Inter, ma ti servono i nuovi? Luis Henrique è costato 6 milioni al minuto, Diouf 1,8

Fin qui hanno convinto Sucic e Akanji, i migliori. Bonny ha segnato, ma ha giocato solo 53′

Luis Henrique costa all’Inter più di un attico in Brera da circa 300 metri quadri: sei milioni al minuto. Fin qui Chivu gli ha regalato solo uno spezzone contro il Torino, poi l’ha lasciato in panchina contro Udinese, Juve e Ajax. Pagato 23 milioni – esclusi i bonus -, fin qui è costato 5,75 milioni al minuto. I tifosi iniziano a chiedersi come mai giochi così poco. Questione di assestamento? Possibile. Il brasiliano, già impiegato al Mondiale, deve capire il calcio italiano, duellare con Dumfries per una maglia dal 1′ e amalgamarsi alla rosa, soprattutto da un punto di vista tattico. Ma il poco impiego è stato notato. Premessa: Luis Henrique non è stato bocciato, non è stato accantonato, si tratta di una mera questione di ambientamento, così come per Diouf. C’è chi impiega un paio di allenamenti per sentirsi subito a suo agio – vedi Sucic – e c’è chi ne impiega una ventina.

Luis Henrique è in buona compagnia. Dietro di lui c’è anche Andy Diouf, preso dal Lens per venti milioni – anche qui esclusi i bonus, cinque – e impiegato solo alla prima contro il Toro. Un debutto tutt’altro che semplice: il francese ha sbagliato un paio di passaggi e alcune uscite palla al piede. Da lì in poi non ha visto più il campo. Tradotto: fin qui è costato 1,8 milioni al minuto. Lo segue Ange-Yoann Bonny, il figlioccio di Chivu. Ausilio e Marotta l’hanno acquistato dal Parma per 23 milioni di parte fissa e altri due di bonus. Fin qui è subentrato in tutte le partite: 23’ contro il Torino, dove ha segnato il primo in maglia nerazzurra, 7 con l’Udinese, 26 con la Juve e 3 con l’Ajax. Qui Chivu gli ha preferito Pio Esposito, protagonista di una grande prestazione. Il totale è di 59 minuti. Circa 430mila euro al minuto in quattro gare. Nessuna di questa da titolare.

Di Gregorio, delusione da 36 milioni: indecisioni e 7 gol in 4 giorni, ora la maglia della Juve pesa

Tante incertezze per il portiere della bianconero. Dovrà tornare a livello Juventus per le ambizioni della Signora.

Le goleade sono perfette per i tifosi neutri: gol di qua, reti di là, fughe, sorpassi e controsorpassi e, se proprio la serata deve essere spettacolare, magari nei minuti di recupero il risultato cambia ancora con colpi di scena inattesi. Juventus-Inter 4-3 e Juventus-Borussia Dortmund 4-4 sono state così, con 15 gol in 180‘ più recupero e, anzi, ben tre di questi – tutti bianconeri – hanno fatto esultare il popolo dell’Allianz Stadium oltre il 90’. Una vittoria e un pareggio in due partite di cartello sono un buon bottino per gli uomini di Igor Tudor, ma i punti acciuffati nei finali di match non sono stati sufficienti a nascondere ai tifosi – e non solo – qualche incertezza di troppo da parte di Michele Di Gregorio, che per sette volte in tutto ha dovuto raccogliere il pallone in fondo alla rete.

Ovviamente un gol subito non è – quasi – mai esclusiva responsabilità del portiere e, infatti, Tudor sa che deve registrare tutta la fase difensiva della squadra, ma sia in Serie A che in Champions League l’ex Monza è sembrato più sorpreso del dovuto in diverse occasioni. Così come troppo facilmente gli avversari sono arrivati al tiro, troppo facilmente quelle conclusioni nello specchio hanno avuto fortuna: una parata per partita non è sufficiente per gli standard richiesti dalla storia bianconera e Di Gregorio lo sa, lui che sa far tesoro sia dei complimenti che delle critiche costruttive, entrambi ingredienti fondamentali per crescere. Contro l’Inter le responsabilità non sono state evidenti, ma su almeno due reti avrebbe potuto far meglio al netto della già citata libertà concessa a Hakan Calhanoglu al limite dell’area e alla non-marcatura su Marcus Thuram su calcio d’angolo. Contro il Borussia Dortmund è andata senz’altro peggio: nulla da dire sulla stoccata di Karim Adeyemi che ha sbloccato il risultato con una “cecchinata” sotto l’incrocio, ma prima aveva già rischiato il patatrac con un’uscita “allegra” e il conseguente palo colpito da Maximilian Beier.

Liverpool, pazzo 3-2 sull’Atletico. Il Bayern affonda il Chelsea, rimontona Bodoe

Le partite della giornata terminano con due pareggi e due vittorie. I Reds trovano la vittoria con van Dijk al 92′, Fet salva i norvegesi all’89’. Zero reti tra Olympiacos e Pafos.

Quante emozioni nel mercoledì di Champions. Ad Anfield succede di tutto tra Liverpool e Atletico Madrid. I Reds vanno in vantaggio con Robertson e Salah, poi Marcos Llorente si prende la scena e fa doppietta: come cinque anni fa agli ottavi di finale. Sembra un film già visto, ma Van Dijk riscrive il finale con un colpo di testa decisivo in pieno recupero: è 3-2. Il solito Kane trascina il Bayern Monaco. La formazione di Kompany asfalta il Chelsea di Maresca: è il primo ko stagionale per i Blues. Il Pafos conquista un punto storico ad Atene contro l’Olympiacos. Il club cipriota al debutto europeo non va oltre lo 0-0. La squadra di Carcedo resiste nonostante l’inferiorità numerica per il rosso rimediato da Bruno a metà primo tempo.

Il messaggio è chiaro: ad Anfield non si passa. La squadra di Slot ha chiuso lo scorso girone di Champions in vetta con sette vittorie e una sconfitta. Quest’anno vuole migliorarsi. In attacco debutta Isak. Al 4’ i padroni di casa sono già avanti con una deviazione vincente di Robertson sulla punizione calciata da Salah. Due minuti dopo l’egiziano trova il raddoppio concludendo un’azione splendida. L’Atletico accusa il colpo. Al 36’ l’arbitro assegna pure un rigore al Liverpool, poi cambia la decisione dopo il check al Var. Prima dell’intervallo Marcos Llorente sorprende Alisson su assist di Raspadori. Al 65’ i Reds tornano a farsi vedere davanti con il palo colpito da Salah. I colchoneros però sono ancora vivi e Llorente prova un ottimo tiro dalla distanza. All’80’ il terzino spagnolo fa doppietta e pareggia i conti, decisivo ad Anfield come cinque anni fa nella sfida di ritorno degli ottavi di finale.

Juve, serata flop per Di Gregorio. Perin si scalda

Partita da dimenticare per il portiere. Il vice è già pronto. Bremer ammette: “Non si può subire così tante reti”

Juventus, abbiamo un problema. Dopo i tre gol subiti dall’Inter nel derby d’Italia, ieri sera la Juve ne ha incassati quattro dal Borussia Dortmund. Sette sberle in pochi giorni che fanno scattare l’allarme portiere. Michele Di Gregorio sta diventando sempre più un caso e adesso Igor Tudor dovrà trovare una soluzione, magari rilanciando Mattia Perin per togliere un po’ di pressione all’ex Monza. Contro i gialloneri ancora di più che contro l’Inter, Di Gregorio è apparso insicuro e meno sereno del solito.

Almeno due gol del Borussia Dortmund non sono sembrati tiri impossibili, senza contare l’uscita di inizio secondo tempo. Indizi di un momento non facile. Il vero DiGre, quello protagonista di un gran Mondiale per Club, si è visto soltanto in un grande intervento contro il Borussia Dortmund. “Dobbiamo portare a casa questa mentalità – sottolinea Bremer –, ma dobbiamo ritrovare equilibrio e solidità perché non posiamo subire così tanti gol”. La Champions va in archivio fino al primo ottobre, sabato i bianconeri saranno di scena a Verona. Al Bentegodi tornerà titolare Manuel Locatelli, da valutare invece l’impiego dal primo di Bremer. Di sicuro dovrà pazientare Fabio Miretti, reduce da un problema muscolare: probabilmente serviranno ancora una decina di giorni al centrocampista per aggregarsi al gruppo.

Retroscena Milan: il rigore, Fabbri e Marcenaro. La reazione del club

L’ad Furlani ha chiamato le istituzioni, la Figc e la Lega in particolare, per protestare per il rigore dato e poi tolto a Nkunku. Apprezzate le dichiarazioni di Gravina (“Errore evidente”) e il riconoscimento dell’errore dell’Aia

Il rigore prima concesso, poi non assegnato a Nkunku alla fine di Milan-Bologna ha turbato la domenica sera dei milanisti e del Milan stesso. Giorgio Furlani, a.d. del Milan, alla fine della partita ha chiamato le istituzioni per esprimere il forte disappunto del club per la decisione dell’arbitro Marcenaro e soprattutto del Var Fabbri, che lo ha richiamato al monitor per vedere il contatto Freuler-Nkunku e non quello precedente (netto, da rigore) tra Lucumi e Nkunku. Si tratta dell’episodio da cui sono nate la protesta (con giacca al vento) e l’espulsione di Max Allegri.

Il Milan si è mosso domenica notte ed è rimasto in contatto con le istituzioni lunedì. In queste ore, ha apprezzato il riconoscimento da parte dell’Aia dell’errore – Fabbri al Var sarà fermato per un paio di giornate – e le parole del presidente federale Gravina, che a ‘Radio Anch’io Sport’ ha parlato così: “Si tratta di un errore evidente, ma quando parliamo di tecnologia andiamo avanti, non si torna al passato. La tecnologia ha ridotto molto la percentuale di errori, basta vedere quei casi in cui gli arbitri, senza tecnologia, sono in dubbio e cercano palesemente un riscontro”. Un dialogo tra Milan e Figc (come tra Milan e Lega), insomma, c’è stato. 

Il caso è particolare perché il Milan negli anni passati ha scelto quasi sempre di ridurre al minimo le polemiche con gli arbitri, soprattutto nell’era-Pioli. Anche in questo caso la protesta non è stata violenta, però qualcosa è cambiato: la telefonata da Furlani è arrivata, per evitare che decisioni arbitrali errate compromettano i risultati e alimentino tensioni dentro e fuori dal campo. Una parte dei tifosi, che molte altre volte ha invocato un intervento, apprezzerà.

Maignan e Pavlovic, sospiro di sollievo: escluse lesioni muscolari

Il comunicato del club rossonero dopo gli esami strumentali: “I due calciatori saranno valutati giorno dopo giorno in base all’evoluzione clinica”

A Milanello si può sorridere. Moderatamente, è chiaro, ma è possibile tirare un sospiro di sollievo osservando l’infermeria e leggendo la nota ufficiale dello staff sanitario rossonero: “Nella mattinata odierna Mike Maignan e Strahinja Pavlovic sono stati sottoposti a esami strumentali che hanno escluso lesioni muscolari per entrambi”. Questo non significa ovviamente una convocazione automatica per la trasferta di Udine di sabato prossimo, significa però che i tempi di recupero non saranno eccessivi.

La prima diagnosi a caldo, subito dopo la partita col Bologna, parlava di “risentimento al polpaccio destro” per Maignan e “risentimento al flessore sinistro” per Pavlovic. L’assenza di lesioni citata nel comunicato del club induce a pensare che si resti quindi in quell’alveo tra il risentimento e la contrattura. In teoria, per quanto riguarda Maignan, dovrebbe essere una situazione meno grave rispetto a quella di Leao, alle prese con una elongazione, ovvero con una porzione di muscolo lesionata. Ma, trattandosi di una parte della gamba molto delicata, non verrà preso alcun tipo di rischio. Il comunicato infatti conclude così: “I due calciatori saranno valutati giorno dopo giorno in base all’evoluzione clinica”. Al loro posto Allegri piazzerà Terracciano (a meno che non voglia lanciare Torriani, reduce però anche lui da problemi fisici) e De Winter, che ha ben figurato nella ripresa contro il Bologna. La riflessione di base semmai è un’altra: con una rosa di soli 22 giocatori, ritrovarsi senza quattro elementi inizia già a essere un problema.

Martin Ødegaard skadet igjen: –⁠ Nei, nei, nei

For andre gang på 22 dager forsvant Martin Ødegaard ut med skulderskade.

Arsenal kunne juble for tre scoringer og en god kamp. Men for landslagskapteinen ble det en tøff ettermiddag. Han fikk seg en luftetur allerede etter syv minutter på Emirates.

Ødegaard traff gressmatten knallhardt med høyre skulder først. Den samme som han ble skadet i mot Leeds 23. august.

– Han tenker nei, nei, nei, sier Kristoffer Løkberg i Viaplays studio.

– Det er akkurat der han ikke skal ha smellen, fortsatte han.

Ekspertkollega Jan Åge Fjørtoft ba til høyere makter.

– For hver gang du får en ny smell er det skummelt, sier han.

Martin Ødegaard fikk ganske utvilsomt slått opp sin gamle skade. Det bekreftet Arsenal-manager Mikel Arteta etter kampen, ifølge Football London.

– Skulderen. Veldig, veldig lik skade (som sist), og han har spilt to kamper for Norge, og dessverre klarte han ikke å fortsette, sier Arteta på en pressekonferanse lørdag.

Han ble spurt om Ødegaard kommer til å trenge operasjon.

– Nei, definitivt ikke. Sist gang gikk det noen dager før han kunne håndtere smerten, sier Arsenal-manageren.

Det er 29 dager – nesten en måned – til Norge møter Israel på Ullevaal stadion. Kampen kan være nøkkelen til norsk VM-deltagelse neste sommer.

Det virker litt skummelt, skriver VG i en sms til Ståle Solbakken.

– Det blir bare spekulasjoner, svarer landslagssjefen og avstår fra å kommentere Ødegaards skade noe mer.

Solbakken opplyste under landslagssamlingen at Ødegaard hadde smerter i skulderen, men det påvirket han ikke mot Moldova tirsdag. Arsenal-profilen leverte en praktkamp og scoret ett av målene da Norge vant 11–1.

Martin Ødegaard ble hjulpet på bena av Arsenals medisinske apparat og forsøkte i 10 minutter til lørdag. Men holdt seg flere ganger til skulderen.

Og måtte ut igjen.

Martin Ødegaard var tydelig preget. En ny skadeperiode frister helt sikkert ikke. Sjekk bildene fra London.

For Arsenal kommer kampene tett nå. Athletic Bilbao er motstander i Champions League-åpningen tirsdag, mens Manchester City venter på bortebane neste helg.

Arsenal dominerte 1. omgangen mot Nottingham Forest. Uttellingen kom.

Sorpresona Vlahovic, Tudor sceglie Dusan: partirà titolare contro l’Inter

Il tecnico croato della Juve vuole sfruttare il momento magico del numero nove, autore di due gol da subentrato nelle prime due giornate di A e a segno pure con la sua nazionale

La “tudorata” per il derby d’Italia sarà in attacco. Igor Tudor non modifica il telaio (3-4-2-1) e conferma l’assetto con una sola punta, però ribalta la casella più importante: è Dusan Vlahovic il grande favorito per guidare la Signora nella serata più sentita dai tifosi. Dopo giorni di valutazioni, le prove e le riflessioni delle ultimissime ore premiano il 25enne serbo, che ha superato Jonathan David all’ultima curva e adesso vede il debutto stagionale da titolare. L’allenatore juventino, abituato a scegliere senza guardare nomi e contratti, pensa al nove in scadenza per battere l’Inter e proseguire la marcia a punteggio pieno in campionato. Una rimonta a sorpresa, quella di DV9, ma neanche troppo se si guardano numeri ed esperienza. Vlahovic conosce il derby d’Italia – 3 gol nella supersfida -, è il capocannoniere della squadra e in quest’avvio di Serie A ha segnato partendo dalla panchina tanto contro il Parma quanto contro il Genoa. Due timbri pesanti.

Un segnale di fiducia, l’ennesimo da parte dell’allenatore. Vlahovic ha vissuto un’estate tormentata e c’è stato un momento in cui è stato più fuori che dentro dalla Juventus a causa della decisione di non rinnovare il contratto in scadenza a giugno 2026. Dusan ha respinto prima la corte di José Mourinho (quando il portoghese allenava ancora il Fenerbahce) e lo scorso mese anche quella di Massimiliano Allegri (Milan). Due “no, grazie” pesanti per vivere un ultimo e ricco ballo con la Signora, che dal primo luglio gli garantisce uno stipendio da 12 milioni netti. I gol delle prime giornate hanno trasformato i fischi dell’Allianz Stadium in applausi: dalla rottura del 13 agosto durante la partita in famiglia si è passati alla luna di miele di Marassi, quando Dusan è entrato dalla panchina e in pochi minuti ha battuto il Genoa con un gran colpo di testa. Dopo la pace, Vlahovic vuole tornare il re. Un’occasione migliore del classico contro l’Inter non esiste. Le ragioni tecniche si intrecciano a quelle mentali. DV9 ha segnato anche con la Serbia del ct Dragan Stoijkovic prima della 

Dai gol su punizione con due piedi diversi al giallo sul contratto: dov’è finito Simone Verdi

Nel 2017 tutti parlavano della sua doppietta da fermo, un tiro col destro e uno col sinistro. A Sassuolo ha fatto 8 gol e si dice sia svincolato ma… è una leggenda metropolitana: è al Como, fuori dal progetto. Ripartirà a gennaio, probabilmente in B

Simone Verdi nel 2017 finiva sui siti di mezzo mondo per la doppietta ambidestra, curioso esercizio balistico vietato agli umani: due gol su punizione nella stessa partita, uno di destro e uno di sinistro. Metà dei colleghi hanno calciato l’ultima punizione con il piede debole in un allenamento dei Giovanissimi nazionali. Era uno dei calciatori italiani del momento. Il Guardian nel 2016 gli aveva dedicato un articolone, in cui si chiedeva come mai il Milan avesse potuto venderlo per un milione e mezzo: “Quei soldi, nel calcio di oggi, sono noccioline”. In questi anni, Verdi ha dato una grande mano a salvare la Salernitana e il Verona, ha segnato 8 gol per la promozione del Como in A ma non è stato il calciatore che sperava di diventare. È stato in Nazionale con Ventura, ma da mesi vive in acquario. Zero rumori: nessuno parla più di lui. Anzi, quando se ne parla… si sbaglia.

Simone Verdi nelle ultime settimane è entrato in ragionamenti sui calciatori svincolati, come se fosse libero da impegni con il Como. Falso: la promozione in A di un anno e mezzo fa ha fatto scattare l’opzione sul suo contratto per il 2025-26. Resta da capire che cosa succederà nei prossimi nove mesi. Verdi nella scorsa stagione ha giocato 108 minuti di Serie A con il Como, poi è andato a Sassuolo: due partite da titolare, due gol e arrivederci. Non ha funzionato, così il giudizio su di lui, a 33 anni, rischia di diventare definitivo: un calciatore con grandi qualità, così forte da segnare 16 gol in A in due stagioni col Bologna ma sempre un po’ incompiuto. Non abbastanza determinato da diventare un protagonista del calcio di oggi. 

Torno, segno e vinco? Com’è andato Lautaro dopo le pause nazionali. E alla Juve

Per lui anche un gol contro i bianconeri nel 2023. Il Toro farà un solo allenamento ad Appiano prima di sfidare la Signora all’Allianz

La speranza è che l’Allianz Stadium si trasformi in Zela. Lautaro punta la sfida con la Juve con la fame di chi spera di replicare in versione calcio il motto di Giulio Cesare, veni, vedi, vici, prima di sbarazzarsi dell’esercito di Farnace II Re del Ponto. L’argentino risponderebbe a modo suo: “torno, segno e vinco”. Il Toro rientrerà ad Appiano a soli due giorni dalla Juventus. Svolgerà un solo allenamento in gruppo dopo gli impegni con l’Argentina. È normale: i calciatori sudamericani attraversano l’Oceano almeno quattro volte l’anno e rientrano sempre dopo rispetto agli europei. Lo storico di Lautaro resta comunque positivo.

Prendiamo l’anno scorso. A settembre, in occasione della prima sosta, Lautaro rientrò a Monza dopo aver giocato due gare da titolare con l’Argentina tra Buenos Aires e Barranquilla, in Colombia. Risultato: una vittoria in casa, una sconfitta fuori e zero gol. L’Inter pareggiò 1-1 all’U-Power Stadium. Lautaro chiuse con una partita ombrosa. Seconda sosta: il Toro rientrò contro la Roma dopo aver giocato titolare a Buenos Aires e aver rifiatato a Maturín, nell’1-1 contro il Venezia. Risultato: gol contro la Roma da titolare. Nelle altre due soste non giocò: saltò il Verona per influenza e l’Udinese per infortunio.

Nel 2023-24, la stagione della seconda stella, lo score è positivo: due assist nel derby vinto 5-1 a metà settembre e un gol al Torino nella seconda sosta. Il filo che lega insieme i due mondi arriva fino alla Juve. Il 26 novembre, sempre all’Allianz, Lautaro segnò ai bianconeri dopo aver giocato due partite in nazionale (entrambe da subentrato). Cinque giorni dopo graffiò i bianconeri a Torino. Nell’ultima sosta invece, quella di metà marzo, rientrò col Napoli e rimase a secco. Il tutto dopo aver giocato un paio di partite dall’inizio con l’Argentina. L’ultimo appunto arriva dall’anno del Mondiale, dove il calendario fu stravolto. Prima di volare in Qatar e vincere il titolo con l’Argentina, Lautaro volò a Buenos Aires a settembre, segnò in una delle due partite e poi rientrò con la Roma.