L’Inter riparte, il Napoli frena, ma è stato un weekend degli orrori: arbitri, non rovinate tutto

Disarcionata clamorosamente al Franchi, l’Inter ha domato ieri la Fiorentina (2-1) e galoppato a un solo punto dal Napoli capolista. Dal rischio di cominciare la partita a -6 da Conte al distacco minimo. A differenza dell’incrocio di giovedì, la squadra di Inzaghi si è ricordata di portare in campo l’anima. Prima mezz’ora feroce, da vera Inter, con un Lautaro indiavolato e il triangolo di governo Barella, Calhanoglu, Mkhitaryan su buoni livelli. Fiorentina in emergenza, imbottita di difensori, chiusa dietro e paga di un misero 28% di pallone nel primo atto. A fine match i tiri dei nerazzurri verso la porta saranno il doppio di quelli di giovedì: 22-11. 

Ma i campioni d’Italia passano solo grazie a un autogol di Pongracic su azione d’angolo. I viola pareggiano prima del tè con Mandragora che realizza un rigore generato da un braccio di Darmian. Una buona sgasata a inizio ripresa dei nerazzurri frutta il 2-1 di Arnautovic. Frutta anche l’iniezione di qualità di Palladino che con Folorunsho, Zaniolo e Fagioli dota finalmente la squadra di coraggio e la spinge avanti. Senza Calha, rimasto in spogliatoio, ancora convalescente e sotto tono, l’Inter fatica a gestire e a congelare.

Che se Calhanoglu, prima guida, è ancora in affannosa rimonta alla condizione migliore, Barella, in forma straripante, dirige la squadra in ogni zona di campo. Importante il ritorno di Acerbi, ma, ancora di più, il gol di Arnautovic, perché finora alle spalle della ThuLa si è avvertito quasi sempre il vuoto cosmico e invece, nel finale di stagione, Inzaghi avrà bisogno di gol alternativi, anche perché fatica e infortuni potrebbero intensificarsi. Ieri si è fermato Thuram (contusione alla caviglia), ma avrà un’insolita settimana vuota per recuperare, prima di sfidare suo fratello allo Stadium: Juve-Inter, altro snodo caldo. Sono ormai chiare le armi delle due contendenti principali al titolo. Per l’Inter, esperienza di vertice e qualità di gioco: ora i gol sono 58, esattamente 20 in più del Napoli.

Toro, un pari amaro: Pinamonti salva il Genoa, ma manca un rigore su Sanabria nel recupero

I granata in vantaggio con un autogol di Thorsby, gli ospiti pareggiano nella ripresa con il centravanti. Nel finale l’errore di arbitro e Var

Un punto a testa e un finale bollente. Torino-Genoa termina 1-1, all’autorete di Thorsby nel primo tempo rispondono i rossoblù con Pinamonti, ma nel recupero il Torino protesta per due episodi da rigore nella stessa azione – su Adams il primo, su Sanabria il secondo – che Feliciani non sanziona: evidente l’irregolarità di Sabelli che trattiene per la maglia il paraguaiano. L’arbitro non vede e il Var non interviene. I granata proseguono la striscia positiva – sette partite senza sconfitte -, segnano l’esordio positivo di Casadei e Biraghi entrati nella ripresa, ma lasciano il campo con l’amaro in bocca. Il Genoa si riprende invece dalla sconfitta di Firenze e mostra una gran determinazione per trovare il pari. 

Nella difesa a 4, a destra Vanoli preferisce Walukiewicz a Pedersen: il polacco torna titolare dopo 6 partite. Per il resto viene confermato l’impianto delle ultime partite, con Maripan e Coco in mezzo alla difesa, Ricci e Tameze in mediana e davanti Lazaro, Vlasic e Karamoh alle spalle di Adams, mentre in panchina sono presenti i nuovi acquisti Biraghi, Casadei, Elmas e Salama. Lato Genoa, Vieira deve fare fronte alla squalifica di un titolare come De Winter. Al suo posto viene scelto Matturro, 8 presenze in questa Serie A, che affianca Vasquez in mezzo alla difesa a quattro con Sabelli e Martin esterni. Vieira sceglie un 4-4-2,con Vitinha a destra a centrocampo, Miretti a sinistra, in mezzo Frendrup e Badelj e in avanti ancora Thorsby – già visto in attacco contro il Monza – che supporta Pinamonti.

Inter, quattro punte e zero tiri: se non girano Thuram e Lautaro, dietro c’è il vuoto

Contro la Fiorentina prima partita senza gol del campionato: anche con Arnautovic e Taremi la musica nerazzurra non è cambiata

Se esisteva una certezza in casa Inter, quella era il gol, almeno in campionato. La palla spinta in rete in qualche modo, la freccia lanciata da uno dei tanti arcieri di Simone diritta nel bersaglio. E l’altra certezza stava nel modulo a due punte, quasi una legge incisa nella pietra: in questi anni, l’Inter inzaghiana non ha rinunciato quasi mai alla coppia di attaccanti all’interno del 3-5-2 codificato in ogni singolo movimento. In questa stramba serata fiorentina, però, il mondo si è rovesciato del tutto: non solo l’Inter non ha trovato uno straccio di rete, e non è stata quasi mai pericolosa, ma gli attaccanti mandati in campo da Inzaghi alla fine non erano soltanto due, come da tradizione. E non erano neanche tre. 

Nella disperazione finale, il tecnico nerazzurro ha rovesciato in campo tutta l’artiglieria offensiva – accanto alla ThuLam prima Arnautovic e poi pure Taremi –, senza ricevere in cambio mezzo tiro. Davanti a De Gea solo un’occasione sciupata goffamente dall’austriaco, che in area sembra muoversi come un elefante in una cristalleria. Alla resa dei conti, la quadruplice armata ha portato solo un mucchio di confusione, anche perché il problema era a monte e assai più generale: tutta l’Inter era stranamente molle, eterea, non soltanto la batteria degli attaccanti mandata in campo per intero. Certo, stupisce vedere Thuram che spari così a salve in un match decisivo e che non faccia valere il solito fisico da Marcantonio: lo marcava Ranieri, più piccolo e tenero, ma tenacissimo nel corpo a corpo. E forse stupisce ancor di più vedere Lautaro che, nel migliore momento fisico nella stagione, è capace solo di telefonare un tiro in avvio davanti al portiere spagnolo.

L’avvertimento di Conceiçao: “Esca dalla comfort zone”. E ora Leao al Milan rischia il posto

Nella serata di festa dopo il successo sulla Roma, il tecnico rossonero è stato rigido sul suo numero 10. Ecco cosa vuole da lui, e tutti gli scenari

Nel Milan che ieri sera ha cambiato di colpo tutte le prospettive – approccio, velocità di gioco, incremento tecnico, soluzioni offensive, scioltezza d’animo, soluzioni da una panchina che fino a pochi giorni fa era cortissima -, c’è purtroppo un bug che si ripresenta ciclicamente a cui nessuno fino a questo momento – né i dirigenti, né gli allenatori – sono riusciti a porre rimedio.

Si sa, Sergio è un allenatore che pretende molto dai suoi giocatori e anche lui, come tutti coloro che l’hanno preceduto, sta cercando di trovare – sempre se esiste – la formula migliore per spremere il meglio dal suo connazionale. Ma queste parole spiccano proprio perché sono state pronunciate – evidentemente in modo non casuale – al termine di una partita che avrebbe concesso senza problemi brindisi, sorrisi e pensieri sereni su tutto e tutti. Se Conceiçao ha detto certe cose è perché, con tutta ovvietà, l’ingresso di Rafa non gli è piaciuto. All’atto pratico, non è che Leao abbia combinato disastri. Magari era lecito attendersi qualcosina in più dal momento che è entrato negli ultimi venti minuti, ma è anche vero che la panchina era causata dalle condizioni fisiche non perfette.

Conceiçao, però, accende nuovamente il faro sul suo connazionale all’interno di una stagione complessa dove Rafa – come sempre – ha alternato partite eccezionali ad altre ciondolanti. Leao prima se l’è vista con Fonseca, arrivato al punto da metterlo alla gogna pubblica pur di pungolarlo.

L’allenatore punta l’occhio di bue soprattutto su un concetto: Rafa deve uscire dalla comfort zone. E’ questo il motivo per cui gli allenatori lo punzecchiano ed è questo il motivo per cui provano anche a cucirgli vestiti tattici diversi rispetto al passato. Per esempio accentrandolo, oppure piazzandolo seconda punta e, perché no, pure falso nove. Di base il tentativo è quello di avvicinarlo di più alla porta, in modo da mettergli potenzialmente nelle gambe un numero di gol maggiore. Beh, diciamo che Rafa dovrebbe prendere spunto dal connazionale che ieri sera si è preso la scena con la Roma, chiudendo il match. Perché esistono anche gli inserimenti senza palla, e non solo le sgasate, per esempio.

Joao Felix, Gimenez e… Leao: ecco come il mercato cambia l’attacco del Milan

Conceiçao contro le piccole può usare l’ex Chelsea da seconda punta in un attacco “quattro stelle”. Il portoghese però negli ultimi anni ha giocato spesso a sinistra: Rafa avrà più concorrenza (ma un po’ di riposo ora gli farà bene)

I gemelli sono tornati a vivere insieme. Rafa Leao e Joao Felix sono nati nel 1999, sono portoghesi e hanno gli stessi gusti: giocano meglio a sinistra, dove possono creare. Certo, sono diversi. Rafa fa la differenza con lo strappo, l’accelerazione, la forza fisica. Joao con il tocco elegante, l’idea, il filtrante intelligente. Possono giocare insieme? Bella domanda, centrale per il futuro del Milan. La risposta più logica è sì, a certe condizioni.

I tifosi del Milan vedono lo straordinario mercato invernale e hanno una speranza: Pulisic, Joao Felix, Leao e Gimenez in campo insieme. Sì, è possibile in un 4-2-3-1 molto offensivo, simile a quello con cui Fonseca ha vinto il derby di andata. Joao Felix è stato preso anche per questo, per fare il 10. Conceiçao è più prudente ma ama le due punte e Joao in questo sembra perfetto: può fare la seconda punta, vicino a Gimenez, sfruttando la sua abilità a giocare di sponda. Sarebbe un Milan molto creativo, potenzialmente molto pericoloso, con logiche questioni di equilibrio: quei quattro non lavorano particolarmente in fase difensiva… e Fofana-Reijnders non possono fare tutto da soli.

Conceiçao ci lavorerà dai prossimi giorni nei pochissimi allenamenti disponibili tra una partita e l’altra. Ecco, il calendario è una chiave anche per le rotazioni offensive. Con una partita ogni 3-4 giorni, Conceiçao ruoterà molto, probabilmente in un 4-2-3-1 più conservativo, con Musah largo a destra, oppure in un 4-3-3. Joao Felix così potrà giocare nell’amata posizione di esterno sinistro, con qualche turno di riposo per Rafa Leao, che da un paio di settimane non è al 100%. Anche quando è stato sostituito al 45’ di Milan-Parma, non era in grado di continuare.

Le combinazioni possibili sono molte e ognuno può scegliere la preferita. Qualche esempio. Leao da punta, con Pulisic a destra e Joao Felix a sinistra. Joao Felix a destra, con Leao e Gimenez a completare il tridente. Una soluzione alternativa con Tammy Abraham di punta. Questione di gusti, ma c’è una certezza: preparare le partite contro il Milan da oggi sarà meno semplice.

Atalanta, Percassi: “Scamacca e Scalvini si operano. Rientreranno il prossimo anno”

Prima del match tra Atalanta e Bologna, valido per i quarti di finale di Coppa Italia, Luca Percassi ha parlato ai microfoni di Mediaset degli infortuni di Scamacca e Scalvini, che costringeranno i due a un lungo stop: “Verranno operati entrambi. Li aspettiamo ma sappiamo che li riavremo a disposizione solo dall’anno prossimo”. Poi promuove il mercato della Dea.

Non arrivano buone notizie per l’Atalanta, dal momento che la stagione di Gianluca Scamacca e Giorgio Scalvini è terminata. A confermarlo, a margine del match di Coppa Italia contro il Bologna è Luca Percassi, amministratore delegato del club ai microfoni di Mediaset. Entrambi i giocatori dovranno operarsi e, per tale ragione, saranno costretti a saltare la restante parte di stagione. Queste le parole di Percassi: “Scamacca e Scalvini verranno operati. È un enorme dispiacere per noi perché perdiamo per molto tempo due ragazzi che potevano darci una grande mano e non se lo meritavano”. Poi ha continuato: “Torneranno più forti di prima, li aspettiamo ma sappiamo che li riavremo a disposizione solo dall’anno prossimo. Siamo molto dispiaciuti: sono due infortuni capitati a ridosso del mercato. Non ci siamo fatti mancare nulla”.

L’amministratore delegato si è poi espresso sul mercato dell’Atalanta, affermando come Daniel Maldini rientri appieno all’interno della filosofia del club: “Siamo molto contenti dei ragazzi che sono arrivati (Maldini e Posch, ndr). Non ci aspettavamo di dover intervenire. Nella sfortuna, fortunatamente il mercato era aperto e quindi siamo riusciti a intervenire”. Proprio su Maldini, arrivato dal Monza per 13 milioni, ha poi aggiunto: “È un ragazzo che rientra alla perfezione nella filosofia Atalanta e come diciamo sempre se ci sono soluzioni valide, noi siamo pronti a coglierle per mettere a disposizione dell’allenatore giocatori utili”.

“Sulla fascia non ci gioco”. Quando a Praga Inzaghi litigò con Mancini

Nel 2003, sempre in Champions ma da giocatore, Simone si rifiutò di giocare esterno contro lo Sparta. Ne nacque una brutta discussione con il Mancio

Il gran rifiuto si consumò tre gradi sottozero. Il filo che lega Simone Inzaghi allo Sparta Praga ha i colori del Ponte Carlo all’imbrunire e i contorni di una discussione con l’allenatore. ‘Mone torna al Letná Stadion 22 anni dopo un flash a tinte laziali. Il 9 dicembre 2003, in occasione di uno Sparta Praga-Lazio ai gironi di Champions, eluse una richiesta di Mancini. “Oggi devi sacrificarti – gli disse il Mancio, davanti a tutti -, farai l’esterno del 4-3-3. Va bene?”. “No, non va bene. Non ci ho mai giocato, non me la sento”. E giù a discutere.

Così il Mancio scelse Guerino Gottardi, coltellino svizzero multiuso, salvo poi attaccare Simone pubblicamente dopo la sconfitta per 0-1 a due passi da una Moldava ghiacciata. La punta biancoceleste entrò a una manciata di minuti dal termine e creò un paio di occasioni. Troppo poco: “Sono molto arrabbiato con chi è entrato nella ripresa – sentenziò il Mancio -, chi entra deve dare l’anima. Chi non ce l’ha può farsi da parte”. Simone replicò a pieni polmoni: “Dissento da ciò che ha detto il mister. Non è giusto prendersela con me. Ho sempre dato l’anima per la Lazio”. Si mise in mezzo anche Filippo. “Un grande allenatore non può scaricare le colpe di una sconfitta su un solo giocatore”. Mancini giustificò la scelta di Gottardi sulla fascia facendo leva sui suoi gol in partitella. “A Formello la butta sempre dentro, quindi l’ho schierato”. Gol di Guerino in carriera con la Lazio? Cinque

Il Milan aspetta Walker e lavora sulle uscite: due le piste calde. Non si molla Joao Felix

Conceiçao ha chiesto rinforzi e il Milan ha deciso di accontentarlo. Prima però bisogna lavorare alle uscite: quelle di Emerson Royal e Pavlovic sono, al momento, le più probabili. Senza dimenticare Okafor, ancora alla ricerca di una sistemazione, e Jovic, sondato anche dal Monza. Sul terzino brasiliano ci sono Galatasaray e Fulham: i turchi lo vorrebbero in prestito oneroso (1,5 milioni di euro) con un diritto di riscatto fissato a 12-13 milioni di euro. 

Su Pavlovic c’è da giorni il Fenerbahce: il serbo, titolare con il Girona a causa delle tante assenze, non ha chiuso le porte ai turchi, decisi a investire tanto sull’ex Salisburgo. Il Milan è intenzionato a privarsene solo a titolo definitivo per non meno di 20 milioni di euro. Più vicino alla permanenza Tomori, con la Juventus che sta sondando altre piste.  

Sulla carta sarà Walker a prendere il posto del partente Emerson a destra: l’inglese è atteso a ore in città. Tanto che potrebbe essere anche in tribuna in occasione di Milan-Girona, match di Champions League in programma mercoledì sera a San Siro. La speranza in quel di Milanello è di poterlo già convocare domenica per la gara con il Parma. La formula dell’affare con il Manchester City? Prestito con diritto di riscatto.

Dopo aver accolto Walker la coppia Ibra-Furlani riprenderà concretamente in mano il dossier attaccante: la priorità adesso resta quella di regalare a Conceiçao un elemento capace di giocare anche sulla fascia. Per questo il nome di Joao Felix resta ai primissimi posti (tocca a Jorge Mendes convincere il Chelsea a lasciarlo partire in prestito). Difficile arrivare subito a Santiago Gimenez che resta uno dei grandi obiettivi per l’estate. 

Milan, due piani per l’attacco: Joao Felix in prestito, oppure tutto su Gimenez

Il portoghese piace a Conceiçao ma, se verrà ceduto Pavlovic, il club proverà a spingere per il centravanti del Feyenoord. Idea Ferran Torres, che a Barcellona gioca poco

Il Milan ha le idee chiare sul mercato: serve un attaccante che dia spessore e garantisca gol al reparto offensivo. In via Aldo Rossi ci sono due piani alternativi per raggiungere l’obiettivo. Il primo prevede di andare alla ricerca di una punta da prendere in prestito, un giocatore che può essere tesserato per sei mesi. Con o senza diritto di riscatto. In quest’ottica il nome cerchiato sul taccuino rossonero è quello di Joao Felix, ma attenzione anche a ciò che sta succedendo a Manchester, sponda United, non per Rashford (ormai abbandonato), ma per uno tra Zirkzee e Hojlund: se arriverà un altro centravanti, uno dei due può partire. Da non scartare neppure l’opzione Ferran Torres che a Barcellona sta trovando meno spazio di quello che sperava e che professionalmente non è felice. Il secondo piano, invece, prevede di utilizzare i soldi di una cessione per acquistare il cartellino di una punta. Chi? Ibrahimovic, Furlani e Moncada, proprio come la scorsa estate, stimano molto Santiago Gimenez del Feyenoord, ma il messicano, con passaporto italiano, costa molto.

Iniziamo dall’ipotesi prestito, quella che in questo momento è la più gettonata. Conceiçao ha dato un indirizzo ben preciso facendo il nome del connazionale Joao Felix, che sarebbe perfetto sia come seconda punta nel 4-4-2 sia per agire da trequartista nel 4-2-3-1 (modulo nel quale all’occorrenza potrebbe fare pure il laterale mancino). Jorge Mendes, procuratore del tecnico e dell’attaccante dei Blues, è già a lavoro da qualche giorno, ma la sua missione non è semplice perché a Londra hanno visto rifiorire diversi loro ex giocatori finiti a Milanello (Giroud, Loftus-Cheek, Pulisic e Tomori). Vorrebbero evitare un altro “caso” analogo, limitandosi al prestito secco o con un diritto di riscatto molto alto, visto che la scorsa estate l’ex Atletico Madrid è stato pagato 52 milioni. Alternative a Joao Felix? A Manchester, sponda United, uno tra Zirkzee e Hojlund rischia di essere di troppo, soprattutto se le richieste di Amorim per una prima punta saranno ascoltate. Il Milan è attento alle mosse di mercato in entrata dei Red Devils ed è pronto a intervenire.

Inter, i tempi del caso Frattesi: si deciderà negli ultimi 4 giorni di mercato

I nerazzurri non vogliono impoverire l’organico in vista delle sfide decisive di Champions con Sparta e Monaco. Poi ragioneranno sulla voglia di andar via del centrocampista: il prezzo è fissato, e la Roma.

Prima la Champions, poi si vedrà. Perché una cosa è sicura: l’Inter e Inzaghi non intendono privarsi di nessun giocatore da qui alla fine della prima fase della coppa, e ogni riferimento è puramente voluto. Davide Frattesi, il centrocampista col mal di pancia che vuole lasciare Milano per la Capitale, dovrà aspettare fino al 30 gennaio.

Quel giorno il mini-campionato dei nerazzurri in Champions sarà chiuso da ventiquattr’ore: tra l’Inter e la qualificazione diretta agli ottavi ci sono ancora due partite decisive, la trasferta di mercoledì a Praga e la sfida a San Siro con il Monaco del 29, appunto. E per lo sprint finale Inzaghi avrà bisogno di tutti, specialmente a centrocampo dove l’infortunio di Calhanoglu ha complicato le cose: Frattesi non si muoverà, non fino a quando i giochi in Europa non saranno chiusi. Lo sa lui e lo sa anche la Roma, che con l’Inter si è data appuntamento per fine mese: il silenzio calato negli ultimi giorni sulla vicenda si spiega anche così.

L’eventuale incastro, quindi, andrà trovato in una manciata di giorni – la finestra del mercato invernale chiuderà il 3 febbraio – e non ci sarà molto da trattare perché le regole di ingaggio sono chiare. L’Inter ha fissato un prezzo, 45 milioni cash senza contropartite (l’eventuale passaggio di Cristante in nerazzurro a titolo temporaneo va considerato come un’operazione separata, che permetterebbe all’Inter di riempire il buco in mezzo generato dalla partenza di Frattesi). La Roma non ha ancora presentato un’offerta ufficiale, ma conta sulla volontà del giocatore, che scalpita sempre di più per traslocare.