La grinta ritrovata e tre giocatori rilanciati: cosa ha detto la prima Juve del dopo Tudor

Tanti segnali anche positivi per Spalletti. La squadra è tornata a lottare e a cercare il gol del raddoppio e per Cambiaso, Kostic e Openda può essere iniziata una nuova stagione

Tre gol tutti insieme della Juve, allo Stadium, non si festeggiavano da 43 giorni. E addirittura, i tifosi bianconeri 11 tiri in porta in una sola partita non li avevano mai visti in questa stagione. Neanche nelle abbuffate contro Borussia Dortmund e Inter, che parevano aver spinto la squadra di Tudor verso grandi traguardi e che, invece, erano stati gli ultimi fuochi d’artificio prima della fine della festa. Sembra passata una vita, perché 46 giorni senza vincere in casa bianconera assomigliano a un’eternità, ma gli applausi di soddisfazione del popolo bianconero al termine della sfida contro l’Udinese hanno il sapore di un’emozione che sembrava dimenticata. Quella del successo, certo, che è l’unica cosa che conta da queste parti, ma pure quella di aver osservato una squadra che non si è abbattuta e che ha rimesso in campo quello spirito aggressivo che ne ha sempre contraddistinto la storia. Quella cattiveria che ha sempre fatto parte del dna bianconero. Chiaro, una vittoria non significa che la crisi sia definitivamente alle spalle, ma i segnali arrivati dal match contro i friulani avranno fatto piacere anche a Luciano Spalletti.

“Troverà un gruppo unito e pronto a dare il 120%”, è il messaggio recapitato da Gatti al prossimo tecnico juventino, che fa eco a quello di Vlahovic. La grinta ritrovata è certamente l’aspetto da cui il nuovo allenatore potrà ripartire: la Juve è tornata a lottare su tutti i palloni, è stata veemente nel cercare il raddoppio dopo il rigore-lampo del serbo e, al di là dello sbandamento a inizio ripresa per il pari di Zaniolo di fine primo tempo, non si è mai disunita. È sembrato, insomma, di aver riavvolto il nastro improvvisamente ai migliori momenti della breve era Tudor, prima che la crisi di risultati facesse perdere tutte le certezze ai calciatori juventini. 

Inter, emergenza in porta. Chi sono Calligaris e Taho, i giovani promossi in prima squadra

Con Martinez fermo dopo il tragico incidente e Di Gennaro infortunato, Chivu si affida ai portieri cresciuti nel vivaio.

I due ragazzini sono chiamati a tenersi pronti: non si sa mai. Josep Martinez non sarà disponibile per almeno un paio di partite. Lo spagnolo ha investito con l’auto un uomo di 81 anni - morto sul colpo – e tornerà ad allenarsi la prossima settimana. È ancora sotto shock. Salterà Fiorentina, Verona e probabilmente anche la sfida di Champions contro il Kairat Almaty. La società gli ha messo a disposizione uno psicologo per aiutarlo, ma nel frattempo il calendario scorre e l’Inter deve tenersi pronta: dietro Sommer ci saranno il ventenne Alessandro Calligaris – già aggregato alla prima squadra da un paio di settimane a causa dell’infortunio del terzo portiere Raffaele Di Gennaro – e il diciottenne Alain Thao. 

Calligaris, 2005, nato e cresciuto a Udine, difende i pali dell’Inter Under 23 in Serie C. L’anno scorso ha vinto da titolare il campionato primavera. In stagione ha collezionato otto presenze tra i professionisti blindando la porta in due occasioni. Ha saltato solo le prime due sfide contro Novara e Pro Patria e il debutto in Coppa Italia Serie C contro il Lumezzane. Non ha preso parte neanche alla sfida col Renate poiché impegnato con la prima squadra. L’anno scorso ha collezionato 13 clean sheet in 33 partite in tutte le competizioni. L’avevamo intervistato dopo un Inter-Bayern Monaco in Youth League, quando parò il rigore decisivo. “Non me n’ero neanche accorto”, raccontò. Come Donnarumma all’Europeo 2021. Per lui anche 21 panchine in prima squadra. Chivu se l’è portato al Mondiale per Club. 

Dopo il ko di Di Gennaro, Calligaris è diventato il terzo portiere. Ma ciò che è successo a Martinez ha cambiato i piani. Il portiere numero tre sarà Alain Taho, titolare della Primavera di Benito Carbone: quest’anno ha totalizzato cinque presenze in campionato, tre in Youth League e una in Supercoppa contro il Cagliari, dove ha parato il rigore di Liteta. Decisivo: l’Inter ha vinto il trofeo anche grazie a lui. Classe 2007, 18 anni, è nato il giorno dopo un Inter-Empoli vinto 3-1 con gol di Stankovic, Recoba e Cruz.

Spalletti-Juve, affare di famiglia: nel club troverebbe il figlio Federico, osservatore bianconero dal 2024

Il tecnico incontrerà la dirigenza Juve: in caso di accordo, a Torino, troverebbe il figlio, che lavora in società da oltre un anno.

La Juve potrebbe diventare presto un affare di famiglia, in casa Spalletti. Luciano in queste ore incontrerà Comolli per condividere il progetto tecnico: nel caso di accordo per sedere sulla panchina bianconera, ritroverebbe a Torino il figlio, Federico, che fa già parte del gruppo degli osservatori del club. Era stato Giuntoli ad assumere Spalletti jr alla Juve nel 2024, sfilandolo all’Udinese: pur essendo giovane (classe 1995) si tratta di un collaboratore molto valido, che si occupa in particolare di settore giovanile.

Federico Spalletti ha lavorato in passato anche nei quadri tecnici della Federcalcio e mai la sua attività si è sviluppata a stretto contatto col papà, come potrebbe avvenire invece alla Juve, considerato che tra le sue skills c’è anche quella di saper studiare bene le squadre avversarie. Anche se lo scout toscano, che parla ben cinque lingue, ha mostrato in più circostanze di avere buon intuito nella scoperta dei talenti e potrebbe semplicemente portare avanti la sua attività a Vinovo, in attesa del nuovo ds.

Risentimento muscolare: l’Inter perde Mkhitaryan sino a dicembre, addio derby

Il centrocampista armeno si è sottoposto agli esami strumentali dopo l’infortunio di Napoli: il problema riguarda il “semitendinoso” dell’arto. Salterà la sfida con il Milan del 23 novembre, altre 4 gare di campionato e due di Champions

Henrikh Mkhitaryan si è sottoposto questa mattina ad accertamenti clinici e strumentali presso l’Istituto Humanitas di Rozzano. Gli esami hanno evidenziato un risentimento muscolare al semitendinoso della coscia sinistra. La sua situazione sarà valutata la settimana prossima”. Gli esami, dunque, confermano la serietà dell’infortunio patito dall’armeno nella sfida contro il Napoli.

Pur non mancando le alternative nella rosa nerazzurra (Zielinski, ad esempio, che gli è subentrato al Maradona), il tecnico Cristian Chivu dovrà rinunciare al centrocampista almeno per un mese. Potrebbe tornare a disposizione all’inizio di dicembre. Nel dettaglio, salterà almeno sette gare in totale. Cinque di campionato compreso il derby del 23 novembre (Fiorentina, Verona, Lazio, Milan e Pisa) e due di Champions (Kairat e Atletico Madrid). Al momoento dovrebbe tornare in campo nella sfida di Coppa Italia col Venezia (3 dicembre) oppure in campionato tre giorni più tardi con il Como.

Singoli disorientati, reparto traballante: Inter, è di nuovo allarme in difesa

Al Maradona il reparto si è mostrato fragile. Acerbi disorientato, anche Akanji fuori giri.

C’è un problema in difesa. Di nuovo. L’Inter ha collassato nel sistema e nei singoli, concedendo due gol puerili al Napoli che hanno scavato, definitivo, il fossato della differenza. E ora deve contare i danni del vuoto, che per Chivu pesa molto più del rigore contestato da Marotta.

È stato certamente bravo Conte a piazzare Neres nella posizione di centravanti, togliendo preziosi riferimenti ad Acerbi. Ma la volata centrale di McTominay, liberato da un lancio apparentemente innocuo di Spinazzola, appartiene alla categoria degli errori imperdonabili. E che dire del 3-1 di Anguissa, che si è infilato centralmente senza trovare alcuna opposizione prima di spostare il pallone e calciarlo dietro alle spalle di Sommer? È raro osservare azioni così in Serie A, tanto più nelle partite d’élite.

Il passo indietro, al di là della bravura degli avversari, è preoccupante perché risveglia i tentennamenti di inizio stagione. Questa squadra è abbastanza solida, oltre che forte quando ha la palla tra i piedi? È giusto sottolineare che l’Inter veniva da una serie di sette vittorie consecutive tra campionato e Champions nelle quali aveva concesso appena 2 reti. Ma anche nelle settimane del filotto non era sembrata impeccabile difensivamente: a Bruxelles contro il Saint-Gilloise qualche avvisaglia sinistra di un cedimento si era avvertita, nei primi venti minuti che Sommer e la sbadataggine altrui avevano cancellato; a Roma, quando il guizzo di Bonny era bastato per vidimare la vittoria, per buona parte del secondo tempo l’Inter aveva sofferto la pressione avversaria, tanto da suggerire a Chivu di chiudere con Frattesi in attacco accanto a Pio Esposito per proteggere il vantaggio.

“Sogno l’azzurro”: chi è Luciano Valente, stellina del Feyenoord, e perché Gattuso può chiamarlo

Centrocampista offensivo classe 2003, padre italiano e madre olandese, ha giocato per l’Italia fino all’Under 20 per poi scegliere l’Olanda, e ora punta a un nuovo dietrofront. Van Persie, il suo allenatore: “È un giocatore speciale” Luciano Valente merita un attimo di attenzione. 

È un centrocampista del 2003, nato da padre italiano e madre olandese, e nella notte ha parlato con i giornalisti olandesi di una possibile convocazione di Gattuso. In Italia sembra strano, in Olanda molto meno, perché Valente sta giocando un’ottima stagione con il Feyenoord.

Le sue frasi, riportate dal Telegraaf: “Se la nazionale italiana mi chiamasse prima di quella olandese, lo prenderei in considerazione. Il mio sogno è diventare un calciatore della nazionale. Potrei farlo con l’Olanda, ma se il commissario tecnico dell’Italia mi chiamasse prima, lo prenderei sicuramente in considerazione”. Un messaggio chiaro alla Figc.

Valente in federazione è conosciuto perché ha giocato in azzurro fino all’Under 20 e per l’Under 21 ha scelto l’Olanda. Un derby che terminerà con la scelta di Gattuso o del c.t. olandese Koeman, che pare non abbia intenzione di chiamarlo nemmeno per la sosta di novembre. In Olanda il tema è sensibile, perché la nazionale ha già perso Dean Huijsen, che ha abbandonato la maglia arancione dopo le giovanili per giocare con la Spagna a livello Under 21 e assoluto. Scelta simile a quella dell’ex Roma Salah-Eddine, che ha appena cambiato nazionale: dall’Olanda al Marocco.

Valente nella notte ha spiegato la situazione: “Dopo l’Europeo con l’Under 21 non ho più avuto contatti con la federazione olandese. Vedo altri giocatori del Feyenoord partire per le nazionali e allora la cosa mi sembra più vicina, ma non penso: ‘Devo essere convocato’”. Il suo sponsor principale è il suo allenatore, Robin van Persie: “Sapevo che Luciano era bravo quando l’abbiamo acquistato dal Groningen, ma ora sta diventando un giocatore fantastico. Ha intuito, è dotato tecnicamente, fa passaggi decisivi e ha una grande voglia di migliorare. Per me è già un giocatore speciale”.

Yildiz spento, Vlahovic spuntato, Openda non c’è: Juve, l’attacco non segna più

L’attaccante serbo: “Il gol arriverà. Il contratto non c’entra. Quanto ripenserò a quell’azione? Devo dimenticare in fretta, la Lazio è alle porte…”

Un attacco spuntato non può colorare la notte di Madrid. Ed è quello che è accaduto nell’incrocio più delicato: la Juve ha dato un segnale, si è mossa come deve fare una squadra, non ha mai dato la sensazione di vacillare senza appello davanti ai fuoriserie di Xabi Alonso. Poi, palla là davanti e patatrac.

Ci ha provato Yildiz, il meno colpevole per ciò che ha e che sta dimostrando in questa avventura: zero dribbling da applausi, zero piroette o verticalizzazioni alla “dieci”, un tiro annunciato tra le braccia di Courtois. Ci ha messo del suo Vlahovic: lo scatto a recuperare terreno su Militao è da sprinter, la corsa palla al piede anche, la conclusione in linea con il comune denominatore dell’anno. “Cosa gli ho detto? Rimarrà tra di noi… ma so che quell’azione gli rimarrà dentro a lungo”, così Di Gregorio dalla porta. Aveva fatto ciò che è più difficile fare, Dusan: ha sbandato in ciò che poteva non fare perché Courtois è un portiere nobile, ma se ti presenti davanti a lui in una notte così è un peccato ingombrante non prenderti la scena e il gol. Yildiz più Vlahovic più Openda: quest’ultimo, forse, si è macchiato della sbandata più pesante perché sui titoli di coda e perché se avesse fatto il suo compito fino in fondo, il belga arrivato sui titoli di coda del mercato avrebbe battuto il colpo più inaspettato. 

A Madrid va così: aspetti il momento, ma se, poi, il momento ti sfugge in mano non ti resta niente. La Juve, pronti via, aveva dato le risposte che Igor Tudor chiedeva e cercava: personalità e coraggio. Personalità e coraggio, ma, poi, la mira sballata: Yildiz ha steccato con la fascia al braccio, se non l’avesse fatto, ora, staremmo qui ad aggiornare la sua e la storia bianconera.

Salva sulla linea, assiste e segna: con un Lautaro da record l’Inter vola

L’argentino sempre titolare e decisivo. Sono 11 i gol in 10 partite europee nel 2025: nessuno come lui. E con Bonny ed Esposito cresce l’intesa.

Non appartiene all’indole argentina il senso della misura, esagerare è l’allegro modo di stare al mondo di un popolo straordinario. Lautaro Martinez, bomber che è proprio esagerato per ingordigia sotto porta e generosità sparsa in campo, si è pure superato nell’arte di casa: ha fatto tutto e il contrario di tutto in meno di un’oretta di fatica. Ha rigiocato dall’inizio senza fiatare, e pazienza se arrivava dalla battaglia romana combattuta con ancora addosso lo stress di un volo intercontinentale, e chi se ne frega pure se sabato a Napoli bisogna di nuovo scendere in trincea. In un primo tempo schizofrenico, sotto la pioggerellina triste di Bruxelles ma sotto gli occhi di un pubblico colorato che vive la Champions come la sagra del paese, il Toro ha difeso, sbagliato, pasticciato, incantato. Sopra ogni cosa, però, ha segnato: la famosa indole lo porta inevitabilmente lì, ancor di più se c’è di mezzo la Champions.

Il pallottoliere è stato aggiornato, adesso nell’anno solare 2025 i gol di Coppa sono diventati 11 in 10 partite, nessun altro giocatore, grande o piccolo, del Continente si è spinto a questo livello nel trofeo più prestigioso. Insomma, si va avanti alla media irreale di più di un centro a partita, è chiaro che rinunciare al Toro in Europa diventi un’inutile sofferenza che Chivu si risparmia volentieri. Mai come stavolta, però, l’argentino è stato in ballottaggio fino alla fine con il rampante Bonny. Il francesino ha preso proprio il posto del capitano per l’ultima mezzora, ben sapendo che molto probabilmente dovrà fare coppia con lui di ritorno in Italia. Non sarà vecchia cara ThuLa ancora per un altro po’, ma Martinez non può sentire certo la nostalgia del gemello degli ultimi anni, visto la qualità degli altri colleghi.

In fondo, lui stesso ha dimostrato di trovarsi benone con entrambi i ragazzi della Nouvelle Vague interista: ha lasciato a Pio il centro dell’area girandogli accanto, ma quando si incastrerà di nuovo con l’ex Parma, sarà lui stesso a occupare militarmente l’area. Come dimostra la festicciola di Bruxelles, cambiando l’ordine degli addendi il risultato per Chivu non cambia.

Pio Esposito sicuro, e poi? Chivu sceglie l’altra punta: perché Lautaro ha sorpassato Bonny

Il tecnico romeno valuta la gestione del gruppo in vista dei prossimi impegni: con Thuram ko fino a inizio novembre, il francese avrà tanto spazio nelle prossime settimane, magari già a partire dalla trasferta di Napoli

Confermato Pio Esposito al centro dell’attacco, a caccia del primo gol europeo, l’ultimo tappo che deve saltare in questo decollo nerazzurro, mentre è ancora da decidere l’altro compagno di attacco per la sfida di stasera a Bruxelles contro l’Union Saint-Gilloise. Sale la tentazione di Lautaro, il capitano che a Roma ha giocato una sessantina di minuti fresco di rientro da viaggio intercontinentale, e dovrà tornare in campo anche sabato nella sfida scudetto contro il Napoli: l’argentino non conosce stanchezza e vuole esserci sempre. 

Il dubbio tra lui e Bonny accompagna Cristian Chivu, che deve scegliere considerando anche l’assenza di Thuram per un’altra decina di giorni e i prossimi impegni interisti, a partire dalla partita al Maradona. La formazione verrà comunicata definitivamente ai giocatori poco prima del match, un modo che il tecnico romeno usa per tenere tutti sulla corda e che lascia sempre la possibilità di colpi di scena, ma in mattinata l’argentino ha operato il sorpasso sul più giovane collega francese. Alla base di questa scelta, la voglia di preservare Bonny, che dovrà sostituire il connazionale Marcus ancora per un po’.

Rocchi “assolve” Marinelli e Abisso: i due non saranno fermati per il rigore in Milan-Fiorentina

Nessuno stop per direttore di gara e il Var della gara tra rossoneri e viola dopo il contestatissimo rigore assegnato per il fallo su Gimenez. Il fallo c’era, ma l’atteggiamento tenuto dopo il contatto dall’attaccante messicano non è considerato certamente bene

Nessuno stop per Livio Marinelli, il Var Rosario Abisso giustificato nel richiamare l’arbitro alla “On field review” e nessuna assoluzione per Santi Gimenez per aver accentuato, esagerato, un doppio colpo di Parisi che – pur se lieve – era chiaramente da rischio-rigore. Il giorno dopo il caos in Milan-Fiorentina i vertici arbitrali hanno rianalizzato l’episodio più discusso del momento. E l’arbitro di San Siro non verrà fermato.

Minuto 80 e 37”, in area della Fiorentina Parisi si disinteressa del pallone, va diretto sull’uomo, e per evitare il nuovo possesso a Santi Gimenez si gira, ne intuisce la posizione e allarga il braccio che – in maniera non violenta – va a contatto con il viso e poi agisce con una trattenuta, anch’essa lieve. Marinelli la vede da 10-15 metri, aspetta di fischiare, la review dura ben 4′ perché all’84’20” c’è l’annuncio del calcio di rigore. Detto che un gesto del genere è un’ingenuità che se fatta in ogni zona del campo porta al fischio dell’arbitro (volto toccato, trattenuta anche se non travolgente), ecco che l’atteggiamento tenuto dopo il contatto dall’attaccante del Milan non è considerato certamente bene. 

Nel giugno scorso, il designatore Gianluca Rocchi era stato chiaro: “La simulazione va combattuta, va messa una linea fra scena teatrale e conseguenza di un contatto. Si sentono anche urla “disumane”, per impressionare l’arbitro, si induce l’arbitro a sbagliare. Come risolverla? Con la responsabilità di tutti”. Tradotto: il fallo è una cosa ma l’atteggiamento successivo di chi lo subisce spesso non è parametrato al colpo subìto. In questo caso, Marinelli fa le proprie scelte dopo revisione-Var consigliata da Abisso che ha ravvisato il rischio preso da Parisi.