Tomori sulle montagne russe

Alti e bassi d’umore e di campo. Le ultime 48 ore di Fikayo Tomori sono state movimentate, difficili, da montagne russe. Venerdì Southgate l’ha escluso dalle convocazioni per il Mondiale. Tomori ci credeva, e per consolarsi non gli è certamente bastata la proposta da 250mila sterline di un portale a luci rosse, che lo voleva in veste di commentatore… Fik è un tipo serio, ha vinto uno scudetto da protagonista tenendo alta la retroguardia rossonera. Baluardo difensivo affidabile. E invece no, niente Qatar. Domenica si è riscattato contro la Fiorentina però, anche lì dopo un match da montagne russe. Alti e bassi. Su e giù. Da due mesi va così.

Se il Milan ha portato a casa i tre punti lo deve a Tomori. Prima un intervento al limite, tackle su Ikoné per evitare il gol. Niente rigore però, Milan salvo. Infine, sull’1-1, un salvataggio sulla linea da Pallone d’Oro della difesa. Tomori, con Tatarusanu battuto, ha messo il piedone destro tenendo in piedi il risultato. Il portiere romeno era spacciato, battuto, ma l’inglese ha tenuto a galla il Milan, vittorioso a due minuti dal gong grazie a un’autorete di Milenkovic. Quando gli hanno chiesto del salvataggio sulla linea ha risposto che è stato “puro istinto”, sottolineando che il Milan ha meritato di vincere. E che la corsa sul Napoli continuerà nel 2023.

L’esclusione dal Mondiale è stata uno schiaffo in pieno volto. Una di quelle mazzate a cui devi abituarti senza pensarci più di tanto: “Devo continuare a lavorare per alzare il mio livello e tornare in nazionale. Sono deluso, lo ammetto, ma posso solo continuare a fare bene”. Come domenica del resto, partita da 7 nell’ultima vittoria dell’anno, prima di fermarsi un po’ e ripartire con gli occhi della tigre. Va detto: dopo lo scudetto, gli ultimi mesi di Tomori non sono stati da applausi. Qualche errore, un paio di marcature sbagliate, qualche 5 in pagella. Soprattutto nelle due sfide di Champions contro il Chelsea. Tomori, però, non si è mai arreso e mai lo farà. Cinque anni fa giocava in Championship, tre stagioni di fila tra Brighton, Hull e soprattutto Derby County, 55 partite e due reti. Il tempo l’ha reso un centrale affidabile, riscattato dal Milan per 28 milioni. Dopo un paio di mesi sulle montagne russe è arrivato il momento di scendere. Nel 2023 sarà un altro Fik.

Scocca l’ora di Thiaw: così ha conquistato Pioli e il Milan

Uno dei nuovi sta provando a emergere. Si è staccato dal gruppetto e punta a farsi notare. Si chiama Malick Thiaw, gioca in difesa e fin qui se l’è cavata bene. Tre presenze in Serie A, solo una da titolare, ma tutte positive. Contro il Verona ha cambiato il suo destino con un paio di “stoppate”. Il tedesco si è immolato su alcune conclusioni salvando il risultato. Lì Pioli l’ha elogiato, tant’è che alla prima occasione utile gli ha regalato l’esordio dal 1’ contro la Cremonese. Un’ora da 6,5. Oggi, contro la Fiorentina, Thiaw potrebbe anche partire di nuovo dall’inizio, a dimostrazione che dal gruppetto del mercato qualcosa si può pescare.

Il suo percorso ricorda quello di Kalulu. Il francese, preso dal Lione nell’indifferenza generale, è diventato affidabile con il tempo. Qualche giorno fa ha rinnovato fino al 2027. Thiaw può prendere spunto. Prima di debuttare contro il Verona è stato in panchina per cinque partite di fila, escluso dalla lista Champions e mai impiegato. Pioli l’ha buttato nella mischia al Bentegodi e lui ha giocato con gli occhi della tigre. “Questo ragazzo ha personalità”, avrà pensato il mister. Uno che di solito dà fiducia ai giovani e li aspetta: vedi Leao, Saelemaekers, Tonali, Kalulu. Nonostante le sole tre partite, quindi, il giudizio su Thiaw è positivo. De Ketelaere deve ancora ambientarsi, Dest ha giocato poco e male, Vranckx è sceso in campo solo mezz’ora in tre partite, mentre Origi – nonostante il gol al Monza – è ancora in ombra. L’ultimo è Yacine Adli, protagonista di un bel precampionato mai quasi mai impiegato da Pioli. Dovrebbe andar via a gennaio.

“Milan dei meravigliosi”: il podcast sulla storia rossonera

Nella settimana di uscita del docufilm “Stavamo bene insieme” che celebra le vincenti notti milaniste in Champions League nel periodo tra il 2003 e il 2007, StarCasinò Sport, Official Partner di AC Milan, lancia tre episodi del podcast “La Storia del Milan raccontata da Carlo Pellegatti”. 

Celebrando il Milan dei Meravigliosi, nelle puntate disponibili ora su Spotify e sui principali digital store, il famoso giornalista di fede rossonera racconta con minuzia di particolari proprio quelle magiche stagioni del Club di Via Turati, salito due volte sul tetto d’Europa. Vittorie raggiunte grazie a fenomeni come Shevchenko, Dida, Rivaldo e Maldini guidati dalle sapienti mani di Carlo Ancelotti. 

L’elemento che più ha caratterizzato quegli anni è stato il famoso dietro le quinte del calciomercato, che vedeva Silvio Berlusconi e Adriano Galliani protagonisti nelle più accese trattative per l’acquisto dei giocatori. Andrea Pirlo, Filippo Inzaghi, Alessandro Nesta e Clarence Seedorf sono solo alcuni dei calciatori entrati in squadra in quel periodo, pilastri del gruppo vincente che ha alzato al cielo due Champions League, nel 2003 e nel 2007. Anni meravigliosi che hanno contribuito a rafforzare la fratellanza e l’amicizia che da sempre contraddistingue la famiglia rossonera. Valori comuni che hanno permesso di raggiungere questi obiettivi e risultati ancora oggi memorabili e indimenticabili. 

Non si tratta dell’unica vittoria europea di quel magico gruppo: quattro anni prima, al “Teatro dei Sogni” di Manchester, il primo Milan di Carlo Ancelotti ha vinto la sua sesta Champions League in finale contro gli storici rivali della Juventus. La sfida si è conclusa ai rigori, con il decisivo battuto dall’ucraino Andrij Shevchenko davanti a oltre 62.000 spettatori. Un indimenticabile momento che Pellegatti associa a una scena clou del famoso film “Il buono, il brutto e il cattivo”.

Minacce social a Masiello: non tornare a Bari. E il Sudtirol non lo convoca

Per il difensore sarebbe stata la prima volta al San Nicola 11 anni dopo l’autogol nel derby pugliese contro il Lecce: non prenderà parte alla partita di Serie B.

Non ci sarà nessun ritorno, per evitare spiacevoli episodi e per non rievocare un passato scomodo. Andrea Masiello non prenderà parte alla trasferta di campionato, in Serie B, in casa del Bari. Il Sudtirol ha infatti deciso di non convocare il difensore dopo diversi giorni in cui i tifosi biancorossi hanno lasciato trasparire una certa “attesa”, con insulti e minacce sui social network dirette proprio al 36enne. Il 15 maggio del 2011, infatti, Masiello fu protagonista di un rocambolesco quanto incredibile autogol durante il derby contro il Lecce, episodio che divenne poi centrale nel successivo scandalo legato al calcioscommesse.

I MOTIVI—   La tensione per Bari-Sudtirol rischiava di essere insostenibile per il giocatore e per la squadra e, dopo che anche le autorità hanno manifestato preoccupazione per motivi di ordine pubblico, il club biancorosso ha preferito risparmiare al calciatore (e a sé) una partita ad alto rischio. Nella giornata di venerdì la decisione sarà ufficializzata e spiegata in conferenza stampa dal direttore sportivo Paolo Bravo, che affiancherà l’allenatore Pierpaolo Bisoli. Va ricordato che il Sudtirol non è la prima squadra in cui milita Masiello dopo la fine della squalifica di due anni e 5 mesi – ha giocato infatti con Atalanta e Genoa -, ma mai il 36enne si era trovato ad affrontare una trasferta a Bari, nello stadio dove 11 anni fa il Lecce vinceva per un episodio che ora in tanti – lui compreso – vorrebbero dimenticare.

Juve, Allegri chiude la difesa con il muro tutto brasiliano

La difesa a tre con Danilo, Bremer e Alex Sandro è quella che fino ad ora ha dato le migliori garanzie. A costo del sacrificio di Bonucci e del limitato minutaggio dato a Gatti e Rugani.

Dalla BBC made in Italy al nuovo muro brasiliano. La Juve cambia pelle e si affida sempre di più al trio difensivo a tinte verdeoro, prossimo alla spedizione mondiale in Qatar con ambizioni da finalissima. L’approdo in bianconero di Bremer ha incrociato la leadership crescente di Danilo ma anche gli ultimi passi all’ombra della Mole di Alex Sandro: per questo non c’è futuro per il pacchetto inedito, ma il presente è piuttosto solido e può giungere spedito fino al termine della stagione. Ad oggi, la DBS è la soluzione preferita di Allegri, che ha spesso relegato in panchina Bonucci nella prima parte di stagione e concesso meno spazio agli altri due centrali in rosa: Gatti e Rugani.

Il nuovo che avanza è Bremer, acquistato l’estate scorsa per 50 milioni complessivi (bonus compresi) e pensato al centro del reparto bianconero per diversi anni. Gleison ha preso il posto di De Ligt, ma per caratteristiche è un po’ Chiellini e un po’ Bonucci, considerato che ha grandi qualità sulla marcatura dell’uomo e rende meglio da perno centrale della difesa a tre. In coppia con Bonucci, in avvio di campionato, sembrava essere meno a suo agio, Allegri – quando può – lo mette nelle condizioni di esprimersi meglio tra i due connazionali, con i quali riesce anche a comunicare più facilmente nei momenti delicati della gara. Da inizio stagione è cresciuto molto, la chiamata dal Brasile di Tite per il mondiale è la naturale conseguenza di un lavoro fatto bene.

Volpato, cuore azzurro: dice no al Mondiale con l’Australia per aspettare l’Italia

Cristian Volpato ha giurato fedeltà alle sue origini. Il gioiellino della Roma, assistito da Francesco Totti e lanciato nel calcio dei grandi da José Mourinho durante la scorsa stagione, ha rinunciato alla possibilità di volare in Qatar e giocare il Mondiale con l’Australia (Paese dove è nato e cresciuto). Il motivo? Semplice, inseguire il sogno di diventare grande con la maglia azzurra.

Il diciottenne – compirà 19 anni tra una settimana – ha già esordito con l’Italia. Volpato ha prima attirato le attenzioni del c.t. dell’Under 19 (è stato convocato per gli Europei di categoria) poi si è guadagnato la chiamata in Under 20. Una cammino che non ha impedito a Graham James Arnold, commissario tecnico dell’Australia, di inserirlo nella lista dei convocati per il Qatar. La scelta di Arnold ha riempito d’orgoglio il talento nato a Camperdown, ma non ha fatto vacillare le sue convinzioni. Cristian infatti ha scelto di rifiutare l’opportunità arrivata dal suo continente d’origine. L’intenzione del talento romanista è quella di convincere Roberto Mancini, per proseguire un naturale percorso di crescita e ripagare la federazione italiana che – fin dal suo arrivo nel Bel Paese – ha puntato su di lui.

A rivelare la scelta di Volpato è stato lo stesso Arnold in conferenza stampa: “Fino alle 23 di ieri notte stavo cercando di convincerlo a essere della squadra – ha spiegato il c.t. australiano – non è stata una mia decisione. Ho parlato con Cristian tre volte. E prima gli avevo parlato altre volte. Ieri gli ho detto che era tra i 26 convocati per il Mondiale. Lui mi ha risposto che ci voleva pensare e parlare con le persone a lui vicine per capire cosa fosse meglio per la sua carriera. Più tardi ha deciso di declinare la mia offerta. È stata una sua decisione, adesso preferisco concentrarmi sui ragazzi che abbiamo e ai giovani che arriveranno. Cristian non ha voluto prendere una decisione così grande e va bene così”.

Per Volpato l’opportunità di tornare a mettersi in mostra con la maglia giallorossa potrebbe arrivare già domani a Reggio Emilia. L’infortunio di Lorenzo Pellegrini costringerà Mourinho a fare a meno del suo capitano contro il Sassuolo: a sostituire il numero 7 potrebbe essere proprio lui.

Serie A: Juventus-Inter 2-0, Rabiot e Fagioli decidono il derby d’Italia

I bianconeri trionfano con due gol nella ripresa e sorpassano i nerazzurri in classifica

La Juventus batte l’Inter 2-0, si aggiudica il derby d’Italia e sorpassa i nerazzurri in classifica (25 punti contro 24). Dopo un primo tempo equilibrato e con poche emozioni, in cui l’Inter ha le migliori occasioni con Dzeko e Dumfries, la gara si accende nella ripresa. Al 47′ Szczesny si salva in angolo con l’aiuto della traversa su Calhanoglu, poi al 52′ in contropiede Kostic serve Rabiot che apre il piatto e batte Onana. Il Var annulla il raddoppio di Danilo (fallo di mano) al 63′ e Lautaro si fa ipnotizzare dal portiere polacco (74′). Due minuti e Onana manda sul palo il sinistro di Kostic. Il serbo, il migliore in campo, regala a Fagioli l’assist del 2-0 (conclusione deviata da Gosens).

La Juve conquista la quarta vittoria di fila, si conferma impenetrabile in difesa e con ogni probabilità fa fuori l’Inter dal discorso scudetto. La squadra di Inzaghi interrompe una striscia di 4 vittorie di fila, colleziona la quinta sconfitta in campionato e conferma una grande fragilità negli scontri diretti, dove ha rimediato solo sonore batoste. In più la difesa lontano da San Siro si trasforma in un gruviera pieno di buchi, tutti fattori negativi che di fatto tolgono i nerazzurri (precipitati a -11 dal Napoli capolista) dalla corsa per il titolo. Anzi, di questo passo pare davvero complicato persino sperare in un posto nelle prime 4. I bianconeri, al contrario, danno una grande risposta in piena emergenza e ancora una volta mostrano il talento di Fagioli, al secondo gol nel giro di soli 7 giorni. La squadra di Allegri ritrova un grande cinismo (gol di Rabiot al primo tiro in porta) e continua a far punti, anche se il gioco di certo non incanta e il primo comandamento è non prenderle. Da incorniciare la prova di Kostic, autore di due assist (più quello per il gol annullato di Danilo) e di un clamoroso palo. Da festeggiare il ritorno di Chiesa in Serie A dopo 301 giorni. Napoli e Milan paiono di un’altra categoria, ma con la squadra al completo dopo la sosta la Juve può dare fastidio a tutti.

Bunker Juve: solo 7 reti subite. La difesa è la migliore del campionato

Il reparto arretrato bianconero è il meno perforato della serie A. Nonostante la profonda rivoluzione estiva e gli infortuni che non hanno risparmiato il reparto

La miglior difesa è l’attacco. Un proverbio che ha il suo perché, ma non in casa Juve. Dove l’attacco ha realizzato 18 gol e si piazza al sesto posto in A per capacità realizzative, al pari dell’Atalanta, mentre la difesa risulta ad oggi la vera forza della squadra: nessun club di serie A ha finora subito meno gol delle attuali sette reti bianconere.

Il manifesto dell’inossidabile credo di Max Allegri, da sempre sostenitore che le fortune di una squadra dipendano dalla sua imbattibilità difensiva.

Così, in una stagione minata da una raffica di infortuni che non hanno risparmiato il reparto difensivo – da Szczesny a Bremer, passando per De Sciglio – e da risultati globalmente negativi (la capolista Napoli dista 10 punti e la qualificazione agli ottavi di Champions è già un obiettivo mancato), il dato della miglior difesa sembra quasi un paradosso, e spicca nell’opaco panorama stagionale fatto più di delusioni che da momenti di gloria, alimentando autostima e pensieri positivi in direzione dei prossimi impegni stagionali.

Anche perché – altro paradosso – il reparto arretrato bianconero era stato pesantemente ritoccato nel mercato estivo, dopo l’addio di Chiellini e di De Ligt e gli innesti di Gatti e Bremer. Lasciando irrisolto per esaurimento scorte il problema della fascia sinistra, con il rinnovo della fiducia ad Alex Sandro obbligato più da mancanza di alternative che da autentica convinzione. Insomma, a inizio stagione il reparto difensivo sembrava bisognoso quantomeno di un periodo di rodaggio, se non di qualche ulteriore ritocco. E invece ha tenuto, evidentemente anche grazie alla copertura che ha saputo offrirgli il centrocampo.

Da Maldini Jr a Caldara e… Kiwior: quanti incroci in Milan-Spezia

Milan-Spezia è un gioco di incroci, ricordi, intrecci del destino, ma anche di volti conosciuti e altri da studiare a fari spenti, in silenzio, in vista del mercato. Maldini e Massara, ad esempio, hanno adocchiato Jakub Kiwior, il polacco che ha stregato mezza Serie A. Centrale di un metro e 90 bravo tecnicamente e in marcatura. L’anno scorso ha fatto il play, ma Gotti l’ha riportato al suo vecchio e unico amore: la difesa.

Gotti, sì, chissà se Pioli lo ricorda. Nel 2008, in Serie B, lo affrontò per la prima volta in un Treviso-Piacenza che sembra uscito da un’altra vita. Forse lo era. Tra i biancocelesti, oggi in Eccellenza, c’erano Beghetto, Cordaz e Roberto D’Aversa, mentre Pioli aveva il Ninja Nainggolan. Quel giorno Gotti vinse 3-2, l’unica sconfitta in cinque confronti. Sabato, a San Siro, pronti per il sesto atto della sfida. Alla Scala tornerà Mattia Caldara, in prestito allo Spezia dopo un’annata positiva con il Venezia, finalmente titolare dopo anni di calvario. L’ex enfant prodige dell’Atalanta, però, fin qui ha giocato solo 7 partite (nelle ultime due è rimasto in panchina). A San Siro non dovrebbe giocare. Al suo posto il solito Kiwior, nel mirino del Milan, che però per lui non ha mai davvero affondato il colpo. Preso dallo Zilina l’estate scorsa, il polacco ha giocato tutte le partite (12). E ora c’è l’occasione per vedere come se la cava contro Giroud, reduce dai due gol in Champions.

A La Spezia c’è anche Daniel Maldini, mandato in prestito per avere spazio e staccarsi un po’ dal mondo Milan, crescere ad solo. Lì dove ha segnato il primo gol tra i pro’ con la maglia del Milan, mandando avanti la dinastia: da sessant’anni c’è un Maldini che segna e vince in Serie A. Fin qui l’avventura ligure sta andando così così: dopo il gol al debutto in Coppa Italia, Maldini è rimasto fermo ai box per un infortunio e poi ha ripreso a giocare (3 presenze, 71’). Un altro incrocio riguarda Pobega, a La Spezia nel 2020-21, la prima annata in Serie A dopo i prestiti a Terni e Pordenone. Venti presenze, 6 gol, un’ottima impressione prima dell’avventura al Torino, fondamentale per rientrare alla base. Pobega a La Spezia deve tutto. Lì ha scoperto la Serie A. Chissà se sarà così anche per Maldini junior.

L’impresa dell’Inter di Stramaccioni: la prima a vincere allo Stadium

Il 3 novembre del 2012 i nerazzurri condannarono la Juve al primo k.o. assoluto nel nuovo impianto, ponendo fine a una striscia positiva di 49 partite

L’Inter che andò a Torino a sfidare quella Juve imbattuta da 49 incontri era una squadra affamata e spinta non solo da una forte motivazione. In quell’Inter c’erano anche dosi massicce di sicurezza e convinzione acquisite giorno dopo giorno, fino ad accumulare un’imbattibilità di otto partite (che sarebbero poi diventate 10 firmando il nuovo primato per un tecnico nerazzurro). Tra i protagonisti di quell’impresa, confezionata grazie a una ripresa coi fiocchi, c’è ancora un “reduce”, vale a dire Handanovic, che quel giorno prese gol (da Vidal) dopo nemmeno 1’. Un inizio da incubo, peraltro viziato da un fuorigioco non segnalato ad Asamoah, a cui però i nerazzurri risposero sfoderando una prova di carattere, merito anche delle mosse di Strama. La sveglia e soprattutto le mosse del tecnico romano mutarono drasticamente le sorti della sfida a favore dei nerazzurri, complice anche la furia del Principe Milito: l’argentino ribaltò il risultato tra il 58’ e il 75’, prima conquistandosi e realizzando un rigore, poi sfruttando un tiro respinto di Guarin (inserito sei minuti prima al posto di Cassano). L’ingresso del colombiano e gli accorgimenti tattici di Strama stravolsero gli equilibri in campo. Poi, una manciata di minuti prima del fischio finale, arrivò anche la zampata di Palacio per suggellare un’impresa che rilanciava prepotentemente le ambizioni nerazzurre in chiave scudetto, con un’Inter seconda proprio dietro ai bianconeri di Antonio Conte. Ma qualcosa andò storto. Qualche sconfitta di troppo (sei nelle successive 14 giornate) e i numerosi infortuni di inizio anno fecero scivolare i nerazzurri fino al 9° posto finale segnando anche il destino di Stramaccioni.