Danilo via, la fascia di capitano torna sul braccio di un italiano: le nuove gerarchie

Fino a ora, in assenza del brasiliano, si erano alternati Gatti, Bremer, Cambiaso e Locatelli. Ma appare evidente che a questo punto serve una graduatoria più chiara per rispetto della tradizione

Con l’uscita di scena di Danilo si è riaperta in casa Juve la questione capitano. L’erede del brasiliano sarà il numero 26 della storia bianconera: il primo dell’era Thiago Motta e dunque del nuovo ciclo che il club ha avviato l’estate scorsa. Fino a ora, in assenza del capitano titolare, la fascia è circolata sul braccio di Gatti, Bremer, Cambiaso e Locatelli, ma appare evidente che a questo punto serva una gerarchia più chiara per rispetto della tradizione.

Da un po’ di tempo a questa parte Locatelli ha tenuto la fascia. Thiago Motta ha spiegato di averlo premiato per come ha risposto alle difficoltà, senza mancare mai nell’impegno e nella costanza in allenamento: anche nel periodo in cui sembrava aver perso il posto da titolare. Un modo di fare positivo che lo spinge davanti agli altri nella corsa all’assegnazione della fascia, che tornerebbe così al braccio di un calciatore italiano (Danilo era stato il primo straniero dell’era moderna). Locatelli è anche tra i giocatori con più anni di Juve alle spalle e con più presenze.

Nelle ultime settimane più volte è cambiato invece il vice capitano, alimentando le ambizioni di molti altri: anche di chi alla Juve è appena arrivato e di conseguenza ha meno presenze. Il giocatore che dovrebbe seguire nelle gerarchie Locatelli pare essere Cambiaso, ma nell’ultimo periodo nel ruolo di vice si sono alternati anche Di Gregorio e Koopmeiners. Appare chiaro, insomma, che il gruppo sia alla ricerca di equilibrio ma che non manchino a questo i potenziali nuovi leader: tra gli obiettivi principali del club c’è il consolidamento di uno zoccolo duro che possa rafforzarsi nel tempo per crescere insieme e puntare a vincere tanto.

Milik si ferma ancora, la Juve accelera per Zirkzee: i dettagli

Il polacco era vicino al rientro ma deve fermarsi per problemi al polpaccio, nel frattempo l’ex pupillo di Motta allo United non si è ambientato. Sullo sfondo le alternative Kolo Muani e Schick

Non bastavano la bruciatura per la Supercoppa e il calendario di fuoco di gennaio, con 6 partite in 19 giorni. La Juventus è costretta a fare i conti con nuovo infortunio di Arek Milik, ko al polpaccio proprio quando il rientro in gruppo sembrava avvicinarsi. Tutti motivi che spingono il direttore tecnico Cristiano Giuntoli a correre ai ripari per andare in soccorso di Thiago Motta nel più breve tempo possibile. Alla Continassa hanno progettato almeno tre colpi per gennaio (due difensori e un attaccante) e già la prossima settimana proveranno a stringere per almeno due rinforzi. Giuntoli, rientrato ieri sera dall’Arabia Saudita insieme alla squadra, proverà ad accelerare per David Hancko (Feyenoord) in difesa e per il prestito di Joshua Zirkzee (Manchester United) in avanti. Il jolly slovacco e l’olandese sono i primi della lista e i bianconeri vogliono effettuare un tentativo concreto per entrambi prima di dover eventualmente virare sulle alternative. 

Zirkzee? Siamo alla finestra”, ha detto Giuntoli a Riad. I contatti con l’entourage dell’olandese, lo stesso di Douglas Luiz, vanno avanti da due mesi. L’ex Bologna in Premier non si è ambientato e le tante panchine lo hanno intristito. Nemmeno il cambio di allenatore – Amorim ha sostituito Ten Hag – ha modificato la situazione, anzi… Zirkzee vuole riunirsi a Thiago Motta e il tecnico italo-brasiliano non vede l’ora di riabbracciare il suo pupillo. Di mezzo c’è il Manchester United, che per il momento ha aperto all’addio dell’ex rossoblù ma non ancora al prestito libero o con diritto di riscatto. La Juventus insiste e Giuntoli all’inizio della prossima settimana è pronto a effettuare un tentativo più concreto con i Red Devils. Gli inglesi hanno investito una quarantina di milioni appena sei mesi fa per Zirkzee, ma Amorim vuole rivoluzionare l’attacco e l’olandese sarà il primo dei sacrificati. Il nuovo infortunio di Milik, assente da giugno, ha convinto Giuntoli ad anticipare i tempi del primo assalto. Se basterà, si capirà nei prossimi giorni.

Thuram, zero rischi: nelle prossime ore farà (forse) gli esami, ma la finale si allontana

Il francese sostituito all’intervallo di Inter-Atalanta: le possibilità di vederlo in campo al momento sono ben poche

Valutazioni in corso, e una certezza: neanche il minimo rischio verrà corso, anche a costo di giocare la finale di Supercoppa senza il capocannoniere di Serie A. Il giorno dopo l’affaticamento all’adduttore che ha fermato Marcus Thuram dopo 45’, il francese è il grande punto interrrogativo in casa Inter nel ritiro di Riad: Marcus ha bisogno di riposo e il tempo stringe visto che si torna in campo già lunedì, ma tra stasera e domani si deciderà se fare degli esami strutturali con lo staff medico che accompagna la squadra qui in Arabia Saudita. A quel punto si capiranno le sue reali possibilità di recupero, non troppe, ma comunque lo staff aspetta le prossime ore con intatta fiducia.

Nel caso, è comunque pronto Mehdi Taremi a fare coppia con Lautaro: se l’argentino deve rifarsi dopo una serataccia di sprechi contro l’Atalanta, l’iraniano non ha ancora fatto clic con i nerazzurri. E attenzione pure all’opzione Correa, dato particolarmente in palla negli ultimi allenamenti. Il primo obiettivo di Inzaghi è tentare la strada Thuram, ma senza che questo possa in nessun modo pregiudicare il suo percorso in campionato, visto che di ritorno dall’Arabia, in 10 giorni dal 12 al 22, ci sono 4 partite decisive: in mezzo alle trasferte di Venezia e Praga in Champions, quelle in casa contro Bologna ed Empoli.

Milan, non c’è solo Trincao: Pepê del Porto si offre. E occhio a Samu Costa.

La società cerca un’ala: sale l’ex Barça ora allo Sporting. A centrocampo piace il mastino del Maiorca

Sergio Conceiçao, almeno di facciata, ha scelto la prudenza. “Voglio conoscere bene la squadra, non solo i grandi ma anche Milan Futuro. Non è giusto parlare di mercato perché non conosco bene tutti, soprattutto i giovani”. Diplomazia portoghese. Dietro le quinte, però, gli uomini mercato rossoneri sono già al lavoro per cercare di regalare al nuovo tecnico rinforzi utili e graditi. Da Fonseca a Conceiçao, la priorità dovrebbe restare un esterno alto, meglio se a destra, in special modo ora che Chukwueze è fermo ai box. Ad Akliouche del Monaco e Leweling dello Stoccarda, nella lista dei candidati si è aggiunto Francisco Trincao dello Sporting. Scuderia Jorge Mendes, come il nuovo allenatore. 

Lo Sporting non se ne vorrebbe privare a gennaio, ma dopo i fallimenti con Barcellona e Wolves, l’ala classe 1999 ha molta voglia di rilanciarsi in un grande club come il Milan, per dimostrare di non essere una stella solo da campionato portoghese. E la longa manus di Mendes può aiutare in caso di trattativa, così come la situazione contrattuale di Trincao, in scadenza nel 2026. I biancoverdi lo comprarono dal Barça nel 2023 pagandolo 7 milioni di euro, dopo i 3 spesi l’anno prima per il prestito. Quanto può costare oggi Trincao? Non più di 25 milioni, nonostante stia disputando una stagione eccellente (6 gol e 11 assist tra campionato e coppe). 

Dal Portogallo arriva pure un’altra candidatura: è quella di Pepê, pupillo di Conceiçao al Porto, che al Milan verrebbe di corsa. Brasiliano, ma con passaporto italiano (dettaglio fondamentale, dato che il Diavolo non ha più posti per gli extracomunitari), a 27 anni vorrebbe misurarsi in un campionato importante e ha già mandato segnali. Il suo pregio? La versatilità. Gioca praticamente in ogni ruolo davanti (ala a sinistra e a destra, trequartista, seconda punta) e addirittura terzino. Il Porto, però, è bottega cara e il Milan ne sa qualcosa, essendosi scottato già nell’estate 2023 con Taremi. E al momento tra i due club non ci sono stati ancora contatti per Pepê.

Dani Olmo non è più un giocatore del Barça. Che però promette novità entro venerdì

Respinto anche l’ultimo tentativo di tesseramento, ora i catalani rischiano di perderlo (e con lui Pau Victor) a zero, dovendo poi pagare pure i due contratti pluriennali e 60 milioni al Lipsia

Dani Olmo e Pau Victor, i due acquisti estivi del Barcellona, non sono più iscritti in Liga come giocatori del club catalano. La notizia, clamorosa, apre il 2025 del calcio spagnolo. Ed è l’unica certezza in una situazione caotica e assai complessa. Il Barcellona spera ancora di poter re-iscrivere Olmo e Victor e per questo ha chiesto una nuova licenza alla Federcalcio con risposta attesa il 3 gennaio, ma la Federazione dipende dalla Liga e dall’organismo presieduto da Javier Tebas si mostrano inflessibili.

Per il Barcellona al momento c’è un danno d’immagine imbarazzante, e potenzialmente c’è in ballo un danno economico colossale: Olmo e Victor se non dovessero essere iscritti saranno liberi di firmare gratuitamente con un altro club, col Barça costretto a pagare tutti i soldi dei loro contratti pluriennali e per quanto riguarda Dani Olmo anche ciò che resta da sborsare dei 60 milioni di euro promessi al Lipsia.

Per capire come si è arrivati a questo punto occorre tornare a quest’estate. Dani Olmo viene preso dal Lipsia e Pau Victor dal Girona. I due però non possono essere iscritti perché i loro stipendi eccedono i limiti salariali fissati, due volte all’anno, dalla Liga, inflessibile sul tema. Al Barça ricorrono a un escamotage, grazie all’infortunio del danese Christensen: in caso di lesione di lungo corso l’equivalente dell’80% dello stipendio del giocatore che resta fermo può essere aggiunto (temporaneamente) alla massa salariale della rosa. E così alla terza giornata Dani Olmo e Pau Victor sono stati iscritti. Ma solo fino al 31 dicembre. Il Barça aveva 3 mesi di tempo per trovare i soldi necessari per poter prolungare l’iscrizione fino al 30 giugno. Altro passo indietro: il club del Camp Nou si trova in questa situazione perché un anno prima aveva venduto parte dei suoi diritti tv, l’operazione Barça Vision, a un’impresa che poi non ha versato i 40 milioni di euro pattuiti.

Inter, il punto infortunati verso Riad: le condizioni di Acerbi, Pavard e Darmian

Quei due posti sull’aereo che oggi pomeriggio decollerà da Malpensa resteranno vuoti. Inzaghi ci ha sperato fino all’ultimo, ma alla fine ha prevalso la prudenza: Francesco Acerbi e Benjamin Pavard rimarranno ad Appiano, con la trasferta di Venezia — prima partita del girone di ritorno di campionato — nel mirino. La stagione è fin troppo lunga e ricca di impegni per forzare i tempi: meglio aspettare, per riabbracciare i due centrali dello scudetto quando le partite si accavalleranno.

Per due indisponibili che rimangono ai box (oltre al terzo portiere Di Gennaro, anche lui infortunato), eccone un altro recuperato giusto in tempo per la Supercoppa: Matteo Darmian si è messo alle spalle i problemi al ginocchio e farà parte della truppa che da giovedì sera darà l’assalto alla quarta Supercoppa Italiana consecutiva. 

L’appuntamento è fissato per le 14: dopo la giornata di riposo concessa ieri da Inzaghi, l’Inter questa mattina riattaccherà la spina con un allenamento ad Appiano e poi, dopo pranzo, partirà per l’Arabia Saudita. Destinazione Riad, dove Lautaro e compagni prepareranno la semifinale di giovedì con l’Atalanta: la squadra arriverà in serata, quando in Italia sarà pomeriggio inoltrato, e si allenerà a partire da domani. 

Inzaghi potrà contare su un’Inter perfettamente sincronizzata con i tempi del primo trofeo stagionale da inseguire, perché lo stato di forma del gruppo è ottimo e gli ingranaggi del 3-5-2 sono tornati a girare come ai tempi d’oro della seconda stella. E allora è probabile che Simone, per la super sfida all’Atalanta, ricalchi in copia carbone l’Inter che si è imposta sabato a Cagliari, anche se Darmian moltiplicherà le opzioni a destra, tra difesa e centrocampo: il faccia a faccia di giovedì sera assegnerà un posto nella finale del 6 gennaio ma misurerà anche la distanza reale tra capolista e inseguitrice del campionato, mischiare le carte con un turnover spinto non sarebbe nello stile del tecnico interista.

Lautaro torna al gol dopo 54 giorni: “Nell’anno nuovo vogliamo vincere tutto”

Il Toro non segnava dalla sfida al Venezia del 3 novembre scorso, nel mezzo 10 partite. Ma Inzaghi lo ha sempre motivato dalla panchina: “Tranquillo, il gol arriva… adesso arriva”

Dieci partite, 54 giorni, praticamente due mesi. Tanto ci è voluto per rivedere Lautaro Martinez esultare per un suo gol. Una maledizione lunghissima, per lui atipica, estenuante. Che oggi, grazie al centro trovato contro il Cagliari, si è finalmente rotta. E a onor del vero, le partite senza gol del Toro sono state 8, considerando che l’argentino aveva saltato la sfida di Verona per infortunio e lo stop dopo un quarto d’ora circa contro la Fiorentina. Sta di fatto che, negli ultimi due mesi, Lautaro non aveva graffiato in campionato, in Champions League e nemmeno in coppa Italia. 

La serata dell’Inter è stata praticamente perfetta: tre gol, tre punti, Atalanta momentaneamente agganciata in testa alla classifica. Eppure, nel primo tempo Lautaro ha rivisto i fantasmi: prima si è divorato il vantaggio ad un metro di distanza da una porta praticamente sguarnita, poi è caduto nelle provocazioni di Yerry Mina che con astuzia e malizia ha cercato di provocare al massimo il Toro. Inzaghi, però, ha sempre creduto nel suo capitano: “Ora il gol arriva, adesso tranquillo che arriva” gli ripeteva dalla panchina nerazzurra. E così è stato: minuto numero 71 sul cronometro, Barella raccoglie una palla sputata fuori dalla difesa rossoblù dopo un corner e la rimette dentro per il Toro, che si allunga e in spaccata regala un gol pesante per l’Inter e pesantissimo per lui stesso. “Sono contento, il gol è importante – ha sottolineato l’argentino dopo la sfida dell’Unipol Domus -. Come dico sempre: deve vincere l’Inter, poi se io segno meglio ancora. Ma era una vittoria importante prima della Supercoppa”. E sul futuro: “Nel 2025 vogliamo vincere tutto. Noi ci alleniamo per questo: portare trofei all’Inter. L’importante è fare sempre quello che chiede il mister e quello che serve alla squadra. Siamo un gruppo straordinario, lottiamo per il compagno fianco a fianco, questo è quello che ci diciamo nello spogliatoio. Dobbiamo continuare così e fare il 2025 come il 2024”. 

Roma e la maledizione dell’ex: dopo Bove, Lukaku e Zaniolo domenica sarà la volta di Abraham?

Ex scatenati quando scendono in campo contro i giallorossi: ecco i precedenti che ora fanno temere in vista della sfida col Milan

Prima Bove, poi Lukaku e infine Zaniolo. La maledizione del gol dell’ex quest’anno incombe su Trigoria, quasi come una tassa fissa da pagare ad ogni pedaggio giallorosso. Ed ecco anche perché a Roma stanno già facendo un po’ tutti gli scongiuri per la sfida di domenica prossima, quando a San Siro Tammy Abraham incrocerà per la prima volta la Roma da avversario. In tanti sono pronti a scommetterci su, arriverà anche un suo gol, perché poi quando una maledizione diventa tale non c’è tabù che regga. Milan-Roma può essere la controprova, con i tifosi romanisti che sperano di aver già pagato dazio in modo sufficiente. 

Il primo a far gol ai giallorossi quest’anno è stato Edoardo Bove, che tra l’altro con Tammy Abraham ha in comune anche il fatto di essere ancora di proprietà della Roma. Bove segnò in quel Fiorentina-Roma 5-1 dello scorso 27 ottobre, quando dopo aver regalato due assist vincenti a Beltran e Kean mise a segno anche la rete del 4-1, quella che di fatto chiuse i giochi. Poi è arrivato Romelu Lukaku, il 24 novembre. Il belga quest’anno sta andando con il motore a giri ridotti, ma uno dei suoi sei gol (in 17 partite) lo ha segnato proprio ai suoi ex compagni. Ovviamente un gol decisivo, quello che ha deciso l’1-0 a favore della squadra di Antonio Conte. Infine Nicolò Zaniolo, che il 2 dicembre ha chiuso i giochi in Roma-Atalanta 0-2, dopo il gol iniziale di de Roon. Con tanto di esultanza polemica, arrivata dopo il fiume di fischi che avevano accolto in campo l’eroe della notte di Tirana (vittoria della Conference League). E per fortuna che poi è andata meglio con i vari Fabio Borini (nella sfida di Coppa Italia contro la Sampdoria), Andrea Belotti (anche se a Como la Roma è naufragata…) e Matteo Cancellieri (entrato nel finale di Roma-Parma), ma parliamo ovviamente di giocatori di spessore diverso (e situazioni anche differenti) rispetto a chi li ha preceduti. 

Juve, un piano da 25 milioni per Tomori. E per Danilo spunta l’idea Milan

Il difensore ha poco spazio in rossonero, così come il brasiliano nelle scelte di Motta. Per l’ex Chelsea Giuntoli studia un prestito oneroso con riscatto

Juve e Milan si ritroveranno tra qualche giorno in campo a Riad per la semifinale di Supercoppa, ma l’incontro potrebbe allungarsi anche attorno a un tavolo subito dopo con vista sul mercato. Giuntoli ha individuato in Hancko l’erede di Danilo, in quanto lo slovacco del Feyenoord è un mancino che può giocare sia da terzino sia da centrale: prima di fare l’investimento però deve indirizzare una cessione, ed è per questo che il primo colpo potrebbe metterlo a segno su un fronte parallelo.

Il nome di Tomori è riemerso in cima alla lista delle preferenze della Juve perché il difensore in rossonero non sta trovando spazio: situazione molto simile a quella di Danilo, fuori dai radar di Thiago Motta e col contratto a scadenza al 30 giugno. 

La trattativa per Tomori non ha nulla a che vedere con quella che sì è consumata l’estate scorsa per Kalulu. Il Milan apre alla cessione dell’ex Chelsea ma non è minimamente intenzionato a fare sconti: alla Continassa ne sono consapevoli e provano a confezionare la proposta migliore per tentare la chiusura già al ritorno dall’Arabia. L’operazione potrebbe essere definita attorno ai 25 milioni complessivi, tra un anticipo alla firma sotto forma di prestito oneroso e un riscatto indirizzato: non legato a un diritto come per Kalulu. C’è l’ok di Thiago Motta perché il calciatore sarebbe da subito spendibile dentro al progetto, senza alcuna necessità di trascorrere un periodo d’ambientamento nel calcio italiano. 

L’operazione Tomori verrebbe finanziata nella prima fase dalla cessione di Arthur (destinazione più accreditata il Betis, così la Juve andrebbe a scaricare l’ingaggio del brasiliano) e quella sempre più probabile di Danilo, che è un’idea forte del Napoli ma – nell’ambito del dialogo col Milan – potrebbe emergere anche tra le idee del club rossonero, per via di una stima acclarata di Fonseca che è alla ricerca di riferimenti all’interno dello spogliatoio.

A tutto Marotta: “Io, l’Inter, Conte, Oaktree, Inzaghi, l’inchiesta curve, chi vince lo scudetto…”

Il presidente nerazzurro si racconta a Sky Sport: “Con Antonio nessun dualismo. A 67 anni mi diverto ancora molto. Il futuro? Spero di restare qui per diverso tempo”

Beppe Marotta si diverte ancora. A tre passi dai settant’anni, il presidente dell’Inter ha ancora voglia di vincere e di far valere le sue idee: “Se non mi divertissi non farei questo lavoro. A stimolarmi è la passione, e credo che l’adrenalina che ti dà una partita nella vita normale non te la dà niente”. Il numero uno nerazzurro si è raccontato in una lunga intervista con Federico Ferri, direttore di Sky Sport, mandata in onda il giorno di Natale. Una chiacchierata in cui Marotta, campione d’Italia in carica, ha parlato del calcio di ieri e di quello di oggi, di Oaktree e di Inzaghi, dei nerazzurri e dell’obiettivo per i prossimi anni. 

Questo il pensiero di Marotta su Simone Inzaghi, scelto nell’estate 2021. “Simone ha dimostrato di essere un grande professionista e una persona molto intelligente. È arrivato in punta di piedi, non ha fatto proclami, si è adeguato a un ruolo molto importante ed è cresciuto con i risultati. Uno degli aspetti fondamentali è il riconoscimento di essere un leader del gruppo e di inculcare quelli che sono i concetti vincenti: la cultura del lavoro, il senso di appartenenza, la grande passione. Tutte queste componenti sono state supportate dal lavoro di Ausilio, Baccin, Zanetti, da tutta la società. Ha fatto sì che si creasse una simbiosi che ci ha portati lontano”.

Marotta ha parlato anche dell’età media dei nerazzurri, abbastanza alta, e del blocco azzurro come linea guida delle sue squadre. Dalla BBC bianconera a Dimarco, Bastoni e Barella nell’Inter. “Se hai undici talenti non vinci nessuna competizione. L’importanza di uno sport di squadra è mettere insieme una simbiosi tra giovani e meno giovani. Noi abbiamo la dinamicità del giovane, l’entusiasmo del giovane e l’esperienza e la saggezza del meno giovane”.