Chi va al Mondiale per club? In ballo due classifiche, Juve più vicina con quella Fifa

Due italiane nel 2025: Inter alla fase finale, Milan e Napoli inseguono i bianconeri ma servono punti: due criteri in gioco

Chi va al Mondiale per club? I giochi non sono ancora fatti. E la Juve, pur fuori dalla Champions, è in corsa. Anzi, il vantaggio accumulato può essere sufficiente per volare negli Usa a giugno 2025, prima edizione del torneo Fifa. L’Inter di fatto è già in America, Milan e Napoli inseguono per strappare ai bianconeri l’altro posto per le italiane: un testa a testa all’ultimo punto. Poi sarà un bel problema incastrare nel calendario il torneo che finirà verso metà luglio, nell’anno che porta al Mondiale 2026. Ma con il montepremi in vista non si può fare gli snob. E il discorso va subito alle regole per decidere le 12 europee (su 32 finaliste). Qui c’è una novità che la Gazzetta può anticipare. 

A Zurigo non hanno mai comunicato i criteri per a classifica. Si sa che contano soltanto i risultati in Champions. La prima idea era applicare il ranking Uefa per club: 2 punti per vittoria, 1 pari, 4 partecipazione, 5 per gli ottavi, 1 per quarti, semifinali e finali. Spunta ora una proposta diversa per premiare di più i successi: 3 punti vittoria, 1 pari, 5 per la partecipazione e basta bonus. Qualcosa cambia. Anche per noi. 

Per stilare la classifica si prendono in considerazione le ultime quattro Champions, dal 2020-21 a quella in corso (il ranking andrà aggiornato alla finale). Quattro posti di diritto alle 4 campioni: Chelsea, Real e City sono sicure, una si aggiungerà. Gli altri 8 posti sono assegnati in base al ranking, ma con un limite: non più di 2 squadre per nazione. L’Inghilterra ha esaurito i posti, a meno che Arsenal, Newcastle o United non vincano questa edizione. 

Lautaro scala l’Olimpo: Haaland e Mbappé ora lo inseguono

Questa stagione segna una rete ogni 75 minuti: nessuno nei top club a questo ritmo. I Inter vogliono presto il rinnovo e lo valutano non meno di Osimhen: 180 milioni.

È partito benino, Lautaro Javier Martinez da Bahia Blanca, che chiamano minacciosamente el Toro sia i compagni dell’Inter tornata in vetta sia gli avversari incornati di giornata in giornata. Ha iniziato spedito, come le navi che lasciano il porto della sua città, lì dove si spalanca l’Atlantico argentino tra Pampa e Patagonia. A questa velocità mai vista sta entrando in una nuova dimensione: non più talento, ma prodigio. Non solo ammirato rapinatore d’area, piuttosto fenomeno globale. Di quelli che lasciano parlare solo il pallottoliere: in stagione ha messo in cascina 12 reti in 11 partite e, contando i minuti, si scopre che esulta in media ogni 75’. Sabato contro il Torino ha usato per la prima volta quest’anno pure la testa per far male, poi ieri ha brindato in famiglia alla caduta del Milan: su questo primo posto ritrovato c’è la sua impronta gigante. E pure quella del nuovo gemello Thuram, che pare fabbricato proprio per scatenare Martinez senza più limiti.

Si escluda Serhou Guirassy, il guineiano dello Stoccarda che non gioca la Champions ma sembra toccato da un fluido magico: 14 reti in otto partite, una ogni 46. Per il resto non c’è rivale di una squadra dei cinque campionati top capace di arrampicarsi alle altezze del Toro: Jude Bellingham ad esempio, l’uomo nuovo che riempie di stupore e bellezza il Real Madrid, riesce solo a sfiorarlo segnando ogni 94 minuti (10 in 11 partite). Si dice che, una volta messi in soffitta Messi e CR7, si sia spalancata l’epoca della sfida con spade laser tra Mbappé ed Haaland, eppure né il francese né il norvegese hanno iniziato come il capitano dell’Inter. La stella del Psg il big che più gli si avvicina, la mette dentro ogni 88’, mentre i 9 centri in 11 partite del gigante di Guardiola sono caduti alla media di uno ogni 109’. Più che duello, forse, presto si parlerà di un terzetto in lotta per il trono mondiale: se era un azzardo pensarlo qualche mese fa, adesso non lo è più.

La verità su Lukaku: trattava con Juve e Milan prima della delusione di Istanbul

Non era d’accordo con Inzaghi già dallo scorso inverno, ma il tecnico lo avrebbe voluto confermare. Il 29 l’incrocio a San Siro con ex compagni e tifosi

Lukaku ha scelto di non vestire più la maglia dell’Inter. Lui, nessun altro per lui. Ma è quantomeno curioso che fino al 13 giugno, tre giorni dopo la finale di Istanbul, non avesse comunicato la sua decisione a Romelu. Perché forse Lukaku aveva problemi con Simone Inzaghi e già trattava con altri club. Però Romelu su instagram scriveva così, per consolare i tifosi nerazzurri 72 ore dopo la sconfitta col City: «È una sensazione di merda per tutti noi che amiamo questo bellissimo club… Ma l’Inter ha ancora fame e torneremo a combattere con la speranza di raggiungere un giorno quel momento in cui si scrive la storia». E allora non si può dar retta a Dio e a mammona, a Lukaku e a Romelu. Bisogna scegliere. Bisogna decidersi. La verità è che il belga ha giocato su due tavoli, finché ha potuto. Ha dribblato finché c’è stata la possibilità. Poi, a metà luglio, è dovuto uscire allo scoperto. Con l’Inter. Con i suoi (ormai ex) compagni. Con Roc Nation, che aveva apparecchiato con l’Inter un affare a titolo definitivo e poi è stata costretta a salutare il suo ex uomo immagine.

Lukaku – questo l’Inter l’ha capito più avanti – parlava con almeno altri due club ben prima della finale di Champions. Probabilmente anche prima delle due semifinali con il Milan. E pure con il Milan, addirittura i rivali cittadini dell’Inter per la quale lui stesso (anzi no, Romelu) professava amore. Sui motivi si può discutere a lungo. Di certo tra Lukaku e Inzaghi non è mai scoppiato l’amore. Romelu si lamentava dell’allenatore già a inizio 2023, perché scontento di un impiego che non gli consentiva di entrare in forma. Poi è cominciata la fase dell’alternanza fissa con Dzeko. Lukaku era convinto che prima o dopo sarebbe stato lui a prendersi la vetrina più importante, ovvero la Champions. E forse deve aver interpretato così più di un colloquio avuto con Inzaghi lungo gli ultimi due mesi di stagione. Istanbul è la goccia. Tutto accade nei giorni prima della finale.

Cos’è successo prima di Istanbul tra Lukaku e l’Inter

Contro il City era convinto di giocare titolare: il dualismo con il bosniaco non l’aveva mai digerito.

Ma cosa è successo nella settimana prima della finale di Istanbul tra Romelu Lukaku e l’Inter? Spinti dalle parole pronunciate ieri in conferenza stampa in Belgio dal bomber della Roma, in tanti hanno pensato: “Cosa ci siamo persi?”.

Cosa è successo quella settimana (e quelle successive) ad Appiano Gentile e dintorni abbiamo provato a ricostruirlo noi, senza aspettare la prossima puntata del Lukaku pensiero.

Partiamo dalle frasi di ieri del bomber di Anversa: “I primi giorni dopo Istanbul mi sentivo un po’ a disagio perché la mia mente era fuori posto a causa di quello che era successo nei giorni precedenti. Di questo parlerò più avanti. Sono come LeBron James: gioca da tanti anni e ha dovuto sopportare molte cose. Ma ogni estate lavora duro e smentisce tutti. Rispondo anch’io in campo”. Lasciando a chi legge ogni considerazione sul paragone tra LeBron James (4 titoli Nba con 3 squadre diverse, 4 volte miglior giocatore delle finali e della stagione, miglior marcatore della storia della Nba…) e lui (uno campionato belga vinto con l’Anderlecht, una Coppa d’Inghilterra e un Mondiale per club con il Chelsea più i tre titoli con l’Inter, campionato 2020-21, Supercoppa italiana 2022 e Coppa Italia 2022-23), ci concentriamo su quello che succede dopo Torino-Inter 0-1 del 3 giugno 2023, l’ultima gara di campionato che si gioca a una settimana esatta prima di Istanbul. Ai nerazzurri, che hanno conquistato la certezza matematica della partecipazione alla Champions 2023-24 nel precedente turno battendo a San Siro l’Atalanta, servono tre punti per essere sicuri del terzo posto e quelli arrivano grazie a una rete di Brozovic (assist di Big Rom). Lukaku viene schierato titolare accanto a Lautaro, gioca tutti i 90 minuti, gli ultimi 35 a fianco di Dzeko, il grande “rivale” in vista della finale di Champions.

Lukaku e l’addio all’Inter: “La mia mente fuori posto per quello che è successo prima di Istanbul”

L’attaccante belga e della Roma: “Tutti sotto shock se dicessi la verità sull’estate. Parlerò a tempo debito. Critiche? Sono come LeBron” Romelu Lukaku rompe il silenzio.

O meglio, lo fa a metà. Dal ritiro della nazionale belga il centravanti della Roma ha deciso di togliersi – almeno parzialmente – più di un sassolino dalle scarpe, tornando sulle vicende di mercato – dall’Inter alla Juve – che lo hanno visto protagonista durante la scorsa estate: “La maggior parte delle persone in sala mi conosce. Sapete che non mi piace girare intorno ad un argomento. Parlerò a tempo debito, aspetterò il momento giusto. Ma se dicessi davvero come è andata l’estate scorsa, tutti rimarrebbero scioccati”.

Lukaku ha continuato: “I primi giorni dopo Istanbul mi sentivo un po’ a disagio, ma la mia mente era fuori posto per quello che era successo nei giorni prima. Di questo parlerò più avanti”. Big Rom ha sopportato in silenzio: “Sono come LeBron James, gioca da tanti anni e ha dovuto sopportare molte cose. Ma ogni estate lavora duro e smentisce tutti. Rispondo anch’io in campo. Sono state dette tante cose su di me, ma sono concentrato sulla Roma e sul Belgio. Ho lavorato duro tutta l’estate, come vedete sono in buona forma e voglio continuare così. Anche lo staff tecnico della Roma è rimasto colpito dal mio stato di forma al mio arrivo. È il campo che parla”.

Lukaku ha poi parlato della scelta di trasferirsi nella Capitale, svelando un nuovo retroscena. Ad agevolare il suo approdo a Trigoria infatti sembra essere stata l’intercessione di Radja Nainggolan, ex compagno di nazionale di Romelu che proprio con la Roma ha vissuto il momento migliore della sua carriera: “Devo ringraziare anche Radja Nainggolan – spiega Lukaku – è stato lui ad aver dato il mio contatto alla Roma”.

Il vizietto dell’Inter: segna, domina ma poi piange a fine gara

Contro Sassuolo e Bologna persi 5 punti da situazioni di vantaggio. Nelle ultime due gare casalinghe di Serie A i nerazzurri sono sempre andati avanti, ma non sono riusciti a conservare il risultato positivo

Dal Sassuolo al Bologna, l’Inter rivede se stessa nella doppia rimonta subita in casa nelle ultime due giornate interne di campionato. Poco importa – se non per il punto odierno ai fini della classifica – che contro la squadra di Thiago Motta sia arrivato un pareggio e non una sconfitta: a impensierire Simone Inzaghi è la medesima trama delle uniche due partite che i nerazzurri possono rimproverarsi in questi primo mese e mezzo di Serie A. Il vantaggio, la partita in controllo e l’entusiasmo del Giuseppe Meazza prima; l’errore individuale sul primo gol, il troppo spazio lasciato agli avversari sul secondo e il nervosismo finale poi. Dal neroverde al rossoblù, l’amaro in bocca è lo stesso per una squadra che nei numeri ha perso già cinque punti in campionato da situazioni di svantaggio. Al momento del triplice fischio di Inter-Bologna, soltanto il Cagliari ne ha persi di più nella Serie A 2023-2024.

Nel primo e unico turno infrasettimanale di questo campionato era stata la “magata” di Denzel Dumfries a mettere sotto il Sassuolo, sorprendendo gli avversari con un movimento palla al piede a rientrare dalla fascia destra per segnare con il mancino. Contro il Bologna è stato invece un incredibile doppio colpo in 117 secondi a stordire i rossoblù, prima con l’incornata su corner di Francesco Acerbi e sùbito dopo con l’ennesimo capolavoro di Lautaro Martinez, per una volta da fuori area, sotto l’incrocio. In entrambi i casi la netta sensazione dallo stadio è stata quella di una partita in discesa, tra le mani degli uomini di Simone Inzaghi già a metà dell’opera. San Siro che canta, i calciatori che giocano a mente più leggera, pronti soltanto a chiudere il dossier alla prima ripartenza letale. Peraltro, in entrambi i match i gol si sono incastrati in momenti chiave della partita: nel recupero del primo tempo contro gli uomini di Alessio Dionisi, in avvio di match contro quelli di Motta che non raccoglievano la palla dalla rete da oltre 400 minuti. Perfetti per “tagliare le gambe” agli avversari, insomma.

Inter, una vittoria da grande d’Europa. Napoli, troppo Real

I nerazzurri sembrano entrati in una diversa dimensione in Coppa. Bellingham fenomeno, ma Garcia ha tutto per volare agli ottavi 

L’Inter ha vinto come vincono le grandi d’Europa: primo tempo così così, secondo da padrona. Il Benfica – una formazione di ottimo livello, benché la classifica di Champions racconti che non ha nemmeno un punto – ha perso uno a zero, ma in quella ripresa vissuta in balia degli avversari poteva prenderne tre o quattro. I nerazzurri, quando la partita s’è complicata, hanno cambiato ritmo, scelte, atteggiamento. È così che le squadre migliori si prendono le vittorie. La dimensione dell’Inter sta diventando questa anche a livello internazionale, sull’onda lunga della finale di Istanbul: dopo il pareggio di San Sebastian il successo era indispensabile, eccolo. 

Anche il Real – nemmeno c’è bisogno di dirlo – è una grande d’Europa, e il Napoli ha pagato sulla propria pelle ciò che questa squadra ha dentro di sé. La formazione di Garcia è andata in vantaggio, è stata scavalcata, ha rischiato il crollo e poi si è rimessa in pari grazie a un rigore che Ancelotti – ci teneva a vincere davanti a De Laurentiis, nell’abbraccio finale al figlio Davide ha scaricato una tensione speciale – ha garbatamente contestato. Poi, il colpo finale. Una carambola? No, un gran tiro di Valverde. Bellingham ha impressionato chi lo conosce poco, ma il Napoli se l’è giocata quasi alla pari. Non è, almeno non ancora, la squadra perfetta, quasi inarrestabile della scorsa stagione, però la doppia sfida con l’Union Berlino dovrebbe aprire agli azzurri le porte degli ottavi. 

Incredibile il secondo tempo di Lautaro: lo specchio ribaltato di quello di Salerno. Dalla magia alla maledizione in tre giorni. Là metteva in rete ogni pallone che toccava: uno, due, tre, quattro. Record. Qui non ha raccolto nemmeno un gol, benché si sia procurato cinque occasioni pulite, clamorose per segnare: traversa, palo, parata, ribattuta di Otamendi sulla linea, altra parata. Se avesse segnato quanto sabato in campionato non ci sarebbe stato da sorprendersi, invece le reti sono sfumate tutte quante: un po’ sfortuna, un po’ merito altrui, un po’ imprecisione.

Sassuolo-Juve, Allegri deve vincere per tenere il passo dell’Inter: le quote

La squadra Juve sarà impegnata a Reggio Emilia contro Berardi, ancora oggetto del desiderio di Max, e deve conquistare tre punti per non perdere terreno dall’Inter già in fuga

La Juve, che non partecipa alle coppe europee per la sanzione dell’Uefa, tornerà in campo a Reggio Emilia per affrontare il Sassuolo e continuare la sua corsa al vertice. Allegri vuole tenere il passo dell’Inter, in fuga a punteggio pieno e impegnata domenica a Empoli, e per questo il successo è obbligatorio. Il netto successo contro la Lazio (3-1 finale) fa della squadra bianconera una delle grandi favorite nella corsa verso lo scudetto proprio perché non avrà impegni infrasettimanali per tutta la stagione. Considerando che il Sassuolo sta vivendo un momento di difficoltà, bianconeri favoriti per il successo in questa gara. Sassuolo-Juve si giocherà sabato 23 settembre alle ore 18.

Il Sassuolo viene dalla pesante sconfitta di Frosinone, dove vinceva 2-0 (doppietta di Pinamonti) prima di crollare e perdere 4-2. Gli sbandamenti difensivi accusati allo Stirpe fanno pensare che per Vlahovic e Chiesa ci saranno ampi spazi per colpire. Ma attenzione: dall’altra parte c’è Berardi, che a lungo è stato trattato dalla Juve e che potrebbe essere stimolato nell’orgoglio. Si parla ancora di un affare possibile per gennaio, chissà. La vittoria di Allegri in una partita ricca di gol (combo formata dal segno 2 più over 2.5) si trova in lavagna a 2.60 su Gazzabet, Novibet e Sisal  e a 2.48 su Planetwin365.

Escludendo la possibilità dell’over 2.5 (almeno tre gol in partita), il successo di Allegri e della sua squadra viene quotato da Gazzabet e Novibet a 1.82, da Sisal e Planetwin 365 a 1.80. Vedremo, appunto, chi tra Vlahovic, Chiesa e Berardi avrà le occasioni migliori.

Via Onana, dentro Sommer: l’affare l’ha fatto l’Inter

Un erroraccio (l’ennesimo) del portiere camerunese, preso a zero e venduto per 52,5 milioni di euro, ieri è costato allo United la sconfitta. Mentre il suo sostituto in nerazzurro ha tenuto in partita la squadra contro la Real Sociedad con due interventi decisivi

Quest’estate tutti gli interisti o quasi si flagellavano per la cessione di André Onana al Manchester United. Un atto dovuto dal punto di vista finanziario. Il portiere camerunese, preso a zero dall’Ajax nel 2022, è stato venduto per 52 milioni e mezzo di euro, più cinque di bonus. Una plusvalenza gigantesca e reale che ha permesso all’Inter di finanziare il mercato e dare una sistemata ai conti.

Per sostituirlo, Marotta e Ausilio hanno acquistato Yann Sommer dal Bayern Monaco per 6 milioni e sono piovute le critiche: è vecchio perché ha 34 anni, è basso perché è alto un metro e 83, misura oggi inadeguata per un portiere. Il calcio però è strano e quel che sembrava un declassamento alla luce della prima giornata della nuova Champions è diventato un miglioramento. Onana, in Bayern Monaco-Manchester United 4-3, ha commesso l’ennesimo errore di questo primo scorcio di stagione. Sommer, a San Sebastian contro la Real Sociedad, ha tenuto in partita l’Inter con almeno due interventi decisivi e di notevole fattura, e alla fine è arrivato l’1-1 di Lautaro. Ecco perché oggi si può dire che l’Inter ci abbia guadagnato nel passaggio da Onana a Sommer. 

Onana ha evidenti responsabilità sul primo gol del Bayern, un tiro di Sané da fuori, centrale e non irresistibile, ma il portiere dello United ha bucato la presa e il pallone si è infilato in rete. Uno sbaglio in cui si sommano diverse imperfezioni: la postura scorretta, il deficit di concentrazione, le mani “molli”. In 6 presenze con lo United, 5 in Premier League e una in Champions, Onana ha già incassato 14 gol, di cui 10 in campionato e 4 in Europa, più di due reti in media a gara. Non è tutta colpa sua, questo United fin qui ha deluso, però Onana è ritornato il portiere altalenante che si era visto all’Ajax. Nella stagione all’Inter aveva raggiunto un’affidabilità che ha subito perduto una volta lasciato Milano. 

Milan più pesante, Inter più profonda: da Loftus-Cheek a Frattesi, è il derby dei nuovi

Il mercato ha cambiato il volto delle due milanesi: Pioli ha ottenuto più fisicità e imprevedibilità, Inzaghi più alternative

Nella stagione scorsa, l’Inter ha vinto quattro derby su cinque in tre competizioni diverse: campionato, Supercoppa Italiana, Champions League. Primo round di Serie A ai rossoneri, a settembre, poi poker plateale dei nerazzurri con un complessivo 7-0. Significa che Inzaghi ha completato un anno solare senza subire un gol da Pioli. Quei quattro derby consecutivi sono stati quattro martellate a un chiodo piantato nella testa del Diavolo: «Siamo più forti noi».

La ricostruzione del Milan doveva partire dalla rimozione del chiodo. L’operazione è riuscita, perché ora è tutta un’altra squadra, senza traumi in memoria. Non c’entra con quel poker di sconfitte. Pioli si siede al tavolo da gioco con altre carte in mano: Loftus Cheek, Reijnders, Pulisic… Ci aspettiamo un derby diverso dagli ultimi, per tipologia di partita, e questo, naturalmente, non spiace a Pioli.

La sensazione è che nei derby della stagione scorsa, l’Inter cominciasse a vincere sotto il tunnel degli spogliatoi, quando Dzeko guardava dall’alto in basso Brahim Diaz e Dumfries confrontava i suoi muscoli con quelli di Saelemaekers. Prima ancora di misurarsi sul piano tattico e tecnico, il Milan soffriva la superiore cilindrata dell’Inter, la più robusta struttura atletica. Il mercato ha guarito anche questo. Prendiamo la prima semifinale di Champions (10 maggio 2023, Milan-Inter 0-2) che l’Inter ha risolto in 11’ con Dzeko e Mkhitaryan, dimostrando una netta superiorità. L’undici titolare di Pioli pesava complessivamente 846 kg. Quello annunciato domani: 882 kg. Il mercato ha aggiunto una quarantina di kg alla potenza del Diavolo e mezzo metro d’altezza. Il Milan titolare della prima semifinale misurava 20,11 metri, quello di domani 20,51. L’Inter si è rimpicciolita tra i pali: Sommer paga 7 cm e 14 kg a Onana. Domani sotto il tunnel di San Siro, il Milan sarà più pesante e più alto dell’Inter: questa è la vera discontinuità che Pioli cercherà di esasperare tatticamente, con posizioni liquide in mezzo al campo. Un Pulisic così aggressivo a destra prima non ce l’aveva.