Allegri e il Milan dei fedelissimi: finora solo 14 titolari, i motivi

Nelle prime cinque giornate di campionato la squadra rossonera è quella col minor numero di giocatori partiti dall’inizio di tutta la A

Tra le varie previsioni che si possono azzardare sul Milan ’25-26, ce n’è una che dovrebbe realizzarsi senza troppe incertezze: difficilmente il Diavolo concluderà la stagione con giocatori particolarmente scontenti del minutaggio (al netto di infortuni più o meno seri, ovviamente). Quando Allegri ha iniziato a lavorare a Milanello e Tare a lavorare al quarto piano di via Aldo Rossi, avevano entrambi le idee chiare: la rosa dev’essere sufficientemente corta da assorbire la mancata partecipazione alle coppe europee. Da qui (ma non solo) la mastodontica operazione complessiva in uscita, che ha asciugato il gruppo a disposizione di Allegri. Certo, sono arrivate anche parecchie facce nuove, ma il saldo rispetto alla scorsa stagione dice -4: i 26 giocatori della rosa ’24-25 sono diventati 22. Tre sono portieri e quindi appare evidente come, dovendo gestire solo 19 calciatori di movimento, ci sarà spazio per tutti.

Le considerazioni però non si fermano qui, e hanno come caposaldo proprio quel numero 19. Essendo una cifra esigua, porta anche un’altra conseguenza (e non necessariamente correlata): fino a questo momento, nelle prime cinque giornate di campionato, il Milan è la squadra di A che ha utilizzato il minor numero di titolari. Sono 14, in una classifica dove a seguire troviamo Cagliari (15), Genoa, Parma, Pisa e Sassuolo (16). Sul versante opposto chiudono Napoli (20 titolari) e Bologna (24). Insomma, a Milanello sta andando di moda il detto “pochi ma buoni”. Poi, è ovvio, quel 14 è un numero destinato ad aumentare fisiologicamente. Già a Torino con la Juve si potrebbe salire a 16 con l’impiego di Bartesaghi e De Winter (in ballottaggio col recuperato Tomori), e dopo la sosta presumibilmente si arriverà a 17 col rientro di Leao.

Milan, Gimenez flop continuo: è l’unico che stecca nel coro di Allegri

Anche a Udine il messicano fallisce: in 62 minuti solo 15 palloni giocati e un altro errore grave sotto porta. Una crisi che non accenna a risolversi.

Perseverare può essere diabolico anche per chi gioca nel Milan. Passano le settimane, scorrono le partite e il caso Gimenez acquista dimensioni sempre più ingombranti. Anche perché spicca, stona in mezzo a un’orchestra che adesso ha accordato bene gli strumenti. In un contesto simile, le stecche diventano ancora più evidenti e diventano difficilmente spiegabili: quando il collettivo funziona e il motore inizia a girare, ne dovrebbero beneficiare tutti. Perché di questi tempi a Santiago non si chiede di vestirsi da salvatore della patria. Non più. Ma semplicemente di fornire il suo apporto in termini realizzativi.

Questo è diventato un Milan capace di sviluppare una fase offensiva creativa, con interpreti vari, Allegri in avanti ha a disposizione svariate soluzioni, con Bologna e Udinese il bottino avrebbe potuto essere ben più robusto. Insomma, ora come ora il Milan non ha un’esigenza spicciola di vedere obbligatoriamente Santiago nel tabellino dei marcatori. L’esigenza c’è più che altro per lui. Sbloccarsi in modo da non smarrirsi ulteriormente, in modo da sentirsi parte di un gruppo dove tutti stanno migliorando sensibilmente. È chiaro che in questo momento la fotografia attuale rispetto a quella che avrebbe potuto essere – Vlahovic – offre uno scenario impietoso.

La partita di Udine ha restituito un verdetto sgradevole. Un altro errore grave sottoporta, dopo i due col Bologna, ma in generale una mancanza di coinvolgimento nello sviluppo offensivo. Il primo: lancione di Gabbia dalla difesa, pallone fra i piedi di Pulisic, appoggio a Estupinan, cross ribattuto sui piedi di Pulisic. Il secondo: Pulisic ruba palla a Karlstrom, Fofana infila Sava di destro. Il terzo, ovvero l’azione rossonera più bella della partita, costruita e cercata, uno spot sul modo perfetto di uscire dalla pressione alta avversaria: Tomori appoggia a Modric, quindi pallone a Saelemaekers, ancora Tomori che verticalizza per Fofana, poi Saelemaekers per Rabiot a imbeccare Pulisic.

Retroscena Milan: il rigore, Fabbri e Marcenaro. La reazione del club

L’ad Furlani ha chiamato le istituzioni, la Figc e la Lega in particolare, per protestare per il rigore dato e poi tolto a Nkunku. Apprezzate le dichiarazioni di Gravina (“Errore evidente”) e il riconoscimento dell’errore dell’Aia

Il rigore prima concesso, poi non assegnato a Nkunku alla fine di Milan-Bologna ha turbato la domenica sera dei milanisti e del Milan stesso. Giorgio Furlani, a.d. del Milan, alla fine della partita ha chiamato le istituzioni per esprimere il forte disappunto del club per la decisione dell’arbitro Marcenaro e soprattutto del Var Fabbri, che lo ha richiamato al monitor per vedere il contatto Freuler-Nkunku e non quello precedente (netto, da rigore) tra Lucumi e Nkunku. Si tratta dell’episodio da cui sono nate la protesta (con giacca al vento) e l’espulsione di Max Allegri.

Il Milan si è mosso domenica notte ed è rimasto in contatto con le istituzioni lunedì. In queste ore, ha apprezzato il riconoscimento da parte dell’Aia dell’errore – Fabbri al Var sarà fermato per un paio di giornate – e le parole del presidente federale Gravina, che a ‘Radio Anch’io Sport’ ha parlato così: “Si tratta di un errore evidente, ma quando parliamo di tecnologia andiamo avanti, non si torna al passato. La tecnologia ha ridotto molto la percentuale di errori, basta vedere quei casi in cui gli arbitri, senza tecnologia, sono in dubbio e cercano palesemente un riscontro”. Un dialogo tra Milan e Figc (come tra Milan e Lega), insomma, c’è stato. 

Il caso è particolare perché il Milan negli anni passati ha scelto quasi sempre di ridurre al minimo le polemiche con gli arbitri, soprattutto nell’era-Pioli. Anche in questo caso la protesta non è stata violenta, però qualcosa è cambiato: la telefonata da Furlani è arrivata, per evitare che decisioni arbitrali errate compromettano i risultati e alimentino tensioni dentro e fuori dal campo. Una parte dei tifosi, che molte altre volte ha invocato un intervento, apprezzerà.

Via Jovic e la 9 del Milan è senza padrone: non era mai successo in più di 100 anni

Quest’anno nessuno indosserà il numero del centravanti. Il serbo, per ora, resterà l’ultimo. La storia è fatta di grandi punte e tanti abbagli

Negli ultimi anni la maglia numero 9 del Milan si è trasformata da simbolo di gloria a vessillo maledetto. Un numero che un tempo apparteneva ai grandi cannonieri della storia rossonera, ma che oggi porta più ombre che luci.

Tra aspettative brucianti e avventure lampo, indossarla a San Siro è diventato un fardello più che un privilegio. Con l’addio estivo di Luka Jovic, il Diavolo si è ritrovato senza padrone della “9”: non è mai successo in oltre cento anni di storia. Se un tempo c’era la corsa a conquistarla, adesso sembra esserci la paura di doverne reggere il peso.

La maglia numero 9 del Milan è stata a lungo emblema di potenza e orgoglio. Glorificava chiunque la indossasse. Storicamente i numeri nel calcio nascevano per distinguere i giocatori in campo: dall’1 all’11 i titolari, con la 9 destinata al centravanti, l’eroe chiamato a trascinare la squadra con i suoi gol. Ogni epoca ha avuto i suoi interpreti. Dai Cinquanta fino alla fine dei Novanta, la maglia numero 9 è stata onorata da grandi campioni: Nordahl, Altafini, Sormani, Van Basten sono alcuni di questi. Giocatori che hanno elevato il peso della 9 rossonera a un livello talmente alto da renderla un’istituzione.

Avanzando lungo la linea del tempo troviamo lo “squalo” Joe Jordan, lo scozzese senza denti che nel suo biennio milanista visse sia la retrocessione in Serie B sia la promozione immediata col Milan. A incarnare il prototipo dell’attaccante doc arrivò Mark Hateley, che con la 9 sulle spalle decise un derby storico contro l’Inter con un colpo di testa, spezzando un tabù che durava da sei anni. La metà Ottanta segna la nascita del grande Milan di Berlusconi e Sacchi: in quegli anni, uomini come Virdis e Van Basten trasformano la numero 9 in un’icona assoluta, firmando gol decisivi per scudetti e trionfi internazionali.

Milan, come gioca Nkunku: gol, assist e fantasia a patto che

L’attaccante scelta dal Milan è esploso con il Lipsia, e per quattro stagioni ha fatto la differenza. Nagelsmann prima e Marsch poi l’hanno esaltato così

Non ha nemmeno avuto bisogno di tempo per inserirsi. Christopher Nkunku, attaccante scelto dal Milan dopo una lunga ricerca, è esploso in Germania. Lì, ad appena 21 anni, è arrivato per soli 6 milioni, andandosene, quattro anni dopo, avendo più che decuplicato il proprio valore di mercato (il Chelsea lo ha strappato al Lipsia per 65 milioni più bonus). E in Germania Nkunku ha giocato un po’ ovunque. Tanto che nello scacchiere tattico di Allegri, che in questa stagione è destinato a variare e a passare dalle due alle tre punte a seconda del momento, può ricoprire diversi ruoli. Alcuni tifosi milanisti, però, stanno palesando un certo scetticismo: rispetto a Boniface e Hojlund, il francese ha caratteristiche ben diverse. 

Con il Lipsia, Nkunku ha inciso da subito (in gol all’esordio contro l’Union Berlino), aiutando il club a qualificarsi ogni anno per la Champions League. Nella sua prima stagione in Germania ha incontrato Nagelsmann (oggi ct della nazionale tedesca) che lo faceva giocare ovunque: esterno sinistro a tutta fascia in un centrocampo a cinque, trequartista nel 3-4-1-2, ma anche ala (sia destra che sinistra) nel 4-2-4 o nel 4-3-3. In alcuni casi ha giocato anche da seconda punta, muovendosi alle spalle di Timo Werner. Più raro fosse lui a muoversi da riferimento offensivo (o prima punta): capitava se il suo compagno di reparto era Forsberg, col quale, però, fondamentalmente si scambiava sovente la posizione. Fin dalla sua prima stagione è andato forte: cinque gol e quindici assist in 32 presenze. 

Dal 2021-22, con Jesse Marsch in panchina, la sua vita è cambiata: nei suoi due primi anni in Bundesliga ha segnato, in totale, undici gol. Nel terzo ne ha segnati 20. Il doppio, in metà del tempo. “La mia vita è cambiata, mi diverto di più e sono più felice – raccontò Nkunku -. Giocare con meno responsabilità tattiche addosso ed essendo più libero, mi fa essere più leggero e spensierato”. Con Marsch ha giocato prevalentemente da seconda punta, palesando anche un certo fiuto del gol, tanto da riuscire a colpire gli avversari anche a freddo, quando le azioni del Lipsia non sembravano pericolose.

Milan, è fatta per Nkunku. Affare da 37 milioni più bonus

Il francese ha accettato di ridursi l’ingaggio, che sarà probabilmente sotto quota 5 milioni.

Milan, ecco Christopher Nkunku. L’accordo con l’attaccante francese del Chelsea c’è da ieri, la stretta di mano con i Blues è vicinissima. Presto può arrivare l’ufficialità per una cifra vicina ai 37 milioni più bonus. Il Milan ha provato a chiudere per 35 milioni, il Chelsea chiedeva di più, avendo pagato Nkunku oltre 60 milioni appena due anni fa. Dettagli.

La chiave per la riuscita dell’operazione è… Nkunku stesso. Il Milan e Christopher hanno subito trovato l’accordo sull’ingaggio, grazie anche alla buona volontà del francese, che ha accettato di guadagnare qualcosa meno rispetto a quanto prevedeva il suo contratto con il Chelsea. L’ingaggio probabilmente sarà sotto quota 5 milioni, quindi sotto il livello di Rafa Leao, al momento il calciatore più pagato del Milan. 

Il rapporto tra Chelsea e Nkunku — nello specifico, tra Maresca e Nkunku — è peggiorato molto negli ultimi mesi. Christopher vuole andarsene, una squadra da Champions per lui sarebbe l’ideale — il Bayern si è informato e lo ha trattato — ma il Milan ha sempre grande fascino. Ovviamente non è una boa ma in attacco sta ovunque, al Lipsia ha giocato da attaccante centrale e con il Chelsea è stato anche uno dei due uomini dietro una punta. Al Milan darebbe rapidità, contropiede, imprevedibilità. Capacità di far salire la squadra, molto meno.

La svolta a U del Milan, quindi, nella sostanza è compiuta. Superata la trattativa per Harder, che ora può andare al Rennes, il Milan sta provando a rinforzarsi con due calciatori. Nkunku è quasi a Milano. Al momento, Artem Dovbyk è il secondo. Dovbyk può lasciare la Roma, su questo non ci sono dubbi, a patto che la Roma trovi un sostituto convincente sul mercato. In cinque giorni, non semplicissimo ma certo non impossibile. Tutta da definire la formula dell’operazione. Il Milan punta a prendere Dovbyk in prestito, mentre la Roma apprezza diversi calciatori rossoneri, Alex Jimenez e Bartesaghi su tutti (oltre a Musah, che però è diretto all’Atalanta). Si potrà trovare una soluzione buona per tutti? Le novità, si è capito, sono possibili a breve. I colpi di scena, ovviamente, anche.

Leao, un calcio al passato: “Con Allegri è cambiato tutto, ora il Milan è una squadra”

Il portoghese in conferenza alla vigilia dell’amichevole contro il Perth: “Tanti milanisti in Australia. Tornare qui per Milan-Como? Sarebbe bello. Abbiamo giocatori che fanno la differenza, ma quest’anno conterà il gruppo”

Rafa Leao in conferenza stampa alla vigilia della gara contro il Perth Glory. Non è una notizia, ma qualcosa rispetto al passato è cambiato anche a livello comunicativo per il portoghese che in questa tournée ha giocato da centravanti (Gimenez è in vacanza e là davanti manca un acquisto) e che, da vice capitano, fa sentire più spesso la sua voce. “Mi aspetto una buona partita – ha iniziato – contro una buona squadra. L’allenatore ci ha spiegato come attaccare e difendere contro di loro, ma la cosa più importante è essere pronti per l’inizio del campionato. Bisogna cercare di prepararci bene, 45′ o 90′, cercare di vincere, ma l’obiettivo è arrivare pronti per l’inizio del campionato. Noi daremo il massimo e cercheremo di battere il Glory Perth”.

Poi Leao ha parlato dell’affetto dei tifosi rossoneri in Australia: “Ce ne sono davvero tanti e il loro calore si sente. È molto bello per noi giocare in queste condizioni. Siamo molti felici di aver avuto questa accoglienza e cercheremo di ripagare i tifosi con una bella prestazione contro il Perth”. Poi sul momento della squadra: “Abbiamo un allenatore con esperienza che ha già vinto qua al Milan. Siamo un gruppo giovane, con alcuni elementi più esperti che sono qua da tempo. Stiamo costruendo la squadra, con lo spirito giusto che aiuta anche quando non giochiamo bene. Rispetto al passato è cambiato tutto. Sento che quest’anno il Milan sarà una squadra. Abbiamo giocatori importanti che possono fare la differenza, ma soprattutto ci sarà un grande spirito di squadra”. Tornare qua a febbraio per Milan-Como? “Non è ancora ufficiale e posso dire poco, ma se giocassimo di nuovo qui sarebbe molto bello perché avremmo molti tifosi e sarebbe bello”.

Web impazzito per Torriani: 7 parate contro l’Arsenal. E l’ex Fonseca vuole portarlo a Lione

Il portiere del Milan, classe 2005, migliore in campo, come lo scorso anno in tournée: 4 interventi in 30 minuti più 3 rigori parati. L’allenatore che lo ha lanciato lo segue e perderà probabilmente il titolare in quel ruolo.

Lorenzo Torriani a luglio non ha rivali. Un anno fa parò da portiere titolare del Milan in tournée contro City, Real e Barcellona: era reduce da una stagione da riserva in Primavera, diventò il vice Maignan. Oggi si è ripetuto contro l’Arsenal. Maignan non è stato giudicato in condizione per andare in porta e Allegri ha scelto Terracciano, appena arrivato, non lui. Torriani però nell’ultima mezz’ora ha fatto quattro parate di cui una speciale, su Merino, non l’ultimo arrivato. E nei rigori finali – calciati anche se la partita era stata vinta dall’Arsenal – ha parato tre tiri su cinque. Il web e il mercato, in questi casi, reagiscono.

Il mercato ha la precedenza. Torriani da un anno attira l’attenzione di parecchie squadre ma c’è un uomo che gli ha cambiato la vita: Paulo Fonseca. Fonseca un anno fa lo ha lanciato con la prima squadra e ora allena il Lione. Fonseca ha seguito Torriani in questi mesi e il Lione, considerate le grandi difficoltà economiche, perderà Lucas Perri, il suo portiere titolare. Torriani potrebbe essere il sostituto, con un prestito che permetterebbe al Milan di mandare Torriani a giocare senza perdere il controllo sul giocatore? Possibile: Fonseca un pensiero lo ha fatto, il resto si capirà tra luglio e agosto.

Il web reagisce molto più di impulso e in queste ore c’è chi ha paragonato Torriani a Donnarumma (più che esagerato…) o ha proposto via social al Milan di lanciarlo come titolare. Beh, calma, il titolare è il portiere della Francia e il capitano del Milan. Ha un brutto anno alle spalle ma da qui a metterlo in discussione… Di sicuro però Torriani quando gioca al massimo livello dimostra di avere qualcosa di speciale. Non ha paura e dà il meglio contro i migliori. Hai detto nulla.

Il Milan comincia con una sconfitta: Saka fa esultare l’Arsenal. Allegri, difesa e carattere

Nell’amichevole di Singapore i rossoneri subiscono molto ma tengono bene le distanze tra i reparti. Ottimi i portieri Terracciano e Torriani, in campo quasi tutti i giovani.

La prima sconfitta della stagione non fa male al Milan. Nella Tridentity Cup, l’Arsenal vince con una rete di Saka a inizio ripresa, ma i rossoneri, privi degli acciaccati Maignan, Fofana e Jimenez, non sfigurano. Anzi, danno un’impressione di discreta compattezza contro una squadra più forte, che per l’occasione fa entrare dalla panchina elementi del calibro di Odegaard e Trossard.

Sconfitta a parte, Allegri può essere soddisfatto della prestazione, una buona base di partenza perché la fase difensiva ha tenuto e perché il suo Milan ha mostrato carattere, corsa e voglia contro un avversario superiore.

Resta però la necessità di rinforzare la rosa: l’arrivo in Asia del nuovo acquisto Estupinan darà una mano, ma serve anche altro. Furlani e Tare sono al lavoro. Domani mattina, intanto, la partenza per Hong Kong dove sabato di fronte ci sarà un Liverpool ancora più tosto. Il primo esame “vero” però Leao e compagni lo hanno superato, al di là della sconfitta contenuta grazie anche alle parate di Terracciano e Torriani.

Allegri sa di non avere una rosa in questo momento in grado di competere con un Arsenal che ha già speso (compresi i soldi per Gyokeres) 200 milioni sul mercato. In più ci sono le assenze di Modric, Gimenez, Maignan (non ancora al top della condizione), Fofana e Jimenez a complicare la situazione. Il tecnico di Livorno però ci tiene a fare bella figura e qualche assestamento tattico lo fa. La base resta il 4-3-3, il vestito del Diavolo per il 2025-26, ma in realtà la forza degli avversari costringe i rossoneri a giocare più con il 3-5-2 o addirittura con il 5-4-1. La chiave è il movimento di Tomori, marcatore di destra nella linea a tre che in fase di possesso “scivola” nel ruolo di terzino destro. Come succedeva ai tempi della Juventus con Barzagli, in campo insieme a Bonucci, Chiellini ed Alex Sandro.

Il tifo in Curva Sud, il sogno Milan: chi è e come gioca Jashari

Cresciuto nel Lucerna, al Bruges dall’estate scorsa, lo svizzero è sempre più vicino ai rossoneri. Fino a 14 anni fa cantava i cori a San Siro nelle notti di Champions

Se a otto anni era in cima al terzo anello di San Siro con una sciarpa rossonera al collo, a 22 Ardon Jashari spera di trovarsi una cinquantina di metri più in basso, con maglia e pantaloncini addosso, magari mentre serve un assist per Leao in un derby, con il suo mancino raffinato. L’ultima idea del Milan per rinforzare la mediana è un classe 2002, di proprietà del Bruges, che fino a 14 anni fa cantava con la Curva Sud nelle grandi notti di Champions. 

Per Ardon Jashari, un’ammonizione dopo poco più di venti minuti e una clamorosa auto-traversa su calcio d’angolo, frutto di una svirgolata che ha rischiato di trasformarsi in autogol. Insomma, non proprio la migliore delle presentazioni al pubblico del Meazza. Anche se, va detto, la partita per i belgi si era già messa in salita con l’espulsione di Onyedika al 40’, compagno di reparto dello svizzero con la maglia numero 30. In patria Ardon lo chiamano “il nuovo Xhaka”, anche lui da tempo nel mirino dei rossoneri. 

Cresciuto nel Lucerna, dove è rimasto per nove anni fino al debutto in prima squadra, Ardon si è trasferito al Bruges la scorsa estate per 6 milioni di euro, diventando subito un punto fermo del centrocampo belga. Un exploit che gli è valso, lo scorso gennaio, il prolungamento del contratto fino al 2029. Dietro ai 40 milioni chiesti dal Bruges per cederlo – a fronte dei 30 messi sul piatto finora dal Milan, bonus compresi – c’è anche questo: la rapida ascesa del ragazzo, ma anche la fama del club di Bruges, una vera e propria bottega d’oro.