Inter, che combini? Barella gol, poi si scatena l’Udinese: Sottil capolista, bufera Inzaghi

I nerazzurri partono benissimo con una punizione del centrocampista, poi il tracollo: terzo k.o. in campionato in 7 partite. Com’è che si dice? Chi vince esulta, chi perde spiega. L’Inter deve spiegare un’altra volta, la terza in questo campionato, la quarta in stagione.

Sconfitta pesante, perché il 3-1 dell’Udinese arriva nel finale ed è segnale di una squadra ci ha creduto di più e con maggiore lucidità. Sottil esulta: è la quinta vittoria consecutiva, arrivata con il gusto di una rimonta dopo lo svantaggio iniziale di Barella. Un autogol di Skriniar, un colpo di testa di Bijol e un altro di Arslan disegnano il tabellino dei sogni, per l’Udinese.

Non c’è tempo di studiarsi, la partenza è lanciata e i ritmi subito alti, come previsto. L’Udinese si affaccia al 2′ con Lovric, che spaventa Handanovic con un destro di poco largo. La prima occasione Inter, invece, porta subito al vantaggio. Ed è una giocata non usuale: Barella non è esattamente uno specialista di calci piazzati, ma al 5′ trova un destro perfetto sopra la barriera su cui Silvestri può nulla. Inzaghi subito avanti: alla vigilia aveva chiesto ai suoi di fare attenzione alle partenze lampo dell’Udinese, è lui invece a ritrovarsi in vantaggio. Sottil accusa il colpo, l’Udinese ci mette qualche minuto a carburare. Poi aumenta i ritmi del pressing e schiaccia l’Inter all’indietro. Il pareggio, al 22′, arriva in realtà da un altro calcio piazzato: Pereyra mette dentro un pallone dalla trequarti, in mischia Skriniar devia alle spalle di Handanovic. L’Inter protesta per un fallo su Dzeko, ma Valeri convalida dopo il check del Var. Tutto da rifare per i nerazzurri. E pure per Inzaghi, che piazza la mossa a sorpresa, di sicuro inedita. Bastoni e Mkhitaryan, ammoniti, vengono sostituiti al 30′ da Gagliardini e Dimarco, subito dopo il tiro potente dello stesso Bastoni – parato – con una conclusione di sinistro su sponda di Dzeko. Il pallino del gioco resta in mano all’Udinese, che pressa fin dentro l’area avversaria oscurando la costruzione di Brozovic. L’Inter concede campo per poi guadagnarlo in ripartenza. Al 33′ la chance è per Dzeko, che manda alto un cross di Dumfries dopo un ottimo lavoro di Lautaro sulla trequarti ed è l’ultima vera azione segnalabile del primo tempo, tra un paio di mischie irrisolte nell’area nerazzurra e un buon contropiede sprecato malamente da Dumfries al momento del cross.

Roma, Camara: “Qui c’è un ambiente familiare. Mou è tra i più grandi della storia”

Le parole del centrocampista che i giallorossi hanno preso subito dopo l’infortunio di Wijnaldum: “Diversi club si erano interessati a me, quando la Roma si è fatta viva però non ho avuto dubbi”

Ultimo giorno di presentazioni a Trigoria per il mercato estivo: è il turno di Mady Camara, centrocampista che la Roma ha preso in prestito dall’Olympiacos subito dopo l’infortunio di Wijnaldum. Non è un titolare, ma sembra avere le idee chiare sui suoi obiettivi: “Mi trovo bene qui – le sue parole – e la cosa che mi è piaciuta di più finora è l’ambiente familiare che si respira. Mi hanno accolto tutti come un fratello. Per me è un orgoglio essere al servizio di uno dei più grandi allenatori della storia del calcio, se non il migliore”.

Sulla trattativa che lo ha portato in pochi giorni a Trigoria, Camara spiega: “Diversi club si erano interessati a me, quando la Roma si è fatta viva però non ho avuto dubbi, anche quando ho parlato con Mou ho capito subito che volevo venire. Sono qui per dare tutto e aiutare la Roma a raggiungere gli obiettivi, non ho ancora i 90’, ma non mi pongo limiti”.

Camara racconta anche delle conversazioni avute con Manolas prima di accettare la Roma: “Ho parlato con Kostas, mi ha detto cose bellissime, anche dei tifosi, ho potuto riscontrare subito quello che diceva. I tifosi dell’Olympiacos sono molto caldi, quelli della Roma non sono da meno”. Sulla concorrenza, visto che sulla carta non è un titolare, Camara ammette: “Cercherò di lavorare per restare qui a lungo. Condividere lo spogliatoio con giocatori che spesso prendevo alla PlayStation, e ora invece mi ci alleno, è un sogno”.

A presentare Camara il gm Tiago Pinto: “Ci siamo dati subito da fare per trovare la miglior soluzione possibile per squadra e allenatore dopo l’infortunio di Wijnaldum. Camara ci aiuterà molto dentro e fuori dal campo, visto anche il suo atteggiamento”.

Juve mai partita così male in Champions: ora rischia di doverle vincere tutte

Nel caso peggiore la quota per il passaggio del turno potrebbe salire a 12 punti. Ma in ogni caso i bonus sono finiti e servirà fare risultato al ritorno col Psg e in casa col Benfica con cui si è appena perso

Aver perso le prime due partite stagionali di Champions League, un evento unico nella storia del club secondo le rilevazioni Opta, mette oggi la Juventus nella complessa situazione di trovarsi a -6 dal passaggio del turno. Ovvero sei punti di distanza da entrambe le rivali dirette, Psg e Benfica, con in più lo scontro diretto al momento a sfavore e da ribaltare. Se Allegri aveva detto sin dal sorteggio che sarebbe stato col Benfica che si sarebbe giocato il passaggio del turno, adesso averci perso, e oltretutto averlo fatto in casa, cambia le carte in gioco, complicando evidentemente la situazione.

Quando si è espresso sull’argomento, Allegri ha fissato la quota qualificazione per il passaggio agli ottavi a 10 punti. Il problema è che per come si sono messe le cose adesso la Signora rischia di aver bisogno di vincere tutte e quattro le partite per rimettersi in corsa. Non impossibile (l’anno scorso ne vinse cinque su sei, per poi uscire agli ottavi…) ma al momento un atto di fede per una squadra che è partita perdendone due su due. In sintesi: lo scenario peggiore è che Psg e Benfica, oltre a battere il Maccabi Haifa, si prendano una vittoria ciascuno nella doppia sfida tra loro. Andrebbero così entrambe a 12 punti, la quota che la Juventus può raggiungere solo vincendo tutte e quattro le rimanenti partite.

Il corollario è che, se anche questo caso peggiore non si materializzasse, e dunque mantenendo l’obiettivo della quota 10 nel caso in cui Psg o Benfica perdessero punti per strada, la Juventus è comunque in una situazione in cui apparentemente non può più permettersi di perdere una sola partita.  L’ultima volta fuori dagli ottavi di Champions fu nel 2013-14, l’ultimo anno con Antonio Conte.

Barça bello e imperfetto: Inter, una sterzata e te la giochi

È presto per dire se l’Inter sia rientrata in sé, ma la vittoria in Repubblica Ceca conferma che la risalita è in corso.

Vincere non è facile in assoluto, figuriamoci in Champions League, e non vale sminuire il Viktoria Plzen. C’è una ricca casistica su trasferte all’Est, facili in apparenza e chiuse con risultati infausti. Lo stadio piccolo e pieno, la gente addosso, gli avversari che corrono come dannati. L’Inter ha fatto valere il calibro tecnico superiore e una fisicità che può reggere molti urti. Il gol spacca 0-0 lo ha segnato Edin Dzeko, dall’alto dei suoi 36 anni e delle 26 reti in Champions. Un tiro preciso, freddo, figlio dell’esperienza. Un gesto memorizzato nel tempo. È rilevante che per la seconda volta di fila non siano stati incassati gol, 1-0 contro il Toro e 2-0 ieri, a portieri alternati: sabato Handanovic, il migliore del match; ieri Onana, quasi inattivo.

Il vituperato Acerbi ha superato il primo esame, la sua è stata una prestazione senza incertezze. Occorreranno altri test, ma nell’immediato la soluzione Acerbi si conferma logica e funzionale. Il difensore centrale ha sostituito De Vrij ed è stato dentro la partita più di tutti, i report lo indicano come l’interista che ha toccato più palloni (126) e che ha effettuato più passaggi (110). Nel primo tempo ha sfiorato il gol con una girata nell’area ceca. Sono i numeri e le tracce di un ambientamento subitaneo. Acerbi ha giocato 135 partite nella Lazio di Simone Inzaghi e tanta comunanza può diventare un valore, se stiamo sul presente e non ci spingiamo nel futuro lontano. La serata di Plzen si presta a un’unica nota critica, l’Inter ci ha messo troppo a segnare il gol della sicurezza. Ha dominato in lungo e in largo, ha goduto della superiorità numerica a partire dal quarto d’ora della ripresa per l’espulsione di Bucha, e in undici contro dieci per qualche minuto ha concesso al Viktoria un paio di opportunità. Un calo di tensione, poi Dumfries ha riattivato la corrente con il 2-0 su assist di Dzeko e tutto si è chiuso lì, ma in un contesto più difficile il momentaneo deficit di mentalità sarebbe stato pagato. Ad ogni modo le due vittorie di fila, contro Torino e Viktoria Plzen, senza subire gol, sono la risposta giusta a un inizio sbagliato. Domenica a Udine la prova del tre, contro un avversario indigesto perché muscolare e rapido.

Juventus, contro il Benfica out Alex Sandro, Locatelli e Rabiot

Ibianconeri, scesi in campo in mattinata per la rifinitura in vista del Benfica, hanno ritrovato Angel Di Maria: l’esterno argentino verrà convocato, ma è da escludere un suo impiego dal primo minuto. Assenti Alex Sandro, per un problema all’adduttore, Locatelli e Rabiot.

Vigilia di Champions League per la Juventus, che mercoledì alle 21 scenderà in campo contro il Benfica per la seconda gara del gruppo H. I bianconeri, che dopo la sconfitta di una settimana fa contro il Paris Saint Germain devono cercare di conquistare i tre punti, martedì mattina sono tornati ad allenarsi per la rifinitura. Sia Manuel Locatelli che Adrien Rabiot non si sono allenati: entrambi i centrocampisti sono alle prese con dei problemi muscolari e non saranno a disposizione di Allegri per il match contro i portoghesi.

Regolarmente in campo, invece, Angel Di Maria: l’esterno argentino è stato assente negli ultimi due impegni della Juventus contro il PSG e in campionato contro la Salernitana, ma in mattinata ha preso parte alla rifinitura. El Fideo sarà convocato ma è da escludere un suo impiego dal primo minuto: “Vediamo quanti minuti ha nelle gambe – ha dichiarato Allegri – ma è a disposizione. Tra gli assenti figura anche Alex Sandro, che ha avuto problemi all’adduttore: “Vediamo se sarà recuperabile per la gara contro il Monza”, ha specificato l’allenatore bianconero. 

Con le diverse assenze a centrocampo Allegri potrebbe riproporre il 3-5-2. In porta ci sarà ovviamente Mattia Perin, mentre il terzetto difensivo sarà composto da Bremer, Bonucci e Danilo. Sulla corsia di destra agirà Cuadrado, su quella opposta Kostic. A centrocampo ci saranno McKennie, Paredes e Miretti, mentre la coppia d’attacco sarà composta da Milik e Vlahovic.

Perché sul rigore è andato Bonucci e non Vlahovic? La spiegazione di Allegri

Il tecnico bianconero ha spiegato nel dopo partita la scelta che ha destato perplessità tra i tifosi. Intanto l’attaccante serbo resta a quota 4 ed è fermo da tre match, Psg compreso

Quando al 93′ Bonucci si è avvicinato al dischetto del rigore in molti hanno espresso stupore: ma come, perché non tira Vlahovic? L’attaccante serbo è un buon tiratore dai calci piazzati, è un “calciante”, per citare Allegri, anzi tre dei suoi attuali quattro gol sono arrivati da calci da fermo. Nel dettaglio, il suo primo gol stagionale, quello del 2-0 col Sassuolo, Dv9 l’ha realizzato su rigore, ed è stato il suo primo penalty in maglia bianconera. Poi ci sono state le punizioni vincenti con Roma e Spezia, quindi i digiuni con Fiorentina (gara in cui non è sceso in campo), Psg e appunto Salernitana.

Nel dopo partita Allegri non ha speso molte parole sulla sua decisione di far calciare il rigore a Bonucci: “Perché è stato un rigore importante e in questo caso è meglio che lo faccia Bonucci”, ha spiegato l’allenatore della Juve. Poche parole, che non fanno molta chiarezza. Il fischio di Marcenaro è arrivato al minuto 91′, sul 2-1 a favore della squadra di Nicola, e fra un controllo e l’altro i due minuti di attesa hanno reso ancor più elettrico il momento. Un uomo dell’esperienza di Bonucci evidentemente nella testa di Allegri dava migliori garanzie di un giovane, in un momento tanto teso. Oppure nella sua scelta può aver inciso l’aver visto un Vlahovic in palla durante il match, ma anche un po’ nervoso, dopo che il gol non era arrivato nonostante vari tentativi. Sia come sia, è poi andata come tutti hanno visto: Sepe ha respinto il tiro di Bonucci dal dischetto, e poi è stato bravo il capitano a ribadire in rete con un tap in tutt’altro che facile.

Lazio-Verona, Sarri: “Vinta una partita dura, dopo l’Europa League non era facile”

Ritorno alla vittoria dopo il ko dell’ultimo turno di campionato contro il Napoli e nonostante gi sforzi europei: Maurizio Sarri può essere soddisfatto, la sua Lazio batte il Verona 2-0 all’Olimpico e si porta a quota 11 punti in classifica. Intervenuto a Dazn nel postpartita, l’allenatore biancoceleste ha commentato così la prova dei suoi: “Sono soddisfatto perché era una partita dura contro una squadra difficile da affrontare – ha spiegato Sarri -. In queste gare, se non si sblocca il risultato subito, poi diventa molto complicato. In più, quando si giocano partite su un terreno così che non è degno della città di Roma, diventa ancora più difficile”.

Un risultato, quello ottenuto dalla Lazio, che acquisisce un significato ancora maggiore perché arrivato dopo la gara giocata e vinta in settimana in Europa League contro il Feyenoord: “Lo dicono i numeri – ha sottolineato Sarri -, l’anno scorso in 8 partite giocate dopo l’Europa League abbiamo fatto 5 punti, mentre nelle altre abbiamo avuto una media di 2 punti a partita. Il nostro campionato è stato condizionato da questo. Per chi gioca in Europa è difficile mantenere un equilibrio, se si guardano tutti i campionati anche il Borussia Dortmund e il Bayern Monaco in questa settimana hanno rallentato. Noi, in ogni caso, l’anno scorso abbiamo fatto diventare tutto ancora più difficile”.

Infine, prima di un’analisi sulla produzione offensiva, Sarri si è soffermato sulle condizioni di Manuel Lazzari, costretto a uscire a causa di un problema fisico: “Non penso che alla fine ci siano grandi differenze rispetto all’anno scorso in fase offensiva – ha concluso l’allenatore biancoceleste -, l’anno scorso a questo punto del campionato avevamo fatto più gol perché ne avevamo segnati 6 in una partita in casa. In questo momento l’aspetto più importante è trovare un minimo di stabilità in più in fase difensiva. Come sta Lazzari? Non sembra gravissimo, ma sembra un problema muscolare e ne sapremo di più domani. Sicuramente starà fuori per qualche giorno”.Maurizio Sarri

Milan,Thiaw si presenta: “Sono veloce e bravo nei contrasti. Il derby? Estremo”

Il centrale tedesco durante la conferenza stampa di presentazione: “Da piccolo giocavo in un altro ruolo, ero più interessato a guardare Ronaldinho o Kakà”

Malick Thiaw è arrivato quasi last minute nella squadra campione d’Italia, ma sa che il suo momento arriverà presto: c’è bisogno di tutti, in una stagione così piena di impegni. Nel giorno della presentazione ufficiale a Milanello, il 21enne centrale tedesco racconta qualcosa di sé, sospeso tra passato e futuro, senza dimenticare il presente: “Ho iniziato a giocare presto, in strada coi miei amici. La passione è diventata poi una professione, ma è rimasta – spiega -. Sono felice e vivo questa esperienza al Milan come un orgoglio personale, un onore. Sono ambizioso, voglio continuare a crescere e imparare la cultura del posto”.

Le caratteristiche tecniche, viste da… se stesso: “Sono forte e bravo nei contrasti, so muovere la palla, ho velocità e fisico”. E poi il grazie a Maldini e Massara (presenti alla conferenza), che per lui hanno fatto un investimento compiendo un acquisto a titolo definitivo, senza passare per il prestito: “C’erano stati già colloqui in inverno, poi ho dovuto aspettare, ma quando sono stato cercato di nuovo per me è stata una conferma importante. Paolo è un emblema di questo club, dimostrare di essere all’altezza ora dipenderà da me, giorno dopo giorno. Oltre a Maldini, il Milan nella storia ha sempre avuto ottimi difensori, come Nesta… da piccolo io giocavo in un altro ruolo e magari ero più interessato a guardare Ronaldinho o Kakà, ma la Serie A comunque l’ho sempre seguita in tivù”.

Tutta la squadra l’ha accolto bene: “Per ora mi esprimo col mio inglese e non ho problemi, presto lo farò anche in italiano. Per me è tutto nuovo, gli allenamenti sono intensi e molto tattici, anche se non troppo lunghi”. L’esclusione dalla lista Champions non l’ha sorpreso, essendo appena arrivato in rosa: “Per convincere Pioli a inserirmi già a gennaio servirà un pacchetto completo, non solo un motivo singolo. Cercherò di metterci tutta l’aggressività che serve. Il mio impatto con San Siro? L’esperienza nel derby la definirei estrema… sono felice che il Milan l’abbia vinto giocando così bene”.

Inter-Bayern Monaco in Champions League: le probabili formazioni | La Diretta

Calcio d’inizio alle ore 21. Il percorso europeo dei nerazzurri parte dalla superpotenza tedesca, sempre vincente nella San Siro interista. Inzaghi sceglie il bosniaco e tiene Correa per la ripresa, bavaresi con la minaccia Mané

Il sorpasso è completato, l’allenamento di stamattina ha confermato i sussurri di ieri: André Onana giocherà titolare stasera a San Siro contro il Bayern, questa la decisione di Inzaghi dopo la rifinitura. Un avvicendamento che fa rumore: per il capitano Handanovic è la prima esclusione di natura tecnica (nessun problema fisico per lui), per il camerunese si tratta dell’esordio con la maglia dell’Inter in una partita decisamente complicata. Non l’esordio in Champions, per la verità, competizione nella quale vanta già 38 presenze.

Inter e Bayern Monaco si sono affrontate sette volte in gare ufficiali nella loro storia e il bilancio è in perfetto equilibrio: tre successi per parte e un pareggio. Indimenticabile, per i tifosi nerazzurri, la vittoria in finale di Champions League il 22 maggio 2010 con doppietta di Diego Milito. Attenzione: i tre successi dei bavaresi sono tutti arrivati a San Siro, con un 100% di vittorie al Meazza. L’ultima il 23 febbraio 2011, agli ottavi di Champions, 0-1 con gol di Mario Gomez nel finale: i nerazzurri avrebbero poi vinto 2-3 a Monaco al ritorno con gol decisivo di Goran Pandev, raggiungendo i quarti (sconfitta contro lo Schalke 04).

Dopo il derby perso contro il Milan, l’Inter è subito chiamata a un altro big match, di livello ancora superiore. Al Giuseppe Meazza arrivano i campioni di Germania del Bayern Monaco reduci da due pareggi in campionato che sono costati la vetta della Bundesliga. Simone Inzaghi è senza Romelu Lukaku, Julian Nagelsmann potrebbe dover fare a meno di Bouna Sarr.

Juve, esordio da incubo in Youth League: sconfitta 5-3, a lezione dal Psg

C’è una regola sacra nel calcio: il passato conta per il blasone, ma non è garanzia di risultato. Anzi, spesso lo impone tenendo alta l’asticella delle aspettative, ma solo il campo restituisce la realtà delle cose. L’esordio stagionale della Juve Primavera in Youth League è da incubo, per l’atteggiamento prima che per il risultato (5-3). Per l’approccio da dimenticare e per la preoccupante inferiorità mostrata al cospetto del PSG, che pure non ha dovuto strafare per sfaldare i bianconeri. E poco conta se alcuni di questi lo scorso anno sono arrivati in fondo fino a Nyon, uscendo a testa alta in semifinale contro i campioni del Benfica: ogni partita e ogni stagione fanno storia a sé.

Montero, all’esordio nella competizione, propone Yildiz accanto a Turco e tiene Mancini in panchina. Mulazzi e Mbangula hanno il compito di aggredire le corsie per potenziare la fase offensiva, ma i problemi vengono da dietro. Tant’è che i parigini passano subito con Housni, che deve solo depositare a rete per dar merito al gran lavoro svolto da Gharbi e Muntu per mandare in confusione l’intera retroguardia bianconera. La giostra si fa sempre meno piacevole quando Zaire Emery scappa al connazionale Nzouango e va in porta senza fatica: dopo 7 minuti di gioco la Juve è sotto di due reti, il PSG padroneggia contro una squadra in bambola.

Servirebbe un guizzo dei singoli, ma Yildiz appare poco convinto quando innescato da Mulazzi. E allora ci pensa Mbangula ad accorciare sugli sviluppi di una punizione e provare a mettere in archivio il primo quarto d’ora da horror. I bianconeri alzano pian piano il baricentro, aumentano la supremazia territoriale ma, tuttavia, è sulle palle inattive che si rendono maggiormente pericolosi: l’occasione più nitida arriva con un colpo di testa di Huijsen (da segnalare anche un tiro diretto in porta, poco prima, di Doriatotto). Per il PSG diventa sempre troppo facile presentarsi dalle parti di Scaglia, così Housni porta a tre le marcature punendo ancora la linea difensiva.