Cristiano Ronaldo è il primo calciatore miliardario della storia

La stima di Bloomberg sancisce un altro record per il portoghese. Che non ha alcuna intenzione di smettere.

CR7 e l’ennesimo record. Secondo Bloomberg, Cristiano Ronaldo è diventato il primo giocatore miliardario della storia. La testata americana leader nell’informazione finanziaria stima il patrimonio del portoghese in circa 1,2 miliardi di euro. Un contributo determinante per spingere l’ex attaccante di Manchester United, Real Madrid e Juventus ad un capitale da nove zeri sarebbe arrivato, oltre che dalle ricche sponsorizzazione con Nike e Armani, dal prolungamento del contratto con l’Al-Nassr, firmato lo scorso giugno e che avrebbe portato nelle tasche del portoghese oltre 400 milioni di dollari. 

cristiano ronaldo non lascia—  Forte anche di questi guadagni, CR7 non ha nessuna intenzione di fermarsi. “Penso di poter dare ancora molto alla Nazionale e al calcio. Voglio continuare a giocare ancora per qualche anno, non molti devo essere onesto. Sono sicuro che quando andrò in pensione, sarò soddisfatto perché avrò dato tutto – ha detto ricevendo il “Globe Prestige Award” agli Oscar portoghesi -. So che non mi restano molti anni per giocare, ma voglio sfruttare al meglio il poco tempo che ho. La mia filosofia è vivere giorno per giorno. Nessun progetto a lungo termine. Mi godo ogni giorno e ogni sessione di allenamento”. E intanto continua a collezionare record…

Juve, tifosi delusi per il quinto pari di fila: cosa c’è dietro i fischi dello Stadium dopo il Milan

Quei mugugni fragorosi alla fine dello 0-0 con i rossoneri hanno riaperto vecchie ferite

Juventus-Milan allo Stadium è terminata tra i fischi dei tifosi bianconeri. Il quinto pareggio consecutivo ha alimentato i dubbi, riaperto grandi temi sul valore della squadra e addirittura riportato a dibattiti che reggono i confronti fra Tudor e altri allenatori che – fino a qualche settimana fa – sembravano superati con l’avvento dello juventino Igor. Invece è bastato lo 0-0 contro Allegri – dopo i pari col Verona e l’Atalanta in campionato, Borussia e Villarreal in Champions League – per riaprire vecchie ferite che negli ultimi anni hanno limitato abbastanza la considerazione del progetto in costruzione alla Continassa, tra ambizioni e realtà.

Questione di aspettative, prima di tutto. Negli ultimi mesi dalle voci più autorevoli del club è passata l’idea di voler partecipare di nuovo alla corsa scudetto. In questo senso anche Tudor si era allineato a questo pensiero, ma per questo chiedeva 2-3 rinforzi importanti dal mercato estivo. Il finale di mercato alla Juve è stato abbastanza fumoso con l’arrivo di Zhegrova e Openda (uniti a David e Joao Mario), di fatto però l’abbondanza non ha aumentato le garanzie di risultato per via della poca conoscenza del campionato e di numerose zone grigie della rosa: soprattutto il centrocampo che ha poche soluzioni. I proclami da scudetto hanno tenuto alte le aspettative, mentre gli ultimi pareggi hanno palesato le difficoltà e allungato le distanze dalle squadre top di A.

Anche contro il Milan la Juve ha dimostrato di non saper indirizzare le partite, di non saper fare propri i big match sfruttando i momenti positivi. Il successo con l’Inter in rimonta aveva creato entusiasmo, ma richiedeva conferme sul campo e queste non sono arrivate. Tudor ha molto da lavorare per mentalizzare i suoi nella corsa per il tricolore, pur avendo poco tempo a disposizione per via delle gare in programma ogni tre giorni tra campionato e coppe. Anche le paura per le nazionali non aiutano, dal momento che buona parte lasciano Torino. E stavolta Tudor dovrà anche continuare a lavorare su Koopmeiners (convocato all’ultimo dall’Olanda solo perché Timber si è infortunato), tra le principali pedine che non stanno funzionando alla Juve in questo momento. Serve una sterzata netta per evitare i fischi.

Allegri e il Milan dei fedelissimi: finora solo 14 titolari, i motivi

Nelle prime cinque giornate di campionato la squadra rossonera è quella col minor numero di giocatori partiti dall’inizio di tutta la A

Tra le varie previsioni che si possono azzardare sul Milan ’25-26, ce n’è una che dovrebbe realizzarsi senza troppe incertezze: difficilmente il Diavolo concluderà la stagione con giocatori particolarmente scontenti del minutaggio (al netto di infortuni più o meno seri, ovviamente). Quando Allegri ha iniziato a lavorare a Milanello e Tare a lavorare al quarto piano di via Aldo Rossi, avevano entrambi le idee chiare: la rosa dev’essere sufficientemente corta da assorbire la mancata partecipazione alle coppe europee. Da qui (ma non solo) la mastodontica operazione complessiva in uscita, che ha asciugato il gruppo a disposizione di Allegri. Certo, sono arrivate anche parecchie facce nuove, ma il saldo rispetto alla scorsa stagione dice -4: i 26 giocatori della rosa ’24-25 sono diventati 22. Tre sono portieri e quindi appare evidente come, dovendo gestire solo 19 calciatori di movimento, ci sarà spazio per tutti.

Le considerazioni però non si fermano qui, e hanno come caposaldo proprio quel numero 19. Essendo una cifra esigua, porta anche un’altra conseguenza (e non necessariamente correlata): fino a questo momento, nelle prime cinque giornate di campionato, il Milan è la squadra di A che ha utilizzato il minor numero di titolari. Sono 14, in una classifica dove a seguire troviamo Cagliari (15), Genoa, Parma, Pisa e Sassuolo (16). Sul versante opposto chiudono Napoli (20 titolari) e Bologna (24). Insomma, a Milanello sta andando di moda il detto “pochi ma buoni”. Poi, è ovvio, quel 14 è un numero destinato ad aumentare fisiologicamente. Già a Torino con la Juve si potrebbe salire a 16 con l’impiego di Bartesaghi e De Winter (in ballottaggio col recuperato Tomori), e dopo la sosta presumibilmente si arriverà a 17 col rientro di Leao.

Inter, infinito Lautaro. Partì con Icardi, ora guida Bonny e Pio Esposito

Il Toro è in nerazzurro da 8 anni. Arrivò ventenne per imparare, oggi è capitano e leader indiscusso. Tanti compagni d’attacco, ma l’intesa con Thuram.

Passano i giorni e le notti (più o meno stellate), cambiano le stagioni, si alternano gli allenatori e i centravanti, ma Lautaro Martinez è immobile dentro allo stesso cielo. Continua a occupare il solito posto, intoccabile, mentre tutto il pianeta nerazzurro gli orbita attorno. L’argentino lo ha guadagnato con sudore in otto stagioni di onorato servizio, sin da quando arrivò appena 20enne dopo essere stato forgiato nella mitologica Academia del suo Racing, la stessa di Diego Milito. Oggi il Toro di anni ne ha 28, ha una moglie, un paio di figli e una fascia lucida che gli riempie il bicipite, ma soprattutto si è fatto milanese nell’indole. Si sente un cittadino di questa città e il primo ambasciatore del club di cui è capitano, anche se a distanza non può che tifare la squadra del cuore, a maggior ragione adesso che è arrivata a una semifinale di Libertadores per la prima volta dopo 28 anni.

Del resto, l’argentino ha esperienza varia in tema di colleghi di reparto: all’Inter ha iniziato (mal) sopportando le bizze del connazionale Mauro Icardi e della signora Wanda, poi si è incastrato come fossero due metà di una mela con Romelu Lukaku, un tempo amicone e ora avversario con cui non si degna nemmeno di uno sguardo. Per un biennio la classe lucida di Edin Dzeko lo ha aiutato a brillare ancora di più, poi dall’estate 2023, con lo sbarco di Thuram, all’Inter è solo e soltanto ThuLa: è la coppia della seconda stella, ma pure quella della notte nera di Monaco. In mezzo a così tante trasformazioni, anche Lautaro ha cambiato pelle, ma mai statuto. Adesso che il gemello francese del Toro ne avrà almeno per altri venti giorni, Cristian Chivu dovrà accelerare la svolta giovanilista in attacco: dentro sangue fresco in supporto di Lautaro. Il tecnico romeno darà quindi continuità alla coppia di ragazzi che bussa così forte alle spalle dei titolari: se Ange-Yoan Bonny dovrebbe partire per la prima volta dall’inizio proprio nel derby tra lombarde, nelle prossime settimane si impennerà anche il minutaggio di Pio Esposito.