Lautaro-Gonzalez: gol, staffette e incroci, il derby argentino per la Coppa Italia

Con Correa e Martinez Quarta, la finale dell’Olimpico diventa una sfida tutta sudamericana. Argentini dai destini diversi avversari stasera nella finale di Coppa Italia.

Lautaro sente che questa deve essere la sua partita. Un altro trofeo, il quinto in nerazzurro ai quali si aggiungono i 3 con la nazionale, sarebbe un bel regalo in vista della festa (lunedì) per il suo matrimonio con Agustina, già celebrato negli scorsi giorni in Comune.

Gonzalez, che tutti chiamavano Speedy per la sua velocità, a gennaio sembrava destinato ad andarsene per i continui infortuni. Il Leicester lo avrebbe accolto a braccia aperte, raddoppiandogli l’ingaggio da 2 milioni di euro che attualmente percepisce, ma Commisso ha detto no alla cessione dell’acquisto più caro della storia del club viola (27 milioni). Nico è rimasto in riva all’Arno, si è curato, ha risolto una volta per tutte i problemi muscolari della prima parte del 2022-23, e da marzo in poi ha iniziato lentamente a carburare. Il meglio lo ha lasciato per questo finale: sua la doppietta a Basilea che ha permesso la qualificazione alla finale di Conferenze League, ma ha segnato anche nella semifinale d’andata di Coppa Italia contro la Cremonese. Insomma, è tornato a essere un giocatore decisivo. Con 12 gol è, insieme a Jovic, il secondo marcatore della squadra dietro Cabral e stasera sarà titolare, mentre Martinez Quarta, che era stato soprannominato El Chino per la somiglianza con l’ex interista Recoba, non è ancora certo del posto perché in ballottaggio con Ranieri.

Il Toro stasera non avrà la fascia di capitano al braccio perché in campo dal primo minuto ci saranno sia Handanovic sia Brozovic, che hanno più anzianità nerazzurra di lui, ma è ancora carico al massimo dopo aver risolto l’euro-derby di martedì scorso, con una botta che non ha lasciato scampo a Maignan. Ha già eguagliato il record personale di reti stagionali (25) stabilito lo scorso anno e stasera cercherà il numero 26 anche per tagliare il traguardo dei 100 gol con la maglia dell’Inter.

“Oh, ottanta milioni!”: lo humour scozzese di Henderson abbatte Vlahovic

Il centrocampista sfotte l’attaccante nei minuti di recupero di Empoli-Juve: non bastasse il 4-1.

Di scene così, in campo, ne abbiamo viste a centinaia. L’ultimo esempio arriva direttamente dal posticipo di Serie A: l’empolese Liam Henderson sbeffeggia Dusan Vlahovic, lo guarda dritto negli occhi e gli ricorda ironicamente il prezzo del suo cartellino. “Oh, ottanta milioni!”. La risposta dello juventino non la conosciamo, però si porta la mano alla bocca e ribatte a tono.

Prima della debacle dei bianconeri in Toscana, Henderson e Vlahovic si erano incrociati soltanto due volte: entrambe risalgono alla scorsa stagione e Dusan – prima con la Fiorentina, poi con la Juventus – ha segnato complessivamente tre gol. C’è da scommettere, però, che Liam non abbia fatto tutti questi calcoli. Zanetti l’ha mandato in campo a dieci minuti dalla fine e lui, come sempre, aveva il compito di alzare una diga davanti alla difesa. Corsa e contrasti sono le sue specialità, però Henderson ha anche un bel caratterino che, in certi contesti, risulta prezioso. Per loro dovrei essere un mezzo alcolizzato, sempre pronto a litigare”. Non è così, ci mancherebbe, ma magari la scintilla di Henderson s’accende un attimo prima rispetto a quella degli altri. Quest’anno ha rimediato nove cartellini gialli ed è stato utilizzato per poco più di 900 minuti.

Arrivato dal Lecce per due milioni nell’estate 2021, Liam vive in Italia da cinque anni. E’ cresciuto nel Celtic insieme a Van Dijk, poi è passato da Bari, Verona, Empoli, Lecce e di nuovo Empoli. A centrocampo può giocare in tutti i ruoli: mezzala o mediano, all’occorrenza regista o trequartista alla Nainggolan. Pressa gli avversari, s’inserisce negli spazi, lotta su ogni pallone ed è apprezzato dai tifosi. Nella sua famiglia sono tutti calciatori. Il fratello Ewan, quattro anni più giovane, è un centrocampista offensivo dell’Hibernian. Liam è un mix tra lui e papà Nicky, medianaccio vecchio stampo, che giocava nelle serie minori.

Fiorentina-Inter, Olimpico tutto esaurito e diviso in due per la finale

Saranno oltre 60.000 gli spettatori allo stadio, con tifosi della Fiorentina e dell’Inter a metà strada. Ancora top secret le scenografie organizzate dalle due curve

Ancora poche ore d’attesa, poi all’Olimpico inizieranno ufficialmente i preparativi in vista della finale di Coppa Italia in programma mercoledì sera. Dalle 20.30 di oggi infatti – dopo il fischio finale di Roma-Salernitana – l’impianto del Foro Italico inizierà a cambiare pelle in vista della sfida tra Inter e Fiorentina. Panchine e spalti saranno arricchiti dai classici pannelli con il brand del torneo nazionale. Tanti anche i rappresentanti delle istituzioni attesi in tribuna: dal numero uno del Coni Giovanni Malagó, ai presidenti di FIGC e Lega Serie A Gabriele Gravina e Lorenzo Casini fino al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.

Tra curve e tribune è atteso il tutto esaurito. Saranno oltre 60mila gli spettatori presenti allo stadio, divisi equamente tra sostenitori nerazzurri e quelli della Viola. Circa 30mila biglietti sono stati messi a disposizione di ciascuno dei due club, con l’Olimpico che verrà “spezzato in due” all’altezza della linea del centro: la parte Nord dell’impianto – curva, distinti e metà delle due tribune – è stata riservata agli interisti, il lato Sud invece accoglierà i tifosi della Fiorentina. Rimangono top secret invece le scenografie organizzate dalle due curve: entrambe però sembrano avere in serbo uno spettacolo mozzafiato.

Argentina, vittoria in rimonta nel segno di Carboni. La Slovacchia travolge Figi

I padroni di casa scherzano col fuoco e rischiano grosso, ma alla fine riescono ad avere la meglio su un Uzbekistan che la mette sul piano fisico e resta in partita fino alla fine.

Gli asiatici colpiscono per primi nella sorpresa generale, complici i numerosi errori di una incerta difesa albiceleste che si fa sorprendere al 24’ da un sinistro di Makhamadjonov sul primo palo. La reazione argentina è veemente e il pari arriva nel giro di una manciata di minuti, merito di un colpo di testa di Veliz favorito da una papera di Boymurodov, che devia la conclusione nella propria porta. Superata la paura, l’albiceleste sale in cattedra sfruttando l’abilità e l’estro degli “italiani” Soulé e Carboni, entrambi titolari e tra i migliori in campo nei primi 45’ insieme ad Aguirre. A lanciare l’Argentina è il trequartista dell’Inter, bravo a firmare il raddoppio al 41’ su un’azione avviata dallo juventino (sostituito dopo un’ora dal laziale Romero) e rifinita dal terzino del Boca Valentin Barco. L’albiceleste soffre comunque la reazione uzbeka, che nella ripresa produce tre grandi occasioni per Kholdorkhonov e Abdurahmatov. La situazione migliora dopo i cambi di Mascherano, che abbassa il baricentro inserendo Redondo e portando a casa il successo che vale il provvisorio primo posto del gruppo A insieme alla Nuova Zelanda.

Tutto facile per la Slovacchia. Al Bicentenario di San Juan pratica risolta prima della mezzora di gioco contro Figi, che si arrende prima a Gazi (a segno di testa al 18’) e poi a Szolgai (raddoppio al 26’ con la complicità del portiere avversario Mustahib). Il trio offensivo formato Jambor, Sauer e Gazi fa il bello e cattivo tempo, con il primo che coglie anche un legno al 32’. Il monologo slovacco è riassunto bene dai 32 tiri effettuati contro i due degli avversari dopo 75’ di gioco, quando la squadra di Ondrik aveva già piazzato il poker con Jambor e un siluro di Gajdos. Decisive almeno quattro parate di Mustahib per evitare a Figi un passivo peggiore. La Slovacchia raggiunge così gli Usa in testa al gruppo B.

Inter, Zanetti incorona Lautaro: “Punto di riferimento, evoluzione impressionante”

Il vicepresidente nerazzurro esalta l’attaccante argentino che a suon di gol ha fatto innamorare il pubblico di San Siro

Lautaro Martinez è sempre più l’uomo imprescindibile per l’Inter di Simone Inzaghi, attaccante di razza che fa di corsa, tecnica e imprevedibilità i suoi punti di forza. Un vero e proprio riferimento per i nerazzurri, con lo stesso Javier Zanetti che ammette l’importanza del “Toro” per il gioco dell’Inter: “Per noi è un attaccante importante, di riferimento non solo per le sue caratteristiche. Da quando è arrivato ha avuto un’evoluzione impressionante”.

Il gol di Lautaro Martinez contro il Milan ha spedito l’Inter in finale di Champions League di Istanbul e Zanetti a Radio La Red ha incoronato l’attaccante: “È una sorpresa positiva per noi, perché oggi ha aggiunto tante alternative al suo modo di giocare.  È importante per noi, un punto di riferimento anche per la sua generosità e la sua dedizione”. “Per un attaccante non è mai facile adattarsi al calcio italiano, ma da quando è arrivato ha avuto un’evoluzione impressionante e ha fatto molto bene” ha detto Pupi Zanetti.

Un calciatore il cui peso in attacco non può di certo passare inosservato alle big per il mercato: “Non so quanto possa valere Lautaro, perché il mercato cambia ogni giorno. Di certo quando hai un giocatore forte come lui possono venirselo a prendere. Ma io sono tranquillo”. L’ex capitano nerazzurro ha anche parlato della sfida col Manchester City, finale di Champions i cui ricavi sono milionari, club in cui gioca anche un altro argentino: “Alvarez è un buon giocatore, oggi l’Argentina deve essere felice di avere due attaccanti come lui e Lautaro. Hanno caratteristiche diverse, ma possono giocare insieme e possono fare molto bene. Martinez può essere un punto di riferimento per noi e per la Seleccion”.

“In finale può succedere di tutto, perché le cose cambiano da un momento all’altro- ha detto a Radio La Red-. Per noi sarà un match importante, contro una grande squadra allenata da un grande allenatore come Guardiola. Incontrare una squadra inglese non fa differenza”. Parole, quelle di Zanetti, che rispondono alle dichiarazioni di Guardiola dopo il match vinto col Real Madrid. 

Guardiola esulta: “Col Real vittoria enorme. Ma un’italiana in finale non è il massimo…”

Il tecnico del Manchester City dopo il 4-0 al Real Madrid: “Ci siamo tolti dallo stomaco il dolore dell’anno scorso. Credo sia stata una delle nostre migliori prestazioni”

A fine partita Pep Guardiola abbraccia tutti i suoi ragazzi, uno per uno. Questo 4-0 in una gara stradominata dal suo Manchester City ha qualcosa di speciale e storico e che sa pure un po’ di vendetta per quanto accaduto nella scorsa stagione. Haaland e compagni volano in finale di Champions dove li attende l’Inter di Inzaghi. Ma per il tecnico spagnolo questo è il tempo di godersi questo spettacolare successo: “È giusto dire che sia stata una vittoria enorme, eravamo a nostro agio nel nostro stadio e penso avessimo sullo stomaco il dolore dello scorso anno. Lo abbiamo tirato fuori”.

Qualcuno già parla di partita perfetta. “Credo sia stata una delle nostre migliori prestazioni – continua Guardiola – io lo dico sempre, dobbiamo cercare di essere noi stessi. Oggi avevamo la sensazione di essere pronti. C’era una certa calma a livello mentale, non sentivo la tensione e l’ansia, anche da parte dei ragazzi”.

Il 10 giugno a Istanbul ci sarà l’Inter: “Una finale contro un’italiana non è mai il massimo, dobbiamo prepararci bene mentalmente. Ci sarà tempo per farlo”

Juve, Bonucci annuncia l’addio: “Tra un anno si chiuderà un’era…”

Il capitano Leonardo Bonucci bianconero anticipa la decisione nello speciale del club sulle sue 500 presenze: “Vivere questa maglia è stato come vivere per 12 anni in un sogno”

“Quando il prossimo anno smetterò di giocare si chiuderà un’era di difesa, di modo di interpretare la difesa all’italiana”. Il capitano della Juventus Leonardo Bonucci, 36 anni, in bianconero dal 2010 con la parentesi di un anno al Milan, annuncia così, tra le righe, la data scelta per l’addio: tra un anno, l’estate 2024. Sembra l’addio al calcio giocato: non lo sarà necessariamente, secondo quanto risulta, ma alla Juventus sì. Lo ha detto nello speciale che il club gli ha dedicato con una intervista in quattro spezzoni sul proprio canale Youtube per celebrare le sue 500 presenze con la maglia della Vecchia Signora.

La tempistica indicata da Bonucci non è una sorpresa in termini assoluti, alla luce anche del contratto che lo lega alla Juventus proprio fino alla fine della stagione 2023-24, quando avrà 37 anni, ma è la prima volta che lui stesso ne parla come di una decisione già assunta. “Da bambino quando rincorri il pallone hai il sogno di vestire una maglia come quella della Juve e riuscirci per 500 volte significa aver fatto la storia della Juve ed è una grande emozione”, ha aggiunto, lungo la carrellata attraverso 19 momenti (19 come il suo numero di maglia) che hanno segnato la sua storia con la Signora. “Vivere questa maglia è stato come vivere per 12 anni in un sogno e dentro di me c’è sempre quel bambino che è felice di scendere in campo perché era il suo sogno”.

L’allenatore della Juve Massimiliano Allegri aveva risposto a una domanda sul possibile ritiro di Bonucci nella conferenza stampa precedente alla partita con la Cremonese: “La fine della carriera spetta singolarmente a ognuno. Leo è un ragazzo intelligente e sceglierà per il suo futuro – aveva detto il tecnico livornese -. L’altro giorno ha raggiunto un traguardo storico e in pochi l’hanno fatto. Sono orgoglioso e contento di aver lavorato con lui per tanti anni, anche con battibecchi ma in questi anni è stato un giocatore straordinario.

Leao, il Milan ritrova il suo “caricabatterie”. Ecco come cambierà la squadra

Il rientro di Rafa per l’euroderby di ritorno è un’iniezione di fiducia non solo per i tifosi, ma anche per i compagni. Ribaltare l’esito della semifinale pochi giorni dopo aver risolto il nodo rinnovo, sarebbe una celebrazione perfetta

E’ sbucato fuori dagli spogliatoi alla sua maniera. Con quell’andatura ciondolante che pare sempre un po’ svagata, e che in effetti lo era, ma adesso – ormai da tempo – non lo è più. Ed è sbucato fuori col sorriso. Quello che Rafa Leao aveva perso dopo otto minuti di Milan-Lazio, al termine di una progressione che lo aveva tolto di scena a quattro giorni dal primo round con l’Inter. Sul Meazza era piombato un silenzio surreale e sulla faccia di Rafa un’espressione che non lasciava presagire nulla di buono. Alla fine è stata una via di mezzo: uno stop non lungo, ma sufficiente a saltare l’euroderby di andata dove il suo Milan, senza di lui, si è smarrito.

Ora sono tornati sorriso e voglia di scherzare. Rafa, nel quarto d’ora di rifinitura aperta alla stampa, è come se avesse voluto utilizzare i media per spedire subito un messaggio forte e chiaro all’esterno: stavolta ci sarò, sono carico e pure di ottimo umore. Ha corso, ha allungato, ha calciato, ha palleggiato esibendosi in numeri da freestyle e ha partecipato al torello scherzando con i compagni. Soprattutto, senza mostrare il minimo problema fisico. Si chiude così la Grande Attesa, che in realtà c’era stata già all’andata ma resa poi vana dall’ultimo provino il giorno stesso della partita.

Nel primo match in effetti le avversità sono state notevoli e il ritorno di Rafa è una sorta di epifania, il top player della squadra che torna a mostrarsi. Un vero e proprio boosting, un’iniezione di fiducia e adrenalina per tutto il mondo rossonero. La riflessione, diffusa, della gente milanista dopo la gara di andata, è stata quella di non essersela giocata alla pari, senza Rafa. Ora è tutto in salita, ma con lui sarà tutta un’altra storia è invece la considerazione di questa vigilia. Il suo rientro galvanizza i tifosi ma mette di ottimo umore anche i compagni. Nessuno lo dirà mai, ma quando a Milanello hanno iniziato a capire che Rafa nel secondo round ci sarebbe stato, si è diffusa una certa euforia.

Juve, quanto ti costa questo Pogba: 65mila euro al minuto

L’ingaggio più alto della rosa, soli 161 minuti in campo: viaggio nei conti di un colpo che tanto colpo (finora) non è stato

Col risultato che la Juve ha finito per riportarsi in cortile un giocatore di 29 anni (ora 30) da otto milioni di euro netti di ingaggio (10, 48 al lordo) più due di bonus, garantiti (senza clausole “intermedie”) per quattro anni, quindi fino a giugno 2026. E ancora che col Decreto Crescita il club bianconero ha potuto giovarsi di qualche sconto.

Con il suo attuale ingaggio, Pogba sta costando alla Juve circa 65mila euro per ogni minuto trascorso sul terreno di gioco, avendone totalizzati in campo 161 in tutta la stagione, spezzettati in 11 apparizioni. E difficilmente il rapporto economico potrà in qualche modo riequilibrarsi a breve, visto il nuovo infortunio di cui è rimasto vittima e le scarse possibilità che il giocatore accetti volontariamente una riduzione dell’ingaggio.

Un intervento chirurgico al menisco, una lesione agli adduttori della coscia sinistra, ora un’altra lesione al retto femorale della coscia sinistra, il tutto condito da normali fastidi (e relativi stop&go) da lunga inattività e contestuale progressiva ripresa: il sintesi la stagione di Pogba è stata scandita da brutte più che da buone notizie. E al primo vero segnale incoraggiante – ossia la prima maglia titolare, contro la Cremonese -, di nuovo un infortunio ha riacceso tutti i segnali d’allarme possibili e immaginabili. Così per Pogba è finita a metà maggio la stagione del debutto bis in maglia bianconera, con un triste bilancio da 108 minuti in 6 spezzoni di gara in serie A sulle 35 fin qui disputate, 42 minuti in Europa League (4 spezzoni in 7 gare) e 11 minuti nell’unica apparizione (su 4 partite) in coppa Italia. Totale minuti stagionali, si diceva, 161.

Lo United, in totale, spese 105 milioni più altri cinque di bonus per Pogba. Mentre nel luglio scorso tornò alla Juve a parametro zero. Ma anche con un ingaggio sontuoso, e qui sta ora il nocciolo del problema, considerati apporto e rendimento in campo del giocatore, ben lontani dai 10 gol fra Serie A e coppe che l’ex campione del mondo firmò in ciascuna delle ultime due stagioni vissute a Torino.

Lukaku torna Big Rom e pensa al Milan: “Quanto vorrei giocare martedì…”

Il belga sempre più in palla è decisivo contro il Sassuolo: “La prima rete come quelle di Adriano?

La lunga rincorsa di Romelu Lukaku sembra architettata alla perfezione per arrivare alle fasi decisive della stagione nella più smagliante forma possibile.

Sette gol e quattro assist in campionato da inizio febbraio a oggi – nessuno come lui e Lautaro Martinez nel periodo – a cui Big Rom ha aggiunto il rigore delle polemiche alla Juventus in Coppa Italia e le reti fondamentali rifilate a Porto e Benfica in Champions League. Ed è senza dubbio un bel modo per festeggiare il trentesimo compleanno: due splendidi gol e il titolo di migliore in campo indiscusso.

Una rosa con Lukaku a disposizione non è minimamente paragonabile alla versione “limitata” a due punte segnanti. Perché se per la prima metà di stagione Lautaro Martinez ed Edin Dzeko hanno tirato la carretta con una produzione di reti eccezionale, i due attaccanti sempre presenti hanno sofferto un fisiologico e contemporaneo calo di efficacia che ha contribuito alla crisi di fine inverno-inizio primavera. Big Rom non è riuscito a intervenire con il tempismo perfetto, ma proprio in tempo di magra ha firmato gli ottavi di finale contro il Porto e ha fatto ricorso alla sua specializzazione in rigoristica per prendere la rincorsa. Ora però la metamorfosi sembra completa, perché anche contro il Sassuolo il centravanti di proprietà del Chelsea ha lottato, ha catalizzato l’attenzione dei difensori e ha rovinato la serata di Ruan Tressoldi, scherzandolo sul primo gol prima del siluro sotto l’incrocio e facendolo piombare in un’ora fantozziana. Lukaku forse non è ancora nella migliore versione di se stesso, ma i palloni persi e gli sprechi si stanno riducendo di uscita in uscita. Mentalmente, non esce mai dal match: anche negli impanicati minuti finali di Inter-Sassuolo, con il Giuseppe Meazza quasi pronto ad assistere una rimonta in stile Istanbul, ha messo le sue qualità al servizio della squadra e forzato la fine del match con la doppietta completata all’89’ in progressione, sintomo di salute. Perché, dopo tutto, se deve pensare alla città più famosa della Turchia e al suo Ataturk, preferisce farlo riferendosi al prossimo futuro e non al passato di inizio millennio.