Milan, con Okafor via serve un attaccante: assalto a Rashford, lo United apre al prestito

Per l’attaccante resta il nodo ingaggio. Il club rossonero intende rafforzarsi nella finestra invernale: la Champions ’25-26 non può sfuggire e in più ci sono i soldi della Supercoppa

In mezzo a una marea di “forse”, “vediamo”, “chissà” e retorica assortita che solitamente accompagna il mercato di gennaio (e non solo quello), va dato atto a Ibrahimovic di non aver fatto giri di parole: “Stiamo discutendo varie situazioni e qualcosa succederà”, ha detto il super consulente rossonero prima del derby di Supercoppa. E siccome metà gennaio si avvicina, è lecito attendersi un’accelerazione alle strategie di rinforzo della rosa rossonera.

Il Milan ha deciso di muoversi sul mercato essenzialmente per tre motivi. Uno: la rosa, nella sua profondità, presenta ancora alcuni deficit. Due: la qualificazione alla prossima Champions è il consueto imperativo categorico che garantisce l’autosostenibilità finanziaria, e al momento c’è un ritardo in classifica importante da colmare. Tre: il denaro portato in dote dalla Supercoppa (quasi dieci milioni, aumentabili di un ulteriore uno e mezzo se andrà in porto l’amichevole contro la vincitrice della Supercoppa araba) sono una sorta di “extra” budget da destinare al mercato. Extra in quanto non preventivato nelle proiezioni di bilancio. Un contesto che poggia su un dato di fatto evidente e progettuale: il club intende investire anche nel mercato di riparazione.

Due, essenzialmente, le zone del campo interessate. Attacco e mediana. Ma se fino a qualche settimana fa la priorità pareva andare a un centrocampista che potesse fungere da alter ego di Fofana, adesso i riflettori sono puntati soprattutto sul reparto avanzato. La partenza di Okafor sblocca la lista in entrata e l’ultimo nome caldo è anche il più affascinante. Marcus Rashford era un profilo di quelli off limits – anzi: di quelli che nemmeno prendi in considerazione – prima che lo United e il suo tecnico Amorim decidessero che potevano fare a meno di lui. Rashford è uno di quei nomi capaci di cambiare la scena in un ambiente che, fino alla finale di Riad, vagava nella depressione sportiva.

Perché la più forte fa così fatica? Cosa non va nell’Inter

I nerazzurri hanno la squadra migliore, il monte ingaggi più elevato, allenatore e dirigenti top: come mai in certi momenti non rende al meglio

Pochi, pochissimi hanno dubbi in merito alla forza dell’Inter. Non ce n’erano prima che la stagione cominciasse e non ce ne sono neppure adesso, a metà percorso. Se la pesiamo rispetto alle concorrenti italiane, sembra davvero la migliore in ogni componente. L’Inter ha l’organico più forte, perché ha titolari senza eguali (sono quelli che hanno dominato il campionato scorso) e anche le riserve sono di grande qualità, a maggior ragione dopo che in estate sono stati ingaggiati due calciatori quotatissimi come Zielinski e Taremi. Pure l’allenatore è considerato tra i più bravi e spesso abbiamo celebrato la capacità di Inzaghi di far giocare ai nerazzurri un calcio sì efficace, ma anche spettacolare.

E che dire del management, a cominciare dal presidente? Marotta ha conquistato dieci scudetti e non è certo sbagliato ritenerlo – da tempo – il dirigente più preparato del nostro movimento. Quanto alla proprietà, andrà ovviamente valutata nel corso del tempo perché Oaktree ha rilevato la maggioranza delle azioni solo a maggio; nel frattempo possiamo rilevare che il monte ingaggi è diventato il più elevato della Serie A, scavalcando anche la Juve, e questo un significato non può non averlo.

Insomma: l’Inter è la più forte. Eppure non lo dimostra sul campo. Non diciamo questo (solo) perché ha perso la Supercoppa di fronte a un avversario meno quotato, anche se la sconfitta contro il Milan fa malissimo, ma anche perché fatica a dimostrare la sua superiorità nelle altre competizioni. Soprattutto in campionato, dove i nerazzurri hanno perso il derby (un altro), si sono fatti rimontare due gol dalla Juve , non hanno piegato il Napoli. E in Champions hanno perso contro il Leverkusen. Poi è vero che ci sono stati picchi clamorosi (il 4-0 all’Atalanta, il 6-0 alla Lazio) ma quei passaggi a vuoto fanno riflettere. Per carità, non si può sempre vincere e l’Inter è comunque in posizione molto buona sia in campionato che nella classificona di Champions. Ma le incertezze esistono e rispetto alla scorsa stagione la squadra ha fatto un passo indietro come continuità, affidabilità, consistenza. Perché?

Vlahovic-Juve, braccio di ferro: non vuole rinnovare, il divorzio è più vicino

Il serbo vuole andarsene a zero nel 2026. In estate sarà addio ma il club vuole cautelarsi già a gennaio: Zirkzee è il preferito di Motta, Kolo Muani e Fullkrug le alternative

Gennaio è il mese di Dusan Vlahovic. Il 28 di questo mese l’attaccante serbo compirà 25 anni e negli stessi giorni ne festeggerà 3 di Juventus, visto che è arrivato nella sessione di mercato invernale del 2022. Eppure mai come in questo momento il numero 9 e la Juventus appaiono lontani, sempre più vicini a un divorzio che, se anche non si consumerà a breve, sembra ormai cosa certa. A dividerli è il contratto in scadenza nel 2026, che il centravanti non è intenzionato a rinnovare alle condizioni economiche del club e costringe i bianconeri a metterlo sul mercato e ad accelerare per l’arrivo di un’altra punta, che consentirebbe a Thiago Motta di avere un’alternativa a un giocatore destinato all’addio.

Difficile che succeda già a gennaio, anche se le vie del mercato sono infinite e se dovesse arrivare un’offerta congrua la Juventus non si metterebbe certo di traverso, più facile che la rottura si consumi in estate, ma nel frattempo Cristiano Giuntoli vuole cautelarsi con un uomo in più nel suo ruolo, anche per spingerlo ad andarsene.

Ieri Vlahovic si è presentato al J|Medical per un controllo dopo aver avvertito un dolorino. Niente di grave, solo un affaticamento muscolare che dovrebbe riuscire a smaltire in fretta. Il serbo però per un paio di giorni s’allenerà a parte e solo intorno a giovedì si capirà se potrà esserci per il derby. La cautela è d’obbligo, anche perché la Juventus è attesa da un ciclo di fuoco tra campionato e Champions (6 partite in 19 giorni dal derby in poi) e Thiago Motta non può permettersi di perdere per un periodo prolungato il suo unico centravanti di ruolo. Di sicuro non è un momento felice per lui, l’intoppo fisico arriva dopo la brutta prestazione in Supercoppa, con conseguente sostituzione e volto scurissimo.

La Juventus è disposta ad allungare ma non alle stesse cifre (Vlahovic attualmente guadagna 10,5 milioni e, avendo un contratto a salire, la prossima stagione arriverà a 12) e il giocatore non intende accettare una decurtazione dello stipendio.

Milan, è il primo trofeo targato Redbird. Il derby delle bacheche: ora l’Inter è a -4

Alla terza stagione da proprietario del Milan, Cardinale esulta: per lui festa negli Stati Uniti davanti alla tv

La prima vittoria dell’era di RedBird e di Gerry Cardinale coincide con il trofeo numero cinquanta nella storia del Milan. Il primo dopo la coppa dello scudetto portata nella sede di via Aldo Rossi da Elliott al termine della stagione 2021-22 e del testa a testa con l’Inter. Il numero uno americano, che attraverso il fondo che gestisce è diventato proprietario della maggioranza rossonera nell’estate del 2022, da allora è sempre andato alla ricerca del primo trionfo.

Nei 125 anni di storia del Milan, alla guida del club si sono alternati 23 presidenti. Il più vincente e il più longevo è stato Silvio Berlusconi che nei trentuno anni della sua gestione, ha festeggiato 29 trofei. L’ultimo? La Supercoppa del 2016 a Doha, nella finale contro la Juventus. Tra gli altri presidenti o proprietari che hanno vinto di più c’è Andrea Rizzoli, sotto la cui guida il Milan ha vinto quattro scudetti e la sua prima Coppa dei Campioni, e Franco Carraro, anch’egli vincitore di una Coppa dei Campioni e della prima Coppa Intercontinentale del club rossonero. Elliott, come detto, ha portato l’ultimo trofeo e adesso nel libro della storia del Diavolo si è iscritto anche Cardinale che ha recentemente rifinanziato il vendor loan (ora rimangono da saldare 489 milioni) fino al luglio 2028.

Il suo investimento finora è stato di 825 milioni: 600 milioni più 55 milioni di versamenti in conto capitale più il parziale rimborso del vendor loan di 170 milioni a fine dicembre. È intenzionato ad andare avanti e a vincere ancora. Insomma, il trofeo alzato nello stadio di Cristiano Ronaldo e dell’Al-Nassr spera sia un punto di partenza, magari non l’unico di questa stagione nella quale il Milan conta di conquistare l’accesso diretto agli ottavi di Champions già in questo gennaio e di arrivare in fondo alla Coppa Italia oltre a conquistare almeno il quarto posto in campionato.

Danilo via, la fascia di capitano torna sul braccio di un italiano: le nuove gerarchie

Fino a ora, in assenza del brasiliano, si erano alternati Gatti, Bremer, Cambiaso e Locatelli. Ma appare evidente che a questo punto serve una graduatoria più chiara per rispetto della tradizione

Con l’uscita di scena di Danilo si è riaperta in casa Juve la questione capitano. L’erede del brasiliano sarà il numero 26 della storia bianconera: il primo dell’era Thiago Motta e dunque del nuovo ciclo che il club ha avviato l’estate scorsa. Fino a ora, in assenza del capitano titolare, la fascia è circolata sul braccio di Gatti, Bremer, Cambiaso e Locatelli, ma appare evidente che a questo punto serva una gerarchia più chiara per rispetto della tradizione.

Da un po’ di tempo a questa parte Locatelli ha tenuto la fascia. Thiago Motta ha spiegato di averlo premiato per come ha risposto alle difficoltà, senza mancare mai nell’impegno e nella costanza in allenamento: anche nel periodo in cui sembrava aver perso il posto da titolare. Un modo di fare positivo che lo spinge davanti agli altri nella corsa all’assegnazione della fascia, che tornerebbe così al braccio di un calciatore italiano (Danilo era stato il primo straniero dell’era moderna). Locatelli è anche tra i giocatori con più anni di Juve alle spalle e con più presenze.

Nelle ultime settimane più volte è cambiato invece il vice capitano, alimentando le ambizioni di molti altri: anche di chi alla Juve è appena arrivato e di conseguenza ha meno presenze. Il giocatore che dovrebbe seguire nelle gerarchie Locatelli pare essere Cambiaso, ma nell’ultimo periodo nel ruolo di vice si sono alternati anche Di Gregorio e Koopmeiners. Appare chiaro, insomma, che il gruppo sia alla ricerca di equilibrio ma che non manchino a questo i potenziali nuovi leader: tra gli obiettivi principali del club c’è il consolidamento di uno zoccolo duro che possa rafforzarsi nel tempo per crescere insieme e puntare a vincere tanto.

Milik si ferma ancora, la Juve accelera per Zirkzee: i dettagli

Il polacco era vicino al rientro ma deve fermarsi per problemi al polpaccio, nel frattempo l’ex pupillo di Motta allo United non si è ambientato. Sullo sfondo le alternative Kolo Muani e Schick

Non bastavano la bruciatura per la Supercoppa e il calendario di fuoco di gennaio, con 6 partite in 19 giorni. La Juventus è costretta a fare i conti con nuovo infortunio di Arek Milik, ko al polpaccio proprio quando il rientro in gruppo sembrava avvicinarsi. Tutti motivi che spingono il direttore tecnico Cristiano Giuntoli a correre ai ripari per andare in soccorso di Thiago Motta nel più breve tempo possibile. Alla Continassa hanno progettato almeno tre colpi per gennaio (due difensori e un attaccante) e già la prossima settimana proveranno a stringere per almeno due rinforzi. Giuntoli, rientrato ieri sera dall’Arabia Saudita insieme alla squadra, proverà ad accelerare per David Hancko (Feyenoord) in difesa e per il prestito di Joshua Zirkzee (Manchester United) in avanti. Il jolly slovacco e l’olandese sono i primi della lista e i bianconeri vogliono effettuare un tentativo concreto per entrambi prima di dover eventualmente virare sulle alternative. 

Zirkzee? Siamo alla finestra”, ha detto Giuntoli a Riad. I contatti con l’entourage dell’olandese, lo stesso di Douglas Luiz, vanno avanti da due mesi. L’ex Bologna in Premier non si è ambientato e le tante panchine lo hanno intristito. Nemmeno il cambio di allenatore – Amorim ha sostituito Ten Hag – ha modificato la situazione, anzi… Zirkzee vuole riunirsi a Thiago Motta e il tecnico italo-brasiliano non vede l’ora di riabbracciare il suo pupillo. Di mezzo c’è il Manchester United, che per il momento ha aperto all’addio dell’ex rossoblù ma non ancora al prestito libero o con diritto di riscatto. La Juventus insiste e Giuntoli all’inizio della prossima settimana è pronto a effettuare un tentativo più concreto con i Red Devils. Gli inglesi hanno investito una quarantina di milioni appena sei mesi fa per Zirkzee, ma Amorim vuole rivoluzionare l’attacco e l’olandese sarà il primo dei sacrificati. Il nuovo infortunio di Milik, assente da giugno, ha convinto Giuntoli ad anticipare i tempi del primo assalto. Se basterà, si capirà nei prossimi giorni.

Thuram, zero rischi: nelle prossime ore farà (forse) gli esami, ma la finale si allontana

Il francese sostituito all’intervallo di Inter-Atalanta: le possibilità di vederlo in campo al momento sono ben poche

Valutazioni in corso, e una certezza: neanche il minimo rischio verrà corso, anche a costo di giocare la finale di Supercoppa senza il capocannoniere di Serie A. Il giorno dopo l’affaticamento all’adduttore che ha fermato Marcus Thuram dopo 45’, il francese è il grande punto interrrogativo in casa Inter nel ritiro di Riad: Marcus ha bisogno di riposo e il tempo stringe visto che si torna in campo già lunedì, ma tra stasera e domani si deciderà se fare degli esami strutturali con lo staff medico che accompagna la squadra qui in Arabia Saudita. A quel punto si capiranno le sue reali possibilità di recupero, non troppe, ma comunque lo staff aspetta le prossime ore con intatta fiducia.

Nel caso, è comunque pronto Mehdi Taremi a fare coppia con Lautaro: se l’argentino deve rifarsi dopo una serataccia di sprechi contro l’Atalanta, l’iraniano non ha ancora fatto clic con i nerazzurri. E attenzione pure all’opzione Correa, dato particolarmente in palla negli ultimi allenamenti. Il primo obiettivo di Inzaghi è tentare la strada Thuram, ma senza che questo possa in nessun modo pregiudicare il suo percorso in campionato, visto che di ritorno dall’Arabia, in 10 giorni dal 12 al 22, ci sono 4 partite decisive: in mezzo alle trasferte di Venezia e Praga in Champions, quelle in casa contro Bologna ed Empoli.

Milan, non c’è solo Trincao: Pepê del Porto si offre. E occhio a Samu Costa.

La società cerca un’ala: sale l’ex Barça ora allo Sporting. A centrocampo piace il mastino del Maiorca

Sergio Conceiçao, almeno di facciata, ha scelto la prudenza. “Voglio conoscere bene la squadra, non solo i grandi ma anche Milan Futuro. Non è giusto parlare di mercato perché non conosco bene tutti, soprattutto i giovani”. Diplomazia portoghese. Dietro le quinte, però, gli uomini mercato rossoneri sono già al lavoro per cercare di regalare al nuovo tecnico rinforzi utili e graditi. Da Fonseca a Conceiçao, la priorità dovrebbe restare un esterno alto, meglio se a destra, in special modo ora che Chukwueze è fermo ai box. Ad Akliouche del Monaco e Leweling dello Stoccarda, nella lista dei candidati si è aggiunto Francisco Trincao dello Sporting. Scuderia Jorge Mendes, come il nuovo allenatore. 

Lo Sporting non se ne vorrebbe privare a gennaio, ma dopo i fallimenti con Barcellona e Wolves, l’ala classe 1999 ha molta voglia di rilanciarsi in un grande club come il Milan, per dimostrare di non essere una stella solo da campionato portoghese. E la longa manus di Mendes può aiutare in caso di trattativa, così come la situazione contrattuale di Trincao, in scadenza nel 2026. I biancoverdi lo comprarono dal Barça nel 2023 pagandolo 7 milioni di euro, dopo i 3 spesi l’anno prima per il prestito. Quanto può costare oggi Trincao? Non più di 25 milioni, nonostante stia disputando una stagione eccellente (6 gol e 11 assist tra campionato e coppe). 

Dal Portogallo arriva pure un’altra candidatura: è quella di Pepê, pupillo di Conceiçao al Porto, che al Milan verrebbe di corsa. Brasiliano, ma con passaporto italiano (dettaglio fondamentale, dato che il Diavolo non ha più posti per gli extracomunitari), a 27 anni vorrebbe misurarsi in un campionato importante e ha già mandato segnali. Il suo pregio? La versatilità. Gioca praticamente in ogni ruolo davanti (ala a sinistra e a destra, trequartista, seconda punta) e addirittura terzino. Il Porto, però, è bottega cara e il Milan ne sa qualcosa, essendosi scottato già nell’estate 2023 con Taremi. E al momento tra i due club non ci sono stati ancora contatti per Pepê.

Dani Olmo non è più un giocatore del Barça. Che però promette novità entro venerdì

Respinto anche l’ultimo tentativo di tesseramento, ora i catalani rischiano di perderlo (e con lui Pau Victor) a zero, dovendo poi pagare pure i due contratti pluriennali e 60 milioni al Lipsia

Dani Olmo e Pau Victor, i due acquisti estivi del Barcellona, non sono più iscritti in Liga come giocatori del club catalano. La notizia, clamorosa, apre il 2025 del calcio spagnolo. Ed è l’unica certezza in una situazione caotica e assai complessa. Il Barcellona spera ancora di poter re-iscrivere Olmo e Victor e per questo ha chiesto una nuova licenza alla Federcalcio con risposta attesa il 3 gennaio, ma la Federazione dipende dalla Liga e dall’organismo presieduto da Javier Tebas si mostrano inflessibili.

Per il Barcellona al momento c’è un danno d’immagine imbarazzante, e potenzialmente c’è in ballo un danno economico colossale: Olmo e Victor se non dovessero essere iscritti saranno liberi di firmare gratuitamente con un altro club, col Barça costretto a pagare tutti i soldi dei loro contratti pluriennali e per quanto riguarda Dani Olmo anche ciò che resta da sborsare dei 60 milioni di euro promessi al Lipsia.

Per capire come si è arrivati a questo punto occorre tornare a quest’estate. Dani Olmo viene preso dal Lipsia e Pau Victor dal Girona. I due però non possono essere iscritti perché i loro stipendi eccedono i limiti salariali fissati, due volte all’anno, dalla Liga, inflessibile sul tema. Al Barça ricorrono a un escamotage, grazie all’infortunio del danese Christensen: in caso di lesione di lungo corso l’equivalente dell’80% dello stipendio del giocatore che resta fermo può essere aggiunto (temporaneamente) alla massa salariale della rosa. E così alla terza giornata Dani Olmo e Pau Victor sono stati iscritti. Ma solo fino al 31 dicembre. Il Barça aveva 3 mesi di tempo per trovare i soldi necessari per poter prolungare l’iscrizione fino al 30 giugno. Altro passo indietro: il club del Camp Nou si trova in questa situazione perché un anno prima aveva venduto parte dei suoi diritti tv, l’operazione Barça Vision, a un’impresa che poi non ha versato i 40 milioni di euro pattuiti.