I tre pilastri del Chivu-pensiero: così l’Inter ha imparato a ripartire

La nuova edizione dei nerazzurri costruisce più alta, ha rigenerato due giocatori-chiave e ha blindato la difesa.

Per riassumere quest’Inter va rispolverata una parola che andava di moda qualche anno fa: resilienza. Sta per “capacità di recupero veloce”, “mettersi alle spalle un fallimento” e ripartire.

I nerazzurri hanno afferrato uno per uno i cinque gol incassati a Monaco e li hanno scagliati oltre le siepi, al di là del mare. Il più lontano possibile. L’unico modo per poter mettersi alle spalle il trauma sportivo e guardare oltre Teutoburgo. Chivu è stato chiaro: “Sono fiero di questi ragazzi. Si sono messi alle spalle l’ultima stagione”. Così come lo zero alla voce “titoli”.

E la vittoria con la Roma è figlia del nuovo corso. Il primo concetto è “verticalità”. Il gol di Bonny è nato da un passaggio lungo di un Barella ormai rinato. L’azzurro avrebbe potuto servire Dumfries davanti a lui, cambiare gioco su Dimarco o ridare la sfera ad Akanji. Ha scelto di servire il taglio del francese, bravo a infilarsi nel buco lasciato da una difesa troppo alta. L’Inter costruisce più alta e si nota. Ha alzato il baricentro di circa otto metri rispetto all’anno scorso. I risultati si vedono.

Altri due fari sono i giocatori chiave ormai rinati, su tutti Barella e Dimarco. Il primo ha giganteggiato anche contro la Roma. Al netto dell’assist – il secondo in campionato – ha vinto sette contrasti, recuperato quattro palle sporche, verticalizzato più e più volte. Per lui 52 palloni toccati e 31 passaggi positivi. È un “homo novus”, un calciatore diverso, rigenerato. Quest’anno ha giocato dal 1’ otto partite su nove. È subentrato solo contro lo Slavia Praga. “Siamo sempre stati forti – ha detto a fine gara – avevamo bisogno di ritrovarci. Nessuno meglio di Chivu per la rinascita”. Dimarco avrà pensato lo stesso. La “polemica” a distanza con Inzaghi, reo di averlo fatto uscire spesso dopo un’ora, ha tenuto banco per diversi giorni. Con la Roma ha sforato ancora una volta gli ottanta minuti. È la sesta volta su nove occasioni quest’anno. Anche qui, come per Barella, i risultati sono ben visibili: due reti e tre assist in 9 partite tra campionato e Champions. 

Milan, lesione al bicipite femorale per Pulisic. Nuovi esami tra 10 giorni, rischia un mese fuori

Il giocatore statunitense, infortunatosi durante l’amichevole della propria Nazionale con l’Australia, salterà le sfide con Fiorentina, Pisa e Atalanta. Chance per il Parma l’8 novembre, altrimenti dopo la sosta. “La risonanza magnetica eseguita oggi ha evidenziato una lesione di basso grado al bicipite femorale destro. Il calciatore verrà rivalutato tra circa dieci giorni”.

Questo il comunicato con cui il Milan ha reso nota la diagnosi e i tempi di recupero di Pulisic, infortunatosi durante l’impegno amichevole della nazionale Usa con l’Australia. Di sicuro, il giocatore non sarà in campo, quindi, per i prossimi dieci giorni e salterà le sfide con Fiorentina, Pisa, Atalanta e, probabilmente, Roma. 

Quando tornerà Pulisic? Possibile – se non ci saranno complicazioni – che il miglior realizzatore stagionale rossonero (6 reti) possa tornare disponibile nella sfida col Parma (8 novembre). Altrimenti lo si rivedrà dopo la sosta e, conoscendo la delicatezza di questo tipo di infortuni, l’ipotesi va considerata di attualità. 

La sosta di ottobre si conferma maledetta. I rossoneri hanno patito anche lo stop di Rabiot e gli acciacchi di Estupinan e Saelemaekers. Alexis è il più avanti sulla strada per il rientro – potrebbe esserci già domenica contro la Fiorentina – ma il conto per Allegri è salatissimo. In particolare Rabiot, che come Pulisic verrà valutato tra 10 giorni, rischia di stare fuori fino alla prossima pausa per le nazionali. Peggiore di questa, per il Milan, non potrà essere.

Fofana e lo scudetto: “Non deve dircelo Allegri, ci pensiamo da soli. Che gioia sarebbe…”

Il centrocampista del Milan a Sky: “In questo club dobbiamo pensare ogni anno al titolo, ma ci sono tante cose da fare prima arrivare a questo obiettivo”

Youssouf Fofana è stato all’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” e ha visitato i bambini ricoverati. Bravo, bel gesto. A margine, ha parlato di Milan e di scudetto, che a poco a poco sta diventando un tema: “Come giocatori del Milan dobbiamo pensare ogni anno allo scudetto, è normale. Allegri? Non ha bisogno di trasmetterci la voglia di vincere lo scudetto, giochiamo al Milan, è normale pensare allo scudetto. Ora è tornata anche la curva e io mi sento milanista al 100%”.

Allegri e la squadra in questo sono stati bravi. In due mesi, sono riusciti a entrare nel gruppetto dei favoriti, assieme a Napoli e Inter: “Lavoriamo tanto per questo – dice Fofana -. Dobbiamo lottare per vincere ogni partita, poi alla fine faremo i conti. Sappiamo che, con una partita a settimana, dobbiamo mettere il 100% delle forze su una partita. Non voglio dire che se non vinciamo lo scudetto la stagione sarebbe sbagliata, ma se dovessimo vincerlo sarebbe una grande gioia dopo l’anno scorso. L’anno scorso c’era la gioia ma quest’anno ancora di più, più voglia di fare le cose”. Fofana è nel gruppetto dei giocatori più colpiti dalla stagione negativa con Fonseca e Conceiçao: Youssouf ha vinto poco ma è abituato a giocare ad alto livello con la Francia. Una squadra da ottavo posto non fa per lui.

Fofana per Allegri è un titolare, pochi dubbi. Nelle ultime settimane ha vinto il ballottaggio con Loftus-Cheek, non scontato perché l’inglese è stato da subito molto considerato da Max. Youssouf però copre molto campo, è più applicato, più bravo senza palla. Con Modric e Rabiot, per Allegri, si integra meglio. Previsione facile: per lui, al netto di infortuni, si va verso una stagione con almeno 30 partite da titolare. 

Paradosso Yildiz: per la Juve è intoccabile ma in 18 guadagnano più di lui. E tre big già lo puntano

Il fantasista turco sarà anche vice capitano,  però guadagna solo 1,7 milioni all’anno. Comolli studia il rialzo a 6 come David per evitare di perderlo.

Kenan Yildiz è un ventenne diverso: dribbla gli avversari, non le responsabilità. La stellina da più di un anno indossa con stile la maglia numero 10 della Juventus ereditata dai miti Alessandro Del Piero, Roberto Baggio e Michel Platini. E nei prossimi due mesi non sarà complicato vederlo con la fascia al braccio come è già successo a Verona alla quarta di campionato. Il capitano è sempre Manuel Locatelli, ma con l’infortunio di Gleison Bremer si rinnovano le gerarchie e il fantasista turco sarà il vice dell’azzurro. 

Un’investitura in più, che si aggiunge a quella di intoccabile per Igor Tudor (8 partite su 8 da titolare), di gioiello più costoso della Signora e della Serie A – secondo le stime del Cies è il giocatore che vale di più in Italia (111 milioni, seguito da Lautaro a 107), di juventino più corteggiato sul mercato (Chelsea, Arsenal, Barcellona), di maglia più venduta negli store bianconeri e di volto più richiesto dagli sponsor per gli spot pubblicitari e dai tifosi per le foto. Yildiz domina le classifiche stagionali della Signora, comprese quelle degli assist (4 tra A e Champions) e dei dribbling (9 in campionato). Tutte a parte tre: minutaggi (36 minuti in meno di Kalulu e Kelly), gol (2 in meno di Vlahovic) e stipendi: Kenan è 19° in graduatoria con un ingaggio da 1,7 milioni più bonus. Soltanto Mattia Perin (1,5 milioni), Daniele Rugani (1,4), Fabio Miretti (1,2), Juan Cabal (1,2), Vasilije Adzic (0,3) e Carlo Pinsoglio (0,3) guadagnano meno di lui. Della serie: lo status di Yildiz è da big, il contratto ancora no. Impatto in campo inversamente proporzionale alla busta paga. 

Il turco e la Juventus condividono la priorità di rinnovare l’amore e il contratto (fino al 2030) e la fiducia non si attenua, ma la se la fumata bianca tarda è perché non c’è ancora accordo sulle cifre. I numeri di Yildiz in campo e fuori sono da primo della classe, l’ingaggio invece è tra gli ultimi.

Napoli, Hojlund non si ferma più (6 gol in 4 gare): “Perché il gol è come il ketchup”

Così i gol. A volte non arrivano, ma quando l’attaccante si sblocca non smette di segnare. “Il gol è come il ketchup: una volta arrivato continua ad arrivare”. È il post social di Rasmus Hojlund dopo la vittoria con gol con la maglia della nazionale danese contro la Grecia.

Tanti i commenti dei tifosi del Napoli, che si godono il nuovo acquisto, ma ancor di più quelli dei tifosi dello United, che rimpiangono un attaccante così prolifico. “Wise man”, “goat”, la maggior parte dei commenti, corredati da meme di Cristiano Ronaldo e, soprattutto, di bottigliette di ketchup, che hanno letteralmente invaso il suo feed. Il centravanti del Napoli ha segnato alla prima partita da titolare contro la Fiorentina, per poi rimanere a secco in quelle successive con City, Pisa e Milan. Poi doppietta contro lo Sporting Lisbona, un gol contro il Genoa e tre gol nelle due gare di qualificazioni al Mondiale. Insomma, 6 reti nelle ultime 4 gare. Numeri che fanno bene al morale di Hojlund, reduce dalla scorsa stagione in chiaroscuro allo United, e che piacciono anche ad Antonio Conte, che si appresta a disputare 7 gare in 22 giorni, il primo vero tour de force del Napoli.

Gonzalo Higuain in un periodo di astinenza dal gol (che durava da quattro giornate), ammise: «Ruud mi ha detto una cosa durante un periodo in cui non riuscivo a segnare. “Ci provi, ma non ci riesci, quando alla fine ce la fai, però, arriva tutto in una volta. È come il ketchup”. Ed è vero, è un bellissimo aneddoto». All’argentino servì poi la doppietta nel derby contro il Torino per sbloccarsi e terminò la stagione a quota 32 gol. Il consiglio dell’amico Ruud Van Nistelrooy, suo ex compagno di squadra al Real Madrid, diede i suoi frutti. Non un consiglio qualsiasi, ma quello di uno dei centravanti più forti della sua generazione, spesso accostato al connazionale Van Basten.

Pio Esposito, tesoro mondiale: l’Inter ha rifiutato 50 milioni e ha un piano per blindarlo

Dai gol in nerazzurro alla prima rete con l’Italia, tutti pazzi per il giovane bomber: i nerazzurri si preparano a raddoppiargli lo stipendio.

Da Seattle a Tallinn, il mondo ha già imparato a conoscere l’equazione vincente: il ragazzone con il fisico da gigante e la faccia da bambino prima segna un gol, poi mostra i muscoli e tutti si sentono più forti. La Nazionale di Gattuso, che corre decisa verso i playoff per il Mondiale americano, ma soprattutto l’Inter, che proprio in un Mondiale negli Stati Uniti ha alzato il sipario sul gioiello di famiglia dal futuro assicurato e sta raccogliendo i frutti orgogliosa: Pio Esposito da Castellammare di Stabia, anni 20, è il tesoro che tutti vorrebbero avere ma se lo godono solo in nerazzurro.

Se tutto andrà come si spera, l’Italia intera si aggiungerà alla festa tra una manciata di mesi, dopo che nel frattempo, magari, l’Inter avrà blindato il suo pezzo pregiato: per il club il talento di Pio non ha prezzo e, se la crescita proseguirà come in questi primi mesi, anche l’ingaggio potrà salire verso l’alto. Con Pio nel motore, il club di viale della Liberazione non si sente solo più forte ma anche più ricco, in tutti i sensi. Perché il talento cresciuto a pane e Inter è una scalata continua in carne e ossa: ogni partita un piano più su, ogni pallone buttato dentro una foto da prima pagina. L’ultima, Esposito l’ha stampata nel freddo di Tallinn: Kean, titolarissimo dell’attacco di Gattuso alza bandiera bianca poco dopo aver sbloccato la partita con l’Estonia, Pio entra, si muove con la sapienza di un centravanti di trent’anni e segna con un colpo da 9 vero.

Scene già viste in nerazzurro, dal primo centro al debutto da titolare contro il River Plate lo scorso 26 giugno — quando di anni ne aveva ancora 19 — fino alla prima rete in Serie A, a Cagliari, da subentrato proprio come l’altra sera in Estonia. Pio è il capitale umano dell’Inter, è il nerazzurro che meglio di tutti incarna i tratti del profilo ideale per il nuovo corso targato Oaktree perché è giovane, ha margini di crescita enormi e un valore che può lievitare in maniera vertiginosa nel giro di pochi mesi.

L’Italia si qualifica per i Mondiali se… Ecco il quadro delle prossime gare degli Azzurri

Vincendo, la Norvegia ha blindato il primo posto. La corsa dell’Italia è ora verosimilmente quella ai playoff: in caso di successo contro Israele la nostra Nazionale sarebbe matematicamente seconda. Ma basterebbe anche non perdere la prossima e strappare un pareggio tra Norvegia e Moldavia.

Battendo  5-0 Israele la Norvegia ha di fatto cementato il primo posto nel girone: il netto vantaggio nella differenza reti (+26, rispetto al +7 dell’Italia) permetterebbe alla squadra Haaland di arrivare alla sfida contro gli Azzurri con la qualificazione diretta in tasca. La squadra di Gattuso dovrà ora confermare il secondo posto valido per i playoff, dove arriverebbe anche da testa di serie. Decisiva in tal senso sarà proprio la gara contro Israele, sconfitta 5-4 in una folle partita all’andata, che si giocherà martedì 14 ottobre al Bluenergy Stadium di Udine. L’Italia, vincendo, sarebbe aritmeticamente seconda. In caso di pareggio sarà necessario ottenere almeno un punto negli impegni del 13 e 16 novembre contro Moldavia (in trasferta) e Norvegia (in casa) per strappare il biglietto per i playoff.

Inter, è sparito Bisseck: la media dice solo 19′ a partita, ma Chivu ha un piano per lui

Il difensore nerazzurro ha messo insieme 66′ nelle ultime 6 partite dell’Inter, tutti contro lo Slavia Praga in Champions. Ma ha una caratteristica che il tecnico nerazzurro intende sfruttare 

L’avvio di stagione non è stato incoraggiante: zero minuti all’esordio contro il Torino, titolare ma insicuro – e determinante in negativo in occasione del gol di Atta – al debutto contro l’Udinese, poi quattro panchine in fila, dal 1′ in Champions League con lo Slavia Praga e ancora fermo nell’ultima contro la Cremonese.

Lo stesso Yann Bisseck, dopo l’ottima stagione dello scorso anno, probabilmente si sarebbe immaginato un inizio ben diverso. Eppure, nulla è compromesso. Per una lunga serie di motivi: non più tardi di qualche mese fa il tedesco era già stato protagonista in nerazzurro (in Serie A collezionò 1639′ spalmati su 27 presenze, che valgono un’ottima media di circa un’ora a partita. Più altre 19 presenze tra Champions, Coppa Italia e Supercoppa), società e tecnico erano – e restano – contenti di lui, tanto da respingere l’assalto di svariati club con il Crystal Palace in testa, arrivato a mettere sul piatto più di 30 milioni per portarselo a Londra. Ma l’Inter ha scelto di tenerlo, per potenzialità e… duttilità.

 Bisseck, da centrale, è stimato da Chivu per una caratteristica molto precisa: il coraggio. Il tecnico nerazzurro ha già innalzato la linea difensiva nerazzurra di circa 6-7 metri rispetto al recente passato, ma nella testa resiste l’idea di alzare ulteriormente il reparto. Stile Flick al Barcellona? Forse troppo, considerando anche i rischi a cui si va incontro con una filosofia del genere (e l’Inter lo sa bene dopo la semifinale contro i blaugrana dello scorso anno), ma sicuramente simile. E Bisseck, tra tutti i difensori dell’Inter, è quello che mantiene la linea più alta di tutti. Una carta, una tattica, che Chivu potrebbe sperimentare nelle prossime settimane ma che ha già avuto modo di valutare ad Appiano osservando il gigante tedesco da vicino. Per farlo tornare protagonista. 

Dovbyk: “Mi pento di non aver tirato il terzo rigore di Roma-Lilla”

L’attaccante della Roma torna sul clamoroso episodio: “Contro il Lilla dovevo andare dal dischetto anche la terza volta, ne sono sicuro”.

Rammaricato sì, ma più per non aver calciato il terzo rigore che per aver sbagliato i primi due. Artem Dovbyk è tornato a parlare di quell’evento, più unico che raro nel calcio. Contro il Lilla, infatti, l’ucraino ha fallito due rigori in uno visto che l’arbitro ha fatto ripetere il tiro dagli undici metri. Poi al terzo tentativo (sempre concesso dal direttore di gara) è arrivato l’errore di Soulè e di conseguenza la sconfitta dei giallorossi in Europa League. “Il mio rimpianto più grande però è non aver provato a tirare il terzo”, ha detto a sorpresa Dovbyk dal ritiro della nazionale ucraina.

“Quello contro il Lilla è stato un momento davvero spiacevole nella mia carriera – ha aggiunto l’attaccante -. Il primo a questo livello per me. Al contrario, la squadra ha sostenuto tutti e il giorno dopo non si è parlato del fatto che non abbiamo segnato tre rigori. Si è analizzato più approfonditamente l’andamento generale della partita. Poiché la partita era difficile, abbiamo giocato in modo non adatto al nostro livello. Poi da solo ho analizzato e pensato al motivo dei due errori”. Già, ma come? “Devo trarre delle conclusioni. Lo farò. L’unica cosa di cui mi pento è di non aver tirato il terzo. Davvero, non scherzo. Una cosa di cui mi dispiace tanto”. I giornalisti ucraini gli chiedono se è convinto che, alla fine, al terzo tentativo (fallito da Soulé) avrebbe fatto centro: “Non lo so se lo avrei segnato, ma è così che stanno le cose, non ha senso parlarne ora. So solo che dovevo andare dal dischetto anche la terza volta, di questo ne sono sicuro”. Il caso dei tre rigori falliti dalla Roma ha fatto il giro del mondo finendo anche sul New York Times e generando una tempesta social di meme e prese in giro. Anche Gasperini aveva ammesso: “Non ho mai visto niente di simile nella mia carriera”

Plusvalenze Napoli, cosa rischia il club e la posizione di De Laurentiis

La ricostruzione, con tanto di intercettazioni, pubblicata oggi da Repubblica, in merito al caso delle plusvalenze del Napoli non porta elementi nuovi rispetto alla posizione sportiva del club. Le carte della Procura di Roma, infatti, erano già state inviate ad aprile alla Federcalcio e il procuratore federale Giuseppe Chinè non le aveva giudicate sufficienti per riaprire il processo sportivo, la posizione del Napoli è dunque archiviata.

Del resto le operazioni Manolas-Osimhen erano già state analizzate in due gradi (al club erano stati contestati gli articoli 4,6 e 31 del Codice di Giustizia Sportiva) e il Napoli era sempre stato assolto. Dunque la possibilità che venga penalizzato (punti tolti in classifica) non è contemplata e la vicenda non avrà seguito in ambito sportivo.

Diversa la posizione di Aurelio de Laurentiis che dovrà affrontare il processo a livello penale dopo la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Roma. Il presidente del Napoli è accusato di falso in bilancio relativo alle stagioni 2019, 2020 e 2021 per gli acquisti di Manolas e Osimhen, la cui contabilizzazione potrebbe essere servita a gonfiare artificiosamente le plusvalenze. 

Dopo il rinvio della prima udienza preliminare, ora prevista il 6 novembre, De Laurentiis, tramite i suoi legali, aveva fatto sapere di essere tranquillo e sereno in merito all’esito dell’udienza, e “convinto di poter dimostrare di aver operato con la totale correttezza che rappresenta il Napoli, che ha sempre fatto del rispetto delle regole un riferimento assoluto da seguire”.

Per i legali, gli avvocati Gino Fabio Fulgeri, Gaetano Scalise e Lorenzo Contrada, le intercettazioni pubblicate sono “frasi estrapolate da un contesto dialettico ben più ampio, che solo se considerato nella sua interezza e con serena obiettività consente di coglierne il reale significato”. “A ulteriore dimostrazione della totale irrilevanza, ai fini accusatori, delle frasi riportate nell’articolo – aggiungono – giova rilevare che gli stessi interlocutori richiamati dal giornalista sono stati già ampiamente sentiti dai Pubblici Ministeri, e ciò unicamente in qualità di persone informate sui fatti e in quella sede, hanno fornito spiegazioni puntuali, chiare e convincenti, tali da escludere qualsiasi effettiva rilevanza probatoria delle stesse”.