Juve, continua il braccio di ferro con Weah che vuole soltanto il Marsiglia

L’esterno si è promesso a De Zerbi, Comolli lo invita a considerare altre proposte. Con i francesi il vero nodo è l’obbligo di riscatto svincolato dalla qualificazione alla Champions

Questione di principio quanto di programmazione. Dietro al braccio di ferro fra la Juve e l’entourage di Weah, che sta provando a spingere in tutti i modi per avere l’ok al trasferimento al Marsiglia, ci sono più ostacoli che punti in comune. È vero: il club francese ritiene di aver fatto il massimo proponendo la stessa somma che alla Continassa avevano accettato qualche settimana fa dal Nottingham Forest, ma nell’ambito di un’operazione che sarebbe stata allargata anche a Mbangula in un pacchetto unico da oltre 20 milioni. L’aspetto che mette più in bilico l’offerta del Marsiglia, però, è un altro: il club francese propone l’obbligo di riscatto con la qualificazione alla prossima Champions League, mentre la Juve vuole maggiori certezze sull’acquisizione definitiva ai fini del bilancio e per reinvestire la somma su altri tavoli (su tutti, quello del PSG per Kolo Muani). 

Innegabile che la trattativa sia nata su basi instabili e che la Juve abbia avuto a un certo punto la sensazione di essere dentro a vicolo cieco. Nei dialoghi iniziali col Marsiglia, infatti, la Juve non ha mai trovato disponibilità a parlare di Balerdi, pur avendo trovato sponda sul calciatore attraverso alcuni intermediari. Successivamente, gli uomini della Continassa si sono ritrovati a dover correggere il tiro dell’affare Conceiçao perché Weah non ha accettato il trasferimento in Premier League. A quel punto, è tornato sulla scena il Marsiglia: Weah si è promesso a De Zerbi, anche se la trattativa non è mai stata vicina alla conclusione per via del prezzo. La Juve ritiene che il giocatore possa andar via per 20 milioni, trovando sponda su qualche altro club della Premier League: ad oggi il calciatore apre solo al ritorno in Ligue 1 e fin qui non ha accettato altro. Comolli, spiegando che “il Marsiglia ha presentato un’offerta non è adeguata” ha ammesso pure di avere invitato il giocatore “a prendere in considerazione anche altre ipotesi”. Nel braccio di ferro è ancora tutto aperto.

Douglas Luiz, storia di un ammutinamento: pace armata con la Juve, multa e valigia pronta

Il centrocampista brasiliano rientra e si scusa, ma l’addio è solo rimandato e lui punta a tornare in Premier

Fra Douglas Luiz e la Juve, pace fatta. Almeno per ora. Certo, è l’ennesima prova di un rapporto ormai logoro, che ha superato i limiti di sopportazione da un pezzo. L’ultima decisione del centrocampista di non presentarsi al raduno, saltando così i primi giorni di preparazione, spiega perfettamente in che termini si è incrinato uno degli equilibri più precari del calcio moderno: quello fra un calciatore che si sente mancato di rispetto e il suo club che non riesce ad avete più garanzie neanche nel rispetto del lavoro.

Negli ultimi anni ci si è ritrovati molto spesso a commentare di assenze forzate, certificati medici e motivazioni più disparate per forzare l’esito di una trattativa: stavolta, però, la scelta del calciatore è semplicemente figlia di una volontà di principio, cioè voler testimoniare il proprio disappunto per non esser stato trattato come avrebbe voluto. Sia in campionato che al Mondiale per Club, il brasiliano ritiene che non sia stato preso in considerazione in modo adeguato, così ha attirato l’attenzione su di sé con un gesto tanto forte quanto discutibile.

L’estate scorsa Koopmeiners presentò un certificato medico all’Atalanta in attesa che la Juve definisse l’affare per portarlo a Torino. Weah, invece, dopo aver vissuto male l’esclusione per la gara contro il Manchester City al Mondiale per Club, prima ha puntato i piedi per non andare al Nottingham Forest e ora resta in attesa che la Juve possa aprire al suo trasferimento al Marsiglia, continuando ad allenarsi regolarmente. Douglas Luiz, che ripresentandosi alla Continassa ha chiesto scusa alla società, all’allenatore e alla squadra (già definita la multa che troverà a suo carico nel prossimo stipendio), non ha alcuna trattativa aperta né tantomeno forzature da fare per dare un indirizzo ai discorsi di mercato: niente di tutto questo.

È costato 700mila euro a partita: Douglas Luiz, le tappe di un fallimento totale

Soltanto dodici mesi fa l’ingaggio del brasiliano dall’Aston Villa sembrava un gran colpo. Ecco come invece, dopo una stagione ai margini, si è rivelato per la Juve un flop clamoroso

Che qualcosa non andasse si doveva capire forse fin dal principio. Prima giornata della Serie A 2024-25, 19 agosto: allo Stadium la nuova Juve di Thiago Motta esordisce contro il neopromosso Como in un clima di grande entusiasmo per quello che sarebbe dovuto essere il nuovo corso bianconero all’insegna di bel gioco e gioventù. Il calciatore fin lì più pagato dell’estate (verrà poi superato da Koopmeiners) non c’è.

Parte in panchina, perché il tecnico juventino gli preferisce un ragazzino all’esordio: Samuel Mbangula. Fuori all’inizio e fuori alla fine, Douglas Luiz: fuori dal campo prima e fuori dal progetto poi, anche se forse dentro la Juve lui non ci si è calato mai. Fin dall’atteggiamento con cui è sbarcato a Torino e con cui adesso la sta lasciando in contumacia.

Un bel colpo, sfruttando una grande occasione di mercato. Questa era l’opinione unanime tra gli addetti ai lavori nel momento in cui l’allora dt della Juve, Cristiano Giuntoli, confeziona l’operazione con l’Aston Villa: valutazione di 50 milioni per il brasiliano, ma con poco meno della metà del valore coperta dai cartellini di Barrenechea (8) e Iling-Jr. (14). Gli inglesi devono fare una plusvalenza entro il 30 giugno e si portano a casa due calciatori giovani, la Juve fa sbarcare in Serie A il miglior centrocampista della Premier League, reduce da una stagione da 10 gol e 10 assist. Sembra tutto perfetto. Anche perché i bianconeri cercano di supportarlo anche sotto il profilo personale e ingaggiano pure la sua (ormai ex) fidanzata Alisha Lehmann, calciatrice star social da oltre 16 milioni di follower, tesserata con la squadra Women. Ma c’è un’altra faccia della medaglia che alla Continassa scoprono presto, non appena Douglas Luiz si unisce ai compagni al lavoro. In allenamento Thiago Motta trova un calciatore abbastanza indolente, che preferisce avere il pallone tra i piedi piuttosto che buttarsi negli spazi come imporrebbe il suo stile di gioco, che al pressing alto e offensivo richiesto dall’allenatore risponde con un ritmo basso e compassato.

Milan, i costi dell’operazione Rabiot. E per Reijnders si aspetta un rilancio City

L’ex Juve ha un accordo per liberarsi dal contratto con il Marsiglia. In mediana piace anche Onyedika del Bruges

Massimiliano Allegri ha fretta. Giovedì ha firmato il contratto fino al 2027 (estendibile fino al 2029) che lo legherà al Milan; venerdì è arrivata l’ufficialità del suo ritorno al Diavolo ed è andato in scena il primo summit di mercato con Tare, ma dopo un weekend in Toscana, al massimo mercoledì sarà di nuovo a Milano per avere altre riunioni con i vertici di via Aldo Rossi. Il lavoro da fare è parecchio. Sul mercato, ma anche a Milanello. 

L’olandese è ancora un giocatore del Milan, ma nel quartier generale rossonero, dopo i contatti diretti con il Manchester City, si aspettano che Guardiola insista e che già in questa settimana, la proposta economica per il cartellino dell’ex Az Alkmaar venga alzata oltre quota 70 milioni. Il giocatore, “stregato” da Pep, spinge per volare oltre Manica dove guadagnerà oltre il doppio di adesso e giocherà ancora in Champions. Per sostituirlo nel 4-3-3 Allegri vorrebbe una mezzala fisica. Gli piace moltissimo il “suo” Rabiot, avuto alla Juve. Il francese, nell’intervista qui a fianco, ha strizzato l’occhio al suo ex tecnico e l’operazione può essere facilitata da una clausola/accordo con il Marsiglia: per averlo servono poco più di dieci milioni, anche se il vero scoglio sembra l’ingaggio da 3,5 milioni netti più alcuni bonus facili che lo fanno lievitare oltre quota 5. Il Diavolo aveva pensato ad Adrien già la scorsa estate, quando era scaduto il suo contratto con la Juventus, ma poi non riuscì a raggiungere un’intesa. Oltre al sostituto di Reijnders, servirà un regista, ma questo è un altro discorso. La mezzala destra sarà Fofana, con Musah alternativa; Loftus-Cheek dovrà dimostrare nel precampionato stimoli e tenuta fisica per restare. Al Milan è stato accostato anche Raphael Onyedika, nigeriano classe 2001 del Bruges, osservato sia in passato sia negli scorsi mesi quando i rossoneri hanno monitorato l’esterno mancino De Cuyper, tra i possibili sostituti di Theo Hernandez. 

Juve, chiamata d’emergenza: da Costa a Kelly, Tudor si aggrappa ai rinforzi di gennaio

Il tecnico Juve è costretto ad arrangiarsi in difesa e a Venezia affiderà la missione Champions a Veiga e agli innesti invernali.

Un po’ è emergenza e un po’ è un segno del destino, fatto sta che la Juventus domenica proverà a staccare la qualificazione Champions con il trio dei difensori arrivati a gennaio. Al posto di Gleison Bremer (infortunato da ottobre), Federico Gatti (non al meglio dopo la frattura al perone) e Pierre Kalulu (squalificato), toccherà ancora ad Alberto Costa, Renato Veiga e Llyod Kelly. Terzetto inedito, costruito pezzo dopo pezzo da Igor Tudor.

Basti pensare a come ha lavorato con i tre difensori che, fino a non molto tempo fa, erano considerati oggetti misteriosi del mercato invernale. L’ex centrale bianconero, anche per necessità, ha dato fiducia a Veiga, Kelly e nelle ultime uscite a Costa. Con l’Udinese sono arrivati tre punti preziosi e il bis a Venezia varrebbe almeno 60 milioni in più per le casse della Juventus. Ma Tudor per primo – e non da ieri – sa benissimo che nel club c’è anche chi proverà ad affidare la ripartenza della Juventus ad Antonio Conte, ex capitano ed architetto dei primi tre scudetti del ciclo leggendario. 

Dal ritrovato spirito di squadra ai segnali incoraggianti di Alberto Costa, sbarcato a Torino a gennaio tra lo scetticismo generale. Il 21enne portoghese, ingaggiato dal Vitoria Guimaraes per 12,5 milioni più bonus battendo la concorrenza dello Sporting, nelle ultime uscite ha mostrato sprazzi di qualità. Un po’ laterale di centrocampo e in emergenza arretrato nella difesa tre, a dimostrazione della fiducia che il tecnico croato nutre nei suoi confronti. Costa è entrato alla Juventus in punta di piedi e finora ha disputato 313 minuti. Non tantissimi, ma sufficienti per attirare vecchi e nuovi corteggiatori. Se lo Sporting neocampione di Portogallo ha già bussato alla porta della Signora, per Costa si sono fatti avanti anche Benfica, Brighton e Galatasaray.

Corsa Champions: Juve non più padrona del proprio destino. Che peccato perdere Fabregas

A Tudor resta il calendario migliore, ma il cammino si farà difficile se la Roma resisterà a Bergamo. Il tecnico del Como verso il Bayer

La matassa del quarto posto, l’ultimo buono per la Champions, rimane ingarbugliata. L’1-1 tra Lazio e Juve non ha fatto nessuna chiarezza.

Anzi, ha moltiplicato i se e i ma, i conteggi e i ricalcoli. In estrema sintesi, si può dire che oggi la Juve non sia più padrona del proprio destino. Fino a domani notte sarà appesa al risultato di Atalanta-Roma e deve augurarsi che la Dea vinca, per mettersi alle spalle la squadra di Claudio Ranieri, 64 a 63. Se l’attuale parità di classifica con la Lazio, 64 punti a testa, persistesse, sarebbe premiata la Juve per via degli scontri diretti favorevoli. Un ex aequo a tre — Roma, Juve e Lazio tutte insieme — consegnerebbe il pass Champions ai giallorossi, primi nella mini classifica avulsa con bianconeri e biancocelesti. Se domani la Roma perdesse, alla Juve basterebbe vincere le ultime due partite, contro Udinese e Venezia, per essere certa di acciuffare una qualificazione Champions che sul piano tecnico non merita e che però non sarebbe scandalosa, perché bene o male Igor Tudor ha restituito alla Signora una discreta parte della sua identità di squadra tesa al risultato, senza arzigogoli né geroglifici.

La situazione è suggestiva perché Gian Piero Gasperini, allenatore dell’Atalanta, ha l’anima juventina. È nato a Grugliasco, vicino a Torino, è cresciuto nel vivaio della Juve, ha debuttato tra i grandi in bianconero e poi è stato dirottato altrove. Finito di giocare, è ritornato alla casa madre per cominciare lì, nel settore giovanile, la sua scalata di allenatore. Non è un mistero che la sua grande ambizione sia stata e forse sia ancora la panchina della Juve: a Torino, Gasperini chiuderebbe il cerchio. Immaginiamo che milioni di juventini guardino a lui con speranza, per una specie di mozione degli affetti: “Gasp, sei uno di noi e hai l’occasione di fare qualcosa per noi. Fallo e te ne saremo per sempre grati”. A questo si è ridotta la Juve, a mettersi nelle mani degli altri.

Juve, Bremer va di corsa. E punta il Mondiale per club

Il brasiliano ha postato su Instagram i suoi primi giri di campo a sei mesi dall’operazione al ginocchio sinistro. E punta il torneo americano

Un video di 12 secondi, che immortala qualche giro di corsa in campo, dopo mesi trascorsi tra riabilitazione e palestra. E la scelta della colonna sonora (il brano “Free”, del rapper americano Mission) probabilmente non è casuale. Come quella delle tre emoji a didascalia del post su Instagram: un uomo che corre, il fumetto a simboleggiare il sogno e la sveglia a indicare il conto alla rovescia. La missione di Gleison Bremer, dopo il grave infortunio al ginocchio subito a Lipsia lo scorso 2 ottobre, si chiama Mondiale per Club.

“Ricostruzione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro”, recitava il bollettino medico della Juve l’8 ottobre, dopo l’intervento chirurgico svolto a Lione dal dottor Bertrand Cottet-Sonnery. Da quel momento è iniziata la rincorsa del difensore brasiliano, fatta prima di lavoro in palestra ed elettrostimolazione per non recuperare il tono muscolare e rinforzare l’articolazione, quindi di cyclette, tapis roulant e, infine, nelle ultime settimane, ripetute e corsa sul campo. La parola d’ordine è sempre stata: nessuna forzatura. Tanto che il suo rientro era inizialmente previsto per il ritiro in vista della prossima stagione. Ma il percorso di recupero sta procedendo bene e, nelle ultime settimane, l’ottimismo è cresciuto.

Era stato lo stesso Bremer, d’altronde, a confermare, poco tempo fa, che all’orizzonte ci potesse essere qualche novità positiva. “Sono stati mesi difficili, soprattutto i primi, però ora sta proseguendo tutto bene. Ho già iniziato a correre, manca ancora un po’ però sta andando bene – aveva detto il brasiliano a Sky il 26 marzo -. Mi piacerebbe giocare subito, però dobbiamo rispettare i tempi. Magari per il Mondiale per Club è possibile, ma non da titolare. Penso però che sia meglio non affrettare, perché voglio tornare ed esserci sempre. Voglio evitare che qualcosa non vada bene e io debba tornare al J|Medical. Vado con calma”. 

Juve e Milan, crisi diverse ma stessa confusione. È ora di pensare al futuro

Entrambe le società devono scegliere l’allenatore giusto per ricostruire. E al Diavolo serve urgentemente un direttore sportivo. Lo scorso giugno, a distanza di ventiquattr’ore uno dall’altra, Milan e Juventus annunciavano i loro nuovi allenatori, ai quali avevano affidato un progetto a lunga scadenza: sia Paulo Fonseca che Thiago Motta avevano firmato un contratto di tre anni. A fine marzo, il piatto piange: Fonseca è stato esonerato dopo 7 mesi, Motta dopo 9, l’addio si è consumato più o meno a un quarto del cammino.

È la legge dei grandi club dove il tempo è relativo e dove tutto dipende sempre e comunque dai risultati, certo, ma questa volta, per analizzare a fondo i problemi di Juve e Milan, non possiamo fermarci qui. Perché se per due squadre che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale, giocare la prossima Champions equivale a una vittoria, allora c’è qualcosa che non va. E se i due allenatori subentrati, Conceiçao e Tudor, sono con molte probabilità destinati a salutare alla fine della stagione, allora siamo oltre la “semplice” annata storta.

Da entrambe le parti si sono verificati errori da non ripetere, con responsabilità da sottolineare e, in alcuni casi, anche da individuare. Penso al Milan, dove tutto mi sembra complicato: la catena di comando, esattamente, qual è? Se l’allenatore scelto a inizio stagione finisce per non convincere, se le strategie di mercato non hanno funzionato, dovrebbe essere possibile individuare una figura dirigenziale che quei giocatori e quell’allenatore li ha scelti, invece in casa rossonera non è ancora chiaro chi fa cosa. Ibrahimovic non è un dirigente ma un advisor della proprietà, eppure tempo fa ha detto che il boss è lui e che comanda lui. Tuttavia, le gerarchie nella scelta del nuovo ds sembrano andare in un’altra direzione, con l’ad Furlani in prima fila. Persino i tifosi sono in confusione, non sanno a chi dare davvero la colpa per una stagione che rischia seriamente di chiudersi senza un posto nella Champions che verrà.

Ora la Juve riparte da Vlahovic: cosa gli ha chiesto Tudor. Sarà tridente con Yildiz e Kolo Muani

Gol per la Champions e un ritorno da protagonista: Dusan tornerà al centro della Juve in questo finale di stagione in cui il nuovo tecnico si aspetta tanto anche dal turco e dal francese.

Nove è il numero che Dusan Vlahovic porta sulle spalle, il centravanti prima spolpato e poi accantonato che il nuovo tecnico vuole rilanciare e che nel 2022 incoronò come il migliore della Serie A. Sarà la prima mossa per dare la scossa ma non l’unica del sergente di ferro della Signora, che ripartirà da concetti semplici ma essenziali: solidità in difesa e concretezza in fase offensiva.

«Osimhen? No, per me l’attaccante più forte del campionato è Vlahovic», sentenziò Tudor durante una conferenza stampa quando era l’allenatore del Verona. Chissà se Dusan avrà sentito queste parole e se per presentarsi nella maniera migliore al nuovo allenatore abbia scelto proprio il giorno dell’annuncio ufficiale per tornare a segnare con la Serbia due anni dopo l’ultima volta (27 marzo 2023 contro il Montenegro). DV9 è tornato a sorridere e oggi si presenterà alla Continassa con il volto meno corrucciato, sapendo che avrà più chance di giocare dall’inizio. Motta utilizzava una punta sola e aveva scelto Randal Kolo Muani, arrivato nel mercato di gennaio dal Psg, relegando Vlahovic al ruolo di comparsa.

Tudor ripartirà dalla difesa a tre e dalla solidità difensiva, ovvero quello che la società aveva chiesto a Motta nell’ultimo periodo. Fino al tracollo contro l’Atalanta la Signora aveva la miglior difesa del campionato e bisogna assolutamente ritrovare l’equilibrio che fino a quel momento le aveva consentito di subire pochi gol, nonostante il precoce infortunio di Gleison Bremer, il migliore del reparto.

In carriera Tudor ha utilizzato sia il 3-4-2-1 sia il 3-4-1-2, sistemi di gioco che possono essere applicabili entrambi alla Juventus, in base agli uomini e alle situazioni.  Eppure con il Cagliari (ultima apparizione nell’undici titolare in campionato) aveva segnato e con suoi 14 centri è per distacco il miglior marcatore di Madama (al secondo posto Kenan Yildiz e Timothy Weah con meno della metà dei gol, 6).

Juve, l’incompiuta: panchine girevoli con zero scudetti. E alle porte una nuova rivoluzione

Motta non è più al sicuro: il club rischia ancora una volta di ricominciare daccapo

Un lustro senza lustro: gli ultimi cinque anni saranno archiviati dalla Juve con il timbro “zero scudetti”. I campionati a stecchetto arrivano dopo il periodo di tirannia bianconera in Italia, con i nove titoli di fila. Il digiuno dopo l’abbuffata: non è la prima volta che accade alla Signora. Nel Dopoguerra, basta ricordare le carestie senza tricolori dal 1986 al 1995 e dal 2003 al 2012: i precedenti esistono, però non possono funzionare come consolazione. Con Thiago Motta in panchina, sono arrivate a stretto giro le eliminazioni in Champions League con il Psv e in Coppa Italia con l’Empoli, non proprio due corazzate. Poi la disfatta con l’Atalanta in campionato. Il termine “annata fallimentare” può sembrare cattivello, ma soltanto per il fatto che la Juve adesso in A occupa il quarto posto. A Motta non si chiedeva la conquista dello scudetto a tutti i costi, anche se gli è stato consegnato un organico rinforzato con Koopmeiners, costato 51,3 milioni, Douglas Luiz, 50, e Nico Gonzalez, 33.

I tre colpi finora hanno deluso, non soltanto se si considerano i loro prezzi d’acquisto, ma in termini assoluti. Non banali nemmeno gli investimenti da doppia cifra su Khephren Thuram (20 milioni), Di Gregorio (18), Cabal (11), più gli innesti invernali Kelly (17,5) e Alberto Costa (12,5). Una campagna che per ora ha prodotto un quarto posto a 52 punti, nemmeno tanto blindato, con la Lazio a quota 51 e il Bologna a 50. Motta avrebbe tra le attenuanti il ko a inizio stagione del totem Bremer, ma fa bene a non citarlo. Il quinquennio di latta sta per concludersi, Thiago vacilla: è probabile che per restare non gli basti nemmeno il pass per la Champions. Rispuntano inesorabili i candidati alla successione: stavolta la rosa è formata da Gasperini, Conte e Pioli. Il tratto comune è che sono tutti, in epoche diverse, ex bianconeri. Si tornerebbe sul luogo del misfatto: altro cambio di guida tecnica.