Nico Gonzalez svolta e seduce la Signora, Conceiçao la perde: cosa farà la Juve sugli esterni

Dall’insediamento di Tudor sulla panchina bianconera, l’argentino è rinato. A differenza del portoghese che potrebbe salutare addirittura prima del Mondiale per Club

Nico Gonzalez sta conquistando la Signora e Francisco Conceiçao rischia sempre più di perderla. Dove finiscono le ragioni di campo, cominciano quelle di mercato. La Juventus spera ancora di recuperare i 33 milioni investiti per l’argentino, ma non è più così sicura di spenderne altrettanti per trasformare l’affitto del portoghese in acquisto. Nel calcio tutto si può ribaltare in fretta, a maggior ragione quando si cambia l’allenatore. Tudor è stato arruolato come traghettatore del post Thiago Motta, ma il croato si è calato nel mondo Juve come quando da giocatore entrava a piedi pari sugli attaccanti avversari. Igor ha cambiato molto in pochi giorni. 

La scossa è stata totale e ha toccato anche diverse gerarchie. L’effetto Tudor ha rigenerato Nico e a farne le spese è stato soprattutto Chico, più defilato già nell’ultimo periodo di Motta. L’ex Fiorentina e il figlio d’arte sono arrivati assieme a Torino a fine agosto, però sono stati protagonisti quasi sempre a fasi alterne. L’ex Porto sulla carta sarebbe dovuto essere l’alternativa dell’ex viola, ma strada facendo un po’ i guai fisici di Nico e un po’ l’esplosione di Francisco hanno capovolto ruoli e aspettative per il futuro. I segnali degli ultimi 180 minuti hanno rimesso in gioco tutto. E adesso quello che sembrava un finale scontato, è tutto da riscrivere. Gonzalez ha messo la freccia e nelle ultime sette curve di campionato conta di staccare ancora di più il connazionale di Cristiano Ronaldo.

Tudor non è Harry Potter, ma con Nico sembra aver usato davvero la bacchetta magica. La trasformazione è stata totale: la zucca dei primi mesi juventini, nelle ultime due giornate è tornata la carrozza ammirata negli anni viola. Igor ha toccato le corde giuste di Gonzalez, sembrato un altro giocatore a prescindere dal ruolo: esterno destro a tutta fascia con il Genoa e trequartista contro la Roma. Quello che non racconta la media voto (5,39 con Thiago Motta; 6,5 con Tudor), è fotografato dal cambio di passo del 27enne sudamericano. È bastata una sosta – e un cambio in panchina – per far tornare la speranza alla Continassa.

Inzaghi, la formazione anti Bayern: Dimarco e Bastoni ci sono, Acerbi su Kane e.

Il difensore ha svolto la rifinitura, l’esterno ha lavorato a parte, ma dovrebbe esserci. Pavard favorito su Bisseck a destra

Il piano anti Bayern comincia dalla B. Alessandro Bastoni sarà titolare all’Allianz. Il centrale azzurro ha recuperato dall’affaticamento rimediato contro il Parma e sarà a disposizione di Inzaghi per la gara d’andata. Stamattina ha svolto la rifinitura ad Appiano insieme al gruppo. Al Tardini era uscito al 45’ e aveva applicato del ghiaccio sul ginocchio, ma nessun allarme. Bastoni sarà titolare a sinistra, con Pavard a destra – favorito su Bisseck – e Acerbi in mezzo, pronto a marcare Kane. Le chiavi della porta saranno di Sommer, protagonista a Parma con un paio di interventi decisivi.

CHI GIOCA A MONACO— L’appunto più importante riguarda Federico Dimarco. L’esterno ha svolto la rifinitura a parte, con un allenamento personalizzato, ma sarà a disposizione per il Bayern. Reduce da tre partite dal 1′ dopo l’infortunio, a Parma ha giocato meno di un’ora. Gestione. In caso di forfait, comunque, è pronto Carlos Augusto, che ha già giocato dall’inizio cinque sfide di Champions (City, Stella Rossa, Young Boys, Bayer Leverkusen e Feyenoord). È l’unico dubbio di Inzaghi, anche se l’azzurro resta favorito per giocare dall’inizio. Il resto della formazione è scritto: Darmian a destra, Barella, Calhanoglu e Mkhitaryan in mezzo, Lautaro e Thuram davanti. Assenti Taremi, Zielinski e Dumfries.

Errori tecnici, marcature e… Il Milan ha rischiato di prendere gol in 9 modi diversi in 90 minuti

La partita pazza con la Fiorentina è stata un campionario di errori con una costante: Conceiçao rischia sempre troppo. I più coinvolti? Theo, Tomori e Thiaw

Sergio Conceiçao, quando ha saputo che Palladino aveva parlato bene della partita, è inorridito: “A me le partite piene di errori non piacciono”. Ha ragione. Milan-Fiorentina è stata una partita col passepartout: libero accesso all’area di rigore per tutti. Rivederla a distanza di qualche ora fa impressione perché il Milan ha rischiato di prendere gol in almeno 9 modi diversi, tra errori individuali e di squadra. Ecco il campionario.

La Fiorentina segna già al 7’ e il modo ancor offende Conceiçao, che non per caso ha sostituito Musah dopo 23 minuti. Yunus a centrocampo fa un errore tecnico raro: controlla il pallone, fa una finta e finisce per appoggiare il pallone a Mandragora. Il resto arriva a catena: il dribbling di Gudmundsson, Tomori che perde l’uno contro uno e l’autogol di Thiaw che, tra tutto, è quasi il meno.

Troppi giocatori del Milan vanno in difficoltà nell’uno contro uno. Tomori, che pure sarebbe il centrale più reattivo, nell’azione dello 0-1 viene lasciato sul posto da Gudmundsson. E Thiaw, nel secondo tempo, viene sorpassato a velocità doppia da Moise Kean, come per un difensore del Milan non dovrebbe essere possibile. Nasce così la parata più metafisica della serata di Maignan, che alza un braccio e respinge di spalla. Per lui, almeno, era serata sì.

Il Psg ha fatto tredici: Doué stende l’Angers, è scudetto con sei turni d’anticipo

I parigini vincono la Ligue 1 per la tredicesima volta nella loro storia, l’undicesima da quando il club è nelle mani qatarioti 

Era una pura formalità, ma il tredicesimo titolo, l’undicesimo dell’era Qatar, andava prima o poi vidimato. Il Psg l’ha ufficializzato oggi, con sei turni di anticipo, battendo il modesto Angers con una rete di Doué. E adesso la squadra di Luis Enrique può concentrarsi sulla Champions League e la finale di coppa di Francia, ma anche continuare a coltivare l’imbattibilità, da preservare fino a fine campionato, stabilendo un nuovo record in Ligue 1. 

Il primo tempo comunque è di gestione per il Psg che economizza le forze in vista del duello di mercoledì con l’Aston Villa dell’ex Emery. Un paio di dati spiegano una frazione di gioco priva di emozioni ma totalmente di dominio parigino: possesso palla all”84%, con picchi iniziali oltre al 90%; 506 i passaggi realizzati, contro i miseri 91 dell’Angers che non può fare altro che provare a riversarsi verso l’area di Donnarumma sui pochi palloni concessi su qualche errore dei padroni di casa. Ma anche i contropiedi degli ospiti non portano pericoli, perché troppo blandi e improvvisati. Il Psg non fa molto di più, con Dembélé e Barcola in panchina al via, entrati nella ripresa. Tre le occasioni per Ramos su cross di Zaire-Emery (31′), Kavaratshkelia (36′) e Ruiz (39′), ma ogni volta il portoghese di testa non inquadra. Per sbloccarla bisogna allora attendere il 10′ del secondo tempo. Non che il Psg spinga di più, ma stavolta Kvaratskhelia da sinistra invece di crossare a centro area, su Ramos, allunga sul secondo palo dove arriva Doué che al volo di destro tocca in rete. Bastava un pareggio per vincere il campionato. Con una vittoria la festa è sempre più bella.

Vale più di un derby: il Milan a caccia del mini doblete, l’Inter per il triplete

Conceiçao per l’abbinata con la Supercoppa italiana, Inzaghi per eguagliare il 2010. Quarta sfida in stagione, nerazzurri in svantaggio.

Quarto derby stagionale e un altro se ne giocherà, perché parliamo dell’andata delle semifinali di Coppa Italia. Cinque Milan-Inter in stagione sono un’anomalia, un dazio da pagare, per usare la parola del momento. Il Milan ha tutto da perdere perché la Coppa Italia è l’ultimo obiettivo rimasto a Sergio Conceiçao e alla sua orchestra stonata. La coppa vale meno della qualificazione alla Champions, ormai sfumata, ma, abbinata alla Supercoppa italiana vinta in Arabia, darebbe un senso a un’annata che un senso non ce l’ha, per parafrasare Vasco Rossi, cantante interista.

Sarebbe un Doblete, una doppietta in formato mini, laddove, per l’Inter, la Coppa Italia è indispensabile per duplicare il Triplete del 2010, ma, se andasse male nel doppio turno contro il Milan, rimarrebbero lo scudetto, con alte possibilità di successo, e la Champions, con qualche possibilità di vittoria. Simone Inzaghi è uno specialista della Coppa Italia, a neppure 50 anni ne ha vinte tre, una con la Lazio e due con l’Inter. Massimiliano Allegri, primatista del ramo con cinque Coppe Italia, non è lontano. Conceiçao però ha battuto Inzaghi in gennaio a Riad, nella finale di Supercoppa italiana in Arabia, ed è da qui che bisogna partire per capire dove andrà a parare il doppio derby d’aprile.

Nella stagione della grande confusione, il Milan ha vinto due derby e ne ha pareggiato un altro contro la “corazzata Inter”, come da etichetta contiana. A settembre, in campionato, successo per 2-1, con Paulo Fonseca allenatore e con le pressioni alte sulla costruzione dal basso interista come chiave di volta. A gennaio con Sergio Conceiçao fresco di nomina, in Supercoppa, la gran rimonta milanista, da 0-2 a 3-2. Due i fattori: il rilassamento dell’Inter avanti di due gol e l’inserimento di Leao. In Arabia, come in altre occasioni, il portoghese si è alzato dalla panchina e ha spaccato la partita. Le esclusioni motivano Leao, che però stasera è annunciato tra i titolari.

La 10, il talento, le prospettive: Yildiz è il vero erede di Dybala ma come reagirà al mercato

Uniti dal numero di maglia e dal talento, il turco vivrà presto il suo primo mercato e la sua reazione alle grandi offerte sarà da verificare.

Dopo la sfortunata parentesi Pogba bis, la maglia numero 10 della Juve è tornata sulle spalle del giocatore più talentuoso del gruppo. Kenan Yildiz ha ripreso la tradizione e si può definire l’erede di Paulo Dybala, l’ultimo dieci bianconero in termini per qualità e posizione in campo. L’arrivo di Tudor ha rimesso al proprio posto anche Yildiz: il turco alle spalle del centravanti non solo ha fatto gol col Genoa ma ha pure messo in mostra la sua brillantezza, ricambiando nel migliore dei modi la fiducia del nuovo allenatore.

Dybala e Yildiz saranno avversari nel prossimo match tra Roma e Juventus, anche se il giallorosso non sarà in campo causa infortunio: il turco in qualche modo sembra poter ripercorrere alcune tappe dell’avventura dell’argentino in maglia bianconera. A partire dal riconoscimento dello status di calciatore centrale nel progetto tecnico: Dybala rinnovò e prese la 10 (lasciata libera dal primo Pogba) proprio come Yildiz l’estate scorsa ha voluto firmare a tutti i costi il prolungamento del contratto (nonostante il club fosse abbastanza lontano dalla richiesta del suo entourage) per prendersi anche la maglia del suo idolo: Alessandro Del Piero. L’ex capitano bianconero è stato anche il principale riferimento di Dybala.

L’estate prossima per Yildiz sarà più impegnativa, perché bisognerà gestire la pressione del mercato e soprattutto delle prime offerte che arriveranno dai grandi club europei. Una fase che Dybala riuscì a gestire al meglio rispedendo al mittente alcune proposte importanti: l’argentino si ritrovò anche a un passo dalla firma di un contratto a salire che avrebbe fatto scattare la doppia cifra (riproposto successivamente nell’affare Vlahovic) e poi si vide scaricare dalla Juve che intanto aveva fatto delle altre valutazioni sulla sua tenuta fisica. Yildiz è più giovane e di maggiore prospettiva rispetto all’argentino, ma la sua reazione alle grandi offerte sarà da verificare.

Il derby del Milan: Leao titolare, Gimenez paga il rigore ma Abraham sta peggio

Torna Musah, dubbio Thiaw per i rossoneri che non avranno Loftus-Cheek dopo l’intervento per appendicite.

Il Milan affronterà il derby d’andata di Coppa Italia di mercoledì senza Ruben Loftus-Cheek. L’inglese ieri sera avrebbe dovuto essere titolare nella gara del Maradona e invece, dopo qualche leggero fastidio avvertito già sabato, ieri mattina era in preda ad acuti dolori addominali.

Prontamente visitato dallo staff medico guidato dal dottor Stefano Mazzoni, è stato subito evidente il sospetto che il centrocampista fosse alle prese con un problema all’appendice e infatti gli esami effettuati alla clinica Mediterranea di Napoli, dove Loftus è stato accompagnato dal medico rossonero Lucio Genesio, hanno evidenziato un’appendicite acuta. Qualche ora più tardi è stato sottoposto a un intervento chirurgico che si è concluso intorno alle 17.30, proprio mentre la squadra stava facendo la merenda e la riunione tecnica precedente al match contro gli azzurri di Conte. Naturalmente Maignan e compagni, inizialmente in apprensione per l’accaduto, lo hanno salutato prima che lasciasse l’hotel-ritiro e gli hanno inviato Whatsapp di “in bocca al lupo”, dandogli l’appuntamento a Milanello.

La comitiva rossonera è rientrata a Milano ieri notte, subito dopo la sfida, e oggi si allenerà, mentre Loftus-Cheek resterà a Napoli ancora per un paio di giorni per la degenza post-operatoria, poi tornerà a casa. Naturalmente non potrà essere in campo nel derby perché dovrà osservare due settimane di riposo assoluto, ma la sua assenza dai campi sarà di quattro settimane. Un’altra tegola per l’ex Chelsea in una stagione particolarmente sfortunata visto che si era fermato l’11 dicembre nella sfida di Champions contro la Stella Rossa, l’ultima disputata da titolare, a causa di uno stiramento al bicipite femorale destro. Rientrato in tempo per la finale di Supercoppa italiana a Riad (6 gennaio), ha giocato qualche minuto nella rimonta contro i nerazzurri, ma si è fermato di nuovo per un fastidio alla stessa coscia. Dopo oltre due mesi, è entrato per una manciata di minuti contro il Como prima della sosta, ma ora è costretto a fermarsi di nuovo.

Ora sì che Yildiz è un vero 10. Gol e linguaccia grazie alla… “nuova energia” di Tudor

Il turco è tornato a segnare, non succedeva da 77 giorni, dal derby dell’11 gennaio. E adesso è davvero al centro del progetto bianconero

Yildiz ritrova il sorriso e lo restituisce alla Signora. Se non è un segno del destino, è qualcosa di molto simile. L’era Thiago Motta si è chiusa a Firenze con Kenan in panchina anche dopo il 3-0 dei viola.

Quella di Igor Tudor si apre con una magia del numero 10 lanciato verso la porta da un rimpallo vincente di Dusan Vlahovic, il manifesto dei bianconeri finiti nell’angolo con la precedente gestione. Il mondo capovolto in meno di una settimana. Merito di Yildiz, rimesso al centro della Juventus. Dieci di nome e di fatto.

Kenan, dopo mesi vissuti con i piedi sulla linea laterale, contro il Genoa è tornato a danzare nelle zone di campo che preferisce. Più trequartista che ala. Meno confini da rispettare e più libertà d’azione per scatenare fantasia e genialità. Il gol è un po’ lo spot del calcio di Yildiz, mix di determinazione tedesca (come la madre) ed estro turco (come il papà).

L’ex Bayern ha puntato l’area con cattiveria e poi l’istinto gli ha suggerito una giocata un po’ da calcio di strada e un po’ da PlayStation: dribbling secco e diagonale di destro sotto l’incrocio. “Uno dei miei gol più belli – sottolinea il numero 10 a fine partita – ma spero di farne anche dei normali. Sì, è stato importante anche Tudor a inizio azione… Ringrazio Motta, ha fatto quello che poteva. Siamo contenti e siamo un bel gruppo, Tudor ha portato molta energia”. Yildiz ha esultato a braccia aperte, sommerso dai compagni, e l’Allianz Stadium è andato in delirio. 

Milan, Emerson e gli altri: spendere non fa rima con… vincere

Acquisti sì, risultati no: i rossoneri hanno sborsato 110 milioni in cartellini per passare dal secondo al nono posto in classifica.

Quasi 110 milioni di euro in cartellini per passare dal secondo al nono posto in classifica. Il Milan non ha badato a spese nelle ultime due sessioni di mercato, ma i risultati non hanno poi premiato tanta generosità. Alcune scelte sono state sbagliate, a dirlo è stato soprattutto il campo. E, indirettamente, pure la stessa società rossonera.

Emerson Royal era arrivato in estate per 13,5 milioni e, prima del brutto infortunio patito nei primi minuti della gara di Champions contro il Girona a gennaio, era già in odore di partenza. L’ex terzino del Tottenham doveva essere il nuovo proprietario della fascia destra, ma il Milan in inverno ha sfruttato l’occasione Walker anche perché il rendimento del brasiliano non convinceva fino in fondo.

A luglio si pensava di aver trovato l’erede di Giroud in Alvaro Morata – per cui, oltre i 13 milioni della clausola per liberarlo dall’Atletico Madrid, il Diavolo si era fatto carico di un ingaggio importante -, salvo poi cambiare piani sul finire del mercato di riparazione: via lo spagnolo (in prestito al Galatasaray) e maxi spesa per Santiago Gimenez, diventato così l’acquisto più caro dell’era RedBird. Sono 28,5 i milioni finiti nelle casse del Feyenoord che, ironia della sorte, è stato meno di un mese dopo la squadra carnefice del Milan nel playoff di Champions League. Il destino ama farsi beffe del rosso e il nero di recente.

In estate Zlatan Ibrahimovic aveva parlato di innesti per completare una rosa che andava solamente rifinita. Oltre ai già citati Emerson Royal e Morata, erano sbarcati a Milano pure Pavlovic, Fofana e Abraham. Il difensore serbo ha alternato momenti esaltanti a periodi di down, entrando e uscendo dalla formazione titolare un po’ come tutti gli altri centrali della rosa. Fofana, dopo una prima parte di stagione positiva, è parso in calo soprattutto dal punto di vista fisico. Mentre Abraham, in prestito dalla Roma, è costato comunque il (momentaneo) sacrificio di Saelemaekers, che nella Capitale si è imposto più di quanto abbia fatto l’inglese all’ombra del Duomo.

Juve e Milan, crisi diverse ma stessa confusione. È ora di pensare al futuro

Entrambe le società devono scegliere l’allenatore giusto per ricostruire. E al Diavolo serve urgentemente un direttore sportivo. Lo scorso giugno, a distanza di ventiquattr’ore uno dall’altra, Milan e Juventus annunciavano i loro nuovi allenatori, ai quali avevano affidato un progetto a lunga scadenza: sia Paulo Fonseca che Thiago Motta avevano firmato un contratto di tre anni. A fine marzo, il piatto piange: Fonseca è stato esonerato dopo 7 mesi, Motta dopo 9, l’addio si è consumato più o meno a un quarto del cammino.

È la legge dei grandi club dove il tempo è relativo e dove tutto dipende sempre e comunque dai risultati, certo, ma questa volta, per analizzare a fondo i problemi di Juve e Milan, non possiamo fermarci qui. Perché se per due squadre che hanno fatto la storia del calcio italiano e mondiale, giocare la prossima Champions equivale a una vittoria, allora c’è qualcosa che non va. E se i due allenatori subentrati, Conceiçao e Tudor, sono con molte probabilità destinati a salutare alla fine della stagione, allora siamo oltre la “semplice” annata storta.

Da entrambe le parti si sono verificati errori da non ripetere, con responsabilità da sottolineare e, in alcuni casi, anche da individuare. Penso al Milan, dove tutto mi sembra complicato: la catena di comando, esattamente, qual è? Se l’allenatore scelto a inizio stagione finisce per non convincere, se le strategie di mercato non hanno funzionato, dovrebbe essere possibile individuare una figura dirigenziale che quei giocatori e quell’allenatore li ha scelti, invece in casa rossonera non è ancora chiaro chi fa cosa. Ibrahimovic non è un dirigente ma un advisor della proprietà, eppure tempo fa ha detto che il boss è lui e che comanda lui. Tuttavia, le gerarchie nella scelta del nuovo ds sembrano andare in un’altra direzione, con l’ad Furlani in prima fila. Persino i tifosi sono in confusione, non sanno a chi dare davvero la colpa per una stagione che rischia seriamente di chiudersi senza un posto nella Champions che verrà.