Correa è già in versione “argentina”: l’Inter ci spera, tra riscatto e mercato

La squilibratissima amichevole pre-Mondiale tra Argentina ed Emirati Arabi Uniti è stato uno show di Angel Di Maria, con due gol e un assist. Soltanto nel primo tempo, però, perché all’intervallo Lionel Scaloni ha operato un quadruplo cambio e i connotati del match sono mutati. L’ultima rete, la quinta, l’ha segnata Joaquin Correa un quarto d’ora dopo essere entrato: filtrante dalla trequarti, controllo tra sei gambe e destro a incrociare dritto nella rete.

Ovviamente il peso specifico di questo gol è relativo, ma spicca che – ancora una volta – il Tucu abbia inciso subito con la maglia albiceleste. Capita spesso e volentieri, come se al servizio della sua nazionale il 28enne riuscisse a esprimersi al meglio, più sereno e ispirato. Mentre con l’Inter spesso stenta e i suoi dribbling rischiano di diventare una promessa non mantenuta, con l’Argentina si vede forse il “vero” Correa, sicuramente si ammira la sua migliore versione. E i numeri descrivono parzialmente questo fenomeno, a partire da una curiosa coincidenza: quando ha giocato con l’Albiceleste, Correa non ha mai perso una partita.

Il Tucu ha segnato quattro reti con la sua nazionale: la prima nel 2017 ai tempi del Siviglia contro Singapore, alla seconda apparizione. Poi da laziale due anni fa ha squillato in Bolivia nelle qualificazioni a Qatar 2022 per ripetersi da fresco interista nel settembre 2021 in casa del Venezuela. Diciannove presenze (cinque da titolare) per 4 gol, per una media di una marcatura ogni 172 minuti: meno di una ogni due partite complete. Non male. Con le maglie di club non è mai riuscito a tenere questo ritmo e all’Inter viaggia a 9 centri in 54 partite (20 dal primo minuto), uno ogni 210 giri d’orologio. Peraltro si tratta di gol divisi tra doppiette al primo anno di Simone Inzaghi e squilli in vittorie con almeno due gol di scarto quest’anno. Dalle sue qualità è lecito aspettarsi di più, in quanto a prestazioni e in quanto a produzione sotto porta.

Inter, rivoluzione d’inverno: Vazquez al posto di Gosens e se “Gaglia” parte, ecco Alcaraz

Il tedesco ex Atalanta può tornare in patria e al suo posto arriverebbe lo spagnolo del Valencia: la trattativa è già calda. Se Gagliardini partirà a gennaio, occhi puntati sul talento del Racing

 Al centro del contendere, il futuro di Jesus Vazquez, esterno mancino del club spagnolo finito in cima alla lista dei desiderata dell’Inter per gennaio. Tutto è subordinato alla cessione di Robin Gosens, che vanta diversi estimatori in Germania e punta a ritrovare un posto da protagonista, dopo un anno molto complicato. E allora l’Inter si è mossa in anticipo, per evitare di essere costretta ai lavori straordinari all’ultimo momento, come accaduto lo scorso fine agosto: all’epoca fu il Leverkusen a presentarsi a Milano con una proposta ufficiale di prestito per Gosens, ma l’affare saltò per il rifiuto dei tedeschi a garantire l’obbligo di riscatto. L’avventura di Gosens a Milano non è mai decollata, anzi. E ora che Dimarco ha messo in chiaro le gerarchie sulla corsia mancina, l’ex esterno dell’Atalanta è pronto a fare le valigie e tentare una nuova avventura per ritrovarsi. L’esclusione dai convocati per il Mondiale brucia, ma l’unico modo per riprendersi il tempo perduto resta quello di dimostrare in campo di essere ancora l’esterno travolgente che aveva incantato l’Europa negli anni di Bergamo.

Vazquez per Gosens è un affare ad alta percentuale di riuscita, anche perché il Valencia ha già dato l’okay per la cessione in prestito del talento cresciuto nella cantera del club. L’Inter avrà il diritto di riscatto, formula più gradita al club, e la possibilità quindi di valutare poi la crescita del giocatore, che a Valencia ha perso il posto con l’arrivo di Gattuso in panchina.

Il papà di Leao: “Rafa adora l’Italia. Rinnovo? Fino alla scadenza ci lavoriamo”

Antonio Leao parla in un’intervista a Record: “Mio figlio è il miglior giocatore della Serie A. Da qui al 2024 ci occupiamo del contratto col Milan, senza Chelsea, Barcellona o Real Madrid”

Il futuro di Rafael Leao resta avvolto nel mistero. E le parole di suo padre Antonio al quotidiano portoghese Record non contribuiscono certamente a diradare la nebbia che circonda il 23enne attaccante del Milan, quando il tema è il rinnovo contrattuale. Alla domanda se il prolungamento di contratto di Rafa dipenda o meno dalla risoluzione definitiva del contenzioso con lo Sporting (il giocatore è stato condannato a pagare al club di Lisbona una cifra vicina ai 20 milioni, interessi compresi), Antonio Leao risponde così: “Ci stiamo lavorando. L’interesse del Chelsea? Fino alla scadenza del 2024 ci occupiamo del contratto, senza Chelsea, Barcellona o Real Madrid”.

AMORE PER L’ITALIA—Se queste parole possono far preoccupare ulteriormente i tifosi rossoneri, dall’altra parte c’è una dichiarazione d’amore per il Paese che ha accolto Rafa e ne ha capito il valore: “Lui adora stare in Italia – continua papà Antonio -. Ha una predilezione per gli italiani, quella che i portoghesi non hanno per lui. Ha vinto il premio di miglior giocatore della scorsa Serie A non perché fosse bello, ma semplicemente… perché è il migliore”.

Tomori sulle montagne russe

Alti e bassi d’umore e di campo. Le ultime 48 ore di Fikayo Tomori sono state movimentate, difficili, da montagne russe. Venerdì Southgate l’ha escluso dalle convocazioni per il Mondiale. Tomori ci credeva, e per consolarsi non gli è certamente bastata la proposta da 250mila sterline di un portale a luci rosse, che lo voleva in veste di commentatore… Fik è un tipo serio, ha vinto uno scudetto da protagonista tenendo alta la retroguardia rossonera. Baluardo difensivo affidabile. E invece no, niente Qatar. Domenica si è riscattato contro la Fiorentina però, anche lì dopo un match da montagne russe. Alti e bassi. Su e giù. Da due mesi va così.

Se il Milan ha portato a casa i tre punti lo deve a Tomori. Prima un intervento al limite, tackle su Ikoné per evitare il gol. Niente rigore però, Milan salvo. Infine, sull’1-1, un salvataggio sulla linea da Pallone d’Oro della difesa. Tomori, con Tatarusanu battuto, ha messo il piedone destro tenendo in piedi il risultato. Il portiere romeno era spacciato, battuto, ma l’inglese ha tenuto a galla il Milan, vittorioso a due minuti dal gong grazie a un’autorete di Milenkovic. Quando gli hanno chiesto del salvataggio sulla linea ha risposto che è stato “puro istinto”, sottolineando che il Milan ha meritato di vincere. E che la corsa sul Napoli continuerà nel 2023.

L’esclusione dal Mondiale è stata uno schiaffo in pieno volto. Una di quelle mazzate a cui devi abituarti senza pensarci più di tanto: “Devo continuare a lavorare per alzare il mio livello e tornare in nazionale. Sono deluso, lo ammetto, ma posso solo continuare a fare bene”. Come domenica del resto, partita da 7 nell’ultima vittoria dell’anno, prima di fermarsi un po’ e ripartire con gli occhi della tigre. Va detto: dopo lo scudetto, gli ultimi mesi di Tomori non sono stati da applausi. Qualche errore, un paio di marcature sbagliate, qualche 5 in pagella. Soprattutto nelle due sfide di Champions contro il Chelsea. Tomori, però, non si è mai arreso e mai lo farà. Cinque anni fa giocava in Championship, tre stagioni di fila tra Brighton, Hull e soprattutto Derby County, 55 partite e due reti. Il tempo l’ha reso un centrale affidabile, riscattato dal Milan per 28 milioni. Dopo un paio di mesi sulle montagne russe è arrivato il momento di scendere. Nel 2023 sarà un altro Fik.

Scocca l’ora di Thiaw: così ha conquistato Pioli e il Milan

Uno dei nuovi sta provando a emergere. Si è staccato dal gruppetto e punta a farsi notare. Si chiama Malick Thiaw, gioca in difesa e fin qui se l’è cavata bene. Tre presenze in Serie A, solo una da titolare, ma tutte positive. Contro il Verona ha cambiato il suo destino con un paio di “stoppate”. Il tedesco si è immolato su alcune conclusioni salvando il risultato. Lì Pioli l’ha elogiato, tant’è che alla prima occasione utile gli ha regalato l’esordio dal 1’ contro la Cremonese. Un’ora da 6,5. Oggi, contro la Fiorentina, Thiaw potrebbe anche partire di nuovo dall’inizio, a dimostrazione che dal gruppetto del mercato qualcosa si può pescare.

Il suo percorso ricorda quello di Kalulu. Il francese, preso dal Lione nell’indifferenza generale, è diventato affidabile con il tempo. Qualche giorno fa ha rinnovato fino al 2027. Thiaw può prendere spunto. Prima di debuttare contro il Verona è stato in panchina per cinque partite di fila, escluso dalla lista Champions e mai impiegato. Pioli l’ha buttato nella mischia al Bentegodi e lui ha giocato con gli occhi della tigre. “Questo ragazzo ha personalità”, avrà pensato il mister. Uno che di solito dà fiducia ai giovani e li aspetta: vedi Leao, Saelemaekers, Tonali, Kalulu. Nonostante le sole tre partite, quindi, il giudizio su Thiaw è positivo. De Ketelaere deve ancora ambientarsi, Dest ha giocato poco e male, Vranckx è sceso in campo solo mezz’ora in tre partite, mentre Origi – nonostante il gol al Monza – è ancora in ombra. L’ultimo è Yacine Adli, protagonista di un bel precampionato mai quasi mai impiegato da Pioli. Dovrebbe andar via a gennaio.

“Milan dei meravigliosi”: il podcast sulla storia rossonera

Nella settimana di uscita del docufilm “Stavamo bene insieme” che celebra le vincenti notti milaniste in Champions League nel periodo tra il 2003 e il 2007, StarCasinò Sport, Official Partner di AC Milan, lancia tre episodi del podcast “La Storia del Milan raccontata da Carlo Pellegatti”. 

Celebrando il Milan dei Meravigliosi, nelle puntate disponibili ora su Spotify e sui principali digital store, il famoso giornalista di fede rossonera racconta con minuzia di particolari proprio quelle magiche stagioni del Club di Via Turati, salito due volte sul tetto d’Europa. Vittorie raggiunte grazie a fenomeni come Shevchenko, Dida, Rivaldo e Maldini guidati dalle sapienti mani di Carlo Ancelotti. 

L’elemento che più ha caratterizzato quegli anni è stato il famoso dietro le quinte del calciomercato, che vedeva Silvio Berlusconi e Adriano Galliani protagonisti nelle più accese trattative per l’acquisto dei giocatori. Andrea Pirlo, Filippo Inzaghi, Alessandro Nesta e Clarence Seedorf sono solo alcuni dei calciatori entrati in squadra in quel periodo, pilastri del gruppo vincente che ha alzato al cielo due Champions League, nel 2003 e nel 2007. Anni meravigliosi che hanno contribuito a rafforzare la fratellanza e l’amicizia che da sempre contraddistingue la famiglia rossonera. Valori comuni che hanno permesso di raggiungere questi obiettivi e risultati ancora oggi memorabili e indimenticabili. 

Non si tratta dell’unica vittoria europea di quel magico gruppo: quattro anni prima, al “Teatro dei Sogni” di Manchester, il primo Milan di Carlo Ancelotti ha vinto la sua sesta Champions League in finale contro gli storici rivali della Juventus. La sfida si è conclusa ai rigori, con il decisivo battuto dall’ucraino Andrij Shevchenko davanti a oltre 62.000 spettatori. Un indimenticabile momento che Pellegatti associa a una scena clou del famoso film “Il buono, il brutto e il cattivo”.

Minacce social a Masiello: non tornare a Bari. E il Sudtirol non lo convoca

Per il difensore sarebbe stata la prima volta al San Nicola 11 anni dopo l’autogol nel derby pugliese contro il Lecce: non prenderà parte alla partita di Serie B.

Non ci sarà nessun ritorno, per evitare spiacevoli episodi e per non rievocare un passato scomodo. Andrea Masiello non prenderà parte alla trasferta di campionato, in Serie B, in casa del Bari. Il Sudtirol ha infatti deciso di non convocare il difensore dopo diversi giorni in cui i tifosi biancorossi hanno lasciato trasparire una certa “attesa”, con insulti e minacce sui social network dirette proprio al 36enne. Il 15 maggio del 2011, infatti, Masiello fu protagonista di un rocambolesco quanto incredibile autogol durante il derby contro il Lecce, episodio che divenne poi centrale nel successivo scandalo legato al calcioscommesse.

I MOTIVI—   La tensione per Bari-Sudtirol rischiava di essere insostenibile per il giocatore e per la squadra e, dopo che anche le autorità hanno manifestato preoccupazione per motivi di ordine pubblico, il club biancorosso ha preferito risparmiare al calciatore (e a sé) una partita ad alto rischio. Nella giornata di venerdì la decisione sarà ufficializzata e spiegata in conferenza stampa dal direttore sportivo Paolo Bravo, che affiancherà l’allenatore Pierpaolo Bisoli. Va ricordato che il Sudtirol non è la prima squadra in cui milita Masiello dopo la fine della squalifica di due anni e 5 mesi – ha giocato infatti con Atalanta e Genoa -, ma mai il 36enne si era trovato ad affrontare una trasferta a Bari, nello stadio dove 11 anni fa il Lecce vinceva per un episodio che ora in tanti – lui compreso – vorrebbero dimenticare.

Juve, Allegri chiude la difesa con il muro tutto brasiliano

La difesa a tre con Danilo, Bremer e Alex Sandro è quella che fino ad ora ha dato le migliori garanzie. A costo del sacrificio di Bonucci e del limitato minutaggio dato a Gatti e Rugani.

Dalla BBC made in Italy al nuovo muro brasiliano. La Juve cambia pelle e si affida sempre di più al trio difensivo a tinte verdeoro, prossimo alla spedizione mondiale in Qatar con ambizioni da finalissima. L’approdo in bianconero di Bremer ha incrociato la leadership crescente di Danilo ma anche gli ultimi passi all’ombra della Mole di Alex Sandro: per questo non c’è futuro per il pacchetto inedito, ma il presente è piuttosto solido e può giungere spedito fino al termine della stagione. Ad oggi, la DBS è la soluzione preferita di Allegri, che ha spesso relegato in panchina Bonucci nella prima parte di stagione e concesso meno spazio agli altri due centrali in rosa: Gatti e Rugani.

Il nuovo che avanza è Bremer, acquistato l’estate scorsa per 50 milioni complessivi (bonus compresi) e pensato al centro del reparto bianconero per diversi anni. Gleison ha preso il posto di De Ligt, ma per caratteristiche è un po’ Chiellini e un po’ Bonucci, considerato che ha grandi qualità sulla marcatura dell’uomo e rende meglio da perno centrale della difesa a tre. In coppia con Bonucci, in avvio di campionato, sembrava essere meno a suo agio, Allegri – quando può – lo mette nelle condizioni di esprimersi meglio tra i due connazionali, con i quali riesce anche a comunicare più facilmente nei momenti delicati della gara. Da inizio stagione è cresciuto molto, la chiamata dal Brasile di Tite per il mondiale è la naturale conseguenza di un lavoro fatto bene.

Volpato, cuore azzurro: dice no al Mondiale con l’Australia per aspettare l’Italia

Cristian Volpato ha giurato fedeltà alle sue origini. Il gioiellino della Roma, assistito da Francesco Totti e lanciato nel calcio dei grandi da José Mourinho durante la scorsa stagione, ha rinunciato alla possibilità di volare in Qatar e giocare il Mondiale con l’Australia (Paese dove è nato e cresciuto). Il motivo? Semplice, inseguire il sogno di diventare grande con la maglia azzurra.

Il diciottenne – compirà 19 anni tra una settimana – ha già esordito con l’Italia. Volpato ha prima attirato le attenzioni del c.t. dell’Under 19 (è stato convocato per gli Europei di categoria) poi si è guadagnato la chiamata in Under 20. Una cammino che non ha impedito a Graham James Arnold, commissario tecnico dell’Australia, di inserirlo nella lista dei convocati per il Qatar. La scelta di Arnold ha riempito d’orgoglio il talento nato a Camperdown, ma non ha fatto vacillare le sue convinzioni. Cristian infatti ha scelto di rifiutare l’opportunità arrivata dal suo continente d’origine. L’intenzione del talento romanista è quella di convincere Roberto Mancini, per proseguire un naturale percorso di crescita e ripagare la federazione italiana che – fin dal suo arrivo nel Bel Paese – ha puntato su di lui.

A rivelare la scelta di Volpato è stato lo stesso Arnold in conferenza stampa: “Fino alle 23 di ieri notte stavo cercando di convincerlo a essere della squadra – ha spiegato il c.t. australiano – non è stata una mia decisione. Ho parlato con Cristian tre volte. E prima gli avevo parlato altre volte. Ieri gli ho detto che era tra i 26 convocati per il Mondiale. Lui mi ha risposto che ci voleva pensare e parlare con le persone a lui vicine per capire cosa fosse meglio per la sua carriera. Più tardi ha deciso di declinare la mia offerta. È stata una sua decisione, adesso preferisco concentrarmi sui ragazzi che abbiamo e ai giovani che arriveranno. Cristian non ha voluto prendere una decisione così grande e va bene così”.

Per Volpato l’opportunità di tornare a mettersi in mostra con la maglia giallorossa potrebbe arrivare già domani a Reggio Emilia. L’infortunio di Lorenzo Pellegrini costringerà Mourinho a fare a meno del suo capitano contro il Sassuolo: a sostituire il numero 7 potrebbe essere proprio lui.

Serie A: Juventus-Inter 2-0, Rabiot e Fagioli decidono il derby d’Italia

I bianconeri trionfano con due gol nella ripresa e sorpassano i nerazzurri in classifica

La Juventus batte l’Inter 2-0, si aggiudica il derby d’Italia e sorpassa i nerazzurri in classifica (25 punti contro 24). Dopo un primo tempo equilibrato e con poche emozioni, in cui l’Inter ha le migliori occasioni con Dzeko e Dumfries, la gara si accende nella ripresa. Al 47′ Szczesny si salva in angolo con l’aiuto della traversa su Calhanoglu, poi al 52′ in contropiede Kostic serve Rabiot che apre il piatto e batte Onana. Il Var annulla il raddoppio di Danilo (fallo di mano) al 63′ e Lautaro si fa ipnotizzare dal portiere polacco (74′). Due minuti e Onana manda sul palo il sinistro di Kostic. Il serbo, il migliore in campo, regala a Fagioli l’assist del 2-0 (conclusione deviata da Gosens).

La Juve conquista la quarta vittoria di fila, si conferma impenetrabile in difesa e con ogni probabilità fa fuori l’Inter dal discorso scudetto. La squadra di Inzaghi interrompe una striscia di 4 vittorie di fila, colleziona la quinta sconfitta in campionato e conferma una grande fragilità negli scontri diretti, dove ha rimediato solo sonore batoste. In più la difesa lontano da San Siro si trasforma in un gruviera pieno di buchi, tutti fattori negativi che di fatto tolgono i nerazzurri (precipitati a -11 dal Napoli capolista) dalla corsa per il titolo. Anzi, di questo passo pare davvero complicato persino sperare in un posto nelle prime 4. I bianconeri, al contrario, danno una grande risposta in piena emergenza e ancora una volta mostrano il talento di Fagioli, al secondo gol nel giro di soli 7 giorni. La squadra di Allegri ritrova un grande cinismo (gol di Rabiot al primo tiro in porta) e continua a far punti, anche se il gioco di certo non incanta e il primo comandamento è non prenderle. Da incorniciare la prova di Kostic, autore di due assist (più quello per il gol annullato di Danilo) e di un clamoroso palo. Da festeggiare il ritorno di Chiesa in Serie A dopo 301 giorni. Napoli e Milan paiono di un’altra categoria, ma con la squadra al completo dopo la sosta la Juve può dare fastidio a tutti.