Cosa c’è dietro l’allarme di Inzaghi per la difesa dell’Inter

Tredici reti subite in 9 giornate, più della metà rispetto a quella incassate l’anno scorso in una stagione intera. Contro i bianconeri la conferma

I cinema di Milano hanno già programmato la prossima uscita: “Qualcosa è cambiato, il remake”. Previsto il tutto esaurito. Ma al posto degli occhi spiritati di Jack Nicholson c’è il volto preoccupato di Simone Inzaghi, guida e faro dell’Inter, uno che fino a oggi non aveva mai visto la sua squadra incassare quattro gol in una partita. Metamorfosi. La difesa bunker, un tempo fortino inespugnabile, quest’anno è stata violata più e più volte. L’ultima dalla Juventus.

Il conto dei gol incassati in campionato è salito a 13 in nove partite. La stagione scorsa sono stati solo 22. Sommer aveva tenuto alta la guardia in 19 occasioni, mentre stavolta è a quota tre. Gli errori individuali contro la Juventus impongono domande. La prima: com’è possibile che la storia recente dell’Inter prenda spunto da un romanzo di Louis Stevenson, Dottor Jekyll and Mister Hyde? In Champions non ha incassato neanche un gol. In campionato siamo già a 13. Una differenza netta a livello di attenzione. Dieci squadre infatti hanno incassato meno reti, tra cui Empoli, Udinese, Bologna, Monza, Milan, Fiorentina, Juventus, Lazio. Un passo indietro notevole rispetto all’annata scorsa.

Seconda domanda: come ha fatto un reparto così rodato a compromettere la sua solidità? Il secondo dei quattro gol incassati dall’Inter è il manifesto di questa difficoltà. McKennie si inserisce tra le linee e serve a Vlahovic l’assist dell’1-1. Il tutto senza pressione. De Vrij, uscito in pressing su Cambiaso qualche minuto prima, non chiude la diagonale e se la prende con Bastoni per aver lasciato l’uomo libero. Doppio errore. Il. serbo non è dell’azzurro, bensì dell’olandese, reo di lasciare un vuoto al centro della difesa. Inzaghi in sala stampa è stato vago: “Dobbiamo responsabilizzarci tutti. Ci sono degli errori che si ripetono. Vedi il 4-3 o il 4-4. Bisognava far meglio, ma non parlo di singoli”. Il problema è strutturale.

Motta sorprende: per Yildiz e Thuram rischio panchina, dentro Weah. Fiducia a Danilo

Il tecnico bianconero teme la catena di sinistra dell’Inter e pensa a una Juve senza dieci e con le doppie ali. Il turco diventerebbe una preziosissima arma a partita in corso

Più che una formazione è un rebus. “Tutti possono giocare domani, tutti possono essere titolari”: così Thiago Motta alla vigilia della sfida con l’Inter ha dribblato le domande sulla formazione. Nessuna certezza, nemmeno sul portiere, che a quanto pare non ha dato nemmeno ai suoi giocatori, con l’intento di tenere tutti sulla corda. Qualche cosa però si è intuito dalle prove fatte in questi giorni: il grande dubbio riguarda Kenan Yildiz, che per la seconda volta in questa stagione potrebbe partire dalla panchina (è successo solo contro il Cagliari, quando è entrato nel finale). Quindi niente trasloco alle spalle di Vlahovic, come Motta stesso aveva ipotizzato in conferenza stampa (“Kenan più vicino a Dusan? Perché no”), ma Weah alto a sinistra, con Conceiçao sull’altra corsia e Fagioli a fare il trequartista. Due ali vere in fascia per aumentare i cross per Vlahovic e anche per rendere più affollata l’area di rigore avversaria.

“L’Inter è, insieme al Napoli, la favorita per lo scudetto. Non lo penso io, lo dicono i fatti. Giocheremo contro una squadra forte, dobbiamo portare la partita dalla nostra parte”. Il tecnico bianconero teme i nerazzurri soprattutto sulla corsia di sinistra: “Chi giocherà lo vedremo – ha detto -, però da quella parte l’Inter attacca tanto, non solo con Dimarco ma anche con Bastoni e con Mkhitaryan quando gioca. Dobbiamo fare una grande prestazione sia in attacco sia in difesa”. Forse anche per questo Motta potrebbe tenere Chico a destra, per disturbare la spinta nerazzurra, con Weah a sinistra, dove duetterebbe con Cambiaso.

Anche a centrocampo ci sarà qualche novità: dovrebbe tornare Locatelli insieme a McKennie. Thuram garantisce intensità e fisicità ma Loca e Fagioli sono più utili per tenere il pallone. McKennie è un incursore, conosce i tempi degli inserimenti, può buttarsi in area e anche alternarsi con Fagioli tra le linee. Un centrocampo con questi uomini permette frequenti scambi di posizione, fondamentali per non dare punti di riferimento a una squadra che sa sfruttare bene la fase di riconquista del pallone. 

Casi arbitrali, scippi di mercato, baci rubati: il romanzo proibito di Inter-Juve

La versione milanese di una partita sopra le righe. Da Platini a Vidal, dal caso del mancato rosso a Pjanic allo “smack” di Vidal a Chiellini

oci a San Siro, i soliti sussurri e le solite grida del derby d’Italia. Inter e Juve nemiche odiatissime. Una rivalità che Calciopoli ha reso inconciliabile. Qui mettiamo in fila alcuni Inter-Juve. Una rinfrescata alla memoria della versione milanese di una partita che non avrà mai pace.

Una sequenza storica di Inter-Juve prende forma tra la fine dei 70 e la prima metà degli 80, quando la Serie A è il campionato più bello e più ricco. Inter-Juve 4-0 del novembre 1979, con tripletta di Spillo Altobelli e gol di Muraro. Inter-Juve 4-0 del novembre 1984, con doppietta di Kalle Rummenigge. Poco prima, aprile 1984, Inter-Juve 1-2 con gol di Michel Platini, partita che compare ne “Il ragazzo di campagna”, film cult di Renato Pozzetto. La protagonista femminile è una juventina devota a Platini e trascina in mezzo ai tifosi interisti il “povero” Pozzetto, inseguito poi dagli ultras. Le Roi come soggetto di ulteriore discordia: era stata l’Inter a contattare per prima il fuoriclasse francese nel 1979, ma era stato l’Avvocato Agnelli a convincerlo nella primavera del 1982. Di recente Platini con perfidia ha infilato il pallone nel sette: “L’Inter di oggi è una bella squadra, però gli amici mi dicono che ha tanti debiti”.

Il caso Ronaldo-Iuliano si consuma nel 1998 a Torino, al vecchio Delle Alpi, dunque non appartiene a questa rassegna, riservata agli Inter-Juve d Milano. L’ultimo Inter-Juve prima del grande scandalo si gioca il 12 febbraio 2006 e finisce 2-1 per la Signora. Gol di Ibrahimovic per la Juve, pareggio di Samuel. Poi Del Piero entra al posto di Ibra, segna la rete della vittoria con una gran punizione e mostra la linguaccia in stile Rolling Stones. Del Piero si toglie un sassolone: “Mentirei se dicessi che sono contento di non giocare”.

I dolori del giovane Rafa. Leao è deluso, il Milan chiama in aiuto Fonseca per sostenerlo

La società vuole recuperarlo e cerca conforto nell’allenatore. Ma per sabato il ballottaggio con Okafor è aperto

D ue sere fa è stato Noah a fare Leao, e Rafa a fare Okafor: quando il dieci rossonero stava sfilando, sostituito, verso la panchina, ecco il colpo di classe dell’ex attaccante del Salisburgo. Okafor veste la maglia 17 in onore di Leao, che la indossava prima di lui: e Rafa lo ha definito più volte un “fratellino” in onore alla loro grande amicizia. 

Quando Noah ha risolto la partita con il Bruges, con l’assist a Reijnders, Leao si è limitato ad alzare le braccia per poi sedersi in panchina. Per il gol (poi annullato) a Camarda tanto valeva rialzarsi e partecipare alla festa, che Rafa ha poi lasciato per primo. Subito negli spogliatoi mentre la squadra festeggiava sul campo e via da San Siro quando la partita era finita da meno di un quarto d’ora. Leao è uscito dallo stadio a testa bassa, zaino in spalla, in mano il beauty case, una maglietta del Bruges e ai piedi degli improbabili ciabattoni neri. Neri come l’umore: Rafa si rende conto di essere in un momento difficile, anche sfortunato. Il caso ha voluto che il Milan svoltasse in Champions un attimo dopo che era stato tirato fuori dal campo. E sì che fino a quel momento non aveva fatto mancare il proprio contributo offensivo. Con gli avversari stanchi però servivano forze fresche: il ragionamento di Fonseca sta tutto qui. Così come quattro giorni prima contro l’Udinese Rafa era rimasto novanta minuti seduto per via dello strano andamento della partita: con il Milan in dieci dalla mezzora c’era bisogno di piedi più allenati alla battaglia. Leao, per indole e per caratteristiche, è più portato per altro.

Berenbruch e Aidoo, aria di Champions: chi sono i ragazzi che Inzaghi ha portato a Berna

Le assenze di centrocampo spalancano le porte a due gioielli della Primavera.È nell’emergenza che spesso si trova il coraggio, quello che serve per dare un’occasione a tanta beata gioventù italiana. Adesso che a Simone Inzaghi si è di colpo ristretto il centrocampo, pescare dalla Primavera è una necessità: col tempo, però, potrebbe diventare pure un’arte. Oggi nella trasferta di Champions contro lo Young Boys qui a Berna, dalla panchina partono due piccole pietre preziose delle giovanili nerazzurre, una mezzala e un esterno con spirito europeo. “Berenbruch e Aidoo sono qui soltanto perché lo meritano…“, ha detto il tecnico nella conferenza di vigilia per aprire le porte di casa ai talentini 2005. Davanti hanno una testuggine, un reparto in cui è ardito pensare di farsi strada subito, ma lo studioso Thomas e il frizzante Mike conoscono la pazienza e sono qui per restare. 

Il cognome dalla dura pronuncia non inganni, Thomas Berenbruch è italianissimo come lo sono i genitori: se il nonno paterno arrivò qui dalla Germania, lui è nato a Milano e si è ritrovato felicemente all’Inter a 15 anni, pescato dal più umile Renate.

Nella Primavera ora allenata da Zanchetta, in cui abita da due anni, è la stella che ruba gli occhi, ma è soprattutto adesso che sta facendo parlare di sé oltre al recinto delle giovanili: a Roma era seduto per la prima volta in gara ufficiale in panchina con i grandi, e c’è mancato poco che non entrasse. Ha guardato da vicino i due idoli della prima squadra, Barella e Mkhitaryan, ma è soprattutto all’armeno che pare assomigliare: duttile da trequartista e da mezzala, classe che sgorga naturale con entrambi i piedi, non velocissimo ma inesauribile durante la partita. E ancora serio e applicato, dal sapore asciutto senza troppe meringhe, come aveva visto Inzaghi già durante la preparazione estiva.

Motta con Yildiz e Vlahovic all’assalto del terzo successo per ipotecare i playoff

Lo Stoccarda, che lascia tanti spazi, dopo Psv e Lipsia: 9 punti per la qualificazione. Lippi campione d’Europa ‘96 vinse le prime quattro di fila.

Non si erano lasciati bene la Juve e l’Europa. Champions ’22-23, quella con Napoli ai quarti, Milan in semifinale e Inter a contendere il successo al City. Niente coppe l’anno successivo: la Juve è squalificata per le plusvalenze. Il rientro a settembre in questa nuova Champions. Una partenza da bei tempi: 3-1 al Psv, 3-2 a Lipsia, in dieci, due volte sotto, un rigore disgraziato contro.

Si chiamano partite della svolta: il giorno dopo non è più lo stesso. Stasera c’è lo Stoccarda, inferiore ai bianconeri. Le partite della svolta segnano un’epoca. Come Borussia Dortmund-Juve 0-3 nel 2015, ancora Allegri in panchina: è quasi l’ok della torre di controllo verso la bella finale con il Barcellona. Come Borussia Dortmund-Juve 1-3 nel ’95: Del Piero segna uno dei gol della vita, la Juve di Lippi scopre di essere fortissima, sente di poter vincere la Champions. Succederà a Roma contro l’Ajax. Oggi c’è un’altra tedesca, lo Stoccarda, meno fascinosa di Dortmund e Lipsia, ma incrocio fondamentale per tornare la Juve d’Europa. 

La Juve di Thiago Motta, come quella di Lippi, non cambia strategia per gli avversari o se gioca in trasferta: vuole comandare, gestire palla, attaccare. Quella di Lippi resta nella storia per corsa, strapotere fisico e uno dei primi tridenti “ritornanti”: senza palla, Vialli e Ravanelli diventano quasi mediani di copertura, lasciando Del Piero più avanti. Un ciclo ineguagliabile, quattro stagioni e quattro finali consecutive: la prima in Coppa Uefa, le altre in Champions.In semifinale la Juve si sbarazza del Nantes. Quindi l’apoteosi all’Olimpico contro l’Ajax. Dieci partite per una coppa. Oggi ne servono minimo quindici. 

Inter, Dimarco va oltre il derby: “Stimo tanto Theo Hernandez. Ora mi insulteranno…”

L’esterno ha raccontato la sua fede nerazzurra: “La finale col City? La più grossa delusione a livello di club, ero morto. Ma non era il nostro momento”

“Ci sono giocatori come Theo Hernandez che io stimo tantissimo, anche se adesso mi insulteranno. Ma io lo stimo. Come altri giocatori di altre squadre. Da piccolo c’era Carlos, mi piaceva anche Maxwell”. Parola di Federico Dimarco, intervenuto al Bsmt, podcast di Gianluca Gazzoli, che a cuore aperto si è lasciato andare anche a questa dimostrazione di stima trasversale al derby di Milano.

È stata comunque l’occasione per ribadire la sua fede interista: “Sono l’ultimo dei predestinati. Devo tanto a quello che ho vissuto nel settore giovanile, quello che mi hanno insegnato le persone che ho incontrato. Sono cose che mi porto in campo e fuori”. E poi: “Se sento le gare di più? Forse troppo. Però negli anni ho imparato a gestire le emozioni. Il brivido più grande è stato per l’ultimo derby. Quando perdiamo, l’incazzatura mi passa dopo due o tre giorni, quando ci sono le tre partite in una settimana è più facile. Ovviamente giocare nell’Inter per me è bellissimo e cerco di dare il massimo. La maglia va trattata coi guanti ma lo penso veramente”. 

Roma-Inter, Inzaghi: “Lautaro da Pallone d’Oro. Calhanoglu penso si sia fermato in tempo”

Nerazzurri a -2 dal Napoli dopo la vittoria all’Olimpico, sfida analizzata da Simone Inzaghi: “Primo tempo equilibrato, potevamo raddoppiare ma siamo stati squadra”. Sui nuovi infortuni: “Calhanoglu non stava benissimo. Penso si sia fermato in tempo: il dolore non è peggiorato”. E su Lautaro che insegue il Pallone d’Oro: “Se lo merita, è tra i cinque giocatori più forti del mondo”.

Terza vittoria di fila in campionato, successo pesantissimo che mantiene l’Inter in scia del Napoli. Nerazzurri a -2 dalla vetta dopo l’1-0 imposto alla Roma, battuta all’Olimpico dal gol di Lautaro Martinez. Nonostante le assenze a centrocampo e gli infortuni muscolari di Calhanoglu e Acerbi, la squadra di Simone Inzaghi torna a vincere in trasferta. Ne ha parlato proprio l’allenatore dell’Inter: “Dobbiamo lavorare e migliorarci, abbiamo avuto delle difficoltà. La Roma è una squadra di qualità, ma noi siamo stati bravi. Primo tempo equilibrato, poi dopo il gol potevamo raddoppiare perché il risultato è rimasto in bilico. L’Olimpico è un campo difficile, sono contento dei ragazzi”. Sui problemi muscolari di Calhanoglu e Acerbi: “Avevamo già qualche problema in mezzo senza Zielinski e Asllani. Calhanoglu non stava benissimo: lui è generoso, penso si sia fermato in tempo. Il dolore è rimasto come prima della gara, non è peggiorato”.

Una vittoria ritrovata dall’Inter lontano da San Siro: “In casa stiamo avendo un buon ruolino, fuori ci mancavano i punti dopo i pareggi contro Genoa e Monza. Siamo stati squadra, questo è quello che conta di più”. Decisivo Lautaro Martinez che insegue il Pallone d’Oro: “Per vincerlo eve continuare a fare quanto ha fatto con Inter e Nazionale. Penso sia tra i primi 5 giocatori più forti del mondo. Se lo merita e io lo darei a tutti i ragazzi stasera”. Ora la Champions, poi il big match contro la Juventus: “Martedì mattina partiamo per Berna, dobbiamo prepararla nel migliore dei modi in un giorno e mezzo…”.

L’Inter si espande in Arabia Saudita e apre un’accademia. Zanetti: “Qui c’è passione”

I nerazzurri potranno contare sul supporto del Ministero degli Investimenti del Paese per estendere la presenza del proprio brand

L’Inter sbarca in Arabia Saudita. I nerazzurri hanno ottenuto la licenza MISA, essenziale per ogni azienda straniera che vuole operare a livello commerciale sul territorio (in particolare con gli enti governativi. E’ il primo club a farlo. Attraverso un comunicato, infatti, l’Inter ha ufficializzato questa nuova collaborazione che darà l’opportunità di aprire delle Academy nerazzurre in Arabia.

“Il Club nerazzurro – si legge nella nota pubblicata dal club –  potrà contare sul supporto del Ministero degli Investimenti dell’Arabia Saudita (MISA) per estendere ulteriormente la presenza del proprio brand in Middle East e per far crescere la propria fanbase di tifosi. Allo stesso tempo, l’Inter porterà nel paese il proprio know-how, i valori e l’esperienza che caratterizza un club di calcio ai massimi livelli, sostenendo il piano nazionale del Regno dell’Arabia Saudita per il 2030 (Vision 2030). Attraverso la promozione del talento e della cultura sportiva, il Club nerazzurro intende contribuire positivamente alle ambizioni del paese per il futuro”. L’ottenimento della licenza è stato ufficializzato mercoledì a Riyad presso la sede del MISA. Erano presenti il vicepresidente Javier Zanetti, il CEO Corporate Alessandro Antonello e il Chief Revenue Officer Luca Danovaro. 

Inter, elongazione per Zielinski: fuori due settimane. Salta Roma, Young Boys e Juve

Il centrocampista polacco si è fatto male in nazionale. Non prenderà parte alle prossime sfide e sarà valutato giorno per giorno

Inter dovrà fare a meno di Piotr Zielinski per un po’. Il centrocampista polacco, infortunatosi con la nazionale durante la sosta, ha rimediato “un’elongazione ai flessori della coscia destra”. Sarà valutato giorno per giorno, ma di sicuro salterà le prossime sfide contro Roma e Young Boys in programma tra domenica e martedì sera, oltre al Derby d’Italia del 27 ottobre.

Piotr Zielinski fin qui ha giocato sei partite tra campionato e coppe, due in Champions e quattro in Serie A. Senza lo stop di sicuro avrebbe trovato spazio in questo trittico di gare ravvicinate: Roma, Young Boys e ovviamente Juve, il 27 ottobre. Gli esami effettuati stamattina all’Humanitas di Rozzano hanno evidenziato un’elongazione. Barella, invece, è recuperato e sarà disponibile per la Roma. Durante la sosta ne ha approfittato per smaltire l’infortunio. Da capire se giocherà subito dal 1′. Sulla via del recupero definitivo anche Tajon Buchanan, infortunatosi durante la Coppa America giocata con il Canada in estate.