Inter, Lukaku si ferma ancora: infiammazione dei tendini del ginocchio sinistro e niente Parma

In Coppa Italia fuori anche Calhanoglu e Barella. Inzaghi spera di riavere tutti per il Verona. Anche Handanovic ko

Messo alle spalle l’amaro pareggio di sabato sera a Monza, l’Inter si prepara al debutto stagionale in Coppa Italia da campione in carica: domani sera a San Siro arriva il Parma nel match valido per gli ottavi di finale.

Ma arrivano brutte notizie dall’infermeria: Romelu Lukaku è costretto a fermarsi ancora per una lieve infiammazione ai tendini del ginocchio sinistro. Simone Inzaghi dovrà fare a meno anche di Calhanoglu e Barella, usciti anzitempo dall’U-Power Stadium rispettivamente per indolenzimento allo psoas e all’adduttore: con un centrocampo già privo di Brozovic, il tecnico nerazzurro incrocia le dita sperando non ci siano lesioni e confida di avere i due a disposizione, oltre a Lukaku, per la gara di sabato sera a San Siro contro il Verona. E soprattutto per il derby di Supercoppa in programma tra nove giorni che vale il primo trofeo della stagione.

E in casa nerazzurra si ferma anche Samir Handanovic. Il portiere si è sottoposto quest’oggi a esami clinici-strumentali, presso l’Istituto Humanitas di Rozzano, che hanno evidenziato un risentimento muscolare al soleo della gamba sinistra. Le sue condizioni saranno rivalutate nei prossimi giorni. Contro il Parma spazio ad Asllani in regia al posto di Calhanoglu e Gagliardini per Barella, come successo a gara in corso contro il Monza. Senza i risultati sperati. In Coppa Italia Inzaghi ricorrerà a un massiccio turnover. L’attacco a questo punto dovrebbe essere affidato alla coppia argentina Lautaro-Correa. Lukaku aveva bisogno come non mai di mettere minuti nelle gambe per ritrovare la forma e l’esplosività di un tempo dopo il lungo infortunio ma ora è costretto a fermarsi ancora. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, già durante la gara con il Napoli Big Rom ha accusato una lieve infiammazione del tendine. E a Monza non è entrato in campo con i compagni della panchina per il riscaldamento ma soltanto dopo 15′ e aver completato le sedute di massaggi negli spogliatoi. Segnali di una condizione ancora precaria.

Le parole di Julio Cesar, gli infortuni, la risalita: Brazao è tornato. L’Inter…

Minuto 34 del secondo tempo di Betis-Inter: Gabriel Brazao entra al posto di Samir Handanovic. Poco più di 10 minuti di un’amichevole che potrebbero significare nulla, ma che per il portiere brasiliano devono essere sembrati un sogno, dopo 2 anni passati più in infermeria che sul campo: la sua ultima partita ufficiale risaliva infatti al 15 dicembre 2020, al match di Coppa del Re giocato con la maglia dell’Albacete contro il Coria. Da lì in poi sarebbe iniziato il lungo calvario di Brazao, e le gioia mostrata ieri sera era evidente: un successo personale che avrà fatto di sicuro felice anche Julio Cesar, da sempre suo mentore e suo primo sponsor.

L’incubo di Brazao era iniziato nell’agosto del 2021: tornato all’Inter dopo il prestito in Spagna all’Albacete, il portiere brasiliano rimediò la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Stagione praticamente finita, quando tutto lasciava pensare a un trasferimento in Serie B per proseguire nel suo percorso di crescita. A gennaio del 2022 la decisione di rimandarlo in Brasile, nel “suo” Cruzeiro, con la speranza che l’aria di casa potesse rilanciarlo con serenità. Ma la sfortuna ha voluto accanirsi nuovamente sul classe 2000: a maggio, quando ormai era pronto per ri-debuttare con il club brasiliano, arrivò la seconda rottura del crociato, ma questa volta del ginocchio sinistro. A quel punto il triste rientro a Milano, per riprendere con la riabilitazione sotto lo sguardo dello staff medico nerazzurro.

Prelevato dall’Inter nel gennaio del 2019, in sinergia con il Parma, dopo aver brillato nel vivaio del Cruzeiro e con le selezioni giovanili del Brasile, Brazao è sotto contratto con i nerazzurri fino al 30 giugno 2024. A soli 22 anni, con tutto quello che ha già passato, il pupillo di Julio Cesar ha solo voglia di tornare a fare quello che ama di più: giocare a calcio.

Mondiali, Belgio: Lukaku ancora out, salterà le prime due gare

Niente allenamento per l’attaccante dell’Inter: dovrà rinunciare al debutto di mercoledì contro il Canada e alla successiva sfida contro il Marocco

Romelu Lukaku tiene in ansia il Belgio. L’attaccante dell’Inter, reduce da un infortunio che lo ha tenuto fuori in questi mesi, continua la sua rincorsa ai Mondiali ma non sarà a disposizione del ct Martinez sia per la gara d’esordio di mercoledì contro il Canada sia per quella successiva contro il Marocco. BigRom ha infatti svolto solo lavoro differenziato anche nella seduta odierna di allenamento in cui, oltre a lui, mancava solamente Meunier, alle prese con i postumi della rottura dello zigomo che si era procurato lo scorso 19 ottobre in una gara del suo Dortmund. 

A questo punto, l’obiettivo, a meno di ulteriori complicazioni, è quello di avere a disposizione Lukaku per la terza gara dei Mondiali, quella sulla carta più difficile, in programma l’1 dicembre contro la Croazia. Il problema non è soltanto poter aiutare la sua Nazionale nel girone di qualificazione, obiettivamente alla portata del Belgio, quanto tornare in forma per la fase a eliminazione diretta, mettendo minuti nelle gambe. 

Tanto più che il Belgio, a tre giorni dalla prima Mondiale, è reduce dalla sconfitta in amichevole contro l’Egitto, non esattamente il miglior modo per approcciare una competizione in cui la nazionale di Martinez è chiamata a dimostrare la definitiva maturazione dopo aver di fatto fallito l’appuntamento Europeo. Logico, in questo senso, che Lukaku possa rappresentare il centro gravitazionale di una squadra talentuosa ma mai davvero in grado di competere per un grande successo. Il Belgio non forzerà i tempi, ma il rientro di BigRom è assolutamente necessario. Nei prossimi giorni si capirà quanto il suo rientro in campo sia davvero possibile e vicino. 

L’impresa dell’Inter di Stramaccioni: la prima a vincere allo Stadium

Il 3 novembre del 2012 i nerazzurri condannarono la Juve al primo k.o. assoluto nel nuovo impianto, ponendo fine a una striscia positiva di 49 partite

L’Inter che andò a Torino a sfidare quella Juve imbattuta da 49 incontri era una squadra affamata e spinta non solo da una forte motivazione. In quell’Inter c’erano anche dosi massicce di sicurezza e convinzione acquisite giorno dopo giorno, fino ad accumulare un’imbattibilità di otto partite (che sarebbero poi diventate 10 firmando il nuovo primato per un tecnico nerazzurro). Tra i protagonisti di quell’impresa, confezionata grazie a una ripresa coi fiocchi, c’è ancora un “reduce”, vale a dire Handanovic, che quel giorno prese gol (da Vidal) dopo nemmeno 1’. Un inizio da incubo, peraltro viziato da un fuorigioco non segnalato ad Asamoah, a cui però i nerazzurri risposero sfoderando una prova di carattere, merito anche delle mosse di Strama. La sveglia e soprattutto le mosse del tecnico romano mutarono drasticamente le sorti della sfida a favore dei nerazzurri, complice anche la furia del Principe Milito: l’argentino ribaltò il risultato tra il 58’ e il 75’, prima conquistandosi e realizzando un rigore, poi sfruttando un tiro respinto di Guarin (inserito sei minuti prima al posto di Cassano). L’ingresso del colombiano e gli accorgimenti tattici di Strama stravolsero gli equilibri in campo. Poi, una manciata di minuti prima del fischio finale, arrivò anche la zampata di Palacio per suggellare un’impresa che rilanciava prepotentemente le ambizioni nerazzurre in chiave scudetto, con un’Inter seconda proprio dietro ai bianconeri di Antonio Conte. Ma qualcosa andò storto. Qualche sconfitta di troppo (sei nelle successive 14 giornate) e i numerosi infortuni di inizio anno fecero scivolare i nerazzurri fino al 9° posto finale segnando anche il destino di Stramaccioni.

Inter, Calhanoglu in stile Pirlo per una regia totale

Il centrocampista turco sta convincendo nella posizione che di solito spetta al collega croato. Che ora può recuperare senza ansie

Quando un centrocampista di grana fina viene preso per la maglietta e trascinato qualche metro più indietro, giusto lì in mezzo, la mente va di istinto all’esempio più luminoso del passato. Ad Andrea Pirlo, forgiato come regista lungo l’autostrada tra Brescia e Milano, L’ultimo ad aver fatto con successo un viaggio simile all’azzurro, da mezzala/trequartista a riferimento centrale, è proprio Hakan Calhanoglu in questa Inter cangiante. Il turco si è da poco ritrovato in posizione da regista, un po’ per caso e un po’ per necessità, ma si è subito sentito a suo agio come se non avesse mai fatto altro nella vita. Così il primo tratto di stagione, ampiamente sotto al suo standard, è stato cancellato.

Quando anche i flessori di Brozovic hanno ceduto, l’Inter ha iniziato ad affidarsi al giovane “vice” portato in nerazzurro nell’ultimo mercato. Kristjan Asllani ha fatto il play al posto del croato in campionato, ma ha avuto la sfortuna di provarci nel momento in cui la squadra di Inzaghi iniziava pericolosamente a sgonfiarsi. Quando l’Inter si è ritrovata di fronte a un burrone – di qua la caduta, di là la via della rinascita –, il tecnico ha scelto un nuovo regista: nell’andata contro il Barcellona ha tentato la celebre mossa alla Pirlo, ha strappato Hakan Calhanoglu al ruolo di mezzala creativa e lo ha messo in mezzo nel trio di centrocampo. Un regista di lotta e di governo proprio davanti ai palleggiatori stordenti venuti dalla Catalogna. La risposta è stata sbalorditiva e non solo per quel destro laser alle spalle di Ter Stegen che ha cambiato la stagione nerazzurra, ma per la calma olimpica e il dinamismo con cui ha gestito la serata. Non bastasse, si è ripetuto pure al Camp Nou in cui non ha segnato come all’andata, ma quasi: la rete dell’1-2 di Lautaro nasce da un suo cambio di gioco che aveva qualcosa di Pirlo. Ancora una volta il turco è stato tra i migliori, nonostante il ruolo (almeno in apparenza) non sia il suo. Se tre indizi fanno una prova, ecco poi la conferma definitiva da regista titolare contro la tenera Salernitana. Quasi un messaggio di Inzaghi: Calha non pare uno di passaggio in quelle zolle, anzi potrebbe pure restarci, anche a costo di cambiare lievemente i dosaggi all’interno della squadra. Lui e Mkhitaryan insieme alzano, infatti, esponenzialmente il livello del palleggio.

Inter in scioltezza con la Salernitana: Lautaro e Barella ancora a segno

Un gol per tempo e nerazzurri sempre in controllo. Tante le occasioni da gol per la squadra di Inzaghi, che prosegue il buon momento dopo la doppia sfida col Barcellona

Niente cali di concentrazione dopo l’impresa di Barcellona. Trascinata da Lautaro e Barella, eroi anche della notte del Camp Nou, l’Inter batte la Salernitana e, in attesa di Napoli-Bologna, accorcia (momentaneamente?) dalla vetta della classifica. Adesso i successi consecutivi in Serie A sono due e la crisi culminata con il ko post sosta a San Siro contro la Roma sembra solo un ricordo. Anche perché il gioco è di nuovo fluido grazie all’ottimo momento di Calhanoglu, vice Brozovic di lusso. L’affermazione contro i campani, poco convinti e per niente convincenti, non è mai in dubbio: niente goleada come la scorsa stagione (doppio 5-0), ma risultato comunque “pesante” in ottica futura. Perché trasmette convinzione alla squadra ancora priva di Lukaku (domani gli esami) e perché permette di preparare nel migliore dei modi la trasferta di sabato a Firenze.

Di fronte allo sguardo del neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, Inzaghi inizia con la stessa formazione che ha pareggiato al Camp Nou, eccezion fatta per Acerbi al posto di Bastoni. Solo panchina per Asllani perché non si può rinunciare alla regia di Calhanoglu o agli inserimenti di Mkhitaryan. Nicola, senza Radovanovic, Fazio e Maggiore, ha anche Bohinen non al top (e in panchina), ma non cambia modulo rispetto alla vittoria di domenica contro il Verona: avanti con il 3-5-2 nel quale Vilhena ha il compito di non far ragionare il turco. Senza alzare i giri del motore, i nerazzurri comandano la partita fin dall’inizio: niente pressione feroce, ma presidio attento di tutti gli spazi per non concedere occasioni ai campani. Importante la spinta a destra di Dumfries e proprio su quella corsia nasce il 1-0 di Martinez, al culmine di un’azione con 12 passaggi che ha origine dall’area di Onana. Il Toro, che si era sbloccato a Barcellona e che in campionato non segnava dal 30 agosto, esulta con trasporto e si conferma fuori dal tunnel. La Salernitana, che aveva Candreva e Mazzocchi sulla linea dei difensori, è costretta ad alzare il baricentro e il pressing per non far palleggiare con facilità i padroni di casa. La “ricompensa” è un pallone recuperato in zona pericolosa che porta a un tiro di poco al lato di Kastanos, ma nel complesso l’atteggiamento tattico degli ospiti non è arrembante per non esporsi troppo alle ripartenze interiste. Così sono Skriniar e compagni a condurre le danze e per larghi tratti si rivedere la costruzione armoniosa e fluida da dietro che aveva contraddistinto la prima stagione di Inzaghi alla Pinetina. Dzeko due volte va vicino al raddoppio, poi tocca a Skriniar, di testa su cross di Dimarco, impegnare Sepe che evita anche la doppietta di Lautaro con un gran riflesso. Onana si vede soprattutto per la sua bravura con il pallone tra i piedi, ma quando Piatek lo chiama in causa, il camerunese è reattivo.

Bastoni: “Nessuno rema contro Inzaghi. Polemica social? Inutile. Il cambio di Udine…”

Il difensore lancia segnali di compattezza: “Combattiamo tutti l’uno per l’altro. Skriniar? Sarà lui a prendere la decisione giusta”

Tutti uniti con Simone Inzaghi. Dopo le parole di Calhanoglu al termine della sfida contro il Barcellona – “Noi siamo sempre con il nostro allenatore, anche lui ha bisogno di una mano. Credo fosse contento oggi, ha visto che c’è una squadra che lotta per lui” – arrivano le dichiarazioni di Alessandro Bastoni, intervistato da Sportmediaset: “Una vittoria anche per lui? Sì, perché sono uscite voci che dicevano che qualcuno remava contro, ma non è mai stato così. Siamo un gruppo sano, tutti combattiamo l’uno per l’altro. Non ci sono mai stati problemi da questo punto di vista”.

Il difensore nerazzurro lancia dunque un segnale di compattezza: “È stato frustrante perdere tanti punti in campionato, sapevamo che c’era da cambiare qualcosa, ci siamo parlati arrivando alla conclusione che era importante esserci gli uni per gli altri”. L’Inter ora dovrà confermarsi nelle trasferte contro Sassuolo e Barcellona: ci si aspetta un clima infuocato al Camp Nou, i catalani stanno già scaldando l’ambiente. Anche tramite qualche polemica per il post di Bastoni su Instagram: “Non avevo motivo di prendermela né con Gavi né col mondo Barcellona. Non c’è bisogno di alimentare questa polemica inutile”, le parole del difensore.

La sostituzione contro l’Udinese sembra ormai alle spalle: “È stata una reazione forte per le cose che non venivano in campo, una frustrazione verso me stesso”. Da Bastoni anche un commento alla prestazione di Onana (“Ci ha aiutato tanto, se tutti lottiamo per l’altro possiamo fare grandi cose davvero”) e qualche parola per Skriniar, compagno di reparto: “Milan farà le sue valutazioni, si trova alla grande qui, sa che ha la stima di tutto il mondo Inter. Sarà lui a prendere la decisione giusta”.

Inter, perdere Skriniar a zero sarebbe folle. I motivi per cui il mercato è continua sofferenza

l club non ha accettato l’offerta estiva del Psg: una scelta che può costargli 30 milioni. E ora, dopo il mancato affare Dybala, il tifoso non sa più cosa aspettarsi

Il mercato dell’Inter è una sofferenza continua, e non da oggi. Il tifoso nerazzurro non sa mai cosa aspettarsi, quale novità possa andare a turbare la sua serenità: e stavolta chi è che parte, o che rischia di andarsene? La cronaca delle ultime due stagioni è ricca di addii eccellenti e di rinunce dolorose, da Lukaku ad Hakimi, da Perisic fino a Dybala e Bremer. Campioni venduti per esigenze di bilancio, grandi calciatori sedotti e abbandonati perché giudicati troppo costosi. Se finora la squadra è rimasta competitiva, e ancora adesso è una delle favorite nella corsa allo scudetto, lo deve soprattutto ad alcune intuizioni dei dirigenti. Marotta e Ausilio hanno pescato Dumfries a costo ridotto, preso Chalanoglu e Mkhitaryan a costo zero, riportato Romelu a Milano per una manciata di milioni (almeno per un anno). Ma la sensazione di insicurezza, di debolezza che accompagna il club ogni volta che deve sedersi al tavolo di una trattativa, quella è evidente e – alla lunga – inquietante. Forse anche per i calciatori.

Il nuovo/vecchio problema riguarda Skriniar, per il quale l’Inter ha rifiutato un’offerta di 55 milioni da parte del Psg nella sessione estiva del mercato. L’auspicio della società era quello di trattenere il difensore, rinnovandogli il contratto in scadenza a giugno 2023. Un azzardo, un rischio, su questo non c’è dubbio. Se il club nerazzurro dovesse accettare la proposta, la squadra di Inzaghi ne subirebbe inevitabilmente le conseguenze sul piano tecnico, perché rimpiazzare lo slovacco – nonostante le incertezze di questo avvio di stagione, forse dovute anche alle pressioni arrivate dal mercato – sarebbe impossibile.

Il vero Lukaku è la luce in fondo al tunnel: da oggi torna in campo

Dalla prossima settimana lavorerà con la squadra. Senza il gigante belga i nerazzurri hanno perso leadership

Non basterà Romelu, anche se grande e grosso com’è, a fermare da solo il vento che soffia sull’Inter.

Non potrà mai Lukaku in solitudine risollevare da terra una squadra che è piena di problemi dalla testa ai piedi: per risolverli serve uno sforzo collettivo, non la bacchetta magica di un singolo. Ma il rientro del belga nelle sue terre, l’1 ottobre contro la Roma a San Siro, dà comunque un nuovo senso alla ripartenza interista: anche se non vincerà le partite da solo, è il numero 90 la luce da seguire per uscire fuori dal tunnel. Tra l’altro, la squadra stava iniziando a essere disegnata sul centravantone, come un compasso tutto pareva destinato a girare attorno a lui. Romelu era stato ripreso con uno spericolato prestito dal Chelsea per ridare all’attacco una forza sconosciuta l’anno prima. Inzaghi era semplicemente entusiasta all’idea di allenarlo e stava iniziando a usare a modo suo la palla di demolizione per buttar giù le difese avversarie. Il guaio al flessore della coscia sinistra, però, ha completamente cambiato il progetto di inserimento. Si è perso un mese prezioso che sarebbe stato utilizzato per portarlo al top della forma. Adesso si riparte da zero con l’obiettivo di fare più in fretta del previsto perché nel mentre il calendario si è messo a correre, come tante in Italia e in Champions.

Lukaku ha segnato al primo pallone salentino, nell’esordio della sua seconda vita da interista. Poi ha governato senza sussulti la partita contro lo Spezia, la più tenere finora, mentre le terza e ultima presenza l’ha fatta contro la Lazio, nella sconfitta in cui si sono sentiti i primi sinistri scricchiolii. Quando è uscito lui, la squadra si è abbassata e consegnata a Sarri fino alla giusta sconfitta finale. Il giorno dopo Rom si è fatto male e da lì in avanti il tracollo di risultati e gioco è arrivato con lui come semplice spettatore: mentre guariva un po’ alla volta dall’infortunio, vedeva la sua Inter regredire pericolosamente.

Inter, che combini? Barella gol, poi si scatena l’Udinese: Sottil capolista, bufera Inzaghi

I nerazzurri partono benissimo con una punizione del centrocampista, poi il tracollo: terzo k.o. in campionato in 7 partite. Com’è che si dice? Chi vince esulta, chi perde spiega. L’Inter deve spiegare un’altra volta, la terza in questo campionato, la quarta in stagione.

Sconfitta pesante, perché il 3-1 dell’Udinese arriva nel finale ed è segnale di una squadra ci ha creduto di più e con maggiore lucidità. Sottil esulta: è la quinta vittoria consecutiva, arrivata con il gusto di una rimonta dopo lo svantaggio iniziale di Barella. Un autogol di Skriniar, un colpo di testa di Bijol e un altro di Arslan disegnano il tabellino dei sogni, per l’Udinese.

Non c’è tempo di studiarsi, la partenza è lanciata e i ritmi subito alti, come previsto. L’Udinese si affaccia al 2′ con Lovric, che spaventa Handanovic con un destro di poco largo. La prima occasione Inter, invece, porta subito al vantaggio. Ed è una giocata non usuale: Barella non è esattamente uno specialista di calci piazzati, ma al 5′ trova un destro perfetto sopra la barriera su cui Silvestri può nulla. Inzaghi subito avanti: alla vigilia aveva chiesto ai suoi di fare attenzione alle partenze lampo dell’Udinese, è lui invece a ritrovarsi in vantaggio. Sottil accusa il colpo, l’Udinese ci mette qualche minuto a carburare. Poi aumenta i ritmi del pressing e schiaccia l’Inter all’indietro. Il pareggio, al 22′, arriva in realtà da un altro calcio piazzato: Pereyra mette dentro un pallone dalla trequarti, in mischia Skriniar devia alle spalle di Handanovic. L’Inter protesta per un fallo su Dzeko, ma Valeri convalida dopo il check del Var. Tutto da rifare per i nerazzurri. E pure per Inzaghi, che piazza la mossa a sorpresa, di sicuro inedita. Bastoni e Mkhitaryan, ammoniti, vengono sostituiti al 30′ da Gagliardini e Dimarco, subito dopo il tiro potente dello stesso Bastoni – parato – con una conclusione di sinistro su sponda di Dzeko. Il pallino del gioco resta in mano all’Udinese, che pressa fin dentro l’area avversaria oscurando la costruzione di Brozovic. L’Inter concede campo per poi guadagnarlo in ripartenza. Al 33′ la chance è per Dzeko, che manda alto un cross di Dumfries dopo un ottimo lavoro di Lautaro sulla trequarti ed è l’ultima vera azione segnalabile del primo tempo, tra un paio di mischie irrisolte nell’area nerazzurra e un buon contropiede sprecato malamente da Dumfries al momento del cross.