La lezione di Inzaghi a Lisbona: il palleggio che ha mandato in crisi Schmidt

Possesso palla ragionato e poi ripartenze: i nerazzurri hanno battuto il Benfica al Da Luz prima sedandolo e poi frustrandolo.

Sopire e troncare, Simone Inzaghi ha depotenziato il Benfica con una strategia manzoniana. Della partita di ieri sera al Da Luz si temeva molto l’aggressività subitanea del Benfica.

Ci si aspettava che i rossi di Roger Schmidt avrebbero azzannato l’Inter dal primo minuto con pressioni e ripartenze alte, in modo tale da affannarli, stordirli e colpirli. Per 45 minuti l’Inter ha però studiato e applicato la contromisura, un palleggio meditato, preciso, neppure velocissimo. Una circolazione di palla che ha devitalizzato e frustrato il pressing di riconquista di Roger Schmidt, il gegenpressing brevettato da Jurgen Klopp e fonte di ispirazione per molti allenatori di lingua tedesca, specie per quelli passati da Lipsia e Salisburgo.

Il dato complessivo sul possesso ci parla di un predominio benfiquista: 68,2% contro 31,8%, perché nella ripresa la partita è stata diversa. Nel primo tempo però il possesso se l’è preso l’Inter, 51,8% contro il 48,2% dei portoghesi ed è in questa fase che Inzaghi ha gettato le fondamenta della vittoria. La disputa sul possesso la conosciamo, c’è chi lo ritiene inutile ai fini della valutazione e della comprensione di un match. Sono posizioni estreme, assolutiste. In realtà il possesso può essere un’arma di seduzione e di sedazione. Il vecchio e un po’ paradossale assioma di Nils Liedholm – “Se la palla ce l’abbiamo noi, non ce l’hanno loro, e se noi riuscissimo a tenerla per 90 minuti, loro non segnerebbero mai” – conserva una ragione d’essere e la prima frazione interista al Da Luz lo dimostra. Con una costruzione dal basso neppure troppo rischiosa e con un palleggio riflessivo a salire, l’Inter per 45 minuti ha fatto girare a vuoto il Benfica, ne ha frustrato le pressioni e ne ha minimizzato i rischi. La squadra di Schmidt ha perso i riferimenti e i collegamenti. Gonçalo Ramos, il temutissimo centravanti, si è scoperto isolato, nelle fauci di Acerbi. Rafa Silva si muoveva come al solito su tutto il fronte della trequarti, però non era connesso con i compagni. Joao Mario sulla destra stressava Dimarco, ma interagiva né con Rafa Silva né con Ramos.

Inter, tifosi furiosi: squadra “finita”, Lukaku “imbarazzante” e Inzaghi “da esonero”

I principali bersagli dei tifosi nerazzurri, capaci di mantenere in tendenza per oltre 14 ore gli hashtag #Inter e #InterFiorentina, sono Inzaghi e Lukaku. Non si salva nemmeno una “bandiera” come Bastoni. A finire sul banco degli imputati, a conti fatti, è l’intero gruppo giudicato “al capolinea”.

Ma il principale imputato è senza dubbio il tecnico, oggetto di feroci attacchi e giudizi sferzanti. “Lo scorso anno l’Inter ha fatto sei mesi con la cattiveria figlia di Conte. Poi Inzaghi li ha liberati ed è venuta meno la gestione del gruppo. Se la partita comincia male – sottolineano in tanti – la squadra si sfalda, manca chi comanda”. Per qualcuno, “il progetto Inzaghi è finito. Stessi errori di sempre”. Tanto che, “a questo punto l’esonero è inevitabile”. L’immediato cambio in panchina è un desiderio che ricorre in numerosi tweet, con tanto di candidati: “Via Inzaghi, dentro Cambiasso per il finale di stagione, poi sarà quel che sarà”. Se il tecnico e il suo progetto sono considerati “finiti”, c’è però chi non dimentica la società, definita “assente”.

Se Inzaghi pare l’obiettivo principale della rabbia social nerazzurra, segue a ruota Lukaku, reo di essersi divorato almeno due occasioni clamorose.Nei confronti del belga, i tifosi iniziano a mostrare insofferenza, come se la pazienza fosse ormai esaurita, perché tanti ricordano le promesse e i buoni propositi di Big Rom dopo il suo ritorno a Milano. A dir la verità, a dimostrazione di come lo sconforto sia generalizzato nel popolo interista, c’è chi se la prende anche con una bandiera come Bastoni, ritenuto colpevole sul gol che ha condannato la truppa di Inzaghi al terzo tonfo consecutivo. “Si crede Beckenbauer e si fa uccellare da Bonaventura”, conclude qualcuno. Altri, invece, ne sottolineano “l’involuzione totale. Goffo e ingobbito. Delusione”.

Inter, le scelte di Inzaghi: in difesa c’è Darmian. Davanti Dzeko con Lautaro

Alla fine il tecnico ha deciso di non rischiare l’infortunato Skriniar. Acerbi preferito a De Vrij

I due dubbi, che Simone Inzaghi si era portato dietro nella notte, sono stati sciolti dopo la rifinitura del mattino, tenutasi nell’hotel del centro di Porto che ospita i nerazzurri.

Il tecnico dell’Inter, come sempre accade, ha aspettato il giorno della partita per decidere definitivamente e, per la sfida più importante e delicata dell’anno, ha votato per Darmian come centrale destro di difesa (con conseguente impiego di Dumfries nel ruolo di esterno a tutta fascia) e per Dzeko come partner di Lautaro Martinez, capitano questa sera. Insomma, tutto confermato secondo le indicazioni della vigilia. L’infortunio dello slovacco ha complicato parecchio i piani di Inzaghi in vista di questo ritorno contro il Porto, sia per l’importanza del difensore in una partita di enorme applicazione contro gli attaccanti portoghesi sia per le conseguenze di questa assenza sul resto della formazione. Lo slovacco, coccolato da allenatore e pure dal presidente, ha stretto i denti per esserci e alla fine si è deciso di non rischiarlo. Molto delicata anche la scelta della pedina del centravanti, visto il ballottaggio tra Dzeko, utile nella fase di cucitura del gioco ma a secco dalla Supercoppa Italiana vinta col Milan a Riad il 17 gennaio, e Lukaku, ancora lontano dai vecchi standard ma autore di un gol pesantissimo all’andata, che qui al Dragao dà un piccolo vantaggio iniziale ai nerazzurri.

Per il resto, confermate le indicazioni della vigilia: davanti a Onana, tornato tra i pali dopo la pausa di Spezia, Acerbi è preferito a De Vrij nel ruolo di centrale e Bastoni sta al suo solito posto sul centro sinistra. Se come detto sulla fascia destra c’è Dumfries, a sinistra riecco dopo l’infortunio Dimarco, il più temuto dalla squadra di Sergio Conceiçao. Nel trio di palleggiatori in mezzo non trova posto l’altalenante Brozovic di questa stagione: Calhanoglu, battagliero pure nella conferenza della vigilia contro i “provocatori” portoghesi, sarà ancora il regista, accompagnato ai lati da Barella e Mkhitaryan, alla sua 19esima partita di fila da titolare nonostante i 34 anni suonati. In ballo una ventina di milioni dal passaggio del turno e un pezzo grande così di stagione: Inzaghi per primo sa che il suo futuro passa da qui, da Porto.

Inter, è emergenza attacco: quando non segna Lautaro non si vince

La mancanza di continuità è il problema numero uno della stagione dell’Inter. E su questo sono tutti d’accordo. L’importante è capirne i motivi. Uno è sicuramente la mancanza di piani B da parte di Simone Inzaghi che, non solo non ammette deroghe dal suo 3-5-2, ma non ha nemmeno troppe alternative per mantenerlo in vita e alimentarlo nel corso della partita. Soprattutto davanti.

Con Correa funestato dai problemi fisici, ci sono solo tre punte di cui una, Lukaku, ha iniziato a vedere il campo con continuità solo da pochissimo tempo.  Sette sconfitte in 24 giornate, per una squadra che punta allo scudetto, sono decisamente troppe. Lo stesso numero di quelle della Juventus nella Serie A ’94/’95, la prima in cui la vittoria valeva tre punti. Quello, però, era il totale a fine campionato e non di poco più della metà. E, soprattutto, i bianconeri non avevano 18 punti di distacco dalla prima in classifica. Detto addio al tricolore, restano ancora tre obiettivi stagionali: andare avanti il più possibile in questa edizione di Champions, guadagnarsi un posto nella prossima e la Coppa Italia.

L’Inter sembra ormai Lautaro-dipendente. Dzeko si sta prendendo una pausa anche comprensibile, visto quanto ha dato finora. Nel 2023 ha trovato il gol solo in due occasioni: nella vittoria sulla capolista Napoli e nella finale di Supercoppa Italiana con il Milan. Forse ha pagato anche il continuo ballottaggio con Lukaku, che sta pian piano cercando di tornare a buoni livelli, anche se sembra difficile rivederlo al top, come nella stagione dello scudetto di Conte.

Il gol, insomma, sembra sempre più un affare legato a Lautaro. Dopo il già citato successo con il Napoli, in campionato l’Inter ha vinto quattro partite, ne ha perse due e ne ha pareggiate altrettante. In otto gare il Toro è andato a segno in sei occasioni nelle quali il bilancio è stato di quattro vittorie e un pareggio. Quando è rimasto a secco, i nerazzurri hanno perso due partite e ne hanno pareggiata una.

Inter, verso il derby di Supercoppa sulle spalle del miglior Lautaro di sempre

L’argentino, fresco campione del mondo in Qatar, ha affondato anche il Verona in un inizio di anno pazzesco: “Non sarà semplice, ma la nostra storia ci chiede di vincere”,Il 2023 dell’Inter è iniziato nel segno… del Toro.

Il 2023 dell’Inter è iniziato nel segno… del Toro. Ancora un gol di Lautaro, il numero 11 della sua stagione nerazzurra. L’argentino, campione del mondo in Qatar, è il capocannoniere della squadra, colui che la tira fuori dai momenti difficili. Martedì è stata sua la conclusione, deviata, che ha portato al pareggio a una manciata di secondi dalla fine, quando il Parma vedeva la clamorosa qualificazione ai quarti di Coppa Italia. Contro l’Hellas, invece, è stato ancora lui a indirizzare il match sui binari giusti per Inzaghi, dopo neppure 3′. Se il match con i gialloblù poteva essere complicato soprattutto sotto il profilo psicologico, il Toro ha dato ai suoi una bella spinta nella direzione giusta e da lì in poi la squadra ha tenuto rischiando praticamente zero.

A fine incontro Martinez non ha nascosto la sua soddisfazione e la sua fiducia in vista del futuro: “Possiamo ancora agganciare il Napoli – ha detto -, ma ora non possiamo più sbagliare. Dobbiamo conquistare tutti i punti che mancano da qui alla fine. Contro il Verona sapevamo che sarebbe stata una gara dura, tosta, perché loro giocano a uomo e ti fanno lanciare moltissimo. È stato importante trovare subito il vantaggio e poi controllare la loro reazione”. Il pensiero adesso vola alla Supercoppa italiana di mercoledì: “Sarà un derby, una finale e non mi aspetto una gara semplice. Dobbiamo però fare il nostro lavoro per aggiudicarci il trofeo. Per noi è un appuntamento importantissimo e bisogna continuare a vincere perché la nostra storia lo richiede. La qualità dei giocatori l’abbiamo e in questo momento gli unici pensieri devono essere riposare, prepararci bene e… riportare la coppa qua”. Finale sul post Mondiale: “Il mio atteggiamento deve essere sempre quello giusto e cerco di dare il massimo per aiutare la squadra e far felice la gente. È stato lo stesso atteggiamento che ho avuto in Qatar, ma mi portavo dietro da un mese un problema alla caviglia e non ero al top”.

Inter, Lukaku si ferma ancora: infiammazione dei tendini del ginocchio sinistro e niente Parma

In Coppa Italia fuori anche Calhanoglu e Barella. Inzaghi spera di riavere tutti per il Verona. Anche Handanovic ko

Messo alle spalle l’amaro pareggio di sabato sera a Monza, l’Inter si prepara al debutto stagionale in Coppa Italia da campione in carica: domani sera a San Siro arriva il Parma nel match valido per gli ottavi di finale.

Ma arrivano brutte notizie dall’infermeria: Romelu Lukaku è costretto a fermarsi ancora per una lieve infiammazione ai tendini del ginocchio sinistro. Simone Inzaghi dovrà fare a meno anche di Calhanoglu e Barella, usciti anzitempo dall’U-Power Stadium rispettivamente per indolenzimento allo psoas e all’adduttore: con un centrocampo già privo di Brozovic, il tecnico nerazzurro incrocia le dita sperando non ci siano lesioni e confida di avere i due a disposizione, oltre a Lukaku, per la gara di sabato sera a San Siro contro il Verona. E soprattutto per il derby di Supercoppa in programma tra nove giorni che vale il primo trofeo della stagione.

E in casa nerazzurra si ferma anche Samir Handanovic. Il portiere si è sottoposto quest’oggi a esami clinici-strumentali, presso l’Istituto Humanitas di Rozzano, che hanno evidenziato un risentimento muscolare al soleo della gamba sinistra. Le sue condizioni saranno rivalutate nei prossimi giorni. Contro il Parma spazio ad Asllani in regia al posto di Calhanoglu e Gagliardini per Barella, come successo a gara in corso contro il Monza. Senza i risultati sperati. In Coppa Italia Inzaghi ricorrerà a un massiccio turnover. L’attacco a questo punto dovrebbe essere affidato alla coppia argentina Lautaro-Correa. Lukaku aveva bisogno come non mai di mettere minuti nelle gambe per ritrovare la forma e l’esplosività di un tempo dopo il lungo infortunio ma ora è costretto a fermarsi ancora. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, già durante la gara con il Napoli Big Rom ha accusato una lieve infiammazione del tendine. E a Monza non è entrato in campo con i compagni della panchina per il riscaldamento ma soltanto dopo 15′ e aver completato le sedute di massaggi negli spogliatoi. Segnali di una condizione ancora precaria.

Le parole di Julio Cesar, gli infortuni, la risalita: Brazao è tornato. L’Inter…

Minuto 34 del secondo tempo di Betis-Inter: Gabriel Brazao entra al posto di Samir Handanovic. Poco più di 10 minuti di un’amichevole che potrebbero significare nulla, ma che per il portiere brasiliano devono essere sembrati un sogno, dopo 2 anni passati più in infermeria che sul campo: la sua ultima partita ufficiale risaliva infatti al 15 dicembre 2020, al match di Coppa del Re giocato con la maglia dell’Albacete contro il Coria. Da lì in poi sarebbe iniziato il lungo calvario di Brazao, e le gioia mostrata ieri sera era evidente: un successo personale che avrà fatto di sicuro felice anche Julio Cesar, da sempre suo mentore e suo primo sponsor.

L’incubo di Brazao era iniziato nell’agosto del 2021: tornato all’Inter dopo il prestito in Spagna all’Albacete, il portiere brasiliano rimediò la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Stagione praticamente finita, quando tutto lasciava pensare a un trasferimento in Serie B per proseguire nel suo percorso di crescita. A gennaio del 2022 la decisione di rimandarlo in Brasile, nel “suo” Cruzeiro, con la speranza che l’aria di casa potesse rilanciarlo con serenità. Ma la sfortuna ha voluto accanirsi nuovamente sul classe 2000: a maggio, quando ormai era pronto per ri-debuttare con il club brasiliano, arrivò la seconda rottura del crociato, ma questa volta del ginocchio sinistro. A quel punto il triste rientro a Milano, per riprendere con la riabilitazione sotto lo sguardo dello staff medico nerazzurro.

Prelevato dall’Inter nel gennaio del 2019, in sinergia con il Parma, dopo aver brillato nel vivaio del Cruzeiro e con le selezioni giovanili del Brasile, Brazao è sotto contratto con i nerazzurri fino al 30 giugno 2024. A soli 22 anni, con tutto quello che ha già passato, il pupillo di Julio Cesar ha solo voglia di tornare a fare quello che ama di più: giocare a calcio.

Mondiali, Belgio: Lukaku ancora out, salterà le prime due gare

Niente allenamento per l’attaccante dell’Inter: dovrà rinunciare al debutto di mercoledì contro il Canada e alla successiva sfida contro il Marocco

Romelu Lukaku tiene in ansia il Belgio. L’attaccante dell’Inter, reduce da un infortunio che lo ha tenuto fuori in questi mesi, continua la sua rincorsa ai Mondiali ma non sarà a disposizione del ct Martinez sia per la gara d’esordio di mercoledì contro il Canada sia per quella successiva contro il Marocco. BigRom ha infatti svolto solo lavoro differenziato anche nella seduta odierna di allenamento in cui, oltre a lui, mancava solamente Meunier, alle prese con i postumi della rottura dello zigomo che si era procurato lo scorso 19 ottobre in una gara del suo Dortmund. 

A questo punto, l’obiettivo, a meno di ulteriori complicazioni, è quello di avere a disposizione Lukaku per la terza gara dei Mondiali, quella sulla carta più difficile, in programma l’1 dicembre contro la Croazia. Il problema non è soltanto poter aiutare la sua Nazionale nel girone di qualificazione, obiettivamente alla portata del Belgio, quanto tornare in forma per la fase a eliminazione diretta, mettendo minuti nelle gambe. 

Tanto più che il Belgio, a tre giorni dalla prima Mondiale, è reduce dalla sconfitta in amichevole contro l’Egitto, non esattamente il miglior modo per approcciare una competizione in cui la nazionale di Martinez è chiamata a dimostrare la definitiva maturazione dopo aver di fatto fallito l’appuntamento Europeo. Logico, in questo senso, che Lukaku possa rappresentare il centro gravitazionale di una squadra talentuosa ma mai davvero in grado di competere per un grande successo. Il Belgio non forzerà i tempi, ma il rientro di BigRom è assolutamente necessario. Nei prossimi giorni si capirà quanto il suo rientro in campo sia davvero possibile e vicino. 

L’impresa dell’Inter di Stramaccioni: la prima a vincere allo Stadium

Il 3 novembre del 2012 i nerazzurri condannarono la Juve al primo k.o. assoluto nel nuovo impianto, ponendo fine a una striscia positiva di 49 partite

L’Inter che andò a Torino a sfidare quella Juve imbattuta da 49 incontri era una squadra affamata e spinta non solo da una forte motivazione. In quell’Inter c’erano anche dosi massicce di sicurezza e convinzione acquisite giorno dopo giorno, fino ad accumulare un’imbattibilità di otto partite (che sarebbero poi diventate 10 firmando il nuovo primato per un tecnico nerazzurro). Tra i protagonisti di quell’impresa, confezionata grazie a una ripresa coi fiocchi, c’è ancora un “reduce”, vale a dire Handanovic, che quel giorno prese gol (da Vidal) dopo nemmeno 1’. Un inizio da incubo, peraltro viziato da un fuorigioco non segnalato ad Asamoah, a cui però i nerazzurri risposero sfoderando una prova di carattere, merito anche delle mosse di Strama. La sveglia e soprattutto le mosse del tecnico romano mutarono drasticamente le sorti della sfida a favore dei nerazzurri, complice anche la furia del Principe Milito: l’argentino ribaltò il risultato tra il 58’ e il 75’, prima conquistandosi e realizzando un rigore, poi sfruttando un tiro respinto di Guarin (inserito sei minuti prima al posto di Cassano). L’ingresso del colombiano e gli accorgimenti tattici di Strama stravolsero gli equilibri in campo. Poi, una manciata di minuti prima del fischio finale, arrivò anche la zampata di Palacio per suggellare un’impresa che rilanciava prepotentemente le ambizioni nerazzurre in chiave scudetto, con un’Inter seconda proprio dietro ai bianconeri di Antonio Conte. Ma qualcosa andò storto. Qualche sconfitta di troppo (sei nelle successive 14 giornate) e i numerosi infortuni di inizio anno fecero scivolare i nerazzurri fino al 9° posto finale segnando anche il destino di Stramaccioni.

Inter, Calhanoglu in stile Pirlo per una regia totale

Il centrocampista turco sta convincendo nella posizione che di solito spetta al collega croato. Che ora può recuperare senza ansie

Quando un centrocampista di grana fina viene preso per la maglietta e trascinato qualche metro più indietro, giusto lì in mezzo, la mente va di istinto all’esempio più luminoso del passato. Ad Andrea Pirlo, forgiato come regista lungo l’autostrada tra Brescia e Milano, L’ultimo ad aver fatto con successo un viaggio simile all’azzurro, da mezzala/trequartista a riferimento centrale, è proprio Hakan Calhanoglu in questa Inter cangiante. Il turco si è da poco ritrovato in posizione da regista, un po’ per caso e un po’ per necessità, ma si è subito sentito a suo agio come se non avesse mai fatto altro nella vita. Così il primo tratto di stagione, ampiamente sotto al suo standard, è stato cancellato.

Quando anche i flessori di Brozovic hanno ceduto, l’Inter ha iniziato ad affidarsi al giovane “vice” portato in nerazzurro nell’ultimo mercato. Kristjan Asllani ha fatto il play al posto del croato in campionato, ma ha avuto la sfortuna di provarci nel momento in cui la squadra di Inzaghi iniziava pericolosamente a sgonfiarsi. Quando l’Inter si è ritrovata di fronte a un burrone – di qua la caduta, di là la via della rinascita –, il tecnico ha scelto un nuovo regista: nell’andata contro il Barcellona ha tentato la celebre mossa alla Pirlo, ha strappato Hakan Calhanoglu al ruolo di mezzala creativa e lo ha messo in mezzo nel trio di centrocampo. Un regista di lotta e di governo proprio davanti ai palleggiatori stordenti venuti dalla Catalogna. La risposta è stata sbalorditiva e non solo per quel destro laser alle spalle di Ter Stegen che ha cambiato la stagione nerazzurra, ma per la calma olimpica e il dinamismo con cui ha gestito la serata. Non bastasse, si è ripetuto pure al Camp Nou in cui non ha segnato come all’andata, ma quasi: la rete dell’1-2 di Lautaro nasce da un suo cambio di gioco che aveva qualcosa di Pirlo. Ancora una volta il turco è stato tra i migliori, nonostante il ruolo (almeno in apparenza) non sia il suo. Se tre indizi fanno una prova, ecco poi la conferma definitiva da regista titolare contro la tenera Salernitana. Quasi un messaggio di Inzaghi: Calha non pare uno di passaggio in quelle zolle, anzi potrebbe pure restarci, anche a costo di cambiare lievemente i dosaggi all’interno della squadra. Lui e Mkhitaryan insieme alzano, infatti, esponenzialmente il livello del palleggio.