C’è l’Arsenal, ma Inzaghi pensa al Napoli: dentro Taremi, fuori Thuram, Dimarco, Mkhitaryan e

Chiara l’intenzione del tecnico nerazzurro: la testa è già rivolta alla sfida di campionato contro Conte. Domani (quasi) tutti i big a riposo

Il quarto d’ora di allenamento aperto ai media in vista di Inter-Arsenal si apre con il solito rito. Marcus Thuram “spacca” i palloni a centrocampo come se fossero le palline del biliardo e dà inizio al torello. Ormai è un portafortuna. Ad Appiano Inzaghi ha tutta la squadra a disposizione. Manca solo Carlos Augusto, alle prese con un’elongazione muscolare rimediata contro lo Young Boys. Rientrerà dopo la sosta. Il resto della rosa si allena. Asllani compreso. L’albanese è rimasto in panchina contro l’Empoli e ha saltato la sfida col Venezia per problemi fisici. Domani sarà a disposizione. Stesso discorso per Acerbi (90’ in panchina nell’ultima) e Calhanoglu (schierato nel secondo tempo col Venezia).

Clima sereno ad Appiano. La squadra si allena sotto il sole in vista del big match con l’Arsenal. Conferenza di Inzaghi e Darmian prevista alle 15, quella di Arteta alle 19 a San Siro. Qualche dubbio sulla formazione. Tra i pali spazio a Sommer, poi possibile rivoluzione: Bastoni (sceso con una leggera fasciatura sul polpaccio destro), Dimarco, Acerbi, Mkhitaryan e Thuram out. Non sono stati provati tra i titolari. Previsti Pavard, de Vrij e Bisseck in difesa, Dumfries e Darmian sulle fasce, Frattesi, Calhanoglu e Zielinski a centrocampo. Molti cambi. In avanti dovrebbe avere una chance Mehdi Taremi, titolare in tutte e tre le sfide di Champions e provato dall’inizio in allenamento accanto a capitan Lautaro. L’iraniano si gioca il posto con Thuram. Ampio turnover in vista del Napoli.

Juventus, si rivede Douglas Luiz. Nico punta il derby, col Lilla dubbio Yildiz-Weah

Verso il recupero anche Nico Gonzalez, che punta al derby con il Torino. Prima però c’è la partita di Champions in Francia

Douglas Luiz è tornato in gruppo e sarà convocato regolarmente per la trasferta di Lille. Sulla buona strada del recupero anche Nico Gonzalez, non ancora pronto ma prossimo a ritrovare i compagni per essere disponibile al derby col Torino: l’argentino questa mattina si è allenato in un campo adiacente a quello in cui la squadra ha svolto la rifinitura, insieme allo staff dell’area performance ha dato il via al programma per allineare la condizione atletica. Thiago Motta ha seguito la prima parte della seduta di allenamento da bordo campo: la squadra partirà dall’aeroporto di Caselle alle 15,30, mentre alle 17,35 è previsto il walkaround allo stadio Pierre Mauroy e subito dopo, alle 18, la conferenza stampa di vigilia.

L’ultima prova di Udine ha soddisfatto le aspettative di Thiago Motta, che a Lille potrebbe non stravolgere troppo la formazione iniziale al fine di dare continuità a determinati meccanismi. Anche se McKennie a centrocampo potrebbe dare maggiore consistenza ai movimenti senza palla (è in ballottaggio con Thuram, che però ha fatto bene nell’ultima gara giocata) e Conceicao, dopo aver rifiatato in parte in Friuli, potrebbe dare sin da subito imprevedibilità all’attacco juventino. Weah, che sarà un ex della partita, potrebbe essere dunque in ballottaggio con Yildiz, per un piano gara che – almeno nel reparto avanzato – potrebbe rispecchiare quanto proposto a San Siro contro l’Inter.

Sulla linea della difesa spinge per una maglia dall’inizio Cabal: se Thiago Motta sceglierà lui, a sinistra, Cambiaso verrà dirottato a destra e resterebbe fuori Savona. Escluso Danilo dalla lista dei convocati, causa squalifica (il brasiliano è stato espulso nel finale della gara contro lo Stoccarda). 

Atalanta bella e dominante con Lookman (doppietta) e Retegui: Napoli al tappeto. Gasp a -3 dalla vetta

Il nigeriano decide il match nel primo tempo (10′ e 31′). Hien annulla Lukaku e la Dea nella ripresa gestisce il risultato rischiando pochissimo. Nel recupero il gol al volo del capocannoniere

La seduta dal dentista fa malissimo al Napoli e accende la lotta al vertice. Un’Atalanta bellissima e solidissima espunga il Maradona, imponendo alla capolista il primo stop in casa dopo cinque vittorie su cinque e mettendo fine alla serie positiva della squadra di Conte, che durava da nove giornate.

Atalanta meglio in tutto, nell’approccio, nella gestione, nella qualità delle giocate. Trascinata da un indemoniato Lookman (doppietta), immarcabile per il Napoli al pari di De Ketelaere, sempre presente nelle azioni più importanti. Finisce 0-3, con acuto nel recupero del capocannoniere Retegui. Il Maradona applaude e ringrazia lo stesso, ma la festa è tutta per l’Atalanta. Gasp ha creato un meccanismo vicinissimo alla perfezione, che non sembra avere limiti.

La seduta dal dentista fa malissimo al Napoli e accende la lotta al vertice. Un’Atalanta bellissima e solidissima espunga il Maradona, imponendo alla capolista il primo stop in casa dopo cinque vittorie su cinque e mettendo fine alla serie positiva della squadra di Conte, che durava da nove giornate. Atalanta meglio in tutto, nell’approccio, nella gestione, nella qualità delle giocate. Trascinata da un indemoniato Lookman (doppietta), immarcabile per il Napoli al pari di De Ketelaere, sempre presente nelle azioni più importanti. Finisce 0-3, con acuto nel recupero del capocannoniere Retegui. Il Maradona applaude e ringrazia lo stesso, ma la festa è tutta per l’Atalanta. Gasp ha creato un meccanismo vicinissimo alla perfezione, che non sembra avere limiti.

Lautaro, il Venezia per sfatare il tabù San Siro: l’argentino non segna in casa da 8 mesi

Il digiuno casalingo in Serie A prosegue dal 28 febbraio: l’ultimo gol a San Siro risale alla partita dell’anno scorso contro l’Atalanta

Con il gol segnato all’Empoli ieri, Lautaro Martinez è diventato il miglior marcatore straniero nella storia dell’Inter staccando l’ungherese Nyers. Il Toro è a quota 4 gol in 9 giornate giocate in campionato, ne ha segnato uno in Champions, ha fornito 2 assist in A, è arrivato 7° al Pallone d’oro. Tutte buone notizie, buoni numeri, eppure… c’è un neo. Perché andando nel dettaglio, si nota che Lautaro non fa gol in campionato a San Siro dal 28 febbraio dell’anno scorso: imbucata di Pavard, controllo con il destro e bordata in porta di sinistro che valeva il momentaneo 2-0 sull’Atalanta in una gara condotta in scioltezza e chiusa 4-0.

Un periodo lunghissimo, quasi una vita se si pensa a quanto il Toro sia cruciale per l’Inter con i suoi gol. Eppure, l’argentino – specialmente in questo avvio di stagione – ha vissuto un periodo complicato sotto porta: il primo centro è arrivato solo alla sesta giornata, a Udine, doppietta. Pochi giorni dopo ha rotto la maledizione San Siro ma nell’impegno di Champions League contro la Stella Rossa. Gol a Roma, gol a Empoli. Ad ogni modo sempre (o quasi) decisivo, anche ieri al Castellani, ma il pubblico di San Siro – in Serie A – non esclama il nome “Lautaro” da troppo tempo.

Domenica, con fischio d’inizio previsto per le 20.45, l’Inter ospita a San Siro il Venezia. La squadra di Eusebio Di Francesco si è rilanciata in classifica prima con il pari di Monza e ieri con il ribaltone sull’Udinese al Penzo. Resta da capire poi quanto Simone Inzaghi vorrà ricorrere al turnover, considerando che mercoledì – sempre a San Siro – arriva l’Arsenal in Champions. Ma per Lautaro il Venezia rappresenta in qualche modo un’occasione. Per allontanare le polemiche (lui stesso ha detto “il Pallone d’oro spesso non viene deciso nel modo giusto”) e rompere un digiuno casalingo che ormai dura da troppo tempo. Ma non più tardi di ventiquattr’ore fa ad Empoli il Toro lo ha ribadito ancora una volta, se ce ne fosse bisogno: sa come si fa.

Juventus, anche Dragusin tra i difensori valutati per gennaio

Un po’ per inclinazione filosofica, un po’ per sopperire ai vari infortuni, Thiago Motta ha pescato molto dalla Next Gen in questi primi mesi alla Juventus (l’ultimo è stato Gil Puche). Il tecnico italo-brasiliano è così attento alla crescita dei giovani che, scherzando, si potrebbe dire che vuole prendere la macchina del tempo e andare al 2020-21 per pescare Radu Dragusin. Secondo Tuttosport il difensore rumeno, dieci presenze nella U23 e una in prima squadra quattro stagioni fa, è infatti entrato nella ristretta lista dei giocatori a cui la Juve pensa per chiudere la casella lasciata vuota dall’infortunio di Bremer nel mercato di gennaio.

Dragusin, che dopo la Juventus era passato in prestito alla Sampdoria e alla Salernitana per poi essere ceduto al Genoa nel 2022, oggi è al Tottenham dove era approdato – anche grazie a Fabio Paratici che allora era il ds degli inglesi – a gennaio per 25 milioni di euro. Titolare fisso in nazionale, con gli Spurs non sta invece trovando grande spazio visto che il tecnico Postecoglou gli ha concesso solo 375 minuti spalmati in sei presenze. L’idea quindi è di chiederlo in prestito, formula con la quale si guarda anche a Skriniar.

Tra gli altri nomi che i bianconeri valutano ci sono Ortiz (Flamengo), Bijol (Udinese) e Tah (Bayer Leverkusen, in scadenza a giugno ma che potrebbe arrivare prima a costi abbordabili in un’operazione che assomiglierebbe a quella di Djalò, tra l’altro curiosamente entrambi obiettivi dell’Inter).

Milan, quel senso di impotenza in attacco. Ma a Monza tornano i creativi, aspettando Leao

Baricentro alto, possesso palla al 61% ma poche occasioni. Il primo tempo senza Theo, Reijnders e Pulisic ha amplificato il problema. Mentre Rafa rimane un curioso mistero 

Milan-Napoli è finita alle 22.40, con l’impressione che il Milan non avrebbe segnato nemmeno se si fosse giocato fino a mezzanotte. Il Milan ha fatto molto bene da area ad area, ma il risultato nel calcio si decide negli ultimi 16 metri. E in un’area hanno sbagliato Pavlovic, Thiaw e soprattutto Maignan, nell’altra il Milan ha mancato tutte le occasioni che si è creato. Una frase di Fonseca spiega molto: “Loro hanno fatto due gol su due occasioni, noi nessuno con più occasioni. Abbiamo mancato le opportunità create. Loro hanno fatto gol, noi no”. 

Il Milan contro il Napoli non ha segnato in casa in campionato per la prima volta da quasi un anno: l’ultima volta era successo il 4 novembre 2023. In mezzo, 18 partite con almeno un gol. Il Milan in questo martedì sera ha avuto il 61% di possesso palla, ha calciato 11 volte verso la porta, ha avuto il baricentro a quasi 59 metri dalla sua porta: altissimo. Bastava vedere la partita, con il Milan accampato nella metà campo del Napoli. Eppure gli expected goals, sotto quota 1, parlano chiaro: il Milan ha tenuto palla, ha giocato ma non ha quasi mai concluso. Morata in un certo senso ne ha parlato: “Con un po’ più di fortuna e lucidità avremmo fatto gol, ma io sono orgoglioso dei compagni”. 

La sfortuna c’è stata ma su quello… c’è poco da dire. Più interessante parlare della lucidità, dei limiti individuali, della partita dei singoli. Morata, con la sua grande tecnica, spesso si è abbassato per aiutare a costruire, lasciando l’area. Chukwueze ha giocato una buona partita, ma ha dribbling e accelerazione, certo non cinismo davanti alla porta. Okafor è piaciuto a Fonseca e non solo, ma nella migliore occasione, in area, ha calciato malissimo. E Loftus-Cheek ha confermato di essere molto lontano dal giocatore che passò come un rullo sul Psg: per il fisico che ha, si fa sentire pochissimo. 

Dalla fascia alle panchine: l’altalena Gatti nella gestione Motta. Che non fa sconti a nessuno

Leader era e tale è rimasto ma mentre i tifosi lo reclamano, Thiago inevitabilmente lo gestisce in una Juve in cui chiunque può accomodarsi in panchina

A Thiago Motta piace chi non vive bene le esclusioni. Non c’è niente di meglio che vedere o anche soltanto percepire quella sana insofferenza di chi sa che può dare tanto e non riesce proprio a stare seduto in panchina. La voglia, lo spirito, la fame fanno la differenza, sempre. Anche quando (e se) queste si vanno a scontrare con una gestione che non fa sconti a nessuno. Nello strattone di San Siro di Thiago Motta a Federico Gatti al momento del suo ingresso in campo, dopo 77 minuti di partita da spettatore, probabilmente è racchiuso tutto questo.

Il difensore di Rivoli ha preso il posto di Danilo quando la Juventus contro l’Inter era sotto 4-3 e la doppietta di Yildiz era un’opera a metà. L’allenatore l’ha caricato a bordo campo, l’ha richiamato a sé per assicurarsi che lo stesse ascoltando e i tifosi hanno tirato un sospiro di sollievo pensando a un Danilo avviato verso la panchina. E alla domanda dei più ha dato voce Zvonimir Boban dagli studi Sky nel post: “Perché titolare il brasiliano e non Gatti?”. “Danilo per impostazione di gioco lo vedo un po’ meglio di Federico in questo momento”, la risposta di Motta che conferma tre certezze di questa fase di campionato: nel cuore della difesa l’intoccabile è Kalulu, il ballottaggio è Danilo-Gatti, chiunque può accomodarsi in panchina. 

Chissà tra qualche anno Gatti come ripenserà a questa seconda metà di 2024 che gli ha regalato anche la paternità. Camilla è nata il 26 settembre, a cavallo tra la partita col Napoli e la trasferta di Genova, le uniche sue due panchine in campionato fin qui. Prima, per cinque partite consecutive, ha indossato la fascia al braccio che “è stato il coronamento di un sogno”, dalla prima giornata di A alla prima di Champions compresa. Poi di nuovo capitano contro il Cagliari. L’ultima volta, finora. Ma con l’allenatore bianconero, si sa, la fascia è senza padrone e continua (e continuerà) ad avvolgere braccia diverse. 

Cosa c’è dietro l’allarme di Inzaghi per la difesa dell’Inter

Tredici reti subite in 9 giornate, più della metà rispetto a quella incassate l’anno scorso in una stagione intera. Contro i bianconeri la conferma

I cinema di Milano hanno già programmato la prossima uscita: “Qualcosa è cambiato, il remake”. Previsto il tutto esaurito. Ma al posto degli occhi spiritati di Jack Nicholson c’è il volto preoccupato di Simone Inzaghi, guida e faro dell’Inter, uno che fino a oggi non aveva mai visto la sua squadra incassare quattro gol in una partita. Metamorfosi. La difesa bunker, un tempo fortino inespugnabile, quest’anno è stata violata più e più volte. L’ultima dalla Juventus.

Il conto dei gol incassati in campionato è salito a 13 in nove partite. La stagione scorsa sono stati solo 22. Sommer aveva tenuto alta la guardia in 19 occasioni, mentre stavolta è a quota tre. Gli errori individuali contro la Juventus impongono domande. La prima: com’è possibile che la storia recente dell’Inter prenda spunto da un romanzo di Louis Stevenson, Dottor Jekyll and Mister Hyde? In Champions non ha incassato neanche un gol. In campionato siamo già a 13. Una differenza netta a livello di attenzione. Dieci squadre infatti hanno incassato meno reti, tra cui Empoli, Udinese, Bologna, Monza, Milan, Fiorentina, Juventus, Lazio. Un passo indietro notevole rispetto all’annata scorsa.

Seconda domanda: come ha fatto un reparto così rodato a compromettere la sua solidità? Il secondo dei quattro gol incassati dall’Inter è il manifesto di questa difficoltà. McKennie si inserisce tra le linee e serve a Vlahovic l’assist dell’1-1. Il tutto senza pressione. De Vrij, uscito in pressing su Cambiaso qualche minuto prima, non chiude la diagonale e se la prende con Bastoni per aver lasciato l’uomo libero. Doppio errore. Il. serbo non è dell’azzurro, bensì dell’olandese, reo di lasciare un vuoto al centro della difesa. Inzaghi in sala stampa è stato vago: “Dobbiamo responsabilizzarci tutti. Ci sono degli errori che si ripetono. Vedi il 4-3 o il 4-4. Bisognava far meglio, ma non parlo di singoli”. Il problema è strutturale.

Motta sorprende: per Yildiz e Thuram rischio panchina, dentro Weah. Fiducia a Danilo

Il tecnico bianconero teme la catena di sinistra dell’Inter e pensa a una Juve senza dieci e con le doppie ali. Il turco diventerebbe una preziosissima arma a partita in corso

Più che una formazione è un rebus. “Tutti possono giocare domani, tutti possono essere titolari”: così Thiago Motta alla vigilia della sfida con l’Inter ha dribblato le domande sulla formazione. Nessuna certezza, nemmeno sul portiere, che a quanto pare non ha dato nemmeno ai suoi giocatori, con l’intento di tenere tutti sulla corda. Qualche cosa però si è intuito dalle prove fatte in questi giorni: il grande dubbio riguarda Kenan Yildiz, che per la seconda volta in questa stagione potrebbe partire dalla panchina (è successo solo contro il Cagliari, quando è entrato nel finale). Quindi niente trasloco alle spalle di Vlahovic, come Motta stesso aveva ipotizzato in conferenza stampa (“Kenan più vicino a Dusan? Perché no”), ma Weah alto a sinistra, con Conceiçao sull’altra corsia e Fagioli a fare il trequartista. Due ali vere in fascia per aumentare i cross per Vlahovic e anche per rendere più affollata l’area di rigore avversaria.

“L’Inter è, insieme al Napoli, la favorita per lo scudetto. Non lo penso io, lo dicono i fatti. Giocheremo contro una squadra forte, dobbiamo portare la partita dalla nostra parte”. Il tecnico bianconero teme i nerazzurri soprattutto sulla corsia di sinistra: “Chi giocherà lo vedremo – ha detto -, però da quella parte l’Inter attacca tanto, non solo con Dimarco ma anche con Bastoni e con Mkhitaryan quando gioca. Dobbiamo fare una grande prestazione sia in attacco sia in difesa”. Forse anche per questo Motta potrebbe tenere Chico a destra, per disturbare la spinta nerazzurra, con Weah a sinistra, dove duetterebbe con Cambiaso.

Anche a centrocampo ci sarà qualche novità: dovrebbe tornare Locatelli insieme a McKennie. Thuram garantisce intensità e fisicità ma Loca e Fagioli sono più utili per tenere il pallone. McKennie è un incursore, conosce i tempi degli inserimenti, può buttarsi in area e anche alternarsi con Fagioli tra le linee. Un centrocampo con questi uomini permette frequenti scambi di posizione, fondamentali per non dare punti di riferimento a una squadra che sa sfruttare bene la fase di riconquista del pallone. 

Casi arbitrali, scippi di mercato, baci rubati: il romanzo proibito di Inter-Juve

La versione milanese di una partita sopra le righe. Da Platini a Vidal, dal caso del mancato rosso a Pjanic allo “smack” di Vidal a Chiellini

oci a San Siro, i soliti sussurri e le solite grida del derby d’Italia. Inter e Juve nemiche odiatissime. Una rivalità che Calciopoli ha reso inconciliabile. Qui mettiamo in fila alcuni Inter-Juve. Una rinfrescata alla memoria della versione milanese di una partita che non avrà mai pace.

Una sequenza storica di Inter-Juve prende forma tra la fine dei 70 e la prima metà degli 80, quando la Serie A è il campionato più bello e più ricco. Inter-Juve 4-0 del novembre 1979, con tripletta di Spillo Altobelli e gol di Muraro. Inter-Juve 4-0 del novembre 1984, con doppietta di Kalle Rummenigge. Poco prima, aprile 1984, Inter-Juve 1-2 con gol di Michel Platini, partita che compare ne “Il ragazzo di campagna”, film cult di Renato Pozzetto. La protagonista femminile è una juventina devota a Platini e trascina in mezzo ai tifosi interisti il “povero” Pozzetto, inseguito poi dagli ultras. Le Roi come soggetto di ulteriore discordia: era stata l’Inter a contattare per prima il fuoriclasse francese nel 1979, ma era stato l’Avvocato Agnelli a convincerlo nella primavera del 1982. Di recente Platini con perfidia ha infilato il pallone nel sette: “L’Inter di oggi è una bella squadra, però gli amici mi dicono che ha tanti debiti”.

Il caso Ronaldo-Iuliano si consuma nel 1998 a Torino, al vecchio Delle Alpi, dunque non appartiene a questa rassegna, riservata agli Inter-Juve d Milano. L’ultimo Inter-Juve prima del grande scandalo si gioca il 12 febbraio 2006 e finisce 2-1 per la Signora. Gol di Ibrahimovic per la Juve, pareggio di Samuel. Poi Del Piero entra al posto di Ibra, segna la rete della vittoria con una gran punizione e mostra la linguaccia in stile Rolling Stones. Del Piero si toglie un sassolone: “Mentirei se dicessi che sono contento di non giocare”.