Kvara, che stagione: in arrivo anche il secondo scudetto (ma niente medaglia)

Dopo aver vinto la Ligue 1 col Psg, il Napoli – dove ha giocato nella prima parte di stagione – potrebbe conquistare la Serie A. La Lega, però, consegna il riconoscimento solo a chi è tesserato nel momento della vittoria.

L’espressione “en plein” ci sta a pennello, da quando Khvicha Kvaratskhelia si è trasferito a Parigi. Una scelta di vita che gli sta restituendo soddisfazioni importanti. Il georgiano si è calato alla perfezione nel nuovo corso del Paris Saint-Germain di Luis Enrique, che ha smesso di rincorrere la stella più blasonata del pianeta per assemblare il talento in modo più ragionato. Kvaratskhelia rientra proprio in questo concetto e il suo impatto al Psg è stato considerevole. Nelle 22 partite disputate con i francesi in tutte le competizioni, ha sommato 4 gol e 7 assist. Al netto del rendimento individuale, dopo lo scudetto conquistato nel 2023, il giocatore potrebbe vivere un’altra annata strepitosa. Il trionfo in Ligue 1 è stato conquistato con ampio margine e adesso il Psg potrebbe renderla leggendaria se dovesse vincere la Champions League. Lo 0-1 con cui si è imposto a Londra lascia due risultati su tre per conquistare in casa la finale.

Tuttavia, la squadra che ha lasciato non se la sta passando affatto male. Il Napoli, infatti, è primo in classifica con tre punti di vantaggio sull’Inter a tre giornate dalla fine e con un calendario che appare più leggero sulla carta. Ma se gli azzurri dovessero centrare il quarto scudetto della loro storia, Kvaratskhelia non potrebbe fregiarsi automaticamente di questo titolo. Questo perché la Lega Serie A consegna le medaglie alla squadra campione d’Italia al termine del campionato, che sono distribuite ai giocatori tesserati al momento della vittoria. Chi non rientra più nella rosa non è incluso di diritto in questa lista. Ragion per cui, sarebbe a scelta del Napoli riconoscerlo o meno in tal senso. A onor del vero, Kvaratskhelia ha disputato 1.187 minuti distribuiti in 17 presenze, in cui ha segnato 5 gol e 3 assist. Ma potrebbero non bastare per appuntarsi sul petto anche il tricolore.

Lautaro in campo col Barça? L’Inter ci crede. Domani sarà già in gruppo, il piano per recuperarlo

Cresce l’ottimismo, per sciogliere i dubbi sul suo impiego sarà fondamentale la rifinitura di domani. Anche Pavard verso un posto da titolare.

Lautaro Martinez in campo contro il Barcellona? Non è impossibile, anzi le possibilità aumentano sempre di più. Così come l’ottimismo di Inzaghi e del suo staff. Oggi il capitano dell’Inter ha svolto un lavoro personalizzato in palestra, ma domani rientrerà in gruppo per la rifinitura delle 16.15 ad Appiano. Gli esami svolti venerdì hanno scongiurato la lesione, ora l’Inter ci crede sul serio. Per l’argentino – sostituito a fine primo tempo nel 3-3 dell’andata – solo un’elongazione ai flessori della coscia sinistra. Ha dato la disponibilità a forzare per recuperare al meglio. “Lautaro farà l’impossibile per esserci. Al momento è più no che sì, ma c’è speranza”. Queste le parole di Massimiliano Farris dopo la vittoria col Verona. 

L’ipotesi di vedere un Lautaro recuperato e pronto per battagliare contro il Barcellona come nella gara d’andata è sempre più probabile. Farà di tutto per esserci per cercare di guidare l’Inter di nuovo in finale di Champions. La rifinitura di domani sarà fondamentale. Pavard, invece, è più avanti dell’argentino e sta correndo forte verso la titolarità. Ha saltato Barcellona e Verona, ma oggi ha lavorato parzialmente in gruppo. Martedì dovrebbe essere titolare.

Douglas Luiz attacca: “In panchina anche quando in salute. E questi infortuni non erano normali”

Il brasiliano risponde sui social a un tifoso: “Non sono venuto qui solo per pubblicare foto. Non sono mai stato un giocatore che si infortuna, ma ci sono così tante cose che potrebbero aver causato questo che preferirei non commentare”

“Gli infortuni mi hanno ostacolato, sì. Ma per quanto tempo sono rimasto in panchina mentre ero in salute? Molto. Questi infortuni non erano normali”. È solo la parte più significativa di una risposta più ampia che Douglas Luiz ha dato per mezzo social a un tifoso, che sotto al suo ultimo post aveva attaccato frontalmente il centrocampista brasiliano.

“Ma sei venuto a Torino per giocare o per mettere i post su Instagram?”, la provocazione dell’utente, di fronte al quale il calciatore non è voluto rimanere in silenzio rilanciando con una lunga e strutturata risposta che riaccende i riflettori su una sua dichiarazione di qualche mese fa: “A inizio stagione ci sono stati dei malintesi, ma voglio dimostrare il mio valore alla Juventus“.

La risposta di Douglas Luiz è molto diretta, a difesa del suo coinvolgimento nel club: “Non sono venuto qui solo per pubblicare foto, nessun altro l’ha fatto, e voglio che le cose siano diverse. Sono venuto qui con uno scopo. Ho ascoltato il mio cuore quando sono arrivato e ho deciso di firmare. Ora voglio che mi rispondiate: perché un acquisto come il mio non ha giocato due partite consecutive con questa maglia? Potete dire quello che volete alla stampa più tardi: “Oh, Douglas non è in forma”. Non sono forse in forma io? Ho fatto tutta la preseason e ho giocato ogni partita. Avevo appena avuto una delle migliori stagioni della mia carriera, uno dei migliori centrocampisti della Premier League”. E ancora: “Gli infortuni mi hanno ostacolato, sì. Ma per quanto tempo sono rimasto in panchina mentre ero in salute? Molto. Questi infortuni non erano normali. Non sono mai stato un giocatore che si infortuna, ma ci sono così tante cose che potrebbero aver causato questo che preferirei non commentare. Continuerò a fare tutto per questo club, anche se a volte è difficile, non è facile, ma potete contare su di me!”.

La Juve nella ripresa contro il Monza ha avuto il 17% di possesso palla. E non è un caso

L’atteggiamento conservativo anche contro l’ultima in classifica è stato frutto di una scelta precisa. “Questa squadra doveva giocare così, altrimenti poteva accadere di tutto”, ha spiegato Tudor. E suona come un allarme per il futuro.

Quattro minuti e 15 secondi. Per così poco i giocatori della Juventus hanno tenuto il pallone nel secondo tempo della partita vinta contro il Monza. È il 17% dei 25 minuti di tempo effettivo rilevati nella ripresa dai dati elaborati dalla Lega Serie A. Un numero troppo piccolo, considerate anche le forze in campo delle due squadre, per non destare scalpore. E il fatto di essere in inferiorità numerica per l’espulsione di Yildiz non può essere un’attenuante.

Quella di Tudor, d’altronde, è stata una scelta ben precisa. Ma davvero la Juve, con in campo calciatori con qualità di palleggio come Renato Veiga, Nico Gonzalez, Locatelli o Cambiaso, non poteva fare diversamente contro l’ultima in classifica?

Secondo l’allenatore juventino no. “La squadra non ha la maturità per gestire la palla diversamente, questo era l’unico modo: stare là, palla lunga e battagliare, l’abbiamo fatta così e organizzata così e si è dimostrata giusta per le caratteristiche dei giocatori – ha confessato ancora Tudor -. Questa squadra doveva giocare così, altrimenti poteva accadere di tutto”. Il riferimento è chiaramente ai 19 punti persi da situazioni di vantaggio in Serie A (peggio hanno fatto solo Empoli con 21, Como con 24 e Venezia con 28) e a una formazione che, anche a causa della bassa età media, ha dimostrato mancanza di leadership e di esperienza nella gestione delle partite.

Il Crystal Palace conquista Wembley e la finale di FA Cup: 3-0 all’Aston Villa di Emery

Eze e Sarr show: in finale il 17 maggio la sfida per la coppa contro la vincente di Nottingham Forest-Manchester City.

Volano altissimo sopra il cielo di Wembley, spinte verso la finale di FA Cup del 17 maggio dalla magia di Eberechi Eze e dalla doppietta nella ripresa di Ismaįla Sarr, e dal calore dei loro entusiasti tifosi, che armati di palloncini colorati di rosso e di blu, come il loro amato Crystal Palace, sognano di vincere per la prima volta nella loro storia la coppa più antica del calcio mondiale. Una che per loro, dodicesimi in Premier, varrebbe anche un posto nella prossima Europa League. Il passo per la terza finale di coppa della sua storia la squadra di Glasner lo compie con un 3-0 all’Aston Villa davanti agli oltre 82mila di Wembley, così meritato che il Palace in avvio di ripresa, prima del raddoppio di Sarr, sbaglia anche un rigore con Jean-Philippe Mateta. Domani le Eagles saranno davanti alla tv per Nottingham Forest-Manchester City, la sfida che dalle 17.30 italiane sceglierà l’altra finalista. 

Stavolta il Palace almeno è sicuro di non trovare all’ultimo atto il Manchester United, come nelle finali perse nel 1990 e 2016, le due volte che la squadra è andata più vicina all’FA Cup. Le Eagles si sono strameritate questa finale: in coppa sono riuscite ad esprimere con più continuità rispetto alla Premier tutto il bel calcio che predica Glasner, che quando attacca imposta i suoi come il City di Guardiola o l’Arsenal di Arteta, con 5 giocatori deputati alla fase offensiva, compresi i due esterni che contro l’Aston Villa si sono preoccupati molto più di attaccare che di difendere. I primi due gol sono due meraviglie, due jolly da fuori pescati uno dal giocatore più talentuoso in squadra, Eze, e un altro da uno che sogna di diventarlo, Sarr, che nel finale in contropiede mette anche il terzo gol. Poi ci sono le parate di Dean Henderson, pochissime sbavature, tanta organizzazione e la voglia di giocarsi tutto sapendo di non avere niente da perdere: il Palace tra le 4 semifinaliste è l’unica a non aver mai vinto il trofeo, l’unica a non essere ancora in corsa per l’Europa dal campionato, l’unica veramente “intrusa” a questo livello di una coppa che ha vissuto una stagione strana. Il Palace invece ha dimostrato con una bella vittoria che a questo livello ci può stare benissimo, e di sognare anzi di prendersi il livello successivo. Non può più farlo l’Aston Villa: questo ko fa più male dell’eliminazione ai quarti di Champions col Psg, perché la squadra di Emery in Premier è stata nettamente superiore a quella di Glasner e su questo palcoscenico, quando contava di più, non lo è stata.

Milan, si riparte da Pulisic e Leao, garanzia di qualità. Per Jovic rinnovo biennale

Non solo Reijnders: i rossoneri hanno altri punti fermi. Il serbo vorrebbe due anni di contratto

Non solo Tijji, che ormai allarga le braccia ai tifosi dopo i gol con una certa nonchalance: due sere fa lo ha fatto per la quindicesima volta in stagione. Altro grande numero che piace ai tifosi rossoneri: 2030, quello relativo alla scadenza del contratto. Tijjani Reijnders, Tijji per squadra e allenatore, è la prima grande certezza del nuovo Milan. Non la sola: nonostante il cammino accidentato in campionato e Champions, la strada da cui ripartire è ampiamente tracciata. C’è un centrocampista goleador, un esterno di qualità e sostanza (Pulisic, vicino al rinnovo fino al 2029), due giovani difensori centrali e complementari (Thiaw, destro, e il mancino Pavlovic), e poi altri gol: quelli dell’eterno bomber di scorta, Jovic, quelli del futuro (garantiti da Camarda, prima doppietta mercoledì in C) e quelli attesi da Gimenez. Senza scordare Maignan, Theo e Leao: serate come quella del derby possono indicare più chiaramente la direzione da seguire.

La notte del successo sull’Inter ha la firma di Luka Jovic: l’attaccante escluso dalla lista Champions che tiene aperta al Milan la possibilità di rientrare in Europa dalla Coppa Italia. Europa significa anche incassi: e in attesa che Gimenez ripaghi le attese (e le spese), e che si decida sul futuro di Abraham (venti milioni per riscattarlo dalla Roma), si può ricordare che Luka, estate 2023, era arrivato a titolo gratuito. Anche per questo aspetta che il club soddisfi il suo desiderio contrattuale: il Milan ha un’opzione di rinnovo annuale (esercitabile, estate dopo estate, fino al 2028), mentre l’attaccante vorrebbe subito almeno un prolungamento biennale. Per i gol garantiti da 9 di scorta (13 totali), varrebbe la pena. Per l’investimento fatto in inverno, il club insisterà anche su Gimenez: mentre Jovic firmava una doppietta all’Inter, Santi restava in panchina. Appena 7 minuti contro l’Atalanta nell’ultima di campionato. Più confortanti altri dati: oltre ai tre con il Milan, Gimenez ha segnato 65 gol in Olanda e 8 in 11 gare di Champions. Numeri da grande attaccante.

Disastro Taremi, ennesimo flop per Asllani: a fine stagione sarà addio

L’iraniano 33enne, solo tre gol in questa stagione, delude ancora. Per l’albanese l’aggettivo futuribile, alla fine della terza stagione in nerazzurro, non si può più usare. Per entrambi, a fine stagione, è arrivato il momento dei saluti.

Se una chance l’avevano ancora, di cambiare il finale della storia, Taremi e Asllani l’hanno definitivamente bruciata ieri sera. È un’Inter che ha sbagliato tanto, quasi tutto, lungo i 90 minuti più brutti della sua stagione. Ma la faccia della disfatta è soprattutto quella di chi è dietro ai titolari praticamente mai è riuscito a incidere in questa stagione. C’era un sogno di inseguire, il Triplete, svanito un anno e un giorno esatto dopo la notte del trionfo, quello della seconda stella. Per inseguirlo, non si poteva che scegliere la via delle rotazioni scientifiche. Se però chi è dietro ai titolari fallisce costantemente, diventa quasi impossibile anche solo sognare. 

La delusione è soprattutto legata a Taremi. Che era arrivato in estate con aspettative grandi. L’Inter credeva di aver meso vicino alla ThuLa – sì, vicino, non dietro – un giocatore di grande esperienza e capace per caratteristiche di integrarsi bene sia con Lautaro sia con Taremi. E sì, certamente l’iraniano ha l’alibi di problemi fisici che mai lo hanno abbandonato. La pubalgia gli ha rovinato questo 2025. Ma non può spiegare tutto. Solo tre gol e siamo ormai a fine aprile di cui due su rigore. Di fatto, un apporto nullo o quasi alla causa di Inzaghi, se è vero che nelle gerarchie è finito dietro Arnautovic e a lungo anche dietro Correa. Inzaghi può solo augurarsi che da qui alla fine, per un inspiegabile motivo, Taremi cambi volto. Ma in realtà il suo destino è segnato: in estate sarà addio, a patto di trovare estimatori in giro per l’Europa (e non solo) che prendano in carico un ingaggio d 3 milioni netti a stagione (a fino al 2027). Taremi è l’ultimo esempio di un certo tipo di operazione che l’Inter non farà più sul mercato: 33 anni a luglio, calciatore che non c’è nel presente ma su cui non si può fare neppure affidamento in ottica futura. 

Il bivio dell’anno per Inter e Milan: tattica, uomini e motivazioni del derby di stasera

I nerazzurri si giocano la possibilità di restare in corsa su tre fronti, per i rossoneri c’è in ballo la supremazia cittadina ma anche l’Europa League

Stasera l’Inter gioca per il Triplete e per addolcire l’amarezza della sconfitta di Bologna a Pasqua in campionato. Questo derby è una rottura di scatole, incastrato tra le ansie del campionato – il primato da condividere con il Napoli – e l’andata delle semifinali di Champions contro il Barcellona.

L’Inter è sotto pressione come mai forse lo è stata nel quadriennio con Simone Inzaghi allenatore. Due anni fa, nel 2023, il Napoli stava per vincere lo scudetto a braccia alzate, in solitaria, e l’Inter poteva focalizzarsi sulla Champions, regalarsi una gran finale contro il Manchester City, e vincere la Coppa Italia a parziale compensazione. 

Quest’anno l’Inter vuole tutto – così ha detto Inzaghi – e stasera il tutto potrebbe svanire. La coppa nazionale è indispensabile per il Triplete, anche se ne rappresenta l’anello debole. Oggi l’Inter ha tanto da perdere. Se passerà, avrà fatto il suo dovere. Se verrà eliminata, subirà un contraccolpo, il sogno tripletista svanirà e la botta farà scopa con la caduta di Bologna. Due scivoloni in pochi giorni accrescerebbero dubbi e nervosismi, e lo slogan “tutto o niente” – che Inzaghi non gradisce – non avrebbe più ragione di essere. A quel punto, l’Inter dovrebbe puntare sull’opzione “qualcosa” – scudetto, Champions, Mondiale club – contro l’incubo dello “zero tituli”.

Comunque vada, sarà un insuccesso. La Coppa Italia, nel caso, sanerà poco, regalerà un biglietto di consolazione per l’Europa League, la sorella minore della Champions. La stagione del Milan è stata e resterà semi-fallimentare, l’attuale nono posto in campionato è umiliante. Passi per lo scudetto, per il fatto che la squadra non abbia mai corso per vincerlo, ma è imperdonabile che un club come il Milan resti fuori dalla Champions. 

Lazio-Parma si gioca? Verso rinvio per funerali di Papa Francesco: la data per il recupero

La 34^ giornata di A potrebbe subire delle modifiche. Manca ancora l’ufficialità da parte della Lega Serie A ma è stato il Ministro per la protezione civile Musumeci a parlare di “sospensione” delle partite in programma sabato (giorno dei funerali del Pontefice). Non solo quindi Lazio-Parma (già a rischio rinvio per motivi di gestione dell’ordine pubblico), ma anche Inter-Roma e Como-Genoa.

La morte di Papa Francesco è destinata a portare grandi cambiamenti al mondo della Chiesa cattolica, con il Conclave per le nuove elezioni (qui tutti i passaggi), ma ha avuto conseguenze in termini organizzativi anche sul mondo del calcio italiano. Dopo lo spostamento delle quattro partite di Serie A dal lunedì di Pasquetta a mercoledì alle 18.30 (oltre alle gare degli altri campionati nelle serie minori), anche la 34^ giornata dovrebbe subire delle modifiche.

In mattinata si era già ipotizzato il rinvio di Lazio-Parma per motivi di ordine pubblico. Il match è in programma alle 20.45 ma, nello stesso giorno delle esequie, lo spiegamento di forze dell’ordine sarà concentrato in larga parte nei pressi della Basilica di San Pietro, per garantire la sicurezza dell’evento a tutti i fedeli che accorreranno verso il Vaticano (afflusso che sarà coordinato dal Capo dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano). Non sarà a disposizione, dunque, la stessa forza ed efficacia necessaria per assicurare il regolare svolgimento della partita, con i tifosi di entrambe le squadre attesi all’Olimpico. Per quanto riguarda il calendario, da non dimenticare che l’Inter avrà mercoledì 30 la semifinale di Champions col Barcellona e – con tre competizioni ancora in piedi – ha pochi slot liberi fino al termine della stagione.

Dallo scudetto buttato nel 2022 alla partitaccia di ieri: Inter, Correa tradisce ancora

Tre anni fa l’attaccante di scorta di Inzaghi fu tra i protagonisti in negativo nella sfida che costò il Tricolore. E anche ieri sera è stato tra i peggiori

Il suo tempo in nerazzurro sembrava finito, invece rieccolo lì al centro dell’attacco insieme a Lautaro Martinez a formare una TuLa inedita, il Tu-cu Correa.

A causa di un calendario fittissimo, dell’infortunio di Thuram e della condizione non al top di Arnautovic. Fattori che hanno scombinato i piani di Inzaghi in un momento di emergenza tattica e fisica (dopo le partite dispendiosissime contro il Bayern), proprio al momento della “partita più importante dell’anno” – così l’aveva definita Marotta qualche giorno fa -. Il tecnico nerazzurro di fatto ha dovuto scegliere Correa per forza, nonostante fosse chiaro da tempo che il suo, di tempo con l’Inter, fosse concluso. Sempre in calando, nonostante picchi non ce ne siano mai stati. Invece, a Bologna – se qualcuno avesse ancora avuto dubbi – è arrivata l’ennesima conferma del flop Correa. Dopo quella del 2022.

Stesso stadio, stesso esito, stessa prestazione: nullo. L’unico highlight del Tucu è un’ammonizione evitabile presa dalla panchina per proteste appena dopo il cambio. Correa era uno dei reduci dello scudetto perso al Dall’Ara praticamente 3 anni esatti fa (era il 27 aprile). Ma non fu solo l’errore di Radu a permettere la rimonta in quel caso al Milan come passa oggi, perché pure davanti l’Inter non graffiò: dopo il gol di Perisic al 3’, poca roba. Lautaro, Dimarco, Dumfries: ci provarono tutti con scarsi risultati, ma la palla gol più grossa capitò sulla testa di Correa che girò solo sui pugni di Skorupski prima di essere sostituito da Dzeko. Almeno, quella volta un’occasione gli capitò. Oggi zero. Una prestazione che ben riassume l’avventura a Milano del Tucu, arrivato su richiesta di Inzaghi nell’estate del 2021 per la bellezza di 33 milioni. Infortuni continui, prestazioni opache, occasioni sprecate: Correa non è mai riuscito ad incidere davvero. E l’occasione per riscattarsi oggi era grossa.