Juve, un piano da 25 milioni per Tomori. E per Danilo spunta l’idea Milan

Il difensore ha poco spazio in rossonero, così come il brasiliano nelle scelte di Motta. Per l’ex Chelsea Giuntoli studia un prestito oneroso con riscatto

Juve e Milan si ritroveranno tra qualche giorno in campo a Riad per la semifinale di Supercoppa, ma l’incontro potrebbe allungarsi anche attorno a un tavolo subito dopo con vista sul mercato. Giuntoli ha individuato in Hancko l’erede di Danilo, in quanto lo slovacco del Feyenoord è un mancino che può giocare sia da terzino sia da centrale: prima di fare l’investimento però deve indirizzare una cessione, ed è per questo che il primo colpo potrebbe metterlo a segno su un fronte parallelo.

Il nome di Tomori è riemerso in cima alla lista delle preferenze della Juve perché il difensore in rossonero non sta trovando spazio: situazione molto simile a quella di Danilo, fuori dai radar di Thiago Motta e col contratto a scadenza al 30 giugno. 

La trattativa per Tomori non ha nulla a che vedere con quella che sì è consumata l’estate scorsa per Kalulu. Il Milan apre alla cessione dell’ex Chelsea ma non è minimamente intenzionato a fare sconti: alla Continassa ne sono consapevoli e provano a confezionare la proposta migliore per tentare la chiusura già al ritorno dall’Arabia. L’operazione potrebbe essere definita attorno ai 25 milioni complessivi, tra un anticipo alla firma sotto forma di prestito oneroso e un riscatto indirizzato: non legato a un diritto come per Kalulu. C’è l’ok di Thiago Motta perché il calciatore sarebbe da subito spendibile dentro al progetto, senza alcuna necessità di trascorrere un periodo d’ambientamento nel calcio italiano. 

L’operazione Tomori verrebbe finanziata nella prima fase dalla cessione di Arthur (destinazione più accreditata il Betis, così la Juve andrebbe a scaricare l’ingaggio del brasiliano) e quella sempre più probabile di Danilo, che è un’idea forte del Napoli ma – nell’ambito del dialogo col Milan – potrebbe emergere anche tra le idee del club rossonero, per via di una stima acclarata di Fonseca che è alla ricerca di riferimenti all’interno dello spogliatoio.

A tutto Marotta: “Io, l’Inter, Conte, Oaktree, Inzaghi, l’inchiesta curve, chi vince lo scudetto…”

Il presidente nerazzurro si racconta a Sky Sport: “Con Antonio nessun dualismo. A 67 anni mi diverto ancora molto. Il futuro? Spero di restare qui per diverso tempo”

Beppe Marotta si diverte ancora. A tre passi dai settant’anni, il presidente dell’Inter ha ancora voglia di vincere e di far valere le sue idee: “Se non mi divertissi non farei questo lavoro. A stimolarmi è la passione, e credo che l’adrenalina che ti dà una partita nella vita normale non te la dà niente”. Il numero uno nerazzurro si è raccontato in una lunga intervista con Federico Ferri, direttore di Sky Sport, mandata in onda il giorno di Natale. Una chiacchierata in cui Marotta, campione d’Italia in carica, ha parlato del calcio di ieri e di quello di oggi, di Oaktree e di Inzaghi, dei nerazzurri e dell’obiettivo per i prossimi anni. 

Questo il pensiero di Marotta su Simone Inzaghi, scelto nell’estate 2021. “Simone ha dimostrato di essere un grande professionista e una persona molto intelligente. È arrivato in punta di piedi, non ha fatto proclami, si è adeguato a un ruolo molto importante ed è cresciuto con i risultati. Uno degli aspetti fondamentali è il riconoscimento di essere un leader del gruppo e di inculcare quelli che sono i concetti vincenti: la cultura del lavoro, il senso di appartenenza, la grande passione. Tutte queste componenti sono state supportate dal lavoro di Ausilio, Baccin, Zanetti, da tutta la società. Ha fatto sì che si creasse una simbiosi che ci ha portati lontano”.

Marotta ha parlato anche dell’età media dei nerazzurri, abbastanza alta, e del blocco azzurro come linea guida delle sue squadre. Dalla BBC bianconera a Dimarco, Bastoni e Barella nell’Inter. “Se hai undici talenti non vinci nessuna competizione. L’importanza di uno sport di squadra è mettere insieme una simbiosi tra giovani e meno giovani. Noi abbiamo la dinamicità del giovane, l’entusiasmo del giovane e l’esperienza e la saggezza del meno giovane”.

Juve, per Hancko servono 30 milioni. Ma l’ultima idea si chiama Tomori

Giuntoli punta a fare due colpi: lo slovacco in pole ma costa, resistono Skriniar e Antonio Silva.

“Ci stiamo guardando intorno, è un bravo giocatore che stiamo seguendo da tempo, ma non è il solo. Siamo alla finestra in attesa che vengano scoperte le carte, siamo consapevoli che dietro dovremo fare qualcosa”: parole e musica di Cristiano Giuntoli, che nel pre partita di Monza ha parlato di mercato e in particolare di David Hancko, difensore slovacco 27enne del Feyenoord che l’uomo mercato bianconero spera di portare a Torino già a gennaio.

La difesa, si sa, è una priorità per la Juventus, che ha perso Gleison Bremer e Juan Cabal. Un giocatore arriverà di sicuro, forse due soprattutto se Danilo (che è nel mirino del Napoli ma non solo, anche del Marsiglia e di alcuni club della Premier) dovesse andare via. 

Per questo la dirigenza della Signora si sta portando avanti per cercare di fare un’operazione all’inizio della finestra invernale e regalare a Thiago Motta il rinforzo di cui ha bisogno in tempo per poter fronteggiare il periodo impegnativo che aspetta i bianconeri tra campionato, Champions, Supercoppa e Coppa Italia. Hancko è il preferito dell’allenatore bianconero e anche della dirigenza, ma non è l’unico candidato. Tra i papabili c’è anche il milanista Fikayo Tomori, prossimo avversario della Juventus nella semifinale di Supercoppa italiana (in programma il 3 gennaio a Riad).

L’obiettivo di Giuntoli è mettere a segno una doppietta: un rinforzo come investimento e un altro in prestito fino al termine della stagione. Uno da prendere subito e l’altro entro la fine di gennaio. In cima alla lista c’è Hancko, tuttofare mancino che può giocare sia al centro che sulla corsia di sinistra. Le grandi manovre sono già iniziate ma la trattativa non si annuncia semplice nonostante il sì del giocatore. Hancko infatti ha già dato il suo ok ad anticipare il trasferimento a Torino a gennaio: la Juventus aveva messo in preventivo di prenderlo in estate, ma gli infortuni l’hanno costretta a rivedere i suoi piani. Il problema sarà convincere il Feyenoord, perché per gli olandesi Hancko è titolare e per lasciarlo partire vogliono 30 milioni. Significa che per acquistarlo i bianconeri devono prima fare cassa. 

Koop, nessuna lesione. Per la Fiorentina Motta spera di recuperare anche Danilo

Sospiro di sollievo per i bianconeri. L’esito degli esami dell’olandese all’indomani della gara contro il Monza che ha dovuto lasciare all’intervallo per un problema agli adduttori

Ampio sospiro di sollievo per la Juve e per Thiago Motta. Koopmeiners sarà da monitorare nei prossimi giorni ma il fastidio all’adduttore per il quale è stato sostituito all’intervallo di Monza non è da catalogare come infortunio: si è trattato solo di un leggero affaticamento dovuto alle tante partite giocate nell’ultimo periodo. Questa mattina l’olandese si è presentato al J|Medical e gli esami hanno escluso qualsiasi problematica rilevante, di conseguenza sarà gestito direttamente dallo staff tecnico nel corso dei prossimi allenamenti. Koop già prima di fare ingresso nella struttura sanitaria era parso piuttosto sereno, tanto da mostrare ampia disponibilità per selfie e autografi ai i tifosi (una ventina) che erano lì ad attenderlo.

In vista del prossimo impegno contro la Fiorentina (29 dicembre, alle 18) proverà a recuperare anche Danilo: out a Monza per una leggere distorsione alla caviglia sinistra. Nulla da fare per Weah, che proverà a mettersi a disposizione per giocare la Supercoppa il 3 gennaio contro il Milan. In bilico per la competizione in Arabia c’è anche Milik, che vorrebbe tentare il recupero in extremis: diversamente, l’attaccante polacco ritroverà i compagni al loro rientro e potrà dare man forte nelle rotazioni dell’attacco.

Vlahovic l’insostituibile: è lui l’arma di Motta per battere il Monza (e la “pareggite”)

Senza il serbo i bianconeri non vincono. Ha rilanciato la squadra in Coppa Italia e in Chiampions: ora ci prova anche in Serie A

Dusan Vlahovic ha una media di 0,6 gol per ogni partita giocata in questa stagione in bianconero; la Juventus, invece, non è andata oltre lo 0,33 per match nel periodo in cui il serbo è stato in disponibile. Basterebbe questo dato a spiegare quanto la produzione offensiva della squadra di Thiago Motta poggi le fondamenta sulle prestazioni del suo centravanti, ma l’importanza dell’uomo con il numero 9 sulle spalle non si limita certo a una statistica. Per un attaccante contano le reti gonfiate, certo, ma nell’economia di una partita e di una stagione conta anche la leadership, il ruolo nella manovra, la costanza, l’impegno in allenamento e così via. La certezza è che anche questa sera Motta si affiderà principalmente a lui per sciogliere il maleficio della “pareggite” che ha ingabbiato la Juventus nell’ultimo mese di Serie A. 

Da quando lo scorso 18 novembre Vlahovic ha chiesto il cambio con la Serbia per un risentimento ai flessori della coscia sinistra, i bianconeri non hanno mai più vinto una partita di campionato. Dal derby del 9 novembre è trascorso ormai un mese e mezzo e della vittoria ancora non si è vista l’ombra: dopo lo statico 0-0 in casa del Milan è arrivato l’1-1 di Lecce (un successo sfumato all’ultimo) e poi il doppio 2-2 in casa contro Bologna e Venezia, due punti acciuffati nei minuti di recupero a preservare l’imbattibilità in campionato, non certo il buonumore. Da quando però è tornato a disposizione a inizio mese, Vlahovic ha già dimostrato di avere il pedigree per rimettere in carreggiata la squadra: prima ha aperto le danze per l’impresa contro il Manchester City che ora fa sperare la squadra in un posto negli ottavi di finale di Champions League, poi martedì è arrivata la rete d’apertura nel 4-0 sul Cagliari in Coppa Italia, competizione di cui i bianconeri sono i campioni in carica. In attesa della Supercoppa Italiana di inizio 2025, ora all’appello manca soltanto la Serie A. 

Cambiaso, il rientro slitta: niente Monza

Il difensore resta indisponibile, come Douglas Luiz. Con la Supercoppa alle porte, prevale la cautela

No, domenica Thiago Motta non riavrà il suo jolly. Andrea Cambiaso resta fuori dai giochi di Monza-Juventus e tornerà soltanto dopo Natale: ieri mattina il difensore non si à allenato con il gruppo e la direzione intrapresa dallo staff bianconero è quella della cautela. Cambiaso si è fatto male alla caviglia sinistra all’inizio di Juventus-Bologna lo scorso 7 dicembre, poi ha saltato Manchester City, Venezia e Cagliari, a cui si aggiungeranno appunto i brianzoli. Nella scelta della strategia societaria di gestione degli infortuni pesa soprattutto il fatto che subito dopo Capodanno la squadra volerà in Arabia Saudita per giocarsi il primo trofeo della stagione, la Supercoppa Italiana, e nessuno a Torino sembra voler rischiare di inaugurare il 2025 con l’infermeria piena. Gleison Bremer, Juan Cabal e Arkadiusz Milik non ci saranno, ma la Signora vuole far di tutto perché al lista degli assenti si limiti a questi tre nomi.

Nella seduta del giovedì Motta non ha riaccolto nessuno dei calciatori che erano ancora considerati in bilico per la diciassettesima giornata di campionato all’U-Power Stadium, quindi in Brianza ci andranno gli stessi protagonisti di Juventus-Cagliari di Coppa Italia, tranne l’ultimo infortunato Timothy Weah. Tra gli indisponibili restano quindi anche Jonas Rouhi e Douglas Luiz, quest’ultimo ufficialmente estromesso dall’ottavo di finale di Coppa Italia di mercoledì per la concordata gestione dei carichi di lavoro, ma che in realtà ha sentito un leggero fastidio dopo la partita dello scorso sabato contro il Venezia. In generale, gli occhi dello staff medico sono tutti sugli impegni post-natalizi perché, anche al di là della Supercoppa, il calendario della Juventus resta terribile. Dopo la Fiorentina e la settimana a Riad, il programma abbina ai bianconeri il Torino, l’Atalanta, il Milan e il Napoli, oltre a Bruges e Benfica per puntare più in alto possibile nella classifica del maxi-girone unico della Champions League. Parola d’ordine: niente rischi.

Capello: “Milan, rinforzi sbagliati. Ma siamo sicuri li abbia scelti Fonseca?”

L’ex tecnico: “Con Pulisic trequartista, serviva un uomo di fascia destra e invece è stato ceduto Saelemaekers. Un errore anche dar via Kalulu e prendere Emerson Royal”

Prima di chiederci se il mercato estivo del Milan sia stato più o meno indovinato, facciamoci due domande: chi ha preso le decisioni? E soprattutto, le scelte sono state fatte in accordo con Paulo Fonseca, l’allenatore? Ecco, già conoscere queste risposte aiuterebbe a capire. La mia impressione è che su certi acquisti, ma anche su alcune cessioni, non siano state fatte valutazioni calcistiche ponderate e men che meno siano state ascoltate le esigenze del tecnico portoghese.

Quando dico valutazioni calcistiche ponderate, mi viene sempre in mente Ariedo Braida, dirigente di straordinaria competenza. Braida non solo era eccezionale nel capire il livello di un calciatore, ma soprattutto sapeva cosa voleva dire giocare nel Milan. Ricordo sempre le sue battute: “Bravo quello, però è da San Siro?”. Non è come giocare altrove, ha un peso specifico differente. Per dire, Emerson Royal non mi pare da Milan. È un acquisto che non avrei fatto, perché non ti migliora in una zona di campo dove avevi già Calabria, il giovane Jimenez e volendo Kalulu, che ti avrebbe fatto comodo pure da centrale. Anche io penso che servisse un terzino destro, ma se lo compri, devi salire di livello. E con il brasiliano non l’hai fatto. Discorso simile per Pavlovic, anche se sul serbo sarei più cauto: è ancora giovane e lo abbiamo visto troppo poco. Pure qui, però, mi chiedo se fosse un acquisto così necessario e perché, invece, non tenere Kalulu che già conosceva l’ambiente e alla Juve sta facendo bene.

Il piatto forte del mercato doveva essere l’attaccante, visto che Giroud era andato via. Sono arrivati Morata e Abraham, ma i tifosi rossoneri si chiedono perché il Milan non abbia preso un vero goleador, uno da 20 reti. Come fosse facile. La domanda da farsi è: chi si poteva comprare con lo stesso budget? Io non vedo in giro bomber affidabili e raggiungibili. Morata, poi, è un giocatore completo, un leader e non credo il Milan potesse trovare di meglio. E Abraham come alternativa dalla panchina è più accettabile. Insomma, sull’attaccante non punterei il dito contro la dirigenza. Così come non si può negare che Fofana sia stato una bella presa.

Motta perde Weah: lesione alla coscia destra, due settimane fuori

Si è fatto male contro il Cagliari, proverà a rientrare in tempo per la Supercoppa contro il Milan del 3 gennaio L’emergenza infortuni alla Juve non ha fine.

Out Weah, a seguito di un problema muscolare rimediato nel corso del match di Coppa Italia fra Juve e Cagliari. Gli esami strumentali al J|medical hanno riscontrato una lesione di basso grado del bicipite femorale della coscia destra: resterà fermo per due settimane circa, di conseguenza salterà le prossime gare di campionato contro Monza e Fiorentina tentando il rientro per la Supercoppa in Arabia: prima sfida al Milan il 3 gennaio.

La giostra degli infortuni da inizio stagione ha travolto un po’ tutti gli attaccanti a disposizione di Thiago Motta. Weah negli ultimi mesi è stata una felice sorpresa in alternativa a Nico Gonzalez, che è appena tornato in campo a differenza di Milik: il polacco dovrebbe rientrare in gruppo a gennaio, quando la squadra farà ritorno dall’Arabia. Per il prossimo match a Monza, invece, dovrebbe recuperare Cambiaso, alle prese con un problema alla caviglia sinistra: ma il numero degli indisponibili rispetto all’ultimo match dovrebbe rimanere invariato.

La Coppa Italia per dimenticare il campionato: Juve, quanto conta la sfida col Cagliari

I bianconeri, oltre che in Champions, dopo il decimo pari in A devono andare avanti nel torneo vinto nella stagione scorsa

Roma, 15 maggio 2024: Dusan Vlahovic segna all’Atalanta in finale di Coppa Italia e si regala il primo trofeo italiano della sua giovane carriera. Tralasciando tutto quello che è successo nel post partita (la sceneggiata di Massimiliano Allegri che ha portato al licenziamento per motivi comportamentali del tecnico bianconero) è stata la prima e unica serata di festa dell’ultimo triennio, una boccata d’ossigeno in mezzo a tante delusioni. È stato anche il primo titolo del nuovo corso targato Cristiano Giuntoli e di fatto l’inizio di una nuova era. Ed è alla Coppa Italia che la Juventus s’aggrappa per ritrovare il sorriso dopo l’inaspettato pari con il Venezia e la veemente contestazione dell’Allianz Stadium. Stasera contro il Cagliari — che in campionato ha già fermato la Signora sull’1-1 – non ci si potrà accontentare: o si vince o si esce e i bianconeri non possono permettersi un’eliminazione così precoce soprattutto in un’annata povera di obiettivi. Abbandonati troppo presto i sogni scudetto, Supercoppa (in programma a Riad dal 2 al 6 gennaio, la Juve affronterà il Milan in semifinale il 3) e Coppa Italia restano le uniche possibilità per la banda di Thiago Motta di evitare un’annata da zero titoli. E Vlahovic, che ai sardi ha già fatto centro in Serie A in questa stagione, è l’uomo giusto per tirare la squadra fuori dai guai.

Dici Coppa Italia e dici Juventus, perché i bianconeri dal 2014-15 a oggi l’hanno vinta 6 volte (di cui 4 consecutive), 2 sono arrivati in finale e altre 2 sono usciti in semifinale. Non a caso Madama è la squadra con più Coppe Italia in bacheca (15) e per trovare l’ultima volta in cui non ha superato gli ottavi bisogna tornare indietro di un ventennio: stagione 2004-05 con Fabio Capello in panchina, sconfitta all’andata in trasferta (0-2) e pareggio al ritorno in casa (3-3) con l’Atalanta. Stavolta la Juventus si gioca tutto in gara secca e avrà 90 minuti (più eventuali rigori) per evitare una figuraccia.

La gelida serata di Ibra: inquadrato e fischiato dallo stadio che lo esaltava

Zlatan, in tribuna, appare sul maxischermo e i tifosi rossoneri si scatenano contro di lui: è il simbolo della gestione RedBird

Zlatan Ibrahimovic appare per pochi secondi sul maxischermo di San Siro e lo stadio fischia, fischia senza pensarci. È il momento in cui inizia la contestazione, è il primo tuono che annuncia il temporale. Seguiranno cori, altri fischi, striscioni, migliaia di tweet e commenti indignati. Al Milan contestano tutti, alcuni (Cardinale e non solo…) anche più di Ibra, ma la storia di Zlatan è la più triste, la più simbolica.

Ibrahimovic un anno e mezzo fa lasciava il calcio, al centro di uno stadio che lo osannava. È lo stesso stadio di ieri. Il 4 giugno 2023 Zlatan salutava il pallone a sorpresa: lo aveva deciso solo poche ore prima. San Siro quella sera non solo lo applaudiva, lo invocava (che è di più): “Ibrahimovic, Ibrahimovic”. E lui, Zlatan, si commuoveva, provava a trattenere il pianto, poi si arrendeva. Alla fine, avrebbe detto: “Quando sono tornato qui, mi avete dato amore”. Per Milan-Genoa invece è apparso solo per pochi secondi ed è stato bocciato dallo stadio: messaggio chiaro. 

Ibra aveva parlato anche nel pre-partita. I concetti chiave: “Le parole di Fonseca? “Il mister cerca una reazione, soprattutto dopo una partita così. Quel che ha detto in pubblico lo ha detto anche in privato. Se fossi stato calciatore avrei reagito, perché se l’allenatore non è contento devi fare di più. Noi siamo d’accordo con lui, la squadra deve fare di più e dobbiamo spingere affinché faccia di più. Theo Hernandez? Vive la stessa situazione di Rafa di qualche settimana fa. Theo è uno dei terzini sinistri più forti al mondo, vogliamo che sia al top ma sicuramente tornerà. Il mister fa le sue scelte che tutti rispettano, i giocatori quando tornano in campo devono fare la differenza”. E ancora: “In tutte le partite vogliamo essere presenti con un livello alto: facciamo vedere chi siamo e dove cerchiamo di arrivare. Sono fiducioso perché la squadra è forte, anche se sono mancati un po’ di risultati”.