City-Cambiaso, la Juve vuole 80 milioni. Pronto l’assalto ad Hancko, poi altri due difensori

Guardiola vuole l’azzurro, già d’accordo con gli inglesi. Giuntoli a oltranza per ricostruire la difesa bianconera

Gli spifferi di vento si sono trasformati in una tipica tempesta di Manchester. Il City fa sul serio per Andrea Cambiaso e dalle avvisaglie lanciate lunedì è già passato ai fatti. Pep Guardiola vuole il jolly azzurro ad ogni costo.

Così i dirigenti inglesi, dopo i contatti dei giorni scorsi, già nelle prossime ore proveranno a far vacillare la Juve con una offerta scritta da 65 milioni di euro. Tanti soldi. Probabilmente un punto di partenza, non ancora di arrivo.

Il dt Cristiano Giuntoli non vorrebbe privarsi di un titolarissimo a metà stagione se non per una proposta irrinunciabile e fuori mercato. Più vicina agli 80 milioni che ai 70. Una vetta tutt’altro che impossibile per una delle società più ricche del mondo. Alla Continassa ne sono perfettamente consapevoli. E se da un lato, almeno pubblicamente, provano a tenere duro, dall’altra lavorano sottotraccia alla ripartenza. La cessione di Cambiaso non sarebbe indolore, ma tutto ha un prezzo e nel caso Giuntoli avrebbe a disposizione le munizioni per ristrutturare la difesa. A partire da David Hancko, il pallino di Thiago Motta. Il 27enne slovacco è un jolly mancino: un po’ centrale e un po’ terzino sinistro, come Cambiaso. Giuntoli, prima di dare il via libera al City, effettuerà un nuovo tentativo con il Feyenoord.

La Juventus ha iniziato la corsa ad Hancko in ottobre e a novembre, dopo che al grave infortunio di Bremer si è aggiunto quello di Cabal, ha cominciato a cambiare marcia e piani. Inizialmente, Giuntoli e i suoi uomini avevano individuato lo slovacco come il primo dei rinforzi per l’estate 2025. La “maledizione dei crociati” ha cambiato i programmi e da quel momento la Juventus ha allacciato i contatti con il Feyenoord per provare ad anticipare il trasferimento all’inverno. Gli olandesi hanno respinto la Signora e l’idea di costruire un puzzle creativo: il cartellino di Facundo Gonzalez (già in prestito al Feyenoord) e un conguaglio economico per il prestito oneroso con riscatto e assegno finale a luglio. A Rotterdam hanno risposto “no, grazie”. Hancko è il capitano e, in caso di addio, non basterebbe Facundo Gonzalez, che comunque l’altro giorno in Coppa ha sostituito lo slovacco sul centro-sinistra.

Inter, la nota lieta è Lautaro: gol ritrovato a San Siro dopo due mesi e mezzo

L’ultima rete in casa dell’argentino al Venezia lo scorso 3 novembre. Con ieri è arrivato a 3 centri nelle ultime 5 gare

L’immagine era sfumata nella memoria, ghiacciata nel -1° di San Siro, poi il ricordo si è sciolto quando il pubblico intirizzito ha rivisto l’esultanza di Lautaro, quella sì piuttosto caliente: vena al collo e urla da guerriero latino. L’argentino non segnava da queste parti da quasi due mesi e mezzo, dall’1-0 con il Venezia del 3 novembre, prima della grande crisi sotto porta: il Toro l’ha interrotta di recente tra il guizzo nella trasferta di Cagliari e la rete nella finale-incubo di Supercoppa contro il Milan. Sommando il tutto, è arrivato a tre centri nelle ultime cinque partite, segno che è ormai tornata la media dei tempi buoni. Il gol di ieri su solito dolcetto mancino di Dimarco, prorompente e in purissimo stile Lautaro, ha riscaldato l’ambiente, ma non abbastanza visto il pareggio nel secondo tempo che complica lo scatto definitivo verso la vetta in classifica. Tra l’altro, in tutto il primo tempo, la Nord muta per protesta (sulla prelazione dei biglietti nelle gare in trasferta) non ha certamente aiutato il piano nerazzurro.

Mai sembrano banali i giorni in cui Lautaro e la sua Inter incrociano il Bologna: i nerazzurri nostalgici ricorderanno per sempre quella volta contro i rossoblù lontano da qui, il fantasma di Radu che volava via dal Dall’Ara con il sogno scudetto 2022, mentre la speranza di una terza Coppa Italia consecutiva è sfumata nella scorsa stagione con un’intemerata di Thiago Motta qui a San Siro. Qualcuno, a rischio di sembrare profano, ieri ha notato pure dell’altro, ben più serio di qualsiasi pallone che rotola. L’ultimo Inter-Bologna prima di questo in Serie A era datato 7 ottobre 2023, giorno del tragico attacco terroristico di Hamas che ha acceso la guerra con Israele, mentre ieri, prima della stessa identica partita finita con identico 2-2, arrivava l’annuncio ufficiale della tregua dopo 15 mesi. Casualità bizzarra che vola molto oltre il calcio e gli eventuali problemi dell’Inter. E poi è soltanto in campo che Lautaro combatte la propria battaglia e una è proprio contro i rossoblù che lo stuzzicano sempre parecchio: è andato a segno in ognuna delle ultime quattro gare giocate al Meazza contro questa squadra in Serie A.

Perché Frattesi vuole andare via dall’Inter? Gioca e segna più dell’anno scorso

Il confronto con la stagione passata parla chiaro: Davide ha messo insieme più minuti e partecipato a più gol. E con gli infortuni di Calhanoglu e Mkhitaryan potrebbero aprirsi ancora più spazi.

Davide Frattesi avrà fatto le sue valutazioni ben approfondite. Ormai la sua volontà sembra chiara: vuole la Roma, nonostante l’Inter continui a puntare su di lui. Una decisione nata dal fatto che il centrocampista vorrebbe più spazio, sentirsi protagonista, diventare titolare. Sassuolo e subito giro di prestiti: Ascoli, Empoli, Monza. Poi l’ottimo biennio in neroverde e il trasferimento all’Inter. Dove, in un anno e mezzo, ha giocato, vinto ed è cresciuto. Alla prima stagione in nerazzurro in Serie A ha messo insieme 32 presenze, con 6 gol e 4 assist. Numeri che aumentano se il discorso si allarga a tutte le competizioni: in totale 42 presenze, 8 centri e 7 passaggi vincenti. Il percorso di crescita del centrocampista è sotto gli occhi di tutti, ma l’intenzione di cambiare aria resta nonostante rispetto alla scorsa stagione, ad oggi, Frattesi abbia trovato anche più spazio rispetto all’anno scorso.

Diciannove giornate di Serie A rappresentano il giro di boa del girone d’andata, e qui siamo arrivati. Anzi, si è già scavallato – nonostante l’Inter sia ancora a quota 18 partite giocate, considerando i recuperi con Bologna (domani) e Fiorentina -. Lecito, per Frattesi, fare un bilancio e un confronto rispetto alla stagione passata. Il “problema”, però, è che i numeri sorridono proprio a lui: nel 2023-24, dopo 19 giornate, Frattesi era stato impiegato 17 volte, di cui solo una da titolare. Il totale fa 337′ in campo, che spalmati sulle presenze diventano una ventina di minuti scarsi a partita. Quest’anno meno presenze (15 su 19), ma 4 da titolare: 613′ giocati, ovvero più di 40′ a gara. Più del doppio rispetto all’anno scorso. E sorridono pure i dati relativi a gol e assist, perché Frattesi l’anno scorso a questo punto della stagione aveva segnato 2 gol, in questa ha già raggiunto 3 centri e 1 assist. Insomma, la volontà di Frattesi sembra fermamente quella di andare alla Roma per giocare di più e diventarne protagonista dato lo scarso impiego all’Inter.

Okafor al Lipsia, affare bloccato: l’attaccante non ha superato le visite mediche

Da capire ancora i motivi del dietro front del club tedesco. In attesa degli sviluppi dei prossimi giorni, ecco cosa potrebbe cambiare nelle strategie di mercato del club rossonero

Il passaggio di Noah Okafor al Lipsia è bloccato. L’attaccante svizzero del Milan non ha superato l’ultima fase del trasferimento – test medici, poi la firma – e a meno di nuove sorprese non andrà a giocare per il club tedesco. Da capire ancora i motivi del dietro front, considerato anche che Okafor fino a un anno e mezzo fa è stato un giocatore nell’universo Red Bull con il Salisburgo. Il Milan è spettatore della vicenda e inevitabilmente riaccoglierà Okafor a Milanello, in attesa degli sviluppi dei prossimi giorni. 

Naturalmente il mancato trasferimento avrà conseguenze su tutto il mercato del Milan, più che sul bilancio. Il Milan e il Lipsia avevano trovato l’accordo per un prestito vicino ai 2 milioni e un diritto di riscatto superiore ai 25 milioni, non semplice da immaginare al momento. Il danno, piuttosto, deriva dal fatto che Okafor non libererà il posto in rosa destinato a Rashford o Walker, al momento i principali obiettivi di mercato. 

Okafor è arrivato al Milan un anno e mezzo fa. In 18 mesi ha avuto molti alti e bassi e in generale ha deluso chi si aspettava da lui un contributo immediato. È stato spesso riserva di Rafa Leao, utile nei finali di partita (a Udine…) e in qualche prestazione dal primo minuto (a Cagliari) ma è stato limitato dagli infortuni e non ha mai avuto spazio con continuità.

Calhanoglu salta il Bologna: nuovo infortunio. Stop anche per Mkhitaryan

Il turco ha accusato un risentimento al polpaccio destro. Per l’armeno una lieve elongazione invece

Ancora prima di salire sul vaporetto che lo portava verso la terra ferma, Simone Inzaghi aveva già dimenticato la magia della Laguna e il gol di Darmian. La spremuta di partite è appena iniziata e già dopodomani c’è il recupero col Bologna, che già di suo basterebbe a evocare gli spiriti. Quando ieri cercava di tranquillizzare lo scalpitante Frattesi, lo stesso tecnico nerazzurro ha fatto notare le tante partite all’orizzonte. Come dire, si ruoterà di più rispetto a quanto fatto prima di Riad. Una mano arriverà dall’infermeria, finalmente in fase di svuotamento. Ad esempio, ormai è tornato in gruppo Francesco Acerbi e verrà fatto un tentativo per portarlo in panchina mercoledì per rimpinguare un reparto in cui ieri si è rivisto Benji Pavard. 

La brutta notizia riguarda Calhanoglu. Il turco, già fermo per un’elongazione all’adduttore destro, ha accusato un indolenzimento muscolare durante il lavoro di recupero. Gli esami hanno evidenziato un lieve risentimento al soleo della gamba destra. Salta di sicuro il Bologna, proverà a recuperare per l’Empoli.

Mkhitaryan invece soffre di un affaticamento all’adduttore. Oggi l’armeno ha svolto gli esami di rito: nessuna lesione, ma una lieve elongazione degli adduttori della coscia sinistra. Salterà di sicuro il Bologna, forse anche l’Empoli. Più probabile il recupero per lo Sparta Praga in Champions, mercoledì 22. Joaquin Correa invece si rivedrà solo la prossima settimana, per Yann Bisseck bisognerà invece andare oltre la sfida di Champions in casa dello Sparta Praga o, magari, oltre la successiva trasferta di Lecce del 26.

Juve, segnali da Parigi: il Psg non convoca Kolo Muani. Il punto sulla trattativa

Niente sfida col Saint Etienne per l’attaccante di Luis Enrique, sempre più vicino all’uscita. Bianconeri in pole, ma anche il Tottenham è in agguato

Un segnale forte. E la Juventus può sorridere. Per la partita di stasera contro il Saint Etienne, Luis Enrique non ha convocato Randal Kolo Muani. L’attaccante del Psg quindi è spinto verso l’uscita, dove lo attende il club bianconero interessato a rinforzare il reparto avanzato. Se il giocatore sembra incline a trasferirsi in Serie A non va sottovalutata la pista che conduce in Premier League, dove il Tottenham è un rivale diretto.

Dai convocati è stato escluso anche Milan Skriniar che sta valutando varie offerte. Ma la decisione di rinunciare a Kolo Muani è un’indicazione importante che asseconda i contatti che si sono intensificati tra Parigi e Torino negli ultimi giorni, come riportato anche dai media d’oltralpe. Va trovata una formula che soddisfi tutti, sapendo che il Psg è meno rigido rispetto ai mesi scorsi quando escludeva a priori un prestito per un giocatore pagato 95 milioni di euro, con i bonus, solo un anno e mezzo fa. Ormai, il club dell’emiro è disposto a un prestito ponte con un riscatto senza obbligo, ma da far valere a condizioni determinate, facili da soddisfare.

E più che l’ingaggio, che ammonta a circa 5,5 milioni di euro, resta da stabilire il prezzo di cessione che potrebbe condizionare la Juventus impegnata in una politica di drastica riduzione dei costi. Per questo rimane aperto lo sbocco verso la Premier, dove il Psg vanta rapporti privilegiati con il Tottenham, che ha meno inibizioni di bilancio. La trattativa comunque procede con la spinta di Lucho che attende a braccia aperte l’arrivo di Kvaratskhelia dal Napoli per compensare la rinuncia al nazionale francese.

Milan, con Okafor via serve un attaccante: assalto a Rashford, lo United apre al prestito

Per l’attaccante resta il nodo ingaggio. Il club rossonero intende rafforzarsi nella finestra invernale: la Champions ’25-26 non può sfuggire e in più ci sono i soldi della Supercoppa

In mezzo a una marea di “forse”, “vediamo”, “chissà” e retorica assortita che solitamente accompagna il mercato di gennaio (e non solo quello), va dato atto a Ibrahimovic di non aver fatto giri di parole: “Stiamo discutendo varie situazioni e qualcosa succederà”, ha detto il super consulente rossonero prima del derby di Supercoppa. E siccome metà gennaio si avvicina, è lecito attendersi un’accelerazione alle strategie di rinforzo della rosa rossonera.

Il Milan ha deciso di muoversi sul mercato essenzialmente per tre motivi. Uno: la rosa, nella sua profondità, presenta ancora alcuni deficit. Due: la qualificazione alla prossima Champions è il consueto imperativo categorico che garantisce l’autosostenibilità finanziaria, e al momento c’è un ritardo in classifica importante da colmare. Tre: il denaro portato in dote dalla Supercoppa (quasi dieci milioni, aumentabili di un ulteriore uno e mezzo se andrà in porto l’amichevole contro la vincitrice della Supercoppa araba) sono una sorta di “extra” budget da destinare al mercato. Extra in quanto non preventivato nelle proiezioni di bilancio. Un contesto che poggia su un dato di fatto evidente e progettuale: il club intende investire anche nel mercato di riparazione.

Due, essenzialmente, le zone del campo interessate. Attacco e mediana. Ma se fino a qualche settimana fa la priorità pareva andare a un centrocampista che potesse fungere da alter ego di Fofana, adesso i riflettori sono puntati soprattutto sul reparto avanzato. La partenza di Okafor sblocca la lista in entrata e l’ultimo nome caldo è anche il più affascinante. Marcus Rashford era un profilo di quelli off limits – anzi: di quelli che nemmeno prendi in considerazione – prima che lo United e il suo tecnico Amorim decidessero che potevano fare a meno di lui. Rashford è uno di quei nomi capaci di cambiare la scena in un ambiente che, fino alla finale di Riad, vagava nella depressione sportiva.

Perché la più forte fa così fatica? Cosa non va nell’Inter

I nerazzurri hanno la squadra migliore, il monte ingaggi più elevato, allenatore e dirigenti top: come mai in certi momenti non rende al meglio

Pochi, pochissimi hanno dubbi in merito alla forza dell’Inter. Non ce n’erano prima che la stagione cominciasse e non ce ne sono neppure adesso, a metà percorso. Se la pesiamo rispetto alle concorrenti italiane, sembra davvero la migliore in ogni componente. L’Inter ha l’organico più forte, perché ha titolari senza eguali (sono quelli che hanno dominato il campionato scorso) e anche le riserve sono di grande qualità, a maggior ragione dopo che in estate sono stati ingaggiati due calciatori quotatissimi come Zielinski e Taremi. Pure l’allenatore è considerato tra i più bravi e spesso abbiamo celebrato la capacità di Inzaghi di far giocare ai nerazzurri un calcio sì efficace, ma anche spettacolare.

E che dire del management, a cominciare dal presidente? Marotta ha conquistato dieci scudetti e non è certo sbagliato ritenerlo – da tempo – il dirigente più preparato del nostro movimento. Quanto alla proprietà, andrà ovviamente valutata nel corso del tempo perché Oaktree ha rilevato la maggioranza delle azioni solo a maggio; nel frattempo possiamo rilevare che il monte ingaggi è diventato il più elevato della Serie A, scavalcando anche la Juve, e questo un significato non può non averlo.

Insomma: l’Inter è la più forte. Eppure non lo dimostra sul campo. Non diciamo questo (solo) perché ha perso la Supercoppa di fronte a un avversario meno quotato, anche se la sconfitta contro il Milan fa malissimo, ma anche perché fatica a dimostrare la sua superiorità nelle altre competizioni. Soprattutto in campionato, dove i nerazzurri hanno perso il derby (un altro), si sono fatti rimontare due gol dalla Juve , non hanno piegato il Napoli. E in Champions hanno perso contro il Leverkusen. Poi è vero che ci sono stati picchi clamorosi (il 4-0 all’Atalanta, il 6-0 alla Lazio) ma quei passaggi a vuoto fanno riflettere. Per carità, non si può sempre vincere e l’Inter è comunque in posizione molto buona sia in campionato che nella classificona di Champions. Ma le incertezze esistono e rispetto alla scorsa stagione la squadra ha fatto un passo indietro come continuità, affidabilità, consistenza. Perché?

Vlahovic-Juve, braccio di ferro: non vuole rinnovare, il divorzio è più vicino

Il serbo vuole andarsene a zero nel 2026. In estate sarà addio ma il club vuole cautelarsi già a gennaio: Zirkzee è il preferito di Motta, Kolo Muani e Fullkrug le alternative

Gennaio è il mese di Dusan Vlahovic. Il 28 di questo mese l’attaccante serbo compirà 25 anni e negli stessi giorni ne festeggerà 3 di Juventus, visto che è arrivato nella sessione di mercato invernale del 2022. Eppure mai come in questo momento il numero 9 e la Juventus appaiono lontani, sempre più vicini a un divorzio che, se anche non si consumerà a breve, sembra ormai cosa certa. A dividerli è il contratto in scadenza nel 2026, che il centravanti non è intenzionato a rinnovare alle condizioni economiche del club e costringe i bianconeri a metterlo sul mercato e ad accelerare per l’arrivo di un’altra punta, che consentirebbe a Thiago Motta di avere un’alternativa a un giocatore destinato all’addio.

Difficile che succeda già a gennaio, anche se le vie del mercato sono infinite e se dovesse arrivare un’offerta congrua la Juventus non si metterebbe certo di traverso, più facile che la rottura si consumi in estate, ma nel frattempo Cristiano Giuntoli vuole cautelarsi con un uomo in più nel suo ruolo, anche per spingerlo ad andarsene.

Ieri Vlahovic si è presentato al J|Medical per un controllo dopo aver avvertito un dolorino. Niente di grave, solo un affaticamento muscolare che dovrebbe riuscire a smaltire in fretta. Il serbo però per un paio di giorni s’allenerà a parte e solo intorno a giovedì si capirà se potrà esserci per il derby. La cautela è d’obbligo, anche perché la Juventus è attesa da un ciclo di fuoco tra campionato e Champions (6 partite in 19 giorni dal derby in poi) e Thiago Motta non può permettersi di perdere per un periodo prolungato il suo unico centravanti di ruolo. Di sicuro non è un momento felice per lui, l’intoppo fisico arriva dopo la brutta prestazione in Supercoppa, con conseguente sostituzione e volto scurissimo.

La Juventus è disposta ad allungare ma non alle stesse cifre (Vlahovic attualmente guadagna 10,5 milioni e, avendo un contratto a salire, la prossima stagione arriverà a 12) e il giocatore non intende accettare una decurtazione dello stipendio.

Milan, è il primo trofeo targato Redbird. Il derby delle bacheche: ora l’Inter è a -4

Alla terza stagione da proprietario del Milan, Cardinale esulta: per lui festa negli Stati Uniti davanti alla tv

La prima vittoria dell’era di RedBird e di Gerry Cardinale coincide con il trofeo numero cinquanta nella storia del Milan. Il primo dopo la coppa dello scudetto portata nella sede di via Aldo Rossi da Elliott al termine della stagione 2021-22 e del testa a testa con l’Inter. Il numero uno americano, che attraverso il fondo che gestisce è diventato proprietario della maggioranza rossonera nell’estate del 2022, da allora è sempre andato alla ricerca del primo trionfo.

Nei 125 anni di storia del Milan, alla guida del club si sono alternati 23 presidenti. Il più vincente e il più longevo è stato Silvio Berlusconi che nei trentuno anni della sua gestione, ha festeggiato 29 trofei. L’ultimo? La Supercoppa del 2016 a Doha, nella finale contro la Juventus. Tra gli altri presidenti o proprietari che hanno vinto di più c’è Andrea Rizzoli, sotto la cui guida il Milan ha vinto quattro scudetti e la sua prima Coppa dei Campioni, e Franco Carraro, anch’egli vincitore di una Coppa dei Campioni e della prima Coppa Intercontinentale del club rossonero. Elliott, come detto, ha portato l’ultimo trofeo e adesso nel libro della storia del Diavolo si è iscritto anche Cardinale che ha recentemente rifinanziato il vendor loan (ora rimangono da saldare 489 milioni) fino al luglio 2028.

Il suo investimento finora è stato di 825 milioni: 600 milioni più 55 milioni di versamenti in conto capitale più il parziale rimborso del vendor loan di 170 milioni a fine dicembre. È intenzionato ad andare avanti e a vincere ancora. Insomma, il trofeo alzato nello stadio di Cristiano Ronaldo e dell’Al-Nassr spera sia un punto di partenza, magari non l’unico di questa stagione nella quale il Milan conta di conquistare l’accesso diretto agli ottavi di Champions già in questo gennaio e di arrivare in fondo alla Coppa Italia oltre a conquistare almeno il quarto posto in campionato.