Inter, Calhanoglu in stile Pirlo per una regia totale

Il centrocampista turco sta convincendo nella posizione che di solito spetta al collega croato. Che ora può recuperare senza ansie

Quando un centrocampista di grana fina viene preso per la maglietta e trascinato qualche metro più indietro, giusto lì in mezzo, la mente va di istinto all’esempio più luminoso del passato. Ad Andrea Pirlo, forgiato come regista lungo l’autostrada tra Brescia e Milano, L’ultimo ad aver fatto con successo un viaggio simile all’azzurro, da mezzala/trequartista a riferimento centrale, è proprio Hakan Calhanoglu in questa Inter cangiante. Il turco si è da poco ritrovato in posizione da regista, un po’ per caso e un po’ per necessità, ma si è subito sentito a suo agio come se non avesse mai fatto altro nella vita. Così il primo tratto di stagione, ampiamente sotto al suo standard, è stato cancellato.

Quando anche i flessori di Brozovic hanno ceduto, l’Inter ha iniziato ad affidarsi al giovane “vice” portato in nerazzurro nell’ultimo mercato. Kristjan Asllani ha fatto il play al posto del croato in campionato, ma ha avuto la sfortuna di provarci nel momento in cui la squadra di Inzaghi iniziava pericolosamente a sgonfiarsi. Quando l’Inter si è ritrovata di fronte a un burrone – di qua la caduta, di là la via della rinascita –, il tecnico ha scelto un nuovo regista: nell’andata contro il Barcellona ha tentato la celebre mossa alla Pirlo, ha strappato Hakan Calhanoglu al ruolo di mezzala creativa e lo ha messo in mezzo nel trio di centrocampo. Un regista di lotta e di governo proprio davanti ai palleggiatori stordenti venuti dalla Catalogna. La risposta è stata sbalorditiva e non solo per quel destro laser alle spalle di Ter Stegen che ha cambiato la stagione nerazzurra, ma per la calma olimpica e il dinamismo con cui ha gestito la serata. Non bastasse, si è ripetuto pure al Camp Nou in cui non ha segnato come all’andata, ma quasi: la rete dell’1-2 di Lautaro nasce da un suo cambio di gioco che aveva qualcosa di Pirlo. Ancora una volta il turco è stato tra i migliori, nonostante il ruolo (almeno in apparenza) non sia il suo. Se tre indizi fanno una prova, ecco poi la conferma definitiva da regista titolare contro la tenera Salernitana. Quasi un messaggio di Inzaghi: Calha non pare uno di passaggio in quelle zolle, anzi potrebbe pure restarci, anche a costo di cambiare lievemente i dosaggi all’interno della squadra. Lui e Mkhitaryan insieme alzano, infatti, esponenzialmente il livello del palleggio.

Ambrogini d’oro, anche Pioli e la Curva Sud in nomination

Nella lista dei candidati per la benemerenza cittadina milanese figurano anche il tecnico del Milan e il tifo organizzato rossonero.

Premi – o candidature per premi – a mani basse. L’onda lunga dell’effetto scudetto, ovviamente. Dai candidati per il Pallone d’oro al Gran Gala Aic (stasera), passando per gli Ambrogini d’oro, massima onorificenza cittadina, il Milan spopola. E, a proposito di Ambrogini, il mondo rossonero si ritrova con due nomination per le onorificenze civiche 2022 che verranno conferite il 7 dicembre: Stefano Pioli e la Curva Sud Milano, cuore del tifo milanista e gruppo ultrà organizzato di riferimento.

Le proposte di attribuzione, datate 17 ottobre, sono firmate entrambe da Alessandro De Chirico, capogruppo di Forza Italia. Le motivazioni? Pioli viene ritenuto “meritevole di assegnazione per il ruolo professionale svolto nell’ambito sportivo e per aver contribuito alla vittoria dello scudetto da parte di una società di calcio milanese”. Per quanto riguarda la Curva Sud Milano invece – nomination senz’altro particolare – perché “al tifo calcistico organizzato si affiancano iniziative benefiche per la popolazione, come le donazioni ad AREU nel marzo 2020, all’inizio dell’emergenza Covid, o la collaborazione con l’associazione City Angels per la raccolta di beni di prima necessità, coperte e vestiti per i senzatetto milanesi in occasione del derby della Madonnina nel febbraio 2022. La Curva Sud Milano, realtà di aggregazione sportiva e popolare”, ha contribuito “con il sostegno e l’incitamento alla recente vittoria della squadra rossonera nel campionato di Serie A 2021-22”. Difficile pensare che al mondo rossonero vengano assegnati due Ambrogini, ma le nomination restano e sono un segno tangibile di una realtà importante tornata a essere di primo piano.?

Inter in scioltezza con la Salernitana: Lautaro e Barella ancora a segno

Un gol per tempo e nerazzurri sempre in controllo. Tante le occasioni da gol per la squadra di Inzaghi, che prosegue il buon momento dopo la doppia sfida col Barcellona

Niente cali di concentrazione dopo l’impresa di Barcellona. Trascinata da Lautaro e Barella, eroi anche della notte del Camp Nou, l’Inter batte la Salernitana e, in attesa di Napoli-Bologna, accorcia (momentaneamente?) dalla vetta della classifica. Adesso i successi consecutivi in Serie A sono due e la crisi culminata con il ko post sosta a San Siro contro la Roma sembra solo un ricordo. Anche perché il gioco è di nuovo fluido grazie all’ottimo momento di Calhanoglu, vice Brozovic di lusso. L’affermazione contro i campani, poco convinti e per niente convincenti, non è mai in dubbio: niente goleada come la scorsa stagione (doppio 5-0), ma risultato comunque “pesante” in ottica futura. Perché trasmette convinzione alla squadra ancora priva di Lukaku (domani gli esami) e perché permette di preparare nel migliore dei modi la trasferta di sabato a Firenze.

Di fronte allo sguardo del neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, Inzaghi inizia con la stessa formazione che ha pareggiato al Camp Nou, eccezion fatta per Acerbi al posto di Bastoni. Solo panchina per Asllani perché non si può rinunciare alla regia di Calhanoglu o agli inserimenti di Mkhitaryan. Nicola, senza Radovanovic, Fazio e Maggiore, ha anche Bohinen non al top (e in panchina), ma non cambia modulo rispetto alla vittoria di domenica contro il Verona: avanti con il 3-5-2 nel quale Vilhena ha il compito di non far ragionare il turco. Senza alzare i giri del motore, i nerazzurri comandano la partita fin dall’inizio: niente pressione feroce, ma presidio attento di tutti gli spazi per non concedere occasioni ai campani. Importante la spinta a destra di Dumfries e proprio su quella corsia nasce il 1-0 di Martinez, al culmine di un’azione con 12 passaggi che ha origine dall’area di Onana. Il Toro, che si era sbloccato a Barcellona e che in campionato non segnava dal 30 agosto, esulta con trasporto e si conferma fuori dal tunnel. La Salernitana, che aveva Candreva e Mazzocchi sulla linea dei difensori, è costretta ad alzare il baricentro e il pressing per non far palleggiare con facilità i padroni di casa. La “ricompensa” è un pallone recuperato in zona pericolosa che porta a un tiro di poco al lato di Kastanos, ma nel complesso l’atteggiamento tattico degli ospiti non è arrembante per non esporsi troppo alle ripartenze interiste. Così sono Skriniar e compagni a condurre le danze e per larghi tratti si rivedere la costruzione armoniosa e fluida da dietro che aveva contraddistinto la prima stagione di Inzaghi alla Pinetina. Dzeko due volte va vicino al raddoppio, poi tocca a Skriniar, di testa su cross di Dimarco, impegnare Sepe che evita anche la doppietta di Lautaro con un gran riflesso. Onana si vede soprattutto per la sua bravura con il pallone tra i piedi, ma quando Piatek lo chiama in causa, il camerunese è reattivo.

Allegri: “Bisogna compattarsi più di prima. Il ritiro non è una punizione…”

Il tecnico bianconero alla vigilia del derby: “Il presidente ci ha dato la carica, per uscirne bisogna fare le cose semplici e ordinate. Non basta una partita ma bisogna fare risultato”

Possiamo non chiamarla ultima spiaggia, ma molto gli assomiglia. La Juventus arriva al derby nella peggiore condizione possibile, per la classifica (13 punti, peggior risultato dopo 9 giornate dai 12 del 2015-16, quando la Signora vinse comunque lo scudetto) e per il morale, dopo la disfatta di Champions in Israele. In più i bianconeri non hanno ancora mai vinto in trasferta. La Juventus è in ritiro da ieri mattina, una reunion di squadra voluta da tecnico e società per cercare di ricompattare il gruppo. La partita di domani pomeriggio contro il Torino dirà se è servito a qualcosa.

“Il derby è una partita sentita da parte di tutti, ma sarà anche molto difficile. Dovremo stare corti e lavorare di squadra per cercare di ottenere un risultato positivo. Con la squadra ci parlo tutti i giorni, il ritiro non era una punizione per stare insieme e per fare doppi allenamenti oltre a ridare ordine perché quando mancano i risultati si tende a vedere tutto più nero”. Ritiro che sarebbe dovuto iniziare subito dopo il rientro da Haifa e che invece è stato posticipato alla mattina successiva. Per Allegri nessun giallo: “Ho parlato con la squadra all’arrivo e gli ho detto che potevano andare a casa. I ragazzi non hanno mai chiesto di non fare il ritiro perché conosciamo tutti il momento, siamo concentrati nel volerci tirare fuori da questa situazione che sicuramente non è bella. Non basterà una partita ma dobbiamo cominciare a fare risultati”.

Quanto agli obiettivi da raggiungere, il tecnico non si sbilancia più, sebbene a inizio stagione parlasse apertamente di scudetto: “Gli obiettivi sono sempre gli stessi, siamo in ritardo in campionato perché abbiamo pagato la settimana tra la Salernitana e il Monza ma abbiamo tutto il tempo per recuperare. Alla Champions penseremo dopo la partita con l’Empoli”.

Juve, per Di Maria lesione di basso grado del bicipite femorale: 20 giorni di stop

L’argentino potrà tornare in campo prima della pausa per il Mondiale: se non nel derby d’Italia (in programma il 6 novembre) potrebbe esserci con l’Hellas Verona e con la Lazio a seguire

Angel Di Maria potrebbe al massimo tornare in campo per affrontare l’Inter, ma di certo non sfiderà il suo ex PSG da avversario. Come all’andata, il Fideo sarà out a causa di un infortunio. Serviranno infatti venti giorni per recuperare dalla lesione di basso grado del bicipite femorale della coscia destra, rimediato a metà del primo tempo della maledetta trasferta di Haifa, quando i bianconeri erano già sotto di una rete.

Gli esami strumentali, cui si è sottoposto stamattina al J Medical, hanno confermato le brutte sensazioni iniziali ma sollevato circa l’entità dell’infortunio. L’argentino potrà tornare in campo prima della pausa per il Mondiale: se non nel derby d’Italia (in programma il 6 novembre) potrebbe esserci con l’Hellas Verona e con la Lazio a seguire. Salterà invece le gare con Torino, Empoli, Benfica e Lecce. Quanto alla sfida da ex, l’ultima in calendario nel girone di Champions League, l’assenza è da considerare pressoché certa. Mentre la convocazione per la sfida dello Stadium con i nerazzurri di Inzaghi per adesso è da tenere su una linea piuttosto teorica.

Di Maria si è già fermato altre due volte in questa prima parte di stagione per un problema all’adduttore sinistro, oltre all’assenza di due gare di campionato per la squalifica rimediata dopo l’espulsione di Monza. Il Fideo fin qui ha garantito solo 330 minuti: troppo pochi per una delle due stelle pescate in estate dal mercato dei parametri zero per alzare il livello della rosa bianconera. Di Maria ha preso parte a 7 delle 13 partite giocate fino a questo momento tra campionato e Champions League: mai 90 minuti per intero.

Da Haifa alla Continassa senza passare da casa: come funziona il ritiro Juve

Al J Hotel un’ala dedicata ai bianconeri: è il terzo ritiro della gestione Allegri.La lunga trasferta di Haifa impone tre ore e mezzo di volo, per questo il rientro della Juve a Torino è atteso solo nel pomeriggio all’indomani della disfatta in Israele. È stata una lunga notte dopo la brutta sconfitta col Maccabi, che oltre ad aver compromesso quasi definitivamente il percorso nel girone di Champions ha rimesso con forza allenatore e squadra di fronte alle proprie responsabilità.

Il presidente Andrea Agnelli, nel confermare Max Allegri fino al termine della stagione e allargare l’attenzione sull’intero gruppo squadra, ha fatto riferimento alla vergogna per descrivere il momento. Tradotta nella decisione annunciata poi dal tecnico: “Subito in ritiro, almeno fino al derby, per rispetto della società e dei tifosi”.

Il termine della clausura non è stato definito. A quelle 80-90 persone cui ha fatto riferimento il presidente della Juve nel duro post match di Haifa l’obiettivo di farlo durare meno possibile, un po’ come nella passata stagione: dopo la sconfitta di Verona arrivò immediata la risposta in Champions contro lo Zenit, così Allegri decise di alleggerire la settimana di ritiro alla Continassa. Qui la formazione bianconera ha davvero tutto ciò che serve per ritrovarsi: al J Hotel, cui si accede direttamente dai campi d’allenamento, i giocatori hanno una camera personale per tutto l’anno con il proprio numero di maglia, in un’intera ala riservata. Insomma, questi giorni si trascorreranno in un certo senso “a casa”, tra sedute, momenti di confronto collettivi e incontri individuali con l’allenatore.

Mbappé, rottura totale con il Psg: vuole andare via a gennaio

Il fuoriclasse francese ha rinnovato la scorsa estate, ma non ha gradito le scelte prese dal club e vuole cambiare aria il prima possibile

Neanche il tempo di disfare le valige, dopo un’annata passata a soppesare la possibilità di trasferirsi al Real Madrid, che è già arrivato il momento di rifarle, per andarsene, e stavolta per davvero. Kylian Mbappé infatti non vuole più rimanere al Psg, nonostante il rinnovo d’oro firmato in primavera, rinunciando al Real. Il 21 maggio per l’esattezza. Ma la luna di miele, con stipendio da 40 milioni netti e premio alla firma stimato a 120 milioni, non è durata a lungo. Anzi, già a luglio l’attaccante ha chiesto di essere ceduto. E di nuovo negli ultimi giorni, per gennaio. Le ragioni sono sportive, ma non solo. Anche se non facili da chiarire, per il momento. L’attaccante è pronto anche allo scontro con il club dell’emiro del Qatar.

Resta il fatto che le prime avvisaglie sono emerse ieri sera su RmcSport, con le indiscrezioni del giornalista e opinionista di spicco Daniel Riolo, riprese poi in Spagna. Al di là della genesi delle anticipazioni, Mbappé è di certo determinato a cambiare maglia già a gennaio, assumendosene tutta la responsabilità. Per questo, il campione del Mondo è disposto a entrare in guerra, se il club si mettesse di traverso. Cosa ovviamente prevedibile, visto che Mbappé ha firmato un rinnovo fino al 2024, con un anno in più in opzione. I vertici del Psg non hanno alcuna intenzione di cedere un giocatore del calibro di Mbappé, considerato centrale per il progetto, soprattutto a concorrenti diretti per la Champions. Mbappé, nelle ultime settimane si è lamentato del posizionamento in campo, ma le cause della rottura sarebbero più profonde e non solo sportive. Pur avendo mercato, non sono molti i club in circolazione che possano permettersi il cartellino, stimato dal Cies a 200 milioni, e l’ingaggio, il più alto in Europa. Il Real Madrid per ora non si sbilancia, ma non sarebbe la sola destinazione. Mbappé potrebbe puntare anche alla Premier dove a suo tempo si era fatto avanti il Liverpool. A poche ore dalla sfida con il Benfica, che può valere la qualificazione agli ottavi di Champions, il clima in casa del Psg è diventato comunque insostenibile.

Carica Pioli: “Dimostriamo che la sconfitta per 3-0 è stata un’eccezione”

Il tecnico rossonero parla alla vigilia della sfida Champions contro i blues: “Bisogna fare una partita d’alto livello sotto ogni punto di vista. Messias è recuperato”

Stavolta dovrà essere lui ad agitare sapientemente la bacchetta, rubandola al mago Potter. San Siro come Hogwarts, un luogo dove concentrandosi come solo Pioli sa fare, è possibile realizzare i desideri più arditi. Anche ribaltare la partita più buia dell’anno, che il trionfo sulla Juve ha cicatrizzato immediatamente, ma i cui strascichi restano evidenti: il Milan a Londra ha perso la testa della classifica ed è tornato a casa con un passivo molto pesante che teoricamente potrebbe rivelarsi un boomerang nel caso di un arrivo a pari punti. E siccome è complicato pensare di restituire agli inglesi lo stesso passivo di Stamford Bridge, allora la parola d’ordine è semplicemente vincere. Con qualsiasi punteggio: l’importante è rimettere il mondo blu sotto quello rossonero.

Pioli ha studiato profondamente il match dell’andata e, rispetto a Londra, ha qualche conoscenza in più sulle partite governate da Potter. E poi, insomma, c’è da santificare un compleanno speciale: tre anni fa, oggi, Stefano varcava per la prima volta la soglia di Milanello, iniziando un’avventura fantastica che l’ha portato a vincere uno scudetto e a giocare partite come quella di domani. “Il mio è stato un percorso dove mi sono concentrato giorno per giorno, agendo sul presente e cercando di lavorare bene assieme al club e all’ambiente. Ecco com’è stato il mio percorso”. Mentre per quanto riguarda il Chelsea, il tecnico si è messo davanti al pc con il suo staff ieri mattina. Ore di studio riguardandosi il match dell’andata e l’ultimo dei Blues in campionato. “In base a quanto visto e analizzato, abbiamo valutato cosa, e se, cambiare”. Poi quel “se” sparisce: “Alcune cose saranno diverse”.

Il Torino non muore mai: Lukic al 90′ riprende l’Empoli

Per i granata tante occasioni, un palo e due reti annullate nei primi 45 minuti. Nella ripresa Zanetti manda in campo Destro che in rovesciata ritrova il gol dopo otto mesi, ma il serbo trova il pari nel finale.

Il paradosso è che una partita nettamente dominata il Toro ha rischiato pure di perderla, in casa contro l’Empoli, senza aver subito un tiro in porta. Al 90′ un gol fortunoso di Lukic pareggia la bicicletta di Destro di inizio ripresa. Finisce uno a uno, ma i granata devono mangiarsi le mani: giocano una partita di tecnica e velocità, anche divertentissima, raccogliendo il 67% di possesso, con dodici tiri in porta, nove palle gol pulite ma non riescono a portare a casa la vittoria. Alla fine, però il pubblico di casa dimostra di aver capito il livello della prestazione del Toro. E l’amarezza per la mancata vittoria cede il passo agli applausi dello stadio.

A ripensarci, il primo tempo di Torino-Empoli ha quasi dell’incredibile. E’ forse l’ennesima dimostrazione a di quanto il calcio non sia per nulla una scienza esatta. Il Toro domina, gioca un calcio divertentissimo, schiaccia l’Empoli nella propria trequarti, produce sette palle gol pulite nei primi ventisette minuti. Ma all’intervallo il risultato è ancora sullo zero a zero. Sotto la pioggia, scorre via una prima parte del match in cui accade un po’ di tutto: c’è il palo di Vlasic, i miracoli di Vicario, l’imprecisione degli attaccanti granata, i due gol annullati al Toro per due fuorigioco e l’incredibile errore dell’arbitro Fourneau. È giusto partire da qui nella cronaca: dopo undici minuti, Sanabria sbaglia il tempo e finisce per dare un pestone a Cambiaghi. Episodio chiaro già in presa diretta, non per l’arbitro che addirittura sventola il rosso sotto gli occhi di Sanabria. Mazzoleni al Var lo richiama al video e il rosso diventa giallo. Sanzione giusta, errore grave del primo arbitro.

Allegri studia l’attacco della Juve a San Siro: Milik e Kostic a servizio di Vlahovic

In assenza di Di Maria, Max ha scelto il suo piano anti-Milan: sarà 4-4-2 per provare a portarsi a -1

La Juventus va all’attacco. Dopo i tre gol al Bologna e al Maccabi Haifa, si sale di livello: domani i bianconeri dovranno dimostrare di aver svoltato definitivamente vincendo in casa del Milan. Senza la magia dello squalificato Angel Di Maria, protagonista a suon di assist in Champions, tocca a Dusan Vlahovic trascinare la squadra di Massimiliano Allegri. Il centravanti serbo non ha mai segnato a San Siro, ma il momento sembra quello giusto per aggiungere un nuovo stadio alla collezione.

DV9, superato un settembre complicato con zero gol in 4 partite, nell’ultima settimana ha cambiato marcia. Come direbbero Van Nistelrooy e Gonzalo Higuain: Dusan ha strizzato il tubetto del ketchup. Già, segnato un gol, non ci si ferma più. Un po’come quando la salsa di pomodoro esce senza freni. Vlahovic, dopo aver ritrovato la rete con la Serbia esultando in faccia a Erling Haaland,non si è più fermato. Prima il timbro contro il Bologna, poi il bis con il Maccabi Haifa. Tre gol in una settimana tra Nazionale, campionato e Champions. Sarebbero potuti essere anche di più visto che Vlahovic stesso mercoledì ha abbandonato l’Allianz Stadium arrabbiato per non aver concretizzato al meglio alcune occasioni. Tutti stimoli per domani, dove servirà la miglior versione del numero nove bianconero – 6 gol in 10 gare finora – per aggiungere un altro mattoncino all’operazione rimonta studiata da Allegri.

In attesa dei lungodegenti Federico Chiesa (già parzialmente in gruppo) e Paul Pogba (il francese sogna di rientrare entro fino mese), in Champions si è infortunato Mattia De Sciglio. Gli accertamenti hanno evidenziato una “lesione di medio grado del retto femorale della coscia destra”. Per il terzino rientro previsto in 20-30 giorni. Una carta in meno per San Siro, dove la Juve proverà a portarsi a -1 dalla squadra di Pioli. Perché è vero, come recita la teoria del tecnico juventino, “che siccome negli scontri diretti può succedere di tutto, per vincere lo scudetto è fondamentale conquistare punti nelle altre gare”. L’esperienza della scorsa stagione, però, dimostra che gli incroci con le big pesano. Basti pensare ai rimpianti della Juve per la sconfitta contro l’Inter. L’ultima di tante bruciature nelle sfide d’alta quota del 2020-21. Appena un punto conquistato contro i nerazzurri, contro l’Atalanta e contro il Napoli.