Tutti i casi di Roma-Napoli: rigore tolto dal Var, caos finale e corpo a corpo Karsdorp-Irrati

Prima dell’intervallo viene concesso un penalty fra le proteste di Mou, poi cancellato; nel finale pestone fortuito dell’arbitro al romanista, che reagisce. Attimi di tensione poi chiariti

Tre episodi che hanno generato non poche proteste durante Roma-Napoli, un susseguirsi di polemiche scattato in casa giallorossa dopo un intervento in ritardo di Lobotka su Pellegrini.

proseguito nel finale di primo tempo per un rigore inizialmente concesso ai partenopei e poi annullato dal Var e poi esploso nel finale con un teso faccia a faccia Karsdorp-Irrati a partita finita.

Il primo episodio si verifica al 27′ del big match dell’Olimpico: contrasto duro in mezzo al campo fra Stan Lobotka e Lorenzo Pellegrini. Il mediano del Napoli interviene in ritardo sul centrocampista dei giallorossi e della Nazionale, colpendolo con un pestone sulla caviglia. Il gioco prosegue, finché Kvara, dopo un tunnel splendido a Mancini, non mette fuori il pallone per permettere a Pellegrini di riprendersi. Applausi per la sportività del georgiano. Non mancano le proteste da parte della Roma però per la condotta arbitrale: manca almeno il giallo a Lobotka.

Al 37′ ancora veleni e stavolta siamo in piena area di rigore. Si tratta di un penalty concesso al Napoli: Ndombele sfonda in area e va giù dopo un contatto con Rui Patricio in uscita, Irrati indica il dischetto. Scoppiano le proteste dell’Olimpico, Mou fa segno ad ampi gesti che il penalty a suo dire è inesistente. Il direttore di gara è richiamato al Var e rivede l’episodio: il portiere giallorosso pare toccare il pallone in uscita. Il fischietto pistoiese torna sulla propria decisione e cancella il penalty: riso amaro di Spalletti, niente rigore per il Napoli.

Nel concitato finale invece è Karsdorp a fare scintille. L’olandese, a partita terminata, entra in contatto con Irrati, che nel frattempo espelle il preparatore atletico Rapetti. Poi il giocatore è stato vittima di un pestone involontario dell’arbitro proprio quando questi estraeva il rosso per Rapetti, che aveva anche litigato con la panchina del Napoli. Morale: Karsdorp ha spintonato l’arbitro per liberare il piede, tanto da spaventare chi si è accorto della scena, temendo che potesse rischiare una sanzione, perché le mani addosso a un direttore di gara non si possono mettere. Quello che giunge dal club, però, è la convinzione che Irrati abbia capito benissimo i motivi del terzino e che quindi non prenderà provvedimenti.

Torino da applausi a Udine: vittoria per 2-1 con super Pellegri

Segnano anche Ola Aina e Deulofeu. La squadra di Juric è la prima a imporsi nello stadio friulano in questa stagione

Un Toro bello e combattivo fa l’impresa, sbanca la Dacia Arena e infligge all’Udinese rivelazione stagionale la prima sconfitta casalinga del campionato. Il meritato blitz granata è un concentrato di tante cose: la corsa infinita di Lukic, la classe di Vlasic, gli assist di Miranchuk e Radonjic, le prove maiuscole di Schuurs e Buongiorno, la capacità di saper soffrire, il miracolo a tempo scaduto di Milinkovic. Poi soprattutto i gol: il primo è di Aina, in mezzo c’è il pari di Deulofeu, ma a far scoppiare di gioia la panchina granata è lo sfondamento di Pietro Pellegri. Dopo il gol in Coppa Italia di martedì, si regala il bis nella sua prima volta in questo campionato. Il Toro rientra a casa con una vittoria che mancava dal 5 settembre (1-0 al Lecce).

Quando si comincia, il copione che si poteva immaginare viene rispettato: Udinese aggressiva e con il baricentro alto grazie alla posizione avanzata dei suoi esterni, Torino compatto davanti alla linea a tre dei suoi difensori, con Aina e Lazaro particolarmente attenti a coprire gli inserimenti laterali dei friulani. Juric sceglie una versione di Toro molto più corazzata: dietro c’è il trio tutto muscoli Zima-Schuurs-Buongiorno, Pellegri è il centravanti. Sono centimetri in più essenziali contro questa Udinese dei giganti. Sottil non ha bisogno di regalare colpi di scena nell’undici di partenza: i suoi viaggiano forti, si presenta con il 3-5-2 concluso dalla coppia Success-Deulofeu. Il Toro contiene colpo su colpo l’avvio friulano, sorretto da un Lukic che firma un primo tempo di corsa e spessore: Sasa è l’uomo ovunque, capace dopo dieci minuti di un salvataggio strepitoso su Pereyra. L’Udinese non sfonda, il Toro comincia a trovare varchi centralmente e ad avere una buona regolarità sulle fasce. La prima vera occasione è dei granata: Silvestri respinge corto il tiro dalla distanza di Miranchuk, Lukic ribatte in curva (12’). Due minuti dopo la gara si stappa: Vlasic sfonda a sinistra vincendo il duello con Samardzic. Appoggio per Mirancjuk, assist per Aina che non sbaglia. Per Aina è il secondo gol in carriera in Serie A, a 21 mesi dall’ultima volta. Quella volta era stato il 10 febbraio 2019 proprio contro l’Udinese (Toro-Udinese 1-0).

La Spal di De Rossi è uno show: 5-0! Frosinone gode al 92′. Cannavaro e Inzaghi, che tonfi

I primi tre punti dell’ex Roma arrivano con una manita sul Cosenza. La Reggina passa da 0-3 a 2-3, ma non completa la rimonta interna col Perugia. Cade il Parma con il Sudtirol, che lo scavalca in classifica. A secco il nuovo tecnico del Benevento

Il match più atteso del primo pomeriggio è del Frosinone, che batte nel finale il Bari (in 10 per oltre 70’ dopo il rosso a Bellomo) con la zuccata di Borrelli. La squadra di Fabio Grosso è momentaneamente in vetta, mentre al Rigamonti il Brescia e il Venezia non vanno oltre l’1-1 sotto gli occhi di Ivan Ramiro Cordoba. Dopo il pari a Cittadella, la prima in casa di Daniele de Rossi è da sogno: la sua Spal è una furia sul Cosenza (5-0). Il ritorno in panca di Fabrizio Castori (al posto del dimissionario Silvio Baldini) porta i suoi frutti: al Granillo, in una sfida piena di emozioni, gli umbri ripartono per 3-2 e rompono la striscia negativa di quattro k.o di fila. Seconda sconfitta consecutiva per il Benevento di Fabio Cannavaro: il Como vince 2-1 in casa. Il Sudtirol di Bisoli (settimo risultati utile) passa di misura anche contro il Parma: a Bolzano la decide Nicolussi Caviglia.

In avvio, i padroni di casa provano a condurre una gara senza troppi sussulti, prima del rosso di Bellomo al 20’: gamba troppo alta quella del centrocampista su Lucioni. Dopo la revisione del Var, l’arbitro Perenzoni decide per il rosso. Il Bari non ci sta ed è comunque pericoloso, prima con una super azione individuale di Cheddira (respinge Turati), poi con Folorunsho, ma il tiro dai 25 metri dell’italo-nigeriano si spegne a lato. Nella ripresa, miracolo di Caprile sul tiro al volo di Frabotta. Il gol comunque arriva a un passo dalla fine: cross del centrocampista in prestito dalla Juve, Borrelli di testa la insacca e fa scoppiare di gioia lo Stirpe.

Tatarusanu, Maignan e la lista Champions: ecco come funziona

Il regolamento Uefa consente tre cambi: se i rossoneri centreranno gli ottavi, il francese potrebbe tornare a disposizione per le sfide di febbraio e marzo.

Il Milan sarà nelle mani di Tatarusanu per un altro po’. Forse addirittura fino a gennaio. Maignan si è fermato di nuovo per una lesione al soleo, sarà ricontrollato tra una decina di giorni e poi si vedrà. In ballo c’è anche il Mondiale. Al momento ipotesi, riflessioni, ma ciò che è certo che Pioli dovrò contare sul portiere romeno per un altro mese, soprattutto per le due sfide della grande coppa contro Dinamo Zagabria e Salisburgo, decisive ai fine delle qualificazione agli ottavi.

A tal proposito va fatta una precisazione. A settembre, dopo il primo infortunio, il Milan aveva sostituito il francese dalla lista Champions per far entrare proprio Tatarusanu, inizialmente escluso a favore di Mirante e Jungdal (lista B) per una questione legata alle liste. Pioli ha usufruito all’articolo 46 del regolamento Uefa relativo alla variazione delle rose, il quale permette di sostituire nella lista un portiere che per motivi medici abbia una prognosi di almeno 30 giorni di stop. Maignan avrebbe ripreso il suo posto tra i pali per la sfida del 25 ottobre contro la Dinamo Zagabria, la penultima del girone prima di Salisburgo.

Da qui la domanda: se il Milan dovesse qualificarsi agli ottavi, Maignan potrebbe essere reinserito a febbraio? La risposta è sì: in base al punto uno dell’articolo 46, consultabile sul sito della Uefa, una squadra può iscrivere un massimo di tre nuovi giocatori per le rimanenti partite della competizione. Il tutto non oltre il 2 febbraio 2023. L’importante è che la lista A abbia 25 giocatori. L’articolo 46.04 del regolamento, inoltre, dice che “un infortunio o una malattia è considerato a lungo termine se dura almeno 30 giorni dal giorno in cui si è verificato”. Nel caso di Maignan parliamo di un mese abbondante. Quindi, se la banda Pioli dovesse passare il girone e centrare gli ottavi, Maignan tornerebbe a disposizione per le sfide di febbraio e marzo. Una motivazione in più per vincere due partite.

Bremer è solo l’ultimo: Juve, per guai muscolari già fermi in otto, perse più di 20 partite

Il dettaglio caso per caso tra affaticamenti, lesioni e sovraccarichi: già colpito un terzo dell’organico, un’assenza e mezzo di media per ogni partita. Senza considerare gli infortuni traumatici che fin qui hanno privato Allegri di Chiesa e Pogba.

I giocatori della Juve continuano a cadere come foglie. La lesione al bicipite femorale della coscia sinistra che fermerà Gleison Bremer per tre settimane aggiorna il tassametro degli infortuni stagionali bianconeri. E se su quelli di natura traumatica spesso c’è poco da aggiungere, si prestano invece a molte più discussioni – soprattutto sulla bontà del lavoro fisico svolto – quelli di natura muscolare. Che con il brasiliano toccano quota otto giocatori colpiti, praticamente un terzo della rosa, in due soli mesi di stagione. Fuori scala.

Oltre al brasiliano al momento ai box ci sono Mattia De Sciglio, per una lesione al retto femorale della coscia destra che lo tiene fuori già da tre partite, e Angel Di Maria, adesso per una lesione al bicipite femorale della coscia destra che al momento gli ha fatto saltare una partita, ma quattro ne aveva già saltate tra agosto e settembre per una lesione all’adduttore della coscia sinistra. Una frequenza di infortuni di questo tipo il Fideo non ce l’aveva mai avuta in carriera.

Prima di loro era già toccato a Tek Szczesny, che per motivi muscolari (senza considerare il successivo guaio alla caviglia) ad agosto ha saltato due partite: lesione all’adduttore lungo della coscia sinistra. A Leonardo Bonucci, fuori tre partite a fine agosto per un affaticamento al flessore. A Manuel Locatelli, fuori tre partite a settembre per un affaticamento muscolare. Ad Adrien Rabiot, fuori tre partite nello stesso periodo per un sovraccarico al soleo del polpaccio sinistro. E ancora nel cuore di settembre ad Alex Sandro, due partite di stop per un problema all’adduttore.

Mettendo insieme i guai di tutti e otto in questi due mesi si arriva a 21 partite saltate per infortuni di natura muscolare su 14 partite giocate, una media di un’assenza e mezza a partita. Tenendo presente che De Sciglio salterà con ogni probabilità un’altra partita (con l’Empoli), Di Maria almeno altre tre (Empoli, Benfica e Lecce) e Bremer almeno altre quattro (Empoli, Benfica, Lecce e Psg), si arriverà a 29 gare di assenza, anche nell’auspicabile caso in cui non si aggiungessero altri infortuni.

Inter, Calhanoglu in stile Pirlo per una regia totale

Il centrocampista turco sta convincendo nella posizione che di solito spetta al collega croato. Che ora può recuperare senza ansie

Quando un centrocampista di grana fina viene preso per la maglietta e trascinato qualche metro più indietro, giusto lì in mezzo, la mente va di istinto all’esempio più luminoso del passato. Ad Andrea Pirlo, forgiato come regista lungo l’autostrada tra Brescia e Milano, L’ultimo ad aver fatto con successo un viaggio simile all’azzurro, da mezzala/trequartista a riferimento centrale, è proprio Hakan Calhanoglu in questa Inter cangiante. Il turco si è da poco ritrovato in posizione da regista, un po’ per caso e un po’ per necessità, ma si è subito sentito a suo agio come se non avesse mai fatto altro nella vita. Così il primo tratto di stagione, ampiamente sotto al suo standard, è stato cancellato.

Quando anche i flessori di Brozovic hanno ceduto, l’Inter ha iniziato ad affidarsi al giovane “vice” portato in nerazzurro nell’ultimo mercato. Kristjan Asllani ha fatto il play al posto del croato in campionato, ma ha avuto la sfortuna di provarci nel momento in cui la squadra di Inzaghi iniziava pericolosamente a sgonfiarsi. Quando l’Inter si è ritrovata di fronte a un burrone – di qua la caduta, di là la via della rinascita –, il tecnico ha scelto un nuovo regista: nell’andata contro il Barcellona ha tentato la celebre mossa alla Pirlo, ha strappato Hakan Calhanoglu al ruolo di mezzala creativa e lo ha messo in mezzo nel trio di centrocampo. Un regista di lotta e di governo proprio davanti ai palleggiatori stordenti venuti dalla Catalogna. La risposta è stata sbalorditiva e non solo per quel destro laser alle spalle di Ter Stegen che ha cambiato la stagione nerazzurra, ma per la calma olimpica e il dinamismo con cui ha gestito la serata. Non bastasse, si è ripetuto pure al Camp Nou in cui non ha segnato come all’andata, ma quasi: la rete dell’1-2 di Lautaro nasce da un suo cambio di gioco che aveva qualcosa di Pirlo. Ancora una volta il turco è stato tra i migliori, nonostante il ruolo (almeno in apparenza) non sia il suo. Se tre indizi fanno una prova, ecco poi la conferma definitiva da regista titolare contro la tenera Salernitana. Quasi un messaggio di Inzaghi: Calha non pare uno di passaggio in quelle zolle, anzi potrebbe pure restarci, anche a costo di cambiare lievemente i dosaggi all’interno della squadra. Lui e Mkhitaryan insieme alzano, infatti, esponenzialmente il livello del palleggio.

Ambrogini d’oro, anche Pioli e la Curva Sud in nomination

Nella lista dei candidati per la benemerenza cittadina milanese figurano anche il tecnico del Milan e il tifo organizzato rossonero.

Premi – o candidature per premi – a mani basse. L’onda lunga dell’effetto scudetto, ovviamente. Dai candidati per il Pallone d’oro al Gran Gala Aic (stasera), passando per gli Ambrogini d’oro, massima onorificenza cittadina, il Milan spopola. E, a proposito di Ambrogini, il mondo rossonero si ritrova con due nomination per le onorificenze civiche 2022 che verranno conferite il 7 dicembre: Stefano Pioli e la Curva Sud Milano, cuore del tifo milanista e gruppo ultrà organizzato di riferimento.

Le proposte di attribuzione, datate 17 ottobre, sono firmate entrambe da Alessandro De Chirico, capogruppo di Forza Italia. Le motivazioni? Pioli viene ritenuto “meritevole di assegnazione per il ruolo professionale svolto nell’ambito sportivo e per aver contribuito alla vittoria dello scudetto da parte di una società di calcio milanese”. Per quanto riguarda la Curva Sud Milano invece – nomination senz’altro particolare – perché “al tifo calcistico organizzato si affiancano iniziative benefiche per la popolazione, come le donazioni ad AREU nel marzo 2020, all’inizio dell’emergenza Covid, o la collaborazione con l’associazione City Angels per la raccolta di beni di prima necessità, coperte e vestiti per i senzatetto milanesi in occasione del derby della Madonnina nel febbraio 2022. La Curva Sud Milano, realtà di aggregazione sportiva e popolare”, ha contribuito “con il sostegno e l’incitamento alla recente vittoria della squadra rossonera nel campionato di Serie A 2021-22”. Difficile pensare che al mondo rossonero vengano assegnati due Ambrogini, ma le nomination restano e sono un segno tangibile di una realtà importante tornata a essere di primo piano.?

Inter in scioltezza con la Salernitana: Lautaro e Barella ancora a segno

Un gol per tempo e nerazzurri sempre in controllo. Tante le occasioni da gol per la squadra di Inzaghi, che prosegue il buon momento dopo la doppia sfida col Barcellona

Niente cali di concentrazione dopo l’impresa di Barcellona. Trascinata da Lautaro e Barella, eroi anche della notte del Camp Nou, l’Inter batte la Salernitana e, in attesa di Napoli-Bologna, accorcia (momentaneamente?) dalla vetta della classifica. Adesso i successi consecutivi in Serie A sono due e la crisi culminata con il ko post sosta a San Siro contro la Roma sembra solo un ricordo. Anche perché il gioco è di nuovo fluido grazie all’ottimo momento di Calhanoglu, vice Brozovic di lusso. L’affermazione contro i campani, poco convinti e per niente convincenti, non è mai in dubbio: niente goleada come la scorsa stagione (doppio 5-0), ma risultato comunque “pesante” in ottica futura. Perché trasmette convinzione alla squadra ancora priva di Lukaku (domani gli esami) e perché permette di preparare nel migliore dei modi la trasferta di sabato a Firenze.

Di fronte allo sguardo del neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, Inzaghi inizia con la stessa formazione che ha pareggiato al Camp Nou, eccezion fatta per Acerbi al posto di Bastoni. Solo panchina per Asllani perché non si può rinunciare alla regia di Calhanoglu o agli inserimenti di Mkhitaryan. Nicola, senza Radovanovic, Fazio e Maggiore, ha anche Bohinen non al top (e in panchina), ma non cambia modulo rispetto alla vittoria di domenica contro il Verona: avanti con il 3-5-2 nel quale Vilhena ha il compito di non far ragionare il turco. Senza alzare i giri del motore, i nerazzurri comandano la partita fin dall’inizio: niente pressione feroce, ma presidio attento di tutti gli spazi per non concedere occasioni ai campani. Importante la spinta a destra di Dumfries e proprio su quella corsia nasce il 1-0 di Martinez, al culmine di un’azione con 12 passaggi che ha origine dall’area di Onana. Il Toro, che si era sbloccato a Barcellona e che in campionato non segnava dal 30 agosto, esulta con trasporto e si conferma fuori dal tunnel. La Salernitana, che aveva Candreva e Mazzocchi sulla linea dei difensori, è costretta ad alzare il baricentro e il pressing per non far palleggiare con facilità i padroni di casa. La “ricompensa” è un pallone recuperato in zona pericolosa che porta a un tiro di poco al lato di Kastanos, ma nel complesso l’atteggiamento tattico degli ospiti non è arrembante per non esporsi troppo alle ripartenze interiste. Così sono Skriniar e compagni a condurre le danze e per larghi tratti si rivedere la costruzione armoniosa e fluida da dietro che aveva contraddistinto la prima stagione di Inzaghi alla Pinetina. Dzeko due volte va vicino al raddoppio, poi tocca a Skriniar, di testa su cross di Dimarco, impegnare Sepe che evita anche la doppietta di Lautaro con un gran riflesso. Onana si vede soprattutto per la sua bravura con il pallone tra i piedi, ma quando Piatek lo chiama in causa, il camerunese è reattivo.

Allegri: “Bisogna compattarsi più di prima. Il ritiro non è una punizione…”

Il tecnico bianconero alla vigilia del derby: “Il presidente ci ha dato la carica, per uscirne bisogna fare le cose semplici e ordinate. Non basta una partita ma bisogna fare risultato”

Possiamo non chiamarla ultima spiaggia, ma molto gli assomiglia. La Juventus arriva al derby nella peggiore condizione possibile, per la classifica (13 punti, peggior risultato dopo 9 giornate dai 12 del 2015-16, quando la Signora vinse comunque lo scudetto) e per il morale, dopo la disfatta di Champions in Israele. In più i bianconeri non hanno ancora mai vinto in trasferta. La Juventus è in ritiro da ieri mattina, una reunion di squadra voluta da tecnico e società per cercare di ricompattare il gruppo. La partita di domani pomeriggio contro il Torino dirà se è servito a qualcosa.

“Il derby è una partita sentita da parte di tutti, ma sarà anche molto difficile. Dovremo stare corti e lavorare di squadra per cercare di ottenere un risultato positivo. Con la squadra ci parlo tutti i giorni, il ritiro non era una punizione per stare insieme e per fare doppi allenamenti oltre a ridare ordine perché quando mancano i risultati si tende a vedere tutto più nero”. Ritiro che sarebbe dovuto iniziare subito dopo il rientro da Haifa e che invece è stato posticipato alla mattina successiva. Per Allegri nessun giallo: “Ho parlato con la squadra all’arrivo e gli ho detto che potevano andare a casa. I ragazzi non hanno mai chiesto di non fare il ritiro perché conosciamo tutti il momento, siamo concentrati nel volerci tirare fuori da questa situazione che sicuramente non è bella. Non basterà una partita ma dobbiamo cominciare a fare risultati”.

Quanto agli obiettivi da raggiungere, il tecnico non si sbilancia più, sebbene a inizio stagione parlasse apertamente di scudetto: “Gli obiettivi sono sempre gli stessi, siamo in ritardo in campionato perché abbiamo pagato la settimana tra la Salernitana e il Monza ma abbiamo tutto il tempo per recuperare. Alla Champions penseremo dopo la partita con l’Empoli”.

Juve, per Di Maria lesione di basso grado del bicipite femorale: 20 giorni di stop

L’argentino potrà tornare in campo prima della pausa per il Mondiale: se non nel derby d’Italia (in programma il 6 novembre) potrebbe esserci con l’Hellas Verona e con la Lazio a seguire

Angel Di Maria potrebbe al massimo tornare in campo per affrontare l’Inter, ma di certo non sfiderà il suo ex PSG da avversario. Come all’andata, il Fideo sarà out a causa di un infortunio. Serviranno infatti venti giorni per recuperare dalla lesione di basso grado del bicipite femorale della coscia destra, rimediato a metà del primo tempo della maledetta trasferta di Haifa, quando i bianconeri erano già sotto di una rete.

Gli esami strumentali, cui si è sottoposto stamattina al J Medical, hanno confermato le brutte sensazioni iniziali ma sollevato circa l’entità dell’infortunio. L’argentino potrà tornare in campo prima della pausa per il Mondiale: se non nel derby d’Italia (in programma il 6 novembre) potrebbe esserci con l’Hellas Verona e con la Lazio a seguire. Salterà invece le gare con Torino, Empoli, Benfica e Lecce. Quanto alla sfida da ex, l’ultima in calendario nel girone di Champions League, l’assenza è da considerare pressoché certa. Mentre la convocazione per la sfida dello Stadium con i nerazzurri di Inzaghi per adesso è da tenere su una linea piuttosto teorica.

Di Maria si è già fermato altre due volte in questa prima parte di stagione per un problema all’adduttore sinistro, oltre all’assenza di due gare di campionato per la squalifica rimediata dopo l’espulsione di Monza. Il Fideo fin qui ha garantito solo 330 minuti: troppo pochi per una delle due stelle pescate in estate dal mercato dei parametri zero per alzare il livello della rosa bianconera. Di Maria ha preso parte a 7 delle 13 partite giocate fino a questo momento tra campionato e Champions League: mai 90 minuti per intero.