Gattuso, idee chiare: recuperare Chiesa e puntare sulla duttilità. Ecco i 35 nomi per il Mondiale

Il nuovo c.t. studia una varietà tattica che consenta all’Italia “di fare sempre male agli avversari”. Perché non si può fallire l’appuntamento del 2026

Da Gattuso ti aspetti tutto per l’Italia, il cuore oltre l’ostacolo, ma forse non un nuovo sistema tattico. Neanche fosse Guardiola. E invece. Mentre in questi giorni il City di Pep debutta al Mondiale per club con un inedito 2-3-4-1 in fase di possesso, sempre più gente davanti e qualche rischio dietro, Gattuso per il momento schiva i numeri eppure dichiara una strategia di gioco inedita: “Come fare male agli avversari. Questo sarà il sistema dell’Italia. Una squadra alla quale deve piacere stare nella metà campo avversaria per fare più gol possibili”.

Con trentacinque azzurri sotto osservazione speciale. Tra loro Chiesa, scomparso dopo l’Europeo ma potenzialmente ancora il nostro Sinner, come diceva Spalletti. Dribbling, corsa, entrate in area verso la porta, uno contro uno: ci manca. 

Nessuna ossessione per la tattica, ma neanche lo snobismo di quelli che “i numeri non contano”. Eccome se contano, si vede quando un giocatore subentra e con le dita indica ai compagni il nuovo sistema, mandano all’aria tanti bei discorsi poetici. La tattica è importante, Gattuso non è mai stato un integralista. Se il 4-3-3 è stato il sistema di partenza, e il 4-2-3-1 un’evoluzione spesso necessaria, il nuovo ct non disdegna la linea a tre applicata nell’Hajduk. L’impressione è che non abbia ancora deciso per l’Italia. “In campionato il 40 per cento gioca a tre, e il 60 per cento a quattro, ma non è questione di sistemi. Bisogna mettere i giocatori al posto giusto. Per fare tanti gol”. Gattuso s’è studiato bene la classifica: “La Norvegia ha +11 di differenza gol, noi -1. Dobbiamo recuperare”.

Juve, senti Kolo Muani: “Qui sto bene, voglio restare”

Dopo la doppietta all’esordio mondiale, arriva la dichiarazione d’amore dell’attaccante francese alla Signora. Tudor sul 5-0: “Ho avuto la sensazione che i ragazzi ci tenessero e fossero motivati”. Una doppietta al debutto nel Mondiale per Club è il modo migliore per festeggiare la permanenza alla Juventus, almeno fino alla fine della competizione, poi per la prossima stagione si vedrà.

Randal Kolo Muani è stato l’Mvp del match contro l’Al Ain. “Abbiamo giocato molto bene e iniziato benissimo il torneo – ha detto in conferenza – sono molto felice per la vittoria e per il gol, ora però pensiamo alla prossima partita. Tudor ha fiducia in me, mi piace giocare per i miei compagni e sacrificarmi. Oggi eravamo partiti per vincere, questa gara ci dà fiducia ma a dove possiamo arrivare non ci pensiamo. Se voglio restare qui? Sì, sto molto bene, riesco a giocare bene e fare gol, quindi spero di restare”.

Igor Tudor non può non essere soddisfatto, del risultato e pure della prestazione: “Il nostro approccio è sempre uguale – ha spiegato il tecnico – ci prepariamo al meglio, dobbiamo recuperare perché abbiamo speso tanto. Questa partita ci dà fiducia per il futuro, ma quella che conta è solo la prossima”.

Tornando alla partita, Tudor si è fermato anche sui pochi aspetti negativi: “Possiamo migliorare tanto sulle preventive, dobbiamo subire meno sui contropiede, però mi è piaciuto il coraggio di andare a fare gol. È una bella partenza che ci aiuterà a proseguire al meglio. La direzione è quella giusta, poi c’è sempre da migliorare, però la strada è corretta. C’è voglia di fare, con il tempo si aggiungono sempre i pezzettini. La squadra è un organismo vivo che non è mai la stessa. Dalla panchina ho avuto la sensazione che i ragazzi ci tenessero e fossero motivati e sul pezzo, c’erano una bella energia e spirito di sacrificio.

Lautaro da 10, Mikhi tornato alle origini e le ali. Come Chivu sta cambiando l’Inter

All’esordio al Mondiale contro il Monterrey il nuovo tecnico ha scelto un 3-5-2 di stampo “inzaghiano”. Ma nella ripresa ha stravolto l’attacco

Cristian Chivu l’aveva annunciato qualche giorno fa mentre veniva presentato ufficialmente come nuovo allenatore dell’Inter e pure poche ore prima dell’esordio Mondiale contro il Monterrey: “Più principi e meno moduli: sì, è probabile che si vedranno cose nuove. L’obiettivo è aggiungere qualcosa di diverso”. In prima battuta, nella sfida ai messicani di ieri notte, osservando approccio e piano tattico dei nerazzurri contro Sergio Ramos e compagni sembrava un bluff.

Perché l’Inter si è organizzata sul campo in modo molto simile a come l’avrebbe schierata Simone Inzaghi: solito 3-5-2, cambio naturale con Asllani in regia al posto dell’infortunato Calhanoglu e poi i soliti, per quanto possibile. Spinta sulle corsie esterne e incursioni centrali. Un calcio vicino a quello dell’allenatore ormai dell’Al-Hilal. 

La prima, vera novità è però venuta fuori in fase di non possesso, più precisamente quella difensiva su un calcio d’angolo del Monterrey: nessuna marcatura a uomo, sì a quella a zona. Risultato? Gol di testa di Sergio Ramos. Ma ci può pure stare, perché per assimilare concetti comunque molto diversi da un passato recentissimo è chiaro che non bastino tre allenamenti. Però va anche riconosciuto a Chivu di essere entrato nello spogliatoio subito a gamba tesa, cercando di trasmettere alla squadra concetti opposti rispetto a quelli di Inzaghi. I suoi. Un altro esempio è poi la punizione che ha portato al pareggio di Lautaro Martinez: uno schema mai visto, con la palla scodellata morbidissima da Asllani verso il secondo palo, lo “scherzo” di Acerbi che parte consapevolmente in netta posizione di fuorigioco e permette a Carlos Augusto di attaccare la profondità creatasi alle sue spalle per apparecchiare il tap-in del Toro. 

Lautaro: “Ancora non mi spiego quel ko in finale, non ho parlato per 5 giorni. Ho chiesto ai compagni…”

L’argentino rilancia dopo la Champions: “Siamo l’Inter e dobbiamo voltare pagina. Ai compagni ho chiesto di essere forti di testa, ho spiegato che negli Usa serve un ultimo sforzo prima delle vacanze”

C’è quello che si dovrebbe fare. E poi c’è quello che uno riesce a fare. Lautaro è sospeso lì, tra queste due vie, mentre arriva al campo della Ucla passando in mezzo a bambini e ragazzi che urlano il suo nome. Ha il sorriso in volto. Ma l’occhio tradisce una buona dose di malinconia. È sempre lo stesso, il capitano. È lui che prima sussurra “dobbiamo voltare pagina e non pensare a quello è successo” e poi dice “non mi spiego come sia stato possibile perdere in quella maniera un’opportunità così grande”. Di fatto: rimozione non riuscita, roba buona per gli psicologi. Una cosa colpisce: Lautaro non cita mai Monaco. Mai la parola ‘finale’. Mai il Psg. Tutto viene sintetizzato in “quello che è successo”. Perché anche nominarlo fa male, quel 5-0. 

Ma prima o poi la delusione finisce o no? Ecco allora l’altro Lautaro. Che due cose ha proprio voglia di dirle. La prima sul nuovo allenatore: “Ci siamo sentiti al telefono, ancora prima di trovarlo qui. Abbiamo parlato a lungo, mi ha raccontato le sue idee di lavoro. E mi piacciono, mi trova d’accordo, la pensiamo alla stessa maniera. Ho capito e visto in lui la voglia di vincere, è un uomo che la mia stessa mentalità”.

Non un cattivo modo per approcciarsi al quarto tecnico della sua storia all’Inter, dopo Spalletti, Conte e Inzaghi. L’altro messaggio è da capitano puro. Perché il Toro ci tiene a far sapere: “Come Chivu, anche io ho parlato con i miei compagni. E ho chiesto loro di essere forti di testa, ho spiegato che serve un ultimo sforzo prima di andare in vacanza, un ultimo pezzettino di strada da percorrere per continuare a crescere”. Ecco: qui la rimozione sembra più riuscita. Qui c’è la voglia del campione di riprendersi il campo.

Nuovo Milan, nuova filosofia: Allegri, Modric e l’instant team

Il principe dei realisti in panchina, il campione croato, il pressing su Xhaka: i rossoneri per tornare in alto hanno cambiato strategia.

Il Milan ha cambiato piano industriale. Stop ai progetti di sviluppo tarati sul lungo periodo. Come diceva, con un paradosso, l’economista britannico John Keynes, sul lungo periodo non ci saremo più. Keynes usava un’espressione più cruda, ma il senso è lo stesso. Non abbiamo certezza del futuro a lontana scadenza, meglio concentrarsi sull’oggi. E il Milan si è convertito alla filosofia dell’instant team, della squadra istantanea che deve fare risultati immediati, una scelta imposta dall’ottavo posto della scorsa stagione. La parentesi portoghese, prima il giochista Paulo Fonseca, poi il risultatista Sergio Conceiçao, si è chiusa senza gloria: né bel gioco né risultati. 

Inversione a U e il nuovo allenatore è Massimiliano Allegri, il principe dei realisti. Allegri non si perde in solfeggi né ghirigori, va dritto al punto, anzi ai punti. Tutto e subito, di misura o meno non importa. Conta vincere e stop. Non aspettiamoci bellezza, ma concretezza. Il Milan ha bisogno di ritornare in Champions, il resto verrà dopo, se verrà. Nella sua precedente esperienza in rossonero, nel 2010-11, Allegri centrò lo scudetto al primo colpo. All’epoca aveva ereditato una squadra arrivata terza nel 2009-10, con Leonardo allenatore. Oggi il dislivello è più netto, risalire dall’ottava piazza alla cima non sarà facile, anche se Antonio Conte ha appena vinto il campionato con il Napoli, che l’anno prima aveva chiuso al decimo posto. 

Allegri al Milan come Conte al Napoli? Perché no? Le prime mosse di mercato sembrano riguardare il centrocampo e vanno nella direzione dell’esperienza. Quasi fatta per Luka Modric, l’accordo verrà ufficializzato quando il croato ritornerà dal Mondiale per club. Modric compirà 40 anni il 9 settembre, ma il Milan 2025-26 giocherà soltanto in Italia, niente euro-coppe, e uno come Modric in Serie A può scavare differenze, anche a minutaggio ridotto. Non è pensabile che giochi sempre e comunque, è possibile che, in corso di partita, venga sostituito o sostituisca, ma Modric inciderà e regalerà lampi del suo genio, i fuoriclasse sanno ingannare l’età. 

Milan, Xhaka ha detto sì. Decisive le prossime 48 ore

Il centrocampista del Bayer aspetta che i due club si parlino, cosa che dovrebbe avvenire a inizio settimana. Ci sarà da trattare sul prezzo del cartellino

Cambiare vita a 32 anni, perché no? Granit Xhaka è rimasto colpito dall’attenzione del Milan ed è decisamente interessato a un trasferimento in Italia. Igli Tare lo ha messo al centro del suo progetto di nuovo Milan: Xhaka e Luka Modric, insieme a centrocampo e al centro dello spogliatoio. L’idea è che il Milan abbia bisogno di due leader, due giocatori capaci di dare l’esempio in allenamento e di guidare la squadra in campo nei momenti difficili.

Granit Xhaka ha giocato all’Arsenal dal 2016 al 2023 e negli ultimi due anni al Bayer Leverkusen, dove è diventato in fretta uno dei giocatori di riferimento. È disponibile a un trasferimento al Milan e aspetta che i due club si parlino. Non è ancora avvenuto, nei piani accadrà nei prossimi giorni. Ecco perché la settimana che sta per iniziare è fondamentale per capire come sarà il centrocampo del Milan 2025-26. È logico che inizi una trattativa, con un paio di variabili da considerare.

Il Milan dovrà capire quanto investire su un giocatore che, a differenza di Modric, è ancora legato con un contratto al Leverkusen. Un contratto lungo, che scadrà nel giugno 2028. Il suo cartellino avrà un prezzo, da trattare con il club tedesco. Dopo aver preso un giocatore di quasi 40 anni, il Milan punterà su un altro over 30, dopo anni di investimenti under 25? Questa è la domanda chiave. Il Leverkusen invece dovrà decidere a quale prezzo lasciar partire uno dei suoi giocatori più forti, nella stessa estate in cui ha perso l’allenatore (Xabi Alonso, andato al Real Madrid e sostituito da Ten Hag) e giocatori fondamentali come Tah (ora al Bayern), Frimpong e soprattutto Wirtz (Liverpool). Tra 48 ore, sapremo di più.

Milan, avanti tutta su Xhaka! A centrocampo piacciono pure Jashari e Javi Guerra

Tare punta sullo svizzero, ora si tratta col Bayer Leverkusen. Fari anche sul 2002 del Bruges e sul 2003 del Valencia

Granit è il nome più evocativo del mondo. Granito. Solido. Il Milan vuole Granit Xhaka perché è fedele al suo nome: un giocatore che in campo si fa sentire per fisico e personalità. Igli Tare, quando è stato chiamato a costruire il nuovo Milan, ha avuto chiara un’idea: cominciare dalle grandi anime di spogliatoio. Luka Modric è stato il primo nome: un vincente a tutti i livelli, di eleganza classica, Fidia con un pallone da calcio. Granit Xhaka è la sua faccia più dura. Ha la stessa abitudine a frequentare i grandi palcoscenici – Bundesliga, Premier League, ancora Bundesliga – e una grande capacità di stare in campo, guidare la squadra e proteggere la difesa. 

Il Milan su Xhaka continua a lavorare, con decisione e ottimismo. Con Granit, c’è feeling. Impossibile che un giocatore così non senta il fascino di un Milan che vuole tornare a vincere e si affida a lui. Il tema ora è convincere il Leverkusen a lasciar partire uno dei suoi leader. Xhaka ha un contratto ancora lungo con i tedeschi, fino al 2028, e non ha un ingaggio vietato a un club come il Milan. La personalità viene dalla famiglia. “Papà è sempre stato un fiero kosovaro”, ha detto Granit al Guardian. Manifestò contro il governo comunista a Belgrado, fu arrestato, diventò un prigioniero politico. Per il figlio la vita è stata più semplice: calcio al centro di tutto, sette stagioni all’Arsenal, il Leverkusen e ora chissà, la Serie A. Per arrivarci, manca l’accordo tra club, che il Milan proverà a trovare presto. 

Milan pronto a rifare la difesa: Zinchenko erede di Theo. E al posto di Thiaw c’è Kiwior

Un emissario del cub rossonero a Londra per incontrare l’Arsenal. Il terzino ucraino ha un costo accessibile, il centrale ha già un passato in A con lo Spezia

Un blitz a Londra, sponda Arsenal. Nella giornata di martedì, un emissario del Milan molto vicino a Igli Tare ha tenuto una riunione con la dirigenza dei Gunners per parlare soprattutto di due nomi: Oleksandr Zinchenko e Jakub Kiwior. Terzino con un passato da trequartista l’ucraino; centrale ma adattato spesso e volentieri in altre zone del campo il polacco.

Volendo semplificare un po’, due difensori. Perché l’opinione comune un po’ di tutti in via Aldo Rossi, partendo dallo stesso Tare e Massimiliano Allegri, è che il Milan abbia bisogno di essere ritoccato soprattutto nel reparto arretrato. Lo dicono pure i numeri: negli ultimi tre campionati, i rossoneri non sono mai andati sotto la soglia dei 40 gol subiti.

Theo Hernandez ha rifiutato l’Al-Hilal, ma non è comunque più nei piani del Milan. Che il francese trovi un’altra squadra in estate (ha un principio d’accordo con l’Atletico Madrid, che però al momento offre troppo poco al Diavolo) o resti da separato in casa fino alla scadenza del contratto, sposta poco in termini di strategia: Tare lavora già sul terzino sinistro del futuro.

E la candidatura di Zinchenko, per livello ed esperienza, è forte. Pep Guardiola lo ha inventato laterale a sinistra al Manchester City, poi il passaggio all’Arsenal, dove dopo due anni positivi nell’ultima stagione ha perso posizioni nelle gerarchie di Arteta. Così, a 28 anni potrebbe cambiare aria e il Milan è un’opzione.

Chivu, al Mondiale nasce l’Inter del futuro? Tra Carboni e gli Esposito c’è un sogno comune

I tre sono in lista per gli Usa e saranno valutati dal nuovo tecnico, che ha già allenato Francesco Pio e Valentin.

Tre posti in più sul volo per gli Stati Uniti. I fratelli Esposito e Valentin Carboni si siederanno accanto a mister Chivu e si aggregheranno alla rosa dell’Inter per il Mondiale per Club. Via Correa e Arnautovic, dentro la punta d’oro dell’ultima Serie B – 19 gol in 40 partite – il vecchio golden boy del settore giovanile a cui Lukaku lasciò battere un rigore e il fantasista reduce da un’annata storta.

Pio, il più giovane degli Esposito, è legato all’Inter fino al 2030 e su di lui ci sono diversi club di Serie A. L’idea dei piani alti è di spedirlo in prestito per fargli fare un’annata da protagonista e poi riaccoglierlo a braccia aperte, ma il Mondiale potrebbe cambiare lo scenario. E se Esposito giocasse alla grande? E se segnasse un gol decisivo agli ottavi o ai quarti? E se Chivu lo spronasse come in Primavera? Fascia di capitano all’esordio e tripletta giocando sotto età: “Parliamo di un giocatore di un’altra pasta”. L’infortunio lo costringerà a saltare i primi impegni, poi tornerà a disposizione dietro la ThuLa e Taremi. L’Inter giocherà le prime tre partite contro Monterrey, Urawa e River. Sfiderà Sergio Ramos e il baby fenomeno Mastantuono, classe 2007 già dirottato verso il Real. In attesa di capire la situazione Hojlund, che ha aperto ai nerazzurri, l’Inter avrà Pio dalla sua parte.

I destini di Sebastiano e Valentin sono diversi. Il primo, classe 2002 cresciuto a pane e Inter per poi girovagare per l’Europa a caccia di continuità, arriva da otto gol in Serie A con l’Empoli e da un retrocessione sfortunata. Il secondo, argentino dal piede delicato, ha recuperato dall’infortunio al crociato rimediato col Marsiglia. De Zerbi gli aveva teso la mano per valorizzarlo dopo un’annata positiva a Monza, ma la sorte s’è messa di mezzo e l’ha fermato ai box diversi mesi. Esposito è legato all’Inter fino al 2026, Carboni fino al 2027. Chivu ha allenato l’argentino in Primavera: “Portai lui e Pio Esposito ad allenarsi con i ragazzi più grandi di loro. Bisogna metterli in difficoltà, farli uscire dalla comfort zone”. La prossima tappa sarà negli Stati Uniti.

Scatto Marotta, superata la concorrenza: Bonny-Inter si fa. Ed è pressing su Mosquera

Colloqui molto avanzati per restituire a Chivu l’attaccante francese. In difesa il centrale del Valencia è balzato in cima alla lista dei preferiti

Non ora. A luglio. Ma l’Inter ha in mano Ange-Yoan Bonny: sarà lui uno dei due rinforzi che il club nerazzurro ha programmato per il suo attacco. Il margine di vantaggio che in questi giorni l’Inter ha preso sulle concorrenti è notevole, i rapporti con il Parma eccellenti, l’interesse era forte prima e lo è ora a maggior ragione con Chivu in panchina. La giornata di ieri è servita per registrare una conferma in questo senso. Contatto doveva essere e contatto c’è stato, tra le due società. Non c’è margine per chiudere subito l’operazione: poco tempo, anche per trovare un accordo sulla formula. Non tanto sulla valutazione, in verità: si balla tra i 20 e i 25 milioni di euro, il club gialloblu non scende.

L’Inter però si è presa di fatto la prima fila. Per la chiusura se ne riparla a luglio, al rientro dell’Inter dal Mondiale per club. Nel frattempo, il d.s. Ausilio ha strappato una specie di promessa: se da qui in avanti altri club dovessero tornare a informarsi per Bonny con il Parma – in passato l’hanno fatto sia Napoli sia Juventus, in Italia -, l’Inter verrebbe messa al corrente. Ma ad oggi non è questo lo scenario più probabile. La strada porta a un Bonny che raggiunge di nuovo Chivu: per caratteristiche è considerato l’alter ego ideale di Thuram, perfetto nella profondità e con un grande margine di miglioramento in fase realizzativa. Negli Stati Uniti, invece, il nuovo tecnico si imbarcherà con un parco attaccanti diverso ma comunque numeroso: dietro Thuram e Lautaro ci saranno Taremi e Sebastiano Esposito, pronto subito a differenza del fratello Francesco Pio che sarà a disposizione probabilmente solo dalla seconda fase in poi. In aggiunta, l’Inter avrà in organico anche Valentin Carboni, di rientro da un lungo infortunio.