Milan e Bologna, non solo per la Coppa Italia: tutto quello che c’è in palio in questa finale

Dal pass per l’Europa alle strategie di mercato, la sfida di stasera avrà forti ripercussioni per i due club.

Qualche finale recente di Coppa Italia è stata più che altro una finalina, un lusso per chi aveva già vinto qualcosa di più importante e poteva permettersi di saltare il dolce avendo la pancia piena. Ma non è il caso di Milan-Bologna. Due squadre che, per motivi opposti, hanno disperatamente bisogno di un sigillo d’autore per dare un senso a una stagione ancora senza voto definitivo. Il prof le aspetta per l’ultima interrogazione.

Sicuramente il Bologna sfilerà tra gli applausi dei suoi tifosi anche perdendo: lo spettacolo degli ultimi mesi non può essere cancellato da una sconfitta. La trasformazione di Orsolini e Ndoye, il nuovo ruolo di Ferguson, l’affermazione di Odgaard, i successi con le grandi, l’entusiasmo, il respiro dell’impresa. Resterebbero però tanti rimpianti dopo aver giocato meglio dell’anno scorso, pareva impossibile, e avere accarezzato l’idea della seconda qualificazione in Champions di fila. Stesso discorso, da prospettive diverse, per il Milan il cui futuro è molto più imperscrutabile: un’eventuale Coppa Italia luciderebbe sugli scaffali anche la Supercoppa che a gennaio sembrava un mundialito e poi è stata travolta dalle vicissitudini di campionato e Champions. Fallendo stasera, anche Riad finirebbe sepolta nel cassetto con tanti protagonisti, per primo Sergio Conceiçao.

Al fischio d’inizio, però, Bologna e Milan sono fuori dalle prossime coppe. Per la classifica attuale, Napoli, Inter, Atalanta e Juve hanno un posto in Champions, la Lazio è in Europa League, la Roma deve “accontentarsi” della Conference di cui ha vinto la prima storica edizione. Bologna (settimo) e Milan (ottavo) sono out. Due giornate possono cambiare tutto e non soltanto per lo scudetto. Ma la Coppa Italia offre la strada più immediata per l’Europa League. Non è il massimo, sia per il Milan che ha vinto più Champions di tutti, Real Madrid escluso, sia per il Bologna che, dopo una partenza complicata, ha cominciato a cantare la musichetta e a muoversi al suo ritmo solo con un paio di mesi di ritardo. Ma cambia lo stesso la stagione.

Milan, si riparte da Pulisic e Leao, garanzia di qualità. Per Jovic rinnovo biennale

Non solo Reijnders: i rossoneri hanno altri punti fermi. Il serbo vorrebbe due anni di contratto

Non solo Tijji, che ormai allarga le braccia ai tifosi dopo i gol con una certa nonchalance: due sere fa lo ha fatto per la quindicesima volta in stagione. Altro grande numero che piace ai tifosi rossoneri: 2030, quello relativo alla scadenza del contratto. Tijjani Reijnders, Tijji per squadra e allenatore, è la prima grande certezza del nuovo Milan. Non la sola: nonostante il cammino accidentato in campionato e Champions, la strada da cui ripartire è ampiamente tracciata. C’è un centrocampista goleador, un esterno di qualità e sostanza (Pulisic, vicino al rinnovo fino al 2029), due giovani difensori centrali e complementari (Thiaw, destro, e il mancino Pavlovic), e poi altri gol: quelli dell’eterno bomber di scorta, Jovic, quelli del futuro (garantiti da Camarda, prima doppietta mercoledì in C) e quelli attesi da Gimenez. Senza scordare Maignan, Theo e Leao: serate come quella del derby possono indicare più chiaramente la direzione da seguire.

La notte del successo sull’Inter ha la firma di Luka Jovic: l’attaccante escluso dalla lista Champions che tiene aperta al Milan la possibilità di rientrare in Europa dalla Coppa Italia. Europa significa anche incassi: e in attesa che Gimenez ripaghi le attese (e le spese), e che si decida sul futuro di Abraham (venti milioni per riscattarlo dalla Roma), si può ricordare che Luka, estate 2023, era arrivato a titolo gratuito. Anche per questo aspetta che il club soddisfi il suo desiderio contrattuale: il Milan ha un’opzione di rinnovo annuale (esercitabile, estate dopo estate, fino al 2028), mentre l’attaccante vorrebbe subito almeno un prolungamento biennale. Per i gol garantiti da 9 di scorta (13 totali), varrebbe la pena. Per l’investimento fatto in inverno, il club insisterà anche su Gimenez: mentre Jovic firmava una doppietta all’Inter, Santi restava in panchina. Appena 7 minuti contro l’Atalanta nell’ultima di campionato. Più confortanti altri dati: oltre ai tre con il Milan, Gimenez ha segnato 65 gol in Olanda e 8 in 11 gare di Champions. Numeri da grande attaccante.

Vale più di un derby: il Milan a caccia del mini doblete, l’Inter per il triplete

Conceiçao per l’abbinata con la Supercoppa italiana, Inzaghi per eguagliare il 2010. Quarta sfida in stagione, nerazzurri in svantaggio.

Quarto derby stagionale e un altro se ne giocherà, perché parliamo dell’andata delle semifinali di Coppa Italia. Cinque Milan-Inter in stagione sono un’anomalia, un dazio da pagare, per usare la parola del momento. Il Milan ha tutto da perdere perché la Coppa Italia è l’ultimo obiettivo rimasto a Sergio Conceiçao e alla sua orchestra stonata. La coppa vale meno della qualificazione alla Champions, ormai sfumata, ma, abbinata alla Supercoppa italiana vinta in Arabia, darebbe un senso a un’annata che un senso non ce l’ha, per parafrasare Vasco Rossi, cantante interista.

Sarebbe un Doblete, una doppietta in formato mini, laddove, per l’Inter, la Coppa Italia è indispensabile per duplicare il Triplete del 2010, ma, se andasse male nel doppio turno contro il Milan, rimarrebbero lo scudetto, con alte possibilità di successo, e la Champions, con qualche possibilità di vittoria. Simone Inzaghi è uno specialista della Coppa Italia, a neppure 50 anni ne ha vinte tre, una con la Lazio e due con l’Inter. Massimiliano Allegri, primatista del ramo con cinque Coppe Italia, non è lontano. Conceiçao però ha battuto Inzaghi in gennaio a Riad, nella finale di Supercoppa italiana in Arabia, ed è da qui che bisogna partire per capire dove andrà a parare il doppio derby d’aprile.

Nella stagione della grande confusione, il Milan ha vinto due derby e ne ha pareggiato un altro contro la “corazzata Inter”, come da etichetta contiana. A settembre, in campionato, successo per 2-1, con Paulo Fonseca allenatore e con le pressioni alte sulla costruzione dal basso interista come chiave di volta. A gennaio con Sergio Conceiçao fresco di nomina, in Supercoppa, la gran rimonta milanista, da 0-2 a 3-2. Due i fattori: il rilassamento dell’Inter avanti di due gol e l’inserimento di Leao. In Arabia, come in altre occasioni, il portoghese si è alzato dalla panchina e ha spaccato la partita. Le esclusioni motivano Leao, che però stasera è annunciato tra i titolari.

Juve e Milan, crisi diverse ma stessa confusione. È ora di pensare al futuro

Entrambe le società devono scegliere l’allenatore giusto per ricostruire. E al Diavolo serve urgentemente un direttore sportivo. Lo scorso giugno, a distanza di ventiquattr’ore uno dall’altra, Milan e Juventus annunciavano i loro nuovi allenatori, ai quali avevano affidato un progetto a lunga scadenza: sia Paulo Fonseca che Thiago Motta avevano firmato un contratto di tre anni. A fine marzo, il piatto piange: Fonseca è stato esonerato dopo 7 mesi, Motta dopo 9, l’addio si è consumato più o meno a un quarto del cammino.

È la legge dei grandi club dove il tempo è relativo e dove tutto dipende sempre e comunque dai risultati, certo, ma questa volta, per analizzare a fondo i problemi di Juve e Milan, non possiamo fermarci qui. Perché se per due squadre che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale, giocare la prossima Champions equivale a una vittoria, allora c’è qualcosa che non va. E se i due allenatori subentrati, Conceiçao e Tudor, sono con molte probabilità destinati a salutare alla fine della stagione, allora siamo oltre la “semplice” annata storta.

Da entrambe le parti si sono verificati errori da non ripetere, con responsabilità da sottolineare e, in alcuni casi, anche da individuare. Penso al Milan, dove tutto mi sembra complicato: la catena di comando, esattamente, qual è? Se l’allenatore scelto a inizio stagione finisce per non convincere, se le strategie di mercato non hanno funzionato, dovrebbe essere possibile individuare una figura dirigenziale che quei giocatori e quell’allenatore li ha scelti, invece in casa rossonera non è ancora chiaro chi fa cosa. Ibrahimovic non è un dirigente ma un advisor della proprietà, eppure tempo fa ha detto che il boss è lui e che comanda lui. Tuttavia, le gerarchie nella scelta del nuovo ds sembrano andare in un’altra direzione, con l’ad Furlani in prima fila. Persino i tifosi sono in confusione, non sanno a chi dare davvero la colpa per una stagione che rischia seriamente di chiudersi senza un posto nella Champions che verrà.

Per una sera il Milan rivede il portiere scudetto: Maignan eroe di Francia, due rigori parati

Mike decide la sfida con la Croazia dal dischetto. Con il Milan, ne ha parati solo 4 su 22 e viene da due stagioni negative. Ora l’incognita rinnovo.

“Sauveur” scrive L’Equipe e la traduzione viene da sé: salvatore. Mike Maignan è la foto di copertina della Francia qualificata alle semifinali di Nations League. All’andata, in Croazia, MM ha parato un rigore a Kramaric, uno di quei rigori furbi, calciati lenti e centrali, contando che il portiere si butti a destra o a sinistra. Maignan si è tuffato, sì, ma è riuscito a deviare con un piede. Al ritorno, ieri sera, ha parato due rigori nella serie finale, uno a Baturina, l’altro a Stanisic, entrambi scegliendo di andare a sinistra. Il primo, soprattutto, non semplice. “È importante occupare molto spazio in porta – ha detto Mike alla fine -. Nella gara di andata avevo i laser in faccia, i miei compagni di squadra sono entrati in area e questo ha dato fastidio al rigorista. Sta tutto nella testa, negli occhi, è un duello uno contro uno”.

Maignan così torna sui giornali per le parate dopo una stagione sotto le aspettative, sotto il suo livello. Ha sbagliato tante volte, ha fatto errori pesanti, grossolani, qualche volta pesanti e grossolani insieme. Uno su tutti? Forse il tuffo verso destra sul tiro di Paixao nell’andata del playoff Champions, in Olanda contro il Feyenoord. Sembra un paradosso: nella stagione in cui è diventato capitano del Milan, Maignan ha proseguito nella sua traiettoria verso il basso, iniziata nel 2023. Negli ultimi due anni è stato il fratello del portiere dello scudetto.

Il 2023 torna nei ricordi anche quando si parla di rigori. Mike ne parò uno fondamentale a Kvaratskhelia nel ritorno dei quarti di Champions e quella parata, assieme alla fuga per la vittoria alla Gullit di Leao al San Paolo, fu il marchio sulla qualificazione. Da allora, ne ha presi pochi. Con il Milan, nessuno per un anno e mezzo, fino al folle Fiorentina-Milan di ottobre, con gli errori di Theo, di Abraham e di Moise Kean.

Il Milan è andato a vedere due stelline dell’Olympiacos. Chi sono e quanto costano

Un osservatore rossonero era presente alla partita di Europa League contro il Bodo Glimt e segue i greci da vicino: nel mirino Mouzakitis, un centrocampista del 2006, e Kostoulas, centravanti del 2007. Per entrambi c’è concorrenza, ma…

Che faceva uno scout del Milan a Olympiacos-Bodo Glimt di Europa League? La domanda rimbalza dal Partenone al Duomo e una risposta c’è: il Milan segue i due giovani più interessanti dell’Olympiacos, Christos Mouzakitis e Charalampos Kostoulas. Sono due dei giocatori chiave della squadra che un anno fa ha battuto il Milan di Ignazio Abate in finale di Youth League.

Mouzakitis è un centrocampista mancino nato il giorno di Natale del 2006. Ha tecnica e visione di gioco, con una faccia tonda da bambino che nasconde un giovane uomo senza paura di giocare con gli adulti. In stagione ha già 30 presenze in prima squadra (e il campionato greco non è così semplice), mentre in Europa League è stato titolare contro Porto, Braga, Rangers e altri. Quel giorno di aprile 2024, contro il Milan, segnò il primo gol.

Kostoulas è un attaccante centrale del 2007 che calcia bene con il destro e gioca con una certa eleganza. Dicono somigli a Batistuta – lo chiamano Babis, da cui il nomignolo Babistuta – ma sembra più della famiglia dei Firmino, degli Schick: attaccanti eleganti, che possono giocare anche in altre zone d’attacco. Attivo, energico, grintoso, ha sempre giocato con ragazzi di due-tre anni più grandi ed è stato il più giovane di sempre in campo e in gol a livello pro con l’Olympiacos. Non ha ancora compiuto 18 anni e ha già segnato 6 gol nel campionato greco e giocato 8 volte in Europa League. La settimana scorsa, contro il Bodo, non era disponibile ma il Milan ha preso abbondanti appunti già nei mesi scorsi.

Prendibili? Non semplice. L’Olympiacos ha tutta l’aria di voler costruire su di loro il mercato in uscita dei prossimi anni e in Grecia si parla di valutazioni da 20 milioni. Molte squadre europee li seguono da vicino e in Inghilterra sono stati spesi articoli per Arsenal, Aston Villa e altre squadre con potere di spesa XL.

Sorteggio Champions: ecco perché l’Inter spera di trovare il Feyenoord e non il Psv

Domani alle 12 dall’urna di Nyon usciranno gli accoppiamenti degli ottavi. I nerazzurri sono l’unica italiana in corsa e pescheranno uno dei due club olandesi che hanno eliminato Juve e Milan, ma in ottica quarti.

Pericolo olandese per l’Inter, l’ultima italiana rimasta in corsa per la Champions. Addio Juve, Milan e Atalanta e niente derby, un’eventualità possibile se bianconeri o rossoneri fossero andati avanti. Pericolo olandese che non avremmo mai immaginato di sottolineare prima del sorteggio degli ottavi. Il Psv e il Feyenoord club da temere? E se ci fossero stati Real e Bayern? Ma così va questa Champions. 

Il Psv sconfitto dalla Juve nella prima giornata e poi nell’andata dei playoff. Il Feyenoord che aveva ceduto Gimenez al Milan e cambiato allenatore prima della sfida. Per non parlare del Bruges, ultimo delle qualificate, contro l’Atalanta dominante di Barcellona e Arsenal. Ex dominante. Quello dei playoff sembrava un grande sorteggio, è stato un disastro cosmico, tra dettagli non sempre fortunati e scelte sicuramente sbagliate dei tre tecnici. Con il nuovo regolamento del torneo, che prevede gabbie già definite, per l’Inter ci sono Psv e Feyenoord. Chi augurarsi? 

Visti i playoff, si direbbe che quelli di Rotterdam sono inferiori. Sicuramente è stato il Milan a perdere la qualificazione. Il Psv invece è cresciuto di partita in partita: la Juve gli ha dato una grande mano, con il solito atteggiamento di possesso conservativo e passivo. Infatti, quando i bianconeri hanno attaccato, la storia è cambiata, ma tardi. Domani sarà un sorteggio equilibrato, non c’è una veramente preferibile. Per l’Inter la lezione è chiara: lasciare l’iniziativa ai rivali sarebbe pericolosissimo. Inzaghi non dovrà ripetere gli errori di Conceiçao e Motta.

Noi freniamo, Spagna seconda: Italia, operazione controsorpasso per la quinta squadra in Champions

L’andata del playoff ha visto “retrocedere” la Serie A. Ma la lezione può servire ad Atalanta, Milan, Juve e Roma per tornare davanti

Operazione controsorpasso, per riprendersi la seconda posizione nel ranking Uefa e tornare ad accreditarsi per ottenere la quinta squadra nella prossima edizione della Champions League. L’andata dei playoff ha visto l’Italia retrocedere di un posto, passando in terza piazza perché i risultati della Spagna, che era la concorrente più vicina, sono stati nettamente migliori dei nostri. Nei prossimi giorni le italiane dovranno rifarsi. Convinzione, insegnamenti dell’andata, qualche giocatore di qualità che deve lasciare di più il segno: queste sono le doti richieste per la rimonta. E i torti arbitrali per una sera vanno dimenticati per non togliere serenità alla prestazione.

L’Atalanta sconfitta a Bruges per il rigore inventato dall’arbitro Meler e il Milan battuto a Rotterdam dal Feyenoord hanno inevitabilmente abbassato la quota. I punti sono due a vittoria, uno per pareggio, il tutto diviso per il numero delle partecipanti a inizio stagione: nel nostro caso, otto. Quindi il nostro incremento è stato di 0,375, dovuto alla vittoria della Juventus sul Psv e al pareggio della Roma in Europa League sul campo del Porto, anche questa gara rovinata dalle decisioni arbitrali. Le rappresentanti della Liga invece hanno infilato un tris con i successi del Real Madrid in casa del Manchester City (e fino al minuto 86 perdeva 2-1), della Real Sociedad in Danimarca contro il Midtjylland (2-1, Europa League) e del Betis in Belgio contro il Gent (3-0, Conference).

Tre pieni in trasferta con buone possibilità di essere ripetuti nel proprio stadio, nella settimana entrante. Sempre sulla carta, il Manchester City non fa differenza tra casa e trasferta, quindi al Bernabeu può succedere di tutto, anche se ora preoccupano le condizioni di Haaland, mentre non è detto che una squadra sconfitta pesantemente nel primo match, tipo il Gent, schieri la formazione migliore nel secondo incontro. Perché il ranking porta benefici alla nazione, ma ogni allenatore di club prima pensa alla sua situazione e non a salvare il coefficiente globale.

Rotterdam come Zagabria: approccio, errori, intensità, il Milan non ha imparato nulla

Nonostante l’aumento del tasso tecnico in rosa, i rossoneri hanno ripetuto la stessa prestazione priva di carattere. Tra errori individuali e giocatori smarriti da tempo

Irrimediabile. Ovvero qualcosa “per cui non vi è alcun rimedio giovevole”, recita la Treccani. A questo punto della stagione, il sospetto si sta drammaticamente trasformando in certezza: questo potrebbe essere l’aggettivo-simbolo del Milan edizione ’24-25. Passano i mesi, scorrono le partite, cambiano gli allenatori, ma la sostanza del Milan non cambia: il Diavolo regala sussulti illusori, magari importanti ma, di base, resta una squadra che non riesce a darsi un’anima. Il problema principale, quindi, risiede con tutta evidenza in alcuni giocatori. Alla dirigenza il compito, da fine maggio in poi, di proseguire il ricambio in rosa agevolando l’uscita di coloro che non hanno più stimoli.

Cos’è mancato a Rotterdam? Praticamente ciò che è mancato a Zagabria ed è una constatazione terribile perché significa che in due settimane il Milan in campo europeo non ha fatto progressi. Con buona pace delle bollicine sul mercato. E se in Croazia aveva mandato in discarica l’opportunità di qualificarsi direttamente agli ottavi, in Olanda li ha proprio messi a rischio. Per la cronaca, stiamo parlando di due avversarie oggettivamente inferiori ai rossoneri, ed è proprio per questo che il volume dell’allarme è alto. La sfida del De Kuip ha confermato qualcosa che dovrebbe ormai essere più che evidente: in Europa la qualità e la tecnica fini a se stesse non sono sufficienti, se non vengono accompagnate dall’atteggiamento mentale e fisico. L’attacco rossonero ieri era da libro dei sogni, eppure non è riuscito ad armarsi e ad essere armato. Il motivo è semplice: i piedi educati vanno accompagnati con l’intensità, comunque mancata a tutto il Milan. Da una squadra scivolata malamente nei playoff sarebbe stato normale attendersi l’approccio del Feyenoord. Azzannare il match, tenere ritmi alti, giocare in avanti. Qualcosa che deve necessariamente partire dalla testa e dare il comando alle gambe. E invece: atteggiamento scarico, duelli a senso unico. Cambiano i tecnici, restano i soliti problemi.

L’avvertimento di Conceiçao: “Esca dalla comfort zone”. E ora Leao al Milan rischia il posto

Nella serata di festa dopo il successo sulla Roma, il tecnico rossonero è stato rigido sul suo numero 10. Ecco cosa vuole da lui, e tutti gli scenari

Nel Milan che ieri sera ha cambiato di colpo tutte le prospettive – approccio, velocità di gioco, incremento tecnico, soluzioni offensive, scioltezza d’animo, soluzioni da una panchina che fino a pochi giorni fa era cortissima -, c’è purtroppo un bug che si ripresenta ciclicamente a cui nessuno fino a questo momento – né i dirigenti, né gli allenatori – sono riusciti a porre rimedio.

Si sa, Sergio è un allenatore che pretende molto dai suoi giocatori e anche lui, come tutti coloro che l’hanno preceduto, sta cercando di trovare – sempre se esiste – la formula migliore per spremere il meglio dal suo connazionale. Ma queste parole spiccano proprio perché sono state pronunciate – evidentemente in modo non casuale – al termine di una partita che avrebbe concesso senza problemi brindisi, sorrisi e pensieri sereni su tutto e tutti. Se Conceiçao ha detto certe cose è perché, con tutta ovvietà, l’ingresso di Rafa non gli è piaciuto. All’atto pratico, non è che Leao abbia combinato disastri. Magari era lecito attendersi qualcosina in più dal momento che è entrato negli ultimi venti minuti, ma è anche vero che la panchina era causata dalle condizioni fisiche non perfette.

Conceiçao, però, accende nuovamente il faro sul suo connazionale all’interno di una stagione complessa dove Rafa – come sempre – ha alternato partite eccezionali ad altre ciondolanti. Leao prima se l’è vista con Fonseca, arrivato al punto da metterlo alla gogna pubblica pur di pungolarlo.

L’allenatore punta l’occhio di bue soprattutto su un concetto: Rafa deve uscire dalla comfort zone. E’ questo il motivo per cui gli allenatori lo punzecchiano ed è questo il motivo per cui provano anche a cucirgli vestiti tattici diversi rispetto al passato. Per esempio accentrandolo, oppure piazzandolo seconda punta e, perché no, pure falso nove. Di base il tentativo è quello di avvicinarlo di più alla porta, in modo da mettergli potenzialmente nelle gambe un numero di gol maggiore. Beh, diciamo che Rafa dovrebbe prendere spunto dal connazionale che ieri sera si è preso la scena con la Roma, chiudendo il match. Perché esistono anche gli inserimenti senza palla, e non solo le sgasate, per esempio.