Il Milan blinda Leao fino al 2028, è ufficiale: “Rinnovo per vincere, sono molto felice”

Il portoghese avrà una clausola da 175 milioni e ne percepirà 7 all’anno bonus compresi. Ora potrebbe cambiare maglia e passare dalla 17 alla 10

Telenovela finita. Rafael Leao ha rinnovato il contratto con il Milan fino al 30 giugno 2028, come confermato una volta uscito dalla sede, intorno alle 15.45 del pomeriggio: “Vado in vacanza sereno. Rinnovo e sono felice, lo volevo fare da tanto, speriamo di fare grandi cose in futuro. L’anno prossimo vogliamo vincere tante cose”. Capito numero: “Se cambio? Vediamo Il 17 è un numero speciale per me…”.

Il portoghese avrà una clausola da 175 milioni e percepirà 7 milioni l’anno bonus compresi legati alle prestazioni. L’anno scorso è stato l’MVP della Serie A, uno dei trascinatori di Pioli verso lo scudetto, mentre in stagione ha collezionato 14 reti e 15 assist. Curiosità: il Milan aveva anticipato il rinnovo pubblicando un post sul surf. Il motivo? Leao è un grande appassionato della tavola e spesso esulta così. “La marea sta arrivando”, hanno scritto i rossoneri. Questa la nota ufficiale pubblicata sul sito della società: “Il Milan è lieto di annunciare il prolungamento del contratto di Rafael Alexandre da Conceição Leão fino al 30 giugno 2028”.

Arrivato dal Lilla dal 2019, Leao fin qui ha segnato 41 gol in 162 partite. Ora potrebbe indossare anche la numero 10, indossata in passato da campioni come Rui Costa, Savicevic, Seedorf, Gullit. Se Diaz dovesse tornare a titolo definitivo al Bernabeu infatti, Leao avrebbe la sua numero 10. Il Milan può riscattare Brahim per una ventina di milioni, ma i Blancos mantengono la recompra a 27. Vediamo cosa succederà. Intanto, Rafael ha rinnovato fino al 2028. La più bella notizia per i tifosi rossoneri.

I maledetti rigori di Mou: 9 volte su 11 finito ko. Giuste le scelte di Budapest?

Il guaio: Dybala. Pellegrini e Abraham usciti prima del 90′. Poi Mancini e Ibanez rischiati spostando i migliori (El Shaarawy e Belotti) alla fine… quando alla Roma non serviva più

Un rigore segnato su tre. Altri non sono serviti per decidere la finale di Europa League e consegnare il trofeo al Siviglia. I giocatori di Mendilibar non me hanno sbagliato uno, quelli della Roma troppi ed è inevitabile allora chiedersi che cosa ci sia dietro alla scelta di mandare proprio quegli uomini sul dischetto degli undici metri.

Partiamo dal presupposto che i primi tre rigoristi giallorossi erano già tutti in panchina. Dybala, che era stato in dubbio fino all’ultimo, è uscito dopo 68 minuti e un gol fatto: di più proprio non gli si poteva chiedere. Pellegrini ha resistito fino alla fine del primo supplementare. Abraham ha dato forfait al 75’, lasciando il campo piuttosto malconcio.

La scelta non era facile per Mourinho che ha spedito per primo sul dischetto Cristante, con il Siviglia che aveva già segnato il suo rigore. Il centrocampista li batte spesso in allenamento e contro il Sassuolo in questa stagione ne aveva già tirato uno, centrando il palo pieno, con palla poi messa in rete da Bove. Cristante ieri ha fatto il suo, poi è toccato a Mancini, che dagli undici metri in giallorosso non si era mai visto. Perché lui – e poi Ibanez che è più o meno nella stessa situazione del compagno di reparto – e non i giocatori con i piedi migliori? L’idea è che Mourinho abbia voluto tenere i più affidabili per i rigori finali, quelli in cui la tensione è alle stelle. Ma c’è anche chi dice che abbia puntato su quei tre perché uomini di accertato carattere, già solidi, pronti a prendersi certe responsabilità senza pensare di mettere a rischio la loro intera carriera.

Dybala dalla gioia alla disperazione: piange a dirotto dopo i rigori

La Joya parte alla grande col gol del vantaggio, poi guarda i penalty dalla panchina e finisce in lacrime

Una scena quasi straziante. Fermo, con gli occhi gonfi di lacrime. Lacrime, quelle di Paulo Dybala, che non si fermano mai. Neppure quando corre ad abbracciarlo Josè Mourinho. L’argentino (sostituito al 68’) continua a singhiozzare, con le telecamere che non lo perdono di vista.

Poi, la squadra va a salutare la curva, e tutte le 20mila e più persone che sono accorse a Budapest per stare vicino alla Roma. Dybala viene coccolato, accarezzato dai tifosi e forse solo lì le lacrime si fermano: Paulo alza il pollice su in segno di ringraziamento, ma il volto è sempre segnato dalla tristezza. Dalla gioia del gol dell’1-0 alla sconfitta ai calci di rigore. Una serata amara, partita benissimo ma conclusasi nel più atroce dei modi per il campione del Mondo.

Per qualcuno sono una lotteria. Di sicuro per tirarli serve una certa specializzazione, che racchiude tecnica, sangue freddo ed esperienza. Basta guardare il penalty di un vincente nato come Rakitic. Purtroppo per la Roma, José Mourinho non ha potuto inserire nella lista i suoi migliori rigoristi.

I primi specialisti della Roma sono Paulo Dybala e Lorenzo Pellegrini. Il primo è uscito stremato al 67′, restando probabilmente in campo già più del previsto, il secondo è uscito dopo aver dato tutto a inizio secondo supplementare. Fuori anche Abraham, altra opzione valida e Matic, k.o. all’ultima azione, giocatore esperto e solido come pochi. Così al momento di sceglierne 5 si è trovato coi soli Cristante, a segno col primo penalty, e Belotti, che avrebbe verosimilmente calciato l’ultimo. Dal dischetto è così toccato a due difensori centrali, Mancini e Ibanez. Con esiti disastrosi. E tanti, tantissimi rimpianti.