Le idee di Conte, i gol di Gasp e la solidità di Inzaghi: pregi e difetti delle favorite. Il triangolo, sì, lo dobbiamo considerare
Il triangolo, sì, lo dobbiamo considerare: Napoli, Atalanta e Inter. Vero che Fiorentina, Lazio e Juve sono lì, il Milan ci crede, la strada è lunga, gli scenari possono cambiare, ma, per quanto visto finora, per i valori, per l’esperienza di vertice, le candidature di Conte, Gasperini e Inzaghi appaiono più solide e promettono di resistere nel tempo.
La vittoria sul Torino ha aggiunto credibilità alle ambizioni del Napoli, non solo perché ottenuta nella sofferenza, come usa chi sa arrivare in fondo, e perché si è avuta la conferma che gli dei seguono Conte con simpatia (gol ciccato da Coco). Si è visto qualcosa di nuovo: Di Lorenzo e Olivera mai così accentrati in costruzione. In un’azione esemplare, erano al centro del campo spalla spalla, come due mezz’ali. Si sono scambiati la palla, poi Olivera è andato a raccogliere un cross nell’area granata.
È l’antica lezione guardiolesca del terzino Kimmich che diventa play, già sfruttata da Pioli e altri. È un modo intelligente per ovviare alla partenza di Zielinski e non lasciare solo Lobotka in regia, perché McTominay non è Zielu e resta alto nell’orbita di Lukaku. Non è la mossa in sé che importa, ma il fatto che Conte possa mettere a punto varianti tattiche in settimane di lavoro senza coppe.
La Juve ha cambiato 18 formazioni in 19 partite. E poi il valore della rosa. Conte ricorda spesso lo svantaggio di 41 punti nel torneo scorso. Ma quello era un Napoli dormiente. Bastava risvegliarlo, non rifondarlo, ridargli un’anima, riaccendere entusiasmo ed empatia, anche col popolo. In questo, Antonio è stato bravissimo. Ma 8 giocatori su 11 da scudetto ce li aveva in casa. Thiago Motta no. Se i terzini possono costruire, è perché è arrivato l’ottimo Buongiorno che con Rrahmani accetta serenamente il 2 contro 2. È partito Osimhen che dava più di Lukaku, certo, ma è arrivato McTominay che compensa.