Guardiola esulta: “Col Real vittoria enorme. Ma un’italiana in finale non è il massimo…”

Il tecnico del Manchester City dopo il 4-0 al Real Madrid: “Ci siamo tolti dallo stomaco il dolore dell’anno scorso. Credo sia stata una delle nostre migliori prestazioni”

A fine partita Pep Guardiola abbraccia tutti i suoi ragazzi, uno per uno. Questo 4-0 in una gara stradominata dal suo Manchester City ha qualcosa di speciale e storico e che sa pure un po’ di vendetta per quanto accaduto nella scorsa stagione. Haaland e compagni volano in finale di Champions dove li attende l’Inter di Inzaghi. Ma per il tecnico spagnolo questo è il tempo di godersi questo spettacolare successo: “È giusto dire che sia stata una vittoria enorme, eravamo a nostro agio nel nostro stadio e penso avessimo sullo stomaco il dolore dello scorso anno. Lo abbiamo tirato fuori”.

Qualcuno già parla di partita perfetta. “Credo sia stata una delle nostre migliori prestazioni – continua Guardiola – io lo dico sempre, dobbiamo cercare di essere noi stessi. Oggi avevamo la sensazione di essere pronti. C’era una certa calma a livello mentale, non sentivo la tensione e l’ansia, anche da parte dei ragazzi”.

Il 10 giugno a Istanbul ci sarà l’Inter: “Una finale contro un’italiana non è mai il massimo, dobbiamo prepararci bene mentalmente. Ci sarà tempo per farlo”

Juve, Bonucci annuncia l’addio: “Tra un anno si chiuderà un’era…”

Il capitano Leonardo Bonucci bianconero anticipa la decisione nello speciale del club sulle sue 500 presenze: “Vivere questa maglia è stato come vivere per 12 anni in un sogno”

“Quando il prossimo anno smetterò di giocare si chiuderà un’era di difesa, di modo di interpretare la difesa all’italiana”. Il capitano della Juventus Leonardo Bonucci, 36 anni, in bianconero dal 2010 con la parentesi di un anno al Milan, annuncia così, tra le righe, la data scelta per l’addio: tra un anno, l’estate 2024. Sembra l’addio al calcio giocato: non lo sarà necessariamente, secondo quanto risulta, ma alla Juventus sì. Lo ha detto nello speciale che il club gli ha dedicato con una intervista in quattro spezzoni sul proprio canale Youtube per celebrare le sue 500 presenze con la maglia della Vecchia Signora.

La tempistica indicata da Bonucci non è una sorpresa in termini assoluti, alla luce anche del contratto che lo lega alla Juventus proprio fino alla fine della stagione 2023-24, quando avrà 37 anni, ma è la prima volta che lui stesso ne parla come di una decisione già assunta. “Da bambino quando rincorri il pallone hai il sogno di vestire una maglia come quella della Juve e riuscirci per 500 volte significa aver fatto la storia della Juve ed è una grande emozione”, ha aggiunto, lungo la carrellata attraverso 19 momenti (19 come il suo numero di maglia) che hanno segnato la sua storia con la Signora. “Vivere questa maglia è stato come vivere per 12 anni in un sogno e dentro di me c’è sempre quel bambino che è felice di scendere in campo perché era il suo sogno”.

L’allenatore della Juve Massimiliano Allegri aveva risposto a una domanda sul possibile ritiro di Bonucci nella conferenza stampa precedente alla partita con la Cremonese: “La fine della carriera spetta singolarmente a ognuno. Leo è un ragazzo intelligente e sceglierà per il suo futuro – aveva detto il tecnico livornese -. L’altro giorno ha raggiunto un traguardo storico e in pochi l’hanno fatto. Sono orgoglioso e contento di aver lavorato con lui per tanti anni, anche con battibecchi ma in questi anni è stato un giocatore straordinario.

Leao, il Milan ritrova il suo “caricabatterie”. Ecco come cambierà la squadra

Il rientro di Rafa per l’euroderby di ritorno è un’iniezione di fiducia non solo per i tifosi, ma anche per i compagni. Ribaltare l’esito della semifinale pochi giorni dopo aver risolto il nodo rinnovo, sarebbe una celebrazione perfetta

E’ sbucato fuori dagli spogliatoi alla sua maniera. Con quell’andatura ciondolante che pare sempre un po’ svagata, e che in effetti lo era, ma adesso – ormai da tempo – non lo è più. Ed è sbucato fuori col sorriso. Quello che Rafa Leao aveva perso dopo otto minuti di Milan-Lazio, al termine di una progressione che lo aveva tolto di scena a quattro giorni dal primo round con l’Inter. Sul Meazza era piombato un silenzio surreale e sulla faccia di Rafa un’espressione che non lasciava presagire nulla di buono. Alla fine è stata una via di mezzo: uno stop non lungo, ma sufficiente a saltare l’euroderby di andata dove il suo Milan, senza di lui, si è smarrito.

Ora sono tornati sorriso e voglia di scherzare. Rafa, nel quarto d’ora di rifinitura aperta alla stampa, è come se avesse voluto utilizzare i media per spedire subito un messaggio forte e chiaro all’esterno: stavolta ci sarò, sono carico e pure di ottimo umore. Ha corso, ha allungato, ha calciato, ha palleggiato esibendosi in numeri da freestyle e ha partecipato al torello scherzando con i compagni. Soprattutto, senza mostrare il minimo problema fisico. Si chiude così la Grande Attesa, che in realtà c’era stata già all’andata ma resa poi vana dall’ultimo provino il giorno stesso della partita.

Nel primo match in effetti le avversità sono state notevoli e il ritorno di Rafa è una sorta di epifania, il top player della squadra che torna a mostrarsi. Un vero e proprio boosting, un’iniezione di fiducia e adrenalina per tutto il mondo rossonero. La riflessione, diffusa, della gente milanista dopo la gara di andata, è stata quella di non essersela giocata alla pari, senza Rafa. Ora è tutto in salita, ma con lui sarà tutta un’altra storia è invece la considerazione di questa vigilia. Il suo rientro galvanizza i tifosi ma mette di ottimo umore anche i compagni. Nessuno lo dirà mai, ma quando a Milanello hanno iniziato a capire che Rafa nel secondo round ci sarebbe stato, si è diffusa una certa euforia.

Juve, quanto ti costa questo Pogba: 65mila euro al minuto

L’ingaggio più alto della rosa, soli 161 minuti in campo: viaggio nei conti di un colpo che tanto colpo (finora) non è stato

Col risultato che la Juve ha finito per riportarsi in cortile un giocatore di 29 anni (ora 30) da otto milioni di euro netti di ingaggio (10, 48 al lordo) più due di bonus, garantiti (senza clausole “intermedie”) per quattro anni, quindi fino a giugno 2026. E ancora che col Decreto Crescita il club bianconero ha potuto giovarsi di qualche sconto.

Con il suo attuale ingaggio, Pogba sta costando alla Juve circa 65mila euro per ogni minuto trascorso sul terreno di gioco, avendone totalizzati in campo 161 in tutta la stagione, spezzettati in 11 apparizioni. E difficilmente il rapporto economico potrà in qualche modo riequilibrarsi a breve, visto il nuovo infortunio di cui è rimasto vittima e le scarse possibilità che il giocatore accetti volontariamente una riduzione dell’ingaggio.

Un intervento chirurgico al menisco, una lesione agli adduttori della coscia sinistra, ora un’altra lesione al retto femorale della coscia sinistra, il tutto condito da normali fastidi (e relativi stop&go) da lunga inattività e contestuale progressiva ripresa: il sintesi la stagione di Pogba è stata scandita da brutte più che da buone notizie. E al primo vero segnale incoraggiante – ossia la prima maglia titolare, contro la Cremonese -, di nuovo un infortunio ha riacceso tutti i segnali d’allarme possibili e immaginabili. Così per Pogba è finita a metà maggio la stagione del debutto bis in maglia bianconera, con un triste bilancio da 108 minuti in 6 spezzoni di gara in serie A sulle 35 fin qui disputate, 42 minuti in Europa League (4 spezzoni in 7 gare) e 11 minuti nell’unica apparizione (su 4 partite) in coppa Italia. Totale minuti stagionali, si diceva, 161.

Lo United, in totale, spese 105 milioni più altri cinque di bonus per Pogba. Mentre nel luglio scorso tornò alla Juve a parametro zero. Ma anche con un ingaggio sontuoso, e qui sta ora il nocciolo del problema, considerati apporto e rendimento in campo del giocatore, ben lontani dai 10 gol fra Serie A e coppe che l’ex campione del mondo firmò in ciascuna delle ultime due stagioni vissute a Torino.

Lukaku torna Big Rom e pensa al Milan: “Quanto vorrei giocare martedì…”

Il belga sempre più in palla è decisivo contro il Sassuolo: “La prima rete come quelle di Adriano?

La lunga rincorsa di Romelu Lukaku sembra architettata alla perfezione per arrivare alle fasi decisive della stagione nella più smagliante forma possibile.

Sette gol e quattro assist in campionato da inizio febbraio a oggi – nessuno come lui e Lautaro Martinez nel periodo – a cui Big Rom ha aggiunto il rigore delle polemiche alla Juventus in Coppa Italia e le reti fondamentali rifilate a Porto e Benfica in Champions League. Ed è senza dubbio un bel modo per festeggiare il trentesimo compleanno: due splendidi gol e il titolo di migliore in campo indiscusso.

Una rosa con Lukaku a disposizione non è minimamente paragonabile alla versione “limitata” a due punte segnanti. Perché se per la prima metà di stagione Lautaro Martinez ed Edin Dzeko hanno tirato la carretta con una produzione di reti eccezionale, i due attaccanti sempre presenti hanno sofferto un fisiologico e contemporaneo calo di efficacia che ha contribuito alla crisi di fine inverno-inizio primavera. Big Rom non è riuscito a intervenire con il tempismo perfetto, ma proprio in tempo di magra ha firmato gli ottavi di finale contro il Porto e ha fatto ricorso alla sua specializzazione in rigoristica per prendere la rincorsa. Ora però la metamorfosi sembra completa, perché anche contro il Sassuolo il centravanti di proprietà del Chelsea ha lottato, ha catalizzato l’attenzione dei difensori e ha rovinato la serata di Ruan Tressoldi, scherzandolo sul primo gol prima del siluro sotto l’incrocio e facendolo piombare in un’ora fantozziana. Lukaku forse non è ancora nella migliore versione di se stesso, ma i palloni persi e gli sprechi si stanno riducendo di uscita in uscita. Mentalmente, non esce mai dal match: anche negli impanicati minuti finali di Inter-Sassuolo, con il Giuseppe Meazza quasi pronto ad assistere una rimonta in stile Istanbul, ha messo le sue qualità al servizio della squadra e forzato la fine del match con la doppietta completata all’89’ in progressione, sintomo di salute. Perché, dopo tutto, se deve pensare alla città più famosa della Turchia e al suo Ataturk, preferisce farlo riferendosi al prossimo futuro e non al passato di inizio millennio.

Dzeko vede il rinnovo: così Edin ha convinto l’Inter a dire sì per un altro anno

In realtà, i nerazzurri non hanno mai dubitato del talento elegante di Dzeko e pure Edin non ha mai dubitato della sua efficacia: continuare insieme è sempre stata considerata una scelta semplice, naturale. Semmai, i saliscendi di Inzaghi in questa stagione folle hanno impedito per un po’ di passare dalle parole ai fatti: ogni scelta strategica è stata, infatti, congelata in attesa di avere la certezza di giocare la Champions anche nella prossima stagione. Adesso la classifica in A è stata raddrizzata, almeno in parte, ed è quindi cresciuta la fiducia di centrare l’obiettivo minimo, ovvero l’ingresso tra le prime quattro.

E il tutto mentre l’Inter di Coppa continua ad ascendere verso la gloria, gradino dopo gradino: ora si intravedono per davvero le mitiche acque del Bosforo ed è proprio Dzeko uno dei capitani che guidano la nave nella rotta verso Istanbul.

La partita pennellata contro il Milan verrà custodita nella collezione del bosniaco, che domani riposerà contro il Sassuolo per poi tornare sul luogo del delitto martedì: Dzeko è l’uomo delle notti magiche, si sta specializzando a giocare a metà settimana più che nel weekend. Manterrà questo status, quasi sicuramente, anche nella prossima stagione perché i nerazzurri hanno deciso di non privarsi di lui, qualunque cosa accada. Inizialmente chiedeva un biennale, anche perché aveva un paio di proposte danarose ed esotiche sul tavolo. Il pensiero di trasferirsi negli States, lì dove ha vissuto la moglie Amra, è stato oggetto di lunghi ragionamenti familiari, ma poi ha vinto la voglia di competere al massimo. Perché è al calcio d’élite che appartiene ancora Dzeko, come certificato dalla sua semifinale di Champions. Mercoledì il bosniaco è tornato al gol a San Siro e ha respinto, forse definitivamente, l’assalto di Lukaku: nonostante sia nella migliore condizione da mesi, il belga sta ancora dietro al collega più anziano.

Gli interisti predicano calma: “Può succedere di tutto”. E Leao? “Noi senza Skriniar da gennaio…”

I tifosi nerazzurri esultano dopo il 2-0 contro il Milan, ma sanno che tutto è possibile: “Sembra assurdo scriverlo, ma l’unico rammarico è il risultato: il 3-0 ci stava tutto”. Applausi a Inzaghi e critiche al Var per il contatto Krunic-Bastoni. E il gol sbagliato da Gagliardini…

L’Inter ha vinto il primo tempo e dunque si festeggia, sì, ma senza pensare di aver già chiuso la pratica. I tifosi nerazzurri si fanno sentire sui social, com’è normale che sia dopo un euroderby portato a casa. Ma a guidare le dita sulla tastiera è più la testa che il cuore, per cui tutti predicano calma: “Un ottimo 2-0 ma non è ancora detto nulla, perché non abbiamo chiuso la partita: testa bassa e pedalare”. Questo tweet racchiude il pensiero degli interisti: soddisfazione tanta, ma prima di fare festa è meglio aspettare.

Il mondo nerazzurro resta con i piedi per terra: “Poi vorrei capire come mai abbiamo evitato di giocare il secondo tempo, ma stamattina per uno 0-2 avremmo sacrificato il nostro primogenito. Ora calma che non è ancora successo nulla”. O anche: “Sembra assurdo scriverlo, ma l’unico rammarico è il risultato: il 3-0 ci stava tutto. Ora dobbiamo continuare a giocare come se fossimo 0-0 perché le partite possono cambiare con un episodio. Per il resto, saranno fondamentali i cambi”. Al netto di quella che può essere scaramanzia o consapevolezza che al ritorno tutto può succedere (“A mente fredda l’interista ha più ansia oggi di ieri. È felice, ma sa che l’Inter è capace di tutto”), i tifosi dell’Inter sono comunque soddisfatti del risultato portato a casa: “Quando l’Inter decide di fare l’Inter, non ce n’è per nessuno”.

Milan, nessuna buona notizia. Leao verso il no: salta l’Euroderby con l’Inter

Dopo il test di stamattina, il portoghese non sembra avere ancora recuperato dall’elongazione all’adduttore. Per il momento, quindi, prevale la linea della cautela

In campo, in panchina o in tribuna? Tra poche ore arriverà il momento in cui occorrerà inevitabilmente decidere il destino di Leao, ma la clessidra che scorre non lo fa in condizioni di grande ottimismo. Tutt’altro. Nulla è ancora scritto nero su bianco, però l’orientamento di base conduce verso il no. Quanto meno sull’ipotesi di vederlo addirittura titolare, situazione a sorpresa che Pioli in persona non aveva escluso in vigilia.

Per adesso, comunque, siamo ancora nella fase in cui Leao e il Milan si stanno teoricamente tenendo aperte tutte le strade. La certezza è che stamane il portoghese si è sottoposto al provino illustrato ieri dall’allenatore e la prima notizia di rilievo è che da Milanello non è uscito per tornare dritto a casa, ma per raggiungere il ritiro rossonero nell’hotel a due passi da San Siro. Un provino che, a differenza del lavoro di ieri svolto in linea retta, oggi prevedeva cambi di direzione, scatti e allunghi veri. Insomma, condizioni da partita.

Al momento dal mondo rossonero nessuno si sbilancia troppo su una previsione ma, come detto, prevale la linea del no. In particolare per evitare rischi peggiori in vista della gara di ritorno e soprattutto in chiave campionato, dove c’è un quarto posto vitale ancora tutto da conquistare: provarci senza Rafa aumenterebbe parecchio il coefficiente di difficoltà. Leao in ritiro parlerà faccia a faccia con Pioli, gli racconterà nel dettaglio le sensazioni avute prima e dopo il test di stamane, l’allenatore farà un ultimo punto della situazione con lo staff medico e poi, in tempo per la riunione tecnica (intorno alle ore 17), il dubbio sarà sciolto: a casa o al massimo in panchina, l’opzione più bella per la quale il mondo rossonero ha pregato in questi giorni, molto probabilmente non si concretizzerà.

Cori razzisti contro Vlahovic, chiusa per un turno la curva dell’Atalanta

Il Giudice sportivo ha punito i tifosi della Dea per i “ripetuti cori beceri e insultanti di discriminazione razziale”

Curva chiusa. Il Giudice sportivo ha deciso di punire subito la tifoseria dell’Atalanta per i cori discriminatori contro Vlahovic nel corso della partita contro la Juventus.

Si legge nel dispositivo firmato da Gerardo Mastrandrea: “Considerato che, come segnalato dal rapporto dei collaboratori della Procura federale, i sostenitori dell’Atalanta occupanti il settore denominato Curva Nord Pisani levavano, al 46°, 47°, 53 ° e 54°

Del secondo tempo, cori beceri e insultanti di discriminazione razziale nei confronti del calciatore della Juventus Dusan Vlahovic; considerato che nel suddetto rapporto, i collaboratori dichiaravano che tali gravi manifestazioni di discriminazione razziale, provenivano fino all’80% dei circa 9.000 occupanti il predetto settore; considerato che di tale comportamento del pubblico prendeva nota il direttore di gara, che chiedeva di avvisare dell’accaduto il responsabile dell’ordine pubblico per gli annunci di rito”, “in ragione della gravità, della dimensione e della percezione reale del fenomeno nonché della ripetitività del medesimo, i predetti comportamenti assumono rilevanza disciplinare e delibera di sanzionare l’Atalanta con l’obbligo di disputare una gara con il settore denominato Curva Nord Pisani privo di spettatori”.

Non sono bastati gli interventi di alcuni calciatori della Dea, notato anche dal giudice, per fermare i cori: la curva atalantina nella sfida del 20 maggio contro il Verona sarà chiusa. E alla società sono anche arrivati 10 mila euro di multa. Nel referto risulta anche l’ammonizione di Vlahovic per comportamento non regolamentare, ma considerato da molti una reazione ai cori razzisti un po’ come era stato per Lukaku poi graziato direttamente dal presidente federale Gravina.

Inter, carica Barella: “Con il Milan cuore e coraggio. I gol? Mi ispiro a Stankovic”

“Serviranno cuore, coraggio e forza”. Nicolò Barella, il bomber di Champions League dell’Inter, punta al derby d’andata contro il Milan.

Dopo i due gol segnati contro il Benfica ai quarti di finale, chissà che Barella non possa essere decisivo in zona gol anche contro il Milan: “Cerco sempre di arrivare davanti alla porta, serve anche un po’ di istinto. Contro il Benfica ho segnato due bei gol, abbastanza diversi tra loro. Ma soprattutto sono stati importanti per il nostro obiettivo: hanno aiutato la squadra, questa è la cosa principale”. Un momento chiave nel percorso europeo dei nerazzurri è stato il ritorno degli ottavi contro il Porto, “un pareggio per cuori forti. Abbiamo dimostrato che lo spirito di squadra è molto forte e che abbiamo la volontà di fare qualcosa di straordinario insieme. Scendere in campo con un gruppo di giocatori che hanno tutti lo stesso obiettivo: questa è la chiave per raggiungere gli obiettivi che non avremmo mai immaginato di poter raggiungere all’inizio della stagione. L’Inter non arrivava a questo punto della competizione da molti anni e c’è bisogno di un forte spirito di squadra per superare quel limite”.

L’Inter ora sta andando forte in campionato, ma per ampi tratti della stagione i nerazzurri hanno viaggiato a due velocità: “È stato un anno difficile e un po’ strano, con tutti gli alti e bassi per me e per la squadra. Ma sono contento di avere ancora un po’ di energia per questa parte finale. Abbiamo lavorato meglio da squadra in Champions Leagueche in campionato, magari solo per le sensazioni che si provano con una certa atmosfera: ascoltare quella musica ti dà la spinta in più. Ci sono partite in cui inconsapevolmente ti metti davvero in gioco e trovi l’energia giusta: questa è la Champions League”. A maggior ragione a San Siro: “Quando è pieno di tifosi che urlano ‘the Champions’, io mi ritrovo a pensare: ‘Ci siamo!’. Sono sensazioni forti. Ti vengono i brividi”. Gli stessi che vengono pensando al Triplete: “È bello vedere le foto appese qui ad Appiano, o anche solo ascoltare i racconti di chi c’era in quel momento.