalla partita contro il Lecce. Non trovo una parola per definire l’uscita dalla Champions, ma nessun alibi. Con i ‘se’ e i ‘ma’ non si va da nessuna parte e quando prendi decisioni non si ha la sfera di cristallo. Ma ci sono squadre che non si sono qualificate in Champions per 8 anni…”.

“In tutte le cose negative, c’è un risvolto positivo – conclude Allegri-. Il settore giovanile sta lavorando bene. Penso a Miretti, Fagioli, Iling, Soulé… Non è che per un giorno e per una partita cambierà tutto, ma magari qualche giovane giocherà contro il Lecce e porterà esuberanza”.

Kessie in Europa League, Gigio esce a vuoto. E i tifosi del Milan godono sui social

La settimana dei fan rossoneri è stata resa ancora più gustosa dagli stenti di due grandi ex. L’eccezione è Calhanoglu, che invece ha raggiunto gli ottavi con l’Inter.

Franck Kessie, volato a Barcellona dopo aver vinto lo scudetto, giocherà l’Europa League dopo l’eliminazione dalla Champions per mano dell’Inter. Gigio Donnarumma invece, nonostante un anno da titolare fisso con 18 partite e 9 clean sheet, ha chiuso la giornata di Champions con un paio di errori banali, uno di questi in uscita. Il Psg ha rifilato sette schiaffi al Maccabi Haifa e ha passato il turno, ma l’errore di Gigio non è passato inosservato, tant’è che diversi rossoneri l’hanno evidenziato sui social. “Ecco, la solita uscita di Donnarumma”. Con tanto di video incorporato. E ancora: “Uno dei portieri più sopravvalutati d’Europa”, “non è un grandissimo”, “ha molti limiti” e cose così. Commenti anche da parte dei francesi. Un po’ ingenerosi: Gigio ha 23 anni, è campione d’Europa in carica, gioca nel Psg e vanta più di 300 partite tra i pro’. Il suo addio al mondo Milan è una ferita aperta per i rossoneri, ma Maignan fa dormire tutti tranquilli.

L’unico neo della settimana perfetta del milanista, forse, è il passaggio del turno di Calhanoglu, già agli ottavi. Poco male: in virtù del poker alla Dinamo Zagabria basterà non perdere contro il Salisburgo all’ultima giornata per passare il turno (si gioca a San Siro). Al di là dei social e dei tifosi, comunque, il senso è che al Milan nessuno è indispensabile. I giocatori possono passare, ma la policy resta quella di sempre. Ingaggi contenuti, pochissime eccezioni (vedi Ibra), un monte stipendi base che non sfora i 4 milioni o giù di lì. Kessie, Donnarumma e Calhanoglu hanno lasciato il Duomo per via di questi paletti. Il Milan viene prima di tutto.

Vlahovic da valutare: verso uno stop col Lecce. Chiesa e Pogba, è ancora presto

Problema all’adduttore per il serbo a Lisbona, sospetto affaticamento, ma un turno di riposo era comunque previsto. Oltre ai lungodegenti, restano fuori Di Maria, De Sciglio, Bremer e Paredes

Dusan Vlahovic potrebbe saltare il prossimo match con il Lecce per precauzione, partendo dalla panchina. Il centravanti serbo ha chiesto il cambio a metà del secondo tempo di Lisbona per un fastidio all’adduttore: le prime sensazioni del post partita erano quelle di un semplice affaticamento. L’ex viola giunge però da diverse partite di fila in pochi giorni e nelle rotazione di reparto dovrebbe essere arrivato anche per lui il momento di rifiatare. Dopo tre panchine consecutive, chi si candida per una maglia da titolare invece è Arek Milik, reduce da un buon finale di gara contro il Benfica.

In terra salentina potrebbe esserci spazio anche per Perin, così da far rifiatare Szczesny. Mentre in difesa giocherà certamente Danilo, che poi salterà per squalifica la gara col Psg. Allegri non è che possa inventare molto in questo momento, anche perché la lista degli infortunati è lunga e nessuno di questi è prossimo al rientro. Neanche Chiesa e Pogba, che sperano nella prima convocazione per la settimana prossima: ma i buoni auspici dovranno andare di pari passo con i parametri di rendimento sui carichi di lavoro e con le sensazioni dei calciatori stessi. Ancora out tutti gli altri: Di Maria, De Sciglio, Bremer e Paredes.

La Juve sembra ormai aver trovato la sua migliore espressione col 3-5-2. A sostenere Kean e Milik ci sarà ancora Locatelli, poi occhio a qualche sorpresa in mezzo: con Fagioli desideroso di un’opportunità e Miretti pronto a dare seguito alla buona prova di Lisbona. Qualche chance nel corso del match potrebbe averla anche Soulé, così come Iling-Junior che è stata l’unica luce della serata buia in Portogallo. Rugani in corsa per tornare in campo come con l’Empoli, da valutare invece le condizioni di Bonucci e Cuadrado che nell’ultimo match non sono parsi lucidi. Dopo lo scarico odierno sarà tutto un po’ più chiaro da domani.

Benfica-Juventus, niente goal-line technology per un problema tecnico

La sfida del Da Luz (calcio d’inizio ore 21, diretta su Sky Sport) si giocherà senza la tecnologia della linea di porta a causa di un problema tecnico. “Putroppo non sarà possibile sostituire e installare un nuovo sistema in tempo” ha spiegato la UEFA in una nota. In caso di gol fantasma, l’arbitro potrà contare sul VAR e l’utilizzo della goal-line camera.

Benfica-Juventus si giocherà senza la goal-line technology. A darne l’annuncio è stata la UEFA con una nota a poche ore dall’inizio del match, previsto stasera alle 21 allo stadio Da Luz. “In vista della partita tra Benfica e Juventus – si legge – Il club di casa, all’insaputa della UEFA e del fornito UEFA della goal-line technology, ha commissionato dei lavori allo stadio Da Luz che hanno reso disfunzionale il sistema tecnologico della goal-line. Putroppo non sarà possibile sostituire e installare un nuovo sistema in tempo per il match e quindi la partita si disputerà senza l’utilizzo della goal-line technology, come previsto da regolamento della UEFA Champions League”. 

L’arbitro Srdjan Jovanovic, dunque, non avrà a disposizione la goal-line techonology a causa di un problema tecnico. Il direttore di gara, tuttavia, potrà contare sul VAR in caso di gol fantasma utilizzando la goal-line camera, una telecamera allineata con la linea di porta. In questo caso, l’analisi del gol/non gol viene fatta esattamente come se fosse un fuorigioco.

Tutti i casi di Roma-Napoli: rigore tolto dal Var, caos finale e corpo a corpo Karsdorp-Irrati

Prima dell’intervallo viene concesso un penalty fra le proteste di Mou, poi cancellato; nel finale pestone fortuito dell’arbitro al romanista, che reagisce. Attimi di tensione poi chiariti

Tre episodi che hanno generato non poche proteste durante Roma-Napoli, un susseguirsi di polemiche scattato in casa giallorossa dopo un intervento in ritardo di Lobotka su Pellegrini.

proseguito nel finale di primo tempo per un rigore inizialmente concesso ai partenopei e poi annullato dal Var e poi esploso nel finale con un teso faccia a faccia Karsdorp-Irrati a partita finita.

Il primo episodio si verifica al 27′ del big match dell’Olimpico: contrasto duro in mezzo al campo fra Stan Lobotka e Lorenzo Pellegrini. Il mediano del Napoli interviene in ritardo sul centrocampista dei giallorossi e della Nazionale, colpendolo con un pestone sulla caviglia. Il gioco prosegue, finché Kvara, dopo un tunnel splendido a Mancini, non mette fuori il pallone per permettere a Pellegrini di riprendersi. Applausi per la sportività del georgiano. Non mancano le proteste da parte della Roma però per la condotta arbitrale: manca almeno il giallo a Lobotka.

Al 37′ ancora veleni e stavolta siamo in piena area di rigore. Si tratta di un penalty concesso al Napoli: Ndombele sfonda in area e va giù dopo un contatto con Rui Patricio in uscita, Irrati indica il dischetto. Scoppiano le proteste dell’Olimpico, Mou fa segno ad ampi gesti che il penalty a suo dire è inesistente. Il direttore di gara è richiamato al Var e rivede l’episodio: il portiere giallorosso pare toccare il pallone in uscita. Il fischietto pistoiese torna sulla propria decisione e cancella il penalty: riso amaro di Spalletti, niente rigore per il Napoli.

Nel concitato finale invece è Karsdorp a fare scintille. L’olandese, a partita terminata, entra in contatto con Irrati, che nel frattempo espelle il preparatore atletico Rapetti. Poi il giocatore è stato vittima di un pestone involontario dell’arbitro proprio quando questi estraeva il rosso per Rapetti, che aveva anche litigato con la panchina del Napoli. Morale: Karsdorp ha spintonato l’arbitro per liberare il piede, tanto da spaventare chi si è accorto della scena, temendo che potesse rischiare una sanzione, perché le mani addosso a un direttore di gara non si possono mettere. Quello che giunge dal club, però, è la convinzione che Irrati abbia capito benissimo i motivi del terzino e che quindi non prenderà provvedimenti.

Torino da applausi a Udine: vittoria per 2-1 con super Pellegri

Segnano anche Ola Aina e Deulofeu. La squadra di Juric è la prima a imporsi nello stadio friulano in questa stagione

Un Toro bello e combattivo fa l’impresa, sbanca la Dacia Arena e infligge all’Udinese rivelazione stagionale la prima sconfitta casalinga del campionato. Il meritato blitz granata è un concentrato di tante cose: la corsa infinita di Lukic, la classe di Vlasic, gli assist di Miranchuk e Radonjic, le prove maiuscole di Schuurs e Buongiorno, la capacità di saper soffrire, il miracolo a tempo scaduto di Milinkovic. Poi soprattutto i gol: il primo è di Aina, in mezzo c’è il pari di Deulofeu, ma a far scoppiare di gioia la panchina granata è lo sfondamento di Pietro Pellegri. Dopo il gol in Coppa Italia di martedì, si regala il bis nella sua prima volta in questo campionato. Il Toro rientra a casa con una vittoria che mancava dal 5 settembre (1-0 al Lecce).

Quando si comincia, il copione che si poteva immaginare viene rispettato: Udinese aggressiva e con il baricentro alto grazie alla posizione avanzata dei suoi esterni, Torino compatto davanti alla linea a tre dei suoi difensori, con Aina e Lazaro particolarmente attenti a coprire gli inserimenti laterali dei friulani. Juric sceglie una versione di Toro molto più corazzata: dietro c’è il trio tutto muscoli Zima-Schuurs-Buongiorno, Pellegri è il centravanti. Sono centimetri in più essenziali contro questa Udinese dei giganti. Sottil non ha bisogno di regalare colpi di scena nell’undici di partenza: i suoi viaggiano forti, si presenta con il 3-5-2 concluso dalla coppia Success-Deulofeu. Il Toro contiene colpo su colpo l’avvio friulano, sorretto da un Lukic che firma un primo tempo di corsa e spessore: Sasa è l’uomo ovunque, capace dopo dieci minuti di un salvataggio strepitoso su Pereyra. L’Udinese non sfonda, il Toro comincia a trovare varchi centralmente e ad avere una buona regolarità sulle fasce. La prima vera occasione è dei granata: Silvestri respinge corto il tiro dalla distanza di Miranchuk, Lukic ribatte in curva (12’). Due minuti dopo la gara si stappa: Vlasic sfonda a sinistra vincendo il duello con Samardzic. Appoggio per Mirancjuk, assist per Aina che non sbaglia. Per Aina è il secondo gol in carriera in Serie A, a 21 mesi dall’ultima volta. Quella volta era stato il 10 febbraio 2019 proprio contro l’Udinese (Toro-Udinese 1-0).

La Spal di De Rossi è uno show: 5-0! Frosinone gode al 92′. Cannavaro e Inzaghi, che tonfi

I primi tre punti dell’ex Roma arrivano con una manita sul Cosenza. La Reggina passa da 0-3 a 2-3, ma non completa la rimonta interna col Perugia. Cade il Parma con il Sudtirol, che lo scavalca in classifica. A secco il nuovo tecnico del Benevento

Il match più atteso del primo pomeriggio è del Frosinone, che batte nel finale il Bari (in 10 per oltre 70’ dopo il rosso a Bellomo) con la zuccata di Borrelli. La squadra di Fabio Grosso è momentaneamente in vetta, mentre al Rigamonti il Brescia e il Venezia non vanno oltre l’1-1 sotto gli occhi di Ivan Ramiro Cordoba. Dopo il pari a Cittadella, la prima in casa di Daniele de Rossi è da sogno: la sua Spal è una furia sul Cosenza (5-0). Il ritorno in panca di Fabrizio Castori (al posto del dimissionario Silvio Baldini) porta i suoi frutti: al Granillo, in una sfida piena di emozioni, gli umbri ripartono per 3-2 e rompono la striscia negativa di quattro k.o di fila. Seconda sconfitta consecutiva per il Benevento di Fabio Cannavaro: il Como vince 2-1 in casa. Il Sudtirol di Bisoli (settimo risultati utile) passa di misura anche contro il Parma: a Bolzano la decide Nicolussi Caviglia.

In avvio, i padroni di casa provano a condurre una gara senza troppi sussulti, prima del rosso di Bellomo al 20’: gamba troppo alta quella del centrocampista su Lucioni. Dopo la revisione del Var, l’arbitro Perenzoni decide per il rosso. Il Bari non ci sta ed è comunque pericoloso, prima con una super azione individuale di Cheddira (respinge Turati), poi con Folorunsho, ma il tiro dai 25 metri dell’italo-nigeriano si spegne a lato. Nella ripresa, miracolo di Caprile sul tiro al volo di Frabotta. Il gol comunque arriva a un passo dalla fine: cross del centrocampista in prestito dalla Juve, Borrelli di testa la insacca e fa scoppiare di gioia lo Stirpe.

Tatarusanu, Maignan e la lista Champions: ecco come funziona

Il regolamento Uefa consente tre cambi: se i rossoneri centreranno gli ottavi, il francese potrebbe tornare a disposizione per le sfide di febbraio e marzo.

Il Milan sarà nelle mani di Tatarusanu per un altro po’. Forse addirittura fino a gennaio. Maignan si è fermato di nuovo per una lesione al soleo, sarà ricontrollato tra una decina di giorni e poi si vedrà. In ballo c’è anche il Mondiale. Al momento ipotesi, riflessioni, ma ciò che è certo che Pioli dovrò contare sul portiere romeno per un altro mese, soprattutto per le due sfide della grande coppa contro Dinamo Zagabria e Salisburgo, decisive ai fine delle qualificazione agli ottavi.

A tal proposito va fatta una precisazione. A settembre, dopo il primo infortunio, il Milan aveva sostituito il francese dalla lista Champions per far entrare proprio Tatarusanu, inizialmente escluso a favore di Mirante e Jungdal (lista B) per una questione legata alle liste. Pioli ha usufruito all’articolo 46 del regolamento Uefa relativo alla variazione delle rose, il quale permette di sostituire nella lista un portiere che per motivi medici abbia una prognosi di almeno 30 giorni di stop. Maignan avrebbe ripreso il suo posto tra i pali per la sfida del 25 ottobre contro la Dinamo Zagabria, la penultima del girone prima di Salisburgo.

Da qui la domanda: se il Milan dovesse qualificarsi agli ottavi, Maignan potrebbe essere reinserito a febbraio? La risposta è sì: in base al punto uno dell’articolo 46, consultabile sul sito della Uefa, una squadra può iscrivere un massimo di tre nuovi giocatori per le rimanenti partite della competizione. Il tutto non oltre il 2 febbraio 2023. L’importante è che la lista A abbia 25 giocatori. L’articolo 46.04 del regolamento, inoltre, dice che “un infortunio o una malattia è considerato a lungo termine se dura almeno 30 giorni dal giorno in cui si è verificato”. Nel caso di Maignan parliamo di un mese abbondante. Quindi, se la banda Pioli dovesse passare il girone e centrare gli ottavi, Maignan tornerebbe a disposizione per le sfide di febbraio e marzo. Una motivazione in più per vincere due partite.

Bremer è solo l’ultimo: Juve, per guai muscolari già fermi in otto, perse più di 20 partite

Il dettaglio caso per caso tra affaticamenti, lesioni e sovraccarichi: già colpito un terzo dell’organico, un’assenza e mezzo di media per ogni partita. Senza considerare gli infortuni traumatici che fin qui hanno privato Allegri di Chiesa e Pogba.

I giocatori della Juve continuano a cadere come foglie. La lesione al bicipite femorale della coscia sinistra che fermerà Gleison Bremer per tre settimane aggiorna il tassametro degli infortuni stagionali bianconeri. E se su quelli di natura traumatica spesso c’è poco da aggiungere, si prestano invece a molte più discussioni – soprattutto sulla bontà del lavoro fisico svolto – quelli di natura muscolare. Che con il brasiliano toccano quota otto giocatori colpiti, praticamente un terzo della rosa, in due soli mesi di stagione. Fuori scala.

Oltre al brasiliano al momento ai box ci sono Mattia De Sciglio, per una lesione al retto femorale della coscia destra che lo tiene fuori già da tre partite, e Angel Di Maria, adesso per una lesione al bicipite femorale della coscia destra che al momento gli ha fatto saltare una partita, ma quattro ne aveva già saltate tra agosto e settembre per una lesione all’adduttore della coscia sinistra. Una frequenza di infortuni di questo tipo il Fideo non ce l’aveva mai avuta in carriera.

Prima di loro era già toccato a Tek Szczesny, che per motivi muscolari (senza considerare il successivo guaio alla caviglia) ad agosto ha saltato due partite: lesione all’adduttore lungo della coscia sinistra. A Leonardo Bonucci, fuori tre partite a fine agosto per un affaticamento al flessore. A Manuel Locatelli, fuori tre partite a settembre per un affaticamento muscolare. Ad Adrien Rabiot, fuori tre partite nello stesso periodo per un sovraccarico al soleo del polpaccio sinistro. E ancora nel cuore di settembre ad Alex Sandro, due partite di stop per un problema all’adduttore.

Mettendo insieme i guai di tutti e otto in questi due mesi si arriva a 21 partite saltate per infortuni di natura muscolare su 14 partite giocate, una media di un’assenza e mezza a partita. Tenendo presente che De Sciglio salterà con ogni probabilità un’altra partita (con l’Empoli), Di Maria almeno altre tre (Empoli, Benfica e Lecce) e Bremer almeno altre quattro (Empoli, Benfica, Lecce e Psg), si arriverà a 29 gare di assenza, anche nell’auspicabile caso in cui non si aggiungessero altri infortuni.

Inter, Calhanoglu in stile Pirlo per una regia totale

Il centrocampista turco sta convincendo nella posizione che di solito spetta al collega croato. Che ora può recuperare senza ansie

Quando un centrocampista di grana fina viene preso per la maglietta e trascinato qualche metro più indietro, giusto lì in mezzo, la mente va di istinto all’esempio più luminoso del passato. Ad Andrea Pirlo, forgiato come regista lungo l’autostrada tra Brescia e Milano, L’ultimo ad aver fatto con successo un viaggio simile all’azzurro, da mezzala/trequartista a riferimento centrale, è proprio Hakan Calhanoglu in questa Inter cangiante. Il turco si è da poco ritrovato in posizione da regista, un po’ per caso e un po’ per necessità, ma si è subito sentito a suo agio come se non avesse mai fatto altro nella vita. Così il primo tratto di stagione, ampiamente sotto al suo standard, è stato cancellato.

Quando anche i flessori di Brozovic hanno ceduto, l’Inter ha iniziato ad affidarsi al giovane “vice” portato in nerazzurro nell’ultimo mercato. Kristjan Asllani ha fatto il play al posto del croato in campionato, ma ha avuto la sfortuna di provarci nel momento in cui la squadra di Inzaghi iniziava pericolosamente a sgonfiarsi. Quando l’Inter si è ritrovata di fronte a un burrone – di qua la caduta, di là la via della rinascita –, il tecnico ha scelto un nuovo regista: nell’andata contro il Barcellona ha tentato la celebre mossa alla Pirlo, ha strappato Hakan Calhanoglu al ruolo di mezzala creativa e lo ha messo in mezzo nel trio di centrocampo. Un regista di lotta e di governo proprio davanti ai palleggiatori stordenti venuti dalla Catalogna. La risposta è stata sbalorditiva e non solo per quel destro laser alle spalle di Ter Stegen che ha cambiato la stagione nerazzurra, ma per la calma olimpica e il dinamismo con cui ha gestito la serata. Non bastasse, si è ripetuto pure al Camp Nou in cui non ha segnato come all’andata, ma quasi: la rete dell’1-2 di Lautaro nasce da un suo cambio di gioco che aveva qualcosa di Pirlo. Ancora una volta il turco è stato tra i migliori, nonostante il ruolo (almeno in apparenza) non sia il suo. Se tre indizi fanno una prova, ecco poi la conferma definitiva da regista titolare contro la tenera Salernitana. Quasi un messaggio di Inzaghi: Calha non pare uno di passaggio in quelle zolle, anzi potrebbe pure restarci, anche a costo di cambiare lievemente i dosaggi all’interno della squadra. Lui e Mkhitaryan insieme alzano, infatti, esponenzialmente il livello del palleggio.